Linee cellulari

«Aberrazioni dottrinali e latente blasfemia»: un sacerdote cattolico risponde alle parole di Josef Seifert

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A seguito dell’incredibile articolo del filosofo cattolico Joseph Seifert, pubblicato dal sito Corrispondenza Romana, dove si parlava dell’assassinio dei feti per scopi scientifico-sanitari come «pallido riflesso» del Sacrificio di Cristo, Renovatio 21 ha ricevuto questa risposta di analisi teologica da un sacerdote che desidera rimanere anonimo e che quindi chiameremo Don Anonymus.

 

 

 

Il prof. Seifert scrive:

 

Una breve e semplice analisi teologica di queste affermazioni del prof. Seifert ne metterà in luce le aberrazioni dottrinali e la latente blasfemia, che qualsiasi fedele di buon senso sente in queste righe

«Dio ha usato l’adulterio e l’omicidio del re Davide per generare il lignaggio umano di Cristo; e ha usato l’orribile peccato dell’assassinio dell’Uomo-Dio per redimerci. Non c’è crimine più grande dell’uccisione di Gesù Cristo, e non c’è beneficio più grande per l’umanità di quello che la Sua Passione e morte hanno operato per noi. La carne e il sangue del nostro Signore crocifisso traggono certamente il massimo beneficio dal più atroce di tutti i crimini. E sebbene Cristo sia morto per i nostri peccati, e lo ha fatto volontariamente, si è servito di crimini atroci per farlo. Ricevendo i sacramenti, non stiamo né partecipando al deicidio né approvando il Suo assassinio a Gerusalemme. Nel momento in cui Dio permette che i nascituri assassinati siano uno strumento per un beneficio di grado molto inferiore per l’umanità (rispetto al proprio Sacrificio ndt), essi divengono un pallido riflesso del Suo stesso Sacrificio. E chi associa la vaccinazione al cannibalismo rischia di ripetere una delle prime accuse contro i cristiani: quella di antropofagia per aver mangiato la carne del divino Agnello nella Santa Eucaristia (S. Giustino, I Apologia, 26; Eusebio, Historia ecclesiastica V, 1, Tertulliano, Apologeticum 4, 9)».

 

Una breve e semplice analisi teologica di queste affermazioni del prof. Seifert ne metterà in luce le aberrazioni dottrinali e la latente blasfemia, che qualsiasi fedele di buon senso sente in queste righe.

All’ovvia affermazione sul fatto che ricevendo i sacramenti non partecipiamo ai peccati di Caifa e di Giuda, segue l’idea che Dio voglia l’aborto dei nascituri perché noi ne traiamo la salute fisica dell’umanità

 

È tipico del sofista dire cose apparentemente vere, che rassicurano il lettore, per poi affermare come conseguenti proposizioni della cui enormità non si può tuttavia dubitare

 

In questo caso, all’ovvia affermazione sul fatto che ricevendo i sacramenti non partecipiamo ai peccati di Caifa e di Giuda, segue l’idea che Dio voglia l’aborto dei nascituri perché noi ne traiamo la salute fisica dell’umanità.

 

Addirittura, con un ribaltamento della proposizione, si dice che non ammettere che Dio permetta il sacrificio dei nascituri per la salute dei vivi sia come pensare che partecipare all’Eucaristia sia cannibalismo. In quest’ultima inversione il salto logico si fa particolarmente aberrante.

 

Andiamo con ordine.

Il cristiano è chiamato ad unirsi come vittima al Cristo, non a pensare gioiosamente di aver approfittato del crimine di Giuda e Caifa, o a rallegrarsi delle proprie colpe che hanno portato il Cristo sulla croce

 

 

1.

Certamente coloro che misero a morte Gesù Cristo compirono un grande crimine, che certamente Dio permise per un più grande bene.

 

Tuttavia non è il crimine dei giudei o di Ponzio Pilato a redimere l’umanità, ma l’atto volontario con cui Gesù Cristo vuole permettere (pur potendo impedirlo) la sua uccisione: per questo parliamo del sacrificio della Croce, di un’offerta volontaria in cui Sacerdote e Vittima si identificano.

 

Certamente il nostro Seifert afferma che il sacrificio fu volontario, ma non si capisce se noi dobbiamo unirci a questo atto di amore del Cristo o rallegrarci che abbia trovato dei persecutori capaci di ucciderlo.

 

In effetti il cristiano è chiamato ad unirsi come vittima al Cristo, non a pensare gioiosamente di aver approfittato del crimine di Giuda e Caifa, o a rallegrarsi delle proprie colpe che hanno portato il Cristo sulla croce.

L’analogia tra gli atti dei carnefici del Cristo e i carnefici degli embrioni viene estesa ad analogia tra l’associarsi ai benefici derivanti dal sacrificio volontario e l’associarsi a quelli del crimine

 

L’espressione della liturgia «O felix culpa» è certamente valida come figura retorica paradossale, ma a nessuno (tranne forse a Lutero) è mai venuto in mente di ripetere la colpa per unirsi meglio al sacrificio che le colpe hanno causato. Perché qui si tratta di questo: se vale il parallelo con l’utilizzo del crimine dell’aborto per dei «benefici», vale con ciò che hanno fatto Caifa e Pilato, non con ciò che ha fatto il Cristo.

 

Qui sta il sofisma: l’analogia tra gli atti dei carnefici del Cristo e i carnefici degli embrioni viene estesa ad analogia tra l’associarsi ai benefici derivanti dal sacrificio volontario e l’associarsi a quelli del crimine: decisamente un paralogismo, per di più temerario, malsonante, offensivo alle orecchie pie. Scolasticamente diremmo: dobbiamo rallegrarci degli effetti della morte del Cristo: come causati da un atto d’amore volontario, concedo; come causati da un crimine, nego

 

 

2.

Detto questo, comincia ad apparire chiaramente il pericolo di mettere tale morte in parallelo con l’aborto compiuto a scopo di ottenere la salute fisica della moltitudine.

 

Manca nella morte degli embrioni ogni atto volontario di offerta cui associarsi con la gioia e la nostra adesione, diversamente dalla morte del Cristo

Certamente abbiamo un crimine, dice Seifert, ma che Dio ha permesso per la salute del genere umano, quindi possiamo godere dei frutti di ciò che Dio ha permesso, come godiamo dei frutti della Passione.

 

In primo luogo, occorre negare paritatem, in quanto manca nella morte degli embrioni ogni atto volontario di offerta cui associarsi con la gioia e la nostra adesione, diversamente dalla morte del Cristo.

 

Quanto al mero approfittare del crimine altrui, certamente non negheremo che esistano forme di cooperazione materiale e remota al male possibili: qui però si tratta di chiedere alle farmaceutiche di darci un prodotto che non può essere dato senza peccato, e senza il reiterarsi di questo peccato.

Siamo nel caso dello scandalo del richiedere ciò che l’altro non darà senza peccare

 

Siamo nel caso dello scandalo del richiedere ciò che l’altro non darà senza peccare (e che la produzione sia peccaminosa, lo dice la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, autorità magisteriale indiscussa per il De Mattei – vedi sotto). Una cosa è godere dei frutti della redenzione, o ricevere effetti buoni da un atto malvagio compiuto remotamente e cui non ci associamo; un’altra è richiedere il perpetuarsi di un atto malvagio, di un sistema peccaminoso, per goderne dei frutti.

 

Sarebbe come dire che non solo riceviamo i frutti della Redenzione, ma che chiediamo a Caifa e Pilato e Giuda di continuare eternamente la loro opera.

Una cosa è godere dei frutti della redenzione, o ricevere effetti buoni da un atto malvagio compiuto remotamente e cui non ci associamo; un’altra è richiedere il perpetuarsi di un atto malvagio, di un sistema peccaminoso, per goderne dei frutti

 

 

3.

Qui si capisce immediatamente come la strumentale messa in causa dell’Eucaristia per attaccare chi rifiuta il vaccino sia stupida: nell’Eucaristia si rinnova il sacrificio del Cristo in quanto atto di volontaria offerta, non certo in quanto crimine.

 

Il sacerdote all’altare non è un carnefice del Cristo, ma agisce in Sua persona per rinnovare e ripresentare l’offerta del Corpo e del Sangue, non i tormenti subiti allora dal Cristo, che resta glorioso.

 

Il fedele si associa all’Ostia divina sapendo che il sacrificio è rinnovato in modo incruento, senza più carnefici.

 

Sarebbe come dire che non solo riceviamo i frutti della Redenzione, ma che chiediamo a Caifa e Pilato e Giuda di continuare eternamente la loro opera

Non si capisce quindi come mettere questo in parallelo con il partecipare ai frutti del crimine dell’aborto, che si chiede alle farmaceutiche di rinnovare e perpetuare con l’accettazione massiccia di tali prodotti.

 

 

4.

Sotteso a questi errori grossolani e dialettici, ne aleggia uno più sottile e profondo.

 

Ci si dice: ma se Dio vuole permettere il male per trarne del bene, e se il caso della Passione è tipicamente esemplificativo di questo modo di procedere divino, come potremo noi non accettare il bene che deriva dai crimini dell’aborto, pur condannando il medesimo?

 

Qui si capisce immediatamente come la strumentale messa in causa dell’Eucaristia per attaccare chi rifiuta il vaccino sia stupida: nell’Eucaristia si rinnova il sacrificio del Cristo in quanto atto di volontaria offerta, non certo in quanto crimine.

Sembrerebbe quindi che noi possiamo imitare Dio nel trarre il bene dal male, o quantomeno per godere dei frutti del male, senza tante distinzioni.

 

In fondo, dice il ragionamento di Seifert, se Dio può farlo e restare buono, perché non noi?

 

Purtroppo per Seifert, quod licet Jovi non licet bovi. E questo non perché l’ordine delle cose non rispecchi l’ordine divino e la legge eterna, ma semplicemente perché, come insegna san Tommaso proprio su questo punto, aliter est de causa universali, et de causa particulari. Non si può ragionare allo stesso modo per colui che è causa universale e per colui che è causa solo particolare, la creatura.

 

Se noi fossimo stati presenti alla Passione con un esercito, come diceva Clodoveo con i suoi Franchi (che tanto piacerebbe alla mitologia cavalleresca di certi gruppi), non avremmo avuto il dovere di impedire il crimine? Evidentemente sì (al di là del fatto che Dio non lo avrebbe – e di fatto non lo ha – permesso, ut implerentur Scripturae); ma perché allora Dio, che poteva mandare dodici legioni di angeli a liberare Gesù Cristo, non è colpevole?

 

Ecco perché se Dio può voler permettere, senza colpa, la morte degli embrioni per un bene a lui noto (che dubito essere brutalmente la nostra presunta salute, come vampiristicamemte afferma Seifert), questo non vale per noi, che non possiamo associarci a tali atti o godere tout court dei frutti di qualsiasi azione malvagia

Perché Dio non è colpevole per coloro che muoiono senza mezzi (che lui potrebbe certamente fornire loro) e noi invece lo saremmo, qualora potessimo impedirlo e non lo facessimo? Appunto perché non si ragiona per Dio, causa universale, come per noi, che siamo causa solo del nostro piccolo particolare.

 

Ecco perché se Dio può voler permettere, senza colpa, la morte degli embrioni per un bene a lui noto (che dubito essere brutalmente la nostra presunta salute, come vampiristicamemte afferma Seifert), questo non vale per noi, che non possiamo associarci a tali atti o godere tout court dei frutti di qualsiasi azione malvagia.

 

San Tommaso ci dice che il provisor particularis, cioè la creatura cui Dio affida qualcosa, ha il dovere di evitare per quanto possibile ogni difetto in ciò di cui ha cura; mentre il provisor universalis, cioè Dio, può voler permettere alcuni difetti particolari per non impedire il bene del tutto. Pensare di equiparare i due discorsi porterebbe a conseguenze tali da sconvolgere tutta la teologia morale, ma forse il «Tacito di Santa Balbina» ed i suoi accoliti non sono arrivati a queste pur semplici distinzioni.

 

Va bene cercare soluzioni a questioni complesse come questa, dove ci può stare un errore come quello commesso da loro sulla questione della cooperazione, ma sarebbe bene almeno evitare di rasentare la blasfemia o di sovvertire tutto l’ordine delle cose, come fanno queste affermazioni di Seifert.

 

Consigliamo la lettura quindi di semplici passaggi di san Tommaso, per capire come evitare queste enormità: in particolare la risposta alla seconda obiezione nell’articolo 2 della questione 22, I pars; il commento al IX capitolo della lettera ai Romani, n. 20 della lectio IV; e naturalmente l’art. 9 della questione 19, I pars

Quando Dio vuole permettere il male per trarne del bene, non coopera con il male, nemmeno remotamente o materialmente. Siamo in tutt’altro ordine di cose

 

 

5.

Ribadiamo il concetto: nessuno qui è così sciocco da negare che esista una cooperazione materiale remota al male lecita in certi casi, si nega che sia questo l’approccio giusto per la questione della bontà morale di questi prodotti «vaccinali». Ma soprattutto si nega che una dottrina sulla liceità della cooperazione materiale possa fondarsi sul modo in cui Dio governa il mondo e vuole permettere il male, perché non c’è analogia possibile in questo senso.

 

Quando Dio vuole permettere il male per trarne del bene, non coopera con il male, nemmeno remotamente o materialmente. Siamo in tutt’altro ordine di cose. Visto che Corrispondenza Romana vuole un dibattito teologicamente raffinato e accusa di rozzezza tutti i detrattori delle tesi del Professore, farebbe bene a non pubblicare macelleria teologica come questa di Seifert.

Il Seifert afferma a due riprese che lo Stato ha il diritto di imporre la vaccinazione: come si concilia questo con il rispetto del «magistero» della CDF che, perfino nel documento del 21 dicembre scorso, ha affermato al punto 5 che la vaccinazione non è mai un obbligo morale e che è possibile rifiutare, «per motivi di coscienza», i vaccini provenienti da linee cellulari abortive?

 

 

6.

Un’ultima osservazione. Il prof. De Mattei ci ha spiegato quanto lui ossequi i documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, e recentemente Virginia Coda Nunziante ci ha detto che la Marcia per la Vita non si metterà mai «in aperto contrasto» (sic) con la Congregazione.

 

Ne prendiamo atto, ma evidentemente tale ossequio vale solo per le affermazioni pro-vax della Santa Sede.

 

Infatti il Seifert afferma a due riprese che lo Stato ha il diritto di imporre la vaccinazione: come si concilia questo con il rispetto del «magistero» della CDF che, perfino nel documento del 21 dicembre scorso, ha affermato al punto 5 che la vaccinazione non è mai un obbligo morale e che è possibile rifiutare, «per motivi di coscienza», i vaccini provenienti da linee cellulari abortive?

 

Qui poi si aprirebbe un discorso su come possa esistere una norma «di coscienza» valida solo per alcuni, ma non vogliamo mettere troppa carne al fuoco. Non sarebbe buona didattica, dato che il testo di Seifert dimostra che abbiamo a che fare con argomentazioni da principianti in morale e in teologia.

 

 

Don Anonymus

 

 

NOTE

1)  San Tommaso, Summa Theologiae, III q. 47 a. 1; q. 48 a. 3.

2)  Fingiamo qui di accettare l’idea che questi «vaccini» siano in qualche modo un bene per la salute generale, e non un pericolo anche per la medesima, onde rilevare meglio l’assurdità del ragionamento di Seifert.

 

 

 

 

 

 

Immagine © Renovatio 21

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