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Pensiero

All’ombra del papa crematorio

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Non tutti sembrano rendersi conto della profondità del gesto di Bergoglio che si reca ad omaggiare il Napolitano pronto per la camera ardente.

 

Si tratta di una vicenda di portata immensa, di un fenomeno di devastazione multidimensionale. E forse pure di valore catartico, vorrebbe dire la speranza dentro di noi, visto che, grazie a tale tracotanza, trame oscure, anche vecchie di secoli, tornano ad affiorare.

 

Ebbene, partiamo dal fatto che la presenza del papa di fatto benedice l’attività della cremazione, per secoli e millenni osteggiata dalla Chiesa cattolica, almeno fino a Montini, che tolse il divieto assoluto per i cattolici appena dopo essere stato eletto papa – i soliti maliziosi dicono che fosse una sorta di pegno pagato a chi lo aveva aiutato a salire sul Soglio di Pietro.

 

La cremazione è sempre un’opzione inaccettabile per le persone ancorate alla tradizione cattolica. Si tratta infatti di una pratica assai fortemente sospinta dalla massoneria, e proibita dalla Chiesa per secoli.

 

Sin dal Risorgimento – l’operazione che la massoneria intraprese con i Savoia per cancellare l’Italia cattolica – la cremazione cominciò ad essere diffusa nel Paese da soggetti di chiara emanazione massonica.

 

I massoni adducevano la cifra igienico-sanitaria della cremazione, ma anche la sua supposta presenza nella preistoria.

 

Leggiamo da un documento pubblicato su internet dal sito Loggia Garibaldi 1436, «sotto l’influenza dei massoni e per loro volontà, la cremazione è ridiventata, dopo duemila anni, una pratica funeraria legale».

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«Massoni erano Francesco Crispi, Luigi Pagliani, Malachia De Cristoforis, Gaetano Pini, Ariodante Fabretti e molti altri. La massoneria di quei tempi operava concretamente per “il bene e il progresso dell’umanità”: i massoni, che avevano già il grande merito di aver dato un decisivo contributo a “fare l’Italia” e a costruire lo stato laico nato dal Risorgimento, si accingevano a “fare gli italiani”. Cioè alla costruzione di una religione civile in grado di sostituire le nuove appartenenze dello stato laico alle vecchie identità, sedimentatesi nelle credenze religiose».

 

«La diffusione della cremazione da parte dei massoni nell’Ottocento è il prolungamento di un più generale discorso sulla fondazione di una morale laica, in grado di fronteggiare adeguatamente, in tutti i campi, l’egemonia di norme e comportamenti a sfondo confessionale. Poiché l’essenza della proposta cremazionista era – in sintesi – una tensione etica di trasformazione sociale, in nome dell’uomo, della scienza e del progresso, i massoni si dedicarono con slancio alla sua affermazione».

 

Si tratta, come ammesso qui, di una questione di riprogrammazione della morale, chiaramente in senso anticristiano: se ci pensate, polverizzare un corpo con il fuoco è visivamente la negazione della promessa della resurrezione della carne fatta dalle Sacre Scritture, e rappresentata dal Cristo risorto, vincitore della morte, il cui corpo – idea intollerabile per i grembiulisti – è presente sostanzialmente nella Santa Eucaristia diffusa in ogni Santa Messa.

 

«La sepoltura è professione della fede nell’articolo della resurrezione dei corpi (…). Mai come oggi, in questo clima gnostico, il corpo umano è visto come un insieme di elementi da riutilizzare o distruggere a piacere, con uno scopo puramente utilitaristico» leggiamo in un articolo pubblicato dalla Fraternità San Pio X.

 

La sepoltura, diceva Sant’Agostino «se non serve alla salvezza del morto, come pensavano alcuni pagani, è però dovere di umanità, perché nessuno ha in odio la propria carne».

 

La questione dell’odio del proprio corpo, che si vuole disintegrare, è consonante con la guerra all’Imago Dei dinanzi ai nostri occhi: l’odio per l’essere umano, fatto ad immagine di Dio, che dall’aborto alla provetta all’ingegneria genetica è la cifra del nostro tempo.

 

Da notare come tale odio sta portando la cremazione a mutazioni sempre più grottesche. È il caso dell’acquamazione, di cui Renovatio 21 ha parlato: la scelta fatta dal vescovo anglicano-mandeliano Tutu, che per non inquinare (bruciare un corpo produce CO2) ha voluto far dissolvere il suo corpo nell’acido, un po’ come accadeva, viene da pensare alle povere vittime della mafia Matteo Messina Denaro. Secondo quanto è dato di capire, i resti liquidi del cadavere vengono quindi gettati in fogna.

 

L’ecologismo spinge anche verso lidi edificanti, come il «compostaggio umano»: la trasformazione del corpo del defunto in concime, che poi viene dato ai campi coltivati. Più Stati americani hanno già leggi in merito. Qualche lettore può capire che si tratta, di fatto, di reintrodurre il corpo umano nella catena alimentare: il prossimo passo potete dire voi quale potrebbe essere.

 

Il papa crematorio visto al Senato italiano riporta alla mente tutti questi pensieri anticristiani, antiumani. Ma non è tutto.

 

C’è di mezzo il fatto che si è trattato di un ex inquilino del Quirinale, il cui nome originario, per esteso, è Palazzo Apostolico del Quirinale o Palazzo Papale del Quirinale: sì, si tratta di un regale edifizio inglobato dal Regno d’Italia massonico con la presa di Roma. Il Quirinale dal XVI secolo ha ospitato, come residenza estiva o come luogo alternativo ai Palazzi Vaticani, almeno trenta papi, da Gregorio XIII a Pio IX.

 

Fatti sloggiare i papi, sono arrivati i Savoia, la famiglia da cui, secondo una leggenda metropolitana che rifiutiamo con forza, ma che sta ancora circolando in queste ore, deriverebbe Napolitano, pure chiamato per qualche motivo «Re Giorgio», dichiarato dai diffusori di fake news come possibile figlio biologico di Umberto II di Savoia.

 

Nell’ambiente del tradizionalismo cattolico si mormorava che, usurpato il Quirinale e obbligato alla messa quotidiana per tranquillizzare il popolino rimasto cattolico e non ancora massonizzato – le monarchie erano tutte ancora cristiane, la monarchia massonica suonava e suona tutt’oggi abbastanza maletto – il re nella cappella sedesse in prima fila leggendo il giornale durante la liturgia.

 

Ora, in molti hanno notato i piccoli segni lasciati visibili nella vicenda: Bergoglio arriva in carrozzina ma poi si alza davanti alla bara, in silenzio e con la mano sul cuore, una gestualità il cui significato ora non indagheremo.

 

Soprattutto c’è quello che Camillo Langone ha definito «un fatto straordinario»: il papa non si è fatto il segno della croce, né ha benedetto la salma.

 

Il Vaticano ha quindi fatto sapere che Bergoglio ha voluto «esprimere, con la presenza e la preghiera, il suo personale affetto a lui e alla famiglia, e onorare il grande servizio reso all’Italia». In assenza di segni esterni, non capiamo quindi se la benedizione del cremando sia partita di default, forse dal foro interiore dell’argentino, forse latae sententiae.

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Bisogna capire che chi è rimasto un po’ vigile negli anni si ricorda di strane dichiarazioni di Bergoglio nei confronti di Napolitano ed altri personaggi.

 

Il 14 novembre 2013 Bergoglio varca le porte del Quirinale – il palazzo dei papi – per andare a trovare il presidente che ora vi abita, e che poco prima era stato rieletto.

 

«Con viva gratitudine ricambio oggi la cordiale visita che Ella ha voluto farmi lo scorso 8 giugno in Vaticano. La ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto con cui mi ha accolto, facendosi interprete dei sentimenti del Popolo italiano» disse Bergoglio in tono solenne.

 

«Mi è particolarmente gradito infine associarmi alla stima e all’affetto che il Popolo italiano nutre per la Sua persona e rinnovarLe i miei auguri più cordiali per l’assolvimento dei doveri propri della Sua altissima carica. Iddio protegga l’Italia e tutti i suoi abitanti».

 

Pochi anni dopo, scattò come una dichiarazione di stima improvvisa, che fece molto discutere per altri personaggi che vi erano associati. Era il 2016 quando Francesco parlò al Corriere della Sera di «grandi personaggi dimenticati» della storia recente, i «grandi dell’Italia di oggi».

 

«Ad esempio la donna-sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini» disse il romano pontefice, già facendo capire l’importanza che l’isola siciliana aveva nei suoi progetti. Non va dimenticato come uno dei suoi primi viaggi, a poche settimane dal conclave fu proprio a Lampedusa (come si diceva prima: pegni da pagare dopo aver ricevuto l’anello piscatorio?) dove, in mare aperto, diede il via alla migrazione di massa poi divenuta la crisi europea sotto i nostri occhi anche in questi giorni. Bergoglio celebrò quello che fu il più grande spot pubblicitario per convincere i giovani africani a venire in Italia e in Europa – perché se lo dice il loro papa che devono aiutarci, perché mai non tentare la traversata? L’analista geopolitico Edward Luttwak arrivò a dire che le morti di quanti annegano tentando di attraversare il mare possono essere attribuiti a tale trovata mediatica.

 

Poi tra i «grandi italiani», Francesco nominò proprio il Napolitano, che nel frattempo si era dimesso per lasciare il posto a Mattarella. Bisognava fargli i complimenti comunque per il bis: «quando Napolitano ha accettato per la seconda volta, a quell’età, e sebbene per un periodo limitato, di assumersi un incarico di quel peso, l’ho chiamato e gli ho detto che era un gesto di “eroicità patriottica”».

 

Per tentare di capire meglio il senso di questa uscita, o forse di rinunciare a comprendere del tutto, bisogna considerare che il terzo «grande personaggio dimenticato» dell’Italia recente era, per Bergoglio, Emma Bonino.

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Per il papa, la radicale «è la persona che conosce meglio l’Africa. E ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa. Mi dicono: è gente che la pensa in modo molto diverso da noi. Vero, ma pazienza. Bisogna guardare alle persone, a quello che fanno».

 

Sulla questione della Bonino in Africa ci sarebbe molto da dire, anche se i dettagli sono ancora oscuri. La radicale nel dicembre 2001 si era trasferita al Cairo, con lo scopo, disse, di imparare la lingua e la cultura araba – risulterebbe quindi che più dell’Africa, si occupasse di Islam e dintorni. Nel 2011, come noto, il Cairo subì una rivoluzione colorata, la cosiddetta «Primavera Araba» che portò al potere i Fratelli Musulmani, di colpo divenuti «tollerabili» per gli USA, ma spodestati non troppo tempo dopo da un generale dell’esercito, Abdel Fattah Al-Sisi, il quale, come riportato da Renovatio 21, ora parla di politica del figlio unico.

 

La storia repubblicana riporta la sua carriera, che si incrocia con quella di Napolitano, davanti a cui nel 2013 la Bonino giura per l’alta carica di ministro degli Esteri.

 

Ma torniamo alle parole del papa, al «guardare alle persone, a quello che fanno».

 

Se un cattolico guarda a quello che avrebbe fatto la Bonino, vengono in mente tutte le campagne contro la morale cattolica (divorzio, feticidio, cellule staminali, droga, matrimonio omosessuale, etc.), e contro il Vaticano stesso: ricordiamo la manifestazione «No Vatican No Taliban» (2007), o la campagna pubblicitaria dei tempi in cui la volevano lanciare come candidata proprio al Quirinale: «decidi tu o il Vaticano».

 

Sono tutte cose che sono sparite, magicamente, con l’arrivo di Bergoglio.

 

Ancora: se un cattolico guarda a quello che avrebbe fatto la Bonino, vengono in mente, soprattutto, le accuse di aver praticato migliaia di aborti clandestini prima della legge 194. Cioè, migliaia di esseri, che la chiesa chiamava un tempo «bambini» cancellati, squartati, spazzati via, buttati via.

 

E qui possiamo aprire l’album dei ricordi dell’attivista pro-life: il 10 maggio 2015 si tenne la quinta Marcia per la Vita, allora più grande manifestazione antiabortista del Paese. Varie edizioni della marcia, per ragioni non del tutto chiare, terminava in Piazza San Pietro per l’Angelus del papa, il quale snobbava la portata della manifestazioni citando, tra le sue premure, villaggi franati in Afghanistan e salutando dalla finestrella, al pari delle migliaia giunti per protestare contro l’aborto, cori di località padane sperdute, associazioni sconosciute, etc.

 

Chi scrive ha visto all’Angelus di quell’anno una signora – ammirata per il coraggio granitico e la lunghissima storia di militanza pro-life – mettersi a piangere. Non era certo nota per il sentimentalismo: eppure spremute d’occhi le rigavano il volto passando sotto gli occhiali fumé, nella tragica realizzazione di come i bambini non nati non fossero minimamente nei pensieri del vertice della Chiesa cattolica.

 

Quelle lacrime, se ci ripenso oggi, mi sembrano come lo spartiacque oltre il quale il Vaticano bergogliano diveniva ai miei occhi non più recuperabile, se non con un reboot massivo, i cui modi e i cui confini sono per me ad oggi ancora incalcolati.

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Ebbene, l’11 maggio, cioè all’indomani della marcia e dell’Angelus delle lagrime, il papa incontrò Emma Bonino in un’udienza organizzata in Vaticano, in un evento dove c’erano – significativo – 7.000 bambini. I giornali scrissero che Bergoglio l’aveva chiamata nei giorni precedenti per informarsi su come stava (era il periodo in cui si era detto stava male, e aveva iniziato a girare con quel copricapo simile ad un turbante) e per incoraggiarla a «tener duro». Durante l’incontro i due parlarono per qualche istante, e la foto di Emma sorridente a pochi centimetri dal papa ancora ce la ricordiamo.

 

Tanti schiumarono di rabbia. Tanti si sentirono pugnalati, perfino dall’istituzione stessa. Non avevano capito che era solo l’inizio, era solo uno degli episodi del papato crematorio, della storia del papa che, forse ritenendola un cadavere, incendia la chiesa stessa.

 

C’è poca differenza tra il papa della Bonino abortista e quello di Napolitano in camera ardente. La mancanza di rispetto per l’insegnamento cattolico e la sensibilità dei fedeli è evidente, continua, è programmatica.

 

Tuttavia, c’è di più: come non vedere, l’abbraccio al Nulla, come non vedere il nichilismo antropologico che prepara la logica dello sterminio: il corpo umano è nulla, la vita umana è nulla. L’uomo può essere sprecato, cancellato, disintegrato, de-creato – come in un incubo gnostico, che odia l’universo e l’essere umano e vuole distruggerlo. Il controllo della popolazione, e l’incipiente bioingegneria umana, oltre al sacrificio infinito di innocenti, vengono da qui, dal punto in cui si è voluto posizionare il pontefice.

 

All’ombra di questo papa, stiamo assistendo, prima ancora che del corpo, alla cremazione dello spirito umano.

 

È il trionfo della morte, è il trionfo della Necrocultura – perpetrato da chi dovrebbe invece custodire la vita e la dignità umana.

 

Quale punizione sia riservata a chi commette un simile tradimento non sappiamo: ma è possibile che neppure importi, perché il corpo cremato è, come vogliono i massoni, un essere riconsegnato al nulla, perché dopo la morte non c’è il giudizio, c’è il niente, c’è il Grande Nulla.

 

Persone con simili idee, persone senza timor di Dio, lo capite, vanno tenute il più lontane possibili dai gangli del potere.

 

Tutti i nostri problemi nascono da qui: da coloro che credono di poter bruciare l’essere senza conseguenze.

 

Ce li ritroviamo, ora, in cima alla piramide. Ma per quanto ancora, non sappiamo.

 

Roberto Dal Bosco

 

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Pensiero

Mons. Viganò: dissonanza cognitiva e rivelazione del metodo, il colpo da maestro di Satana

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Renovatio 21 pubblica questo scritto dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.        

Ex fructibus igitur eorum cognoscetis eos.

Mt 7, 20

 

Premessa

La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica. Non solo: questa non è una crisi tra le tante, ma la crisi dell’Autorità, perché è appunto l’Autorità ad essere oggetto di un sovvertimento che fino a sessant’anni fa non era nemmeno immaginabile in seno alla Chiesa Cattolica. Se infatti l’Autorità, quando è esercitata per il bene, è certamente lo strumento più idoneo ad assicurare il buon governo dell’istituzione che presiede, così essa si può mutare in uno strumento altrettanto efficace per distruggerla, nel momento in cui chi la ricopre rescinde il proprio vincolo di obbedienza verso Dio, che dell’Autorità è supremo garante (1).

 

Questo hanno fatto i Giacobini nel 1789, questo hanno ripetuto i fautori della rivoluzione conciliare nel 1965: appropriarsi illegittimamente dell’Autorità per costringere i sudditi ad accettare di obbedire a ordini iniqui, finalizzati ad un piano eversivo. E tanto i Giacobini quanto i Modernisti si sono avvalsi non solo della collaborazione attiva dei propri complici e dell’inazione dei codardi, ma anche del consenso di coloro che obbedivano in buona fede e da una massa progressivamente indotta ad accettare in nome dell’obbedienza qualsiasi cambiamento (2).

 

L’idealizzazione dell’autorità

Nelle scorse settimane «conservatori» come Riccardo Cascioli, Luisella Scrosati, Daniele Trabucco e Giovanni Zanone hanno sostenuto che laici e chierici, dinanzi alla crisi della Gerarchia cattolica, non dovrebbero adottare forme di resistenza nei confronti di cattivi Superiori; né dovrebbero mettere in discussione la loro Autorità, dal momento che essa promana direttamente da Nostro Signore.

 

Costoro affermano che l’indegnità di un vescovo o del papa non inficia la legittimità della loro autorità, ma questo può essere vero nel caso di un’indegnità personale che non coinvolge l’esercizio dell’autorità stessa. L’autorità, tuttavia non può essere esercitata legittimamente al di fuori dei confini che le sono dati né tantomeno contro i propri fini o contro la volontà del divino Legislatore. Un vescovo che coopera consapevolmente ad uno scopo iniquo con atti di governo, inficia la legittimità di quegli atti e la sua stessa autorità, proprio perché sono posti in fraudem legis.(3)

 

La visione idealista e sconnessa dalla realtà degli Autori citati, secondo la quale l’Autorità non perderebbe la propria legittimità nemmeno quando i suoi ordini sono volti al male, rende evidente il cortocircuito logico tra la realtà di papi e vescovi eretici – formali o materiali, poco importa: è comunque una cosa inaudita – e la teoria di un’Autorità immune dall’eresia e dalle cattive intenzioni di chi ricopre quell’Autorità.

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Una crisi sistemica

Chi si ostina a giudicare i singoli fatti prescindendo dall’evidente coerenza che li lega tra loro e dal quadro complessivo che se ne evince, falsifica la realtà dandone una rappresentazione ingannevole. Questa è una crisi che dura da sessant’anni, sempre nella medesima direzione, sempre con la connivenza dell’Autorità, sempre contraddicendo gli stessi articoli di Fede e sostenendo i medesimi errori già condannati.

 

I responsabili di questa crisi sono tutti accomunati dalla volontà eversiva di appropriarsi e mantenere il potere per raggiungere gli scopi che si prefiggono. E a riprova che deep state deep church agiscono di concerto, basti vedere come gli artefici di questa sovversione in campo ecclesiastico agiscono specularmente ai loro omologhi nella sfera civile, giungendo a mutuarne il lessico e le tecniche di manipolazione di massa. L’evidenza dei risultati disastrosi ottenuti dai papi e dai vescovi conciliari non li ha indotti a tornare sui propri passi e a riparare al danno compiuto, ma al contrario li vediamo proseguire ostinatamente sulla medesima linea, confermando dolo e premeditazione, ossia la mens rea. (4)

 

Ci troviamo in una situazione di gravissimo conflitto istituzionale, dal quale emerge che la maggior parte dei vescovi costituiti in Autorità – senza alcuna ombra di dubbio – agisce con l’intenzione determinata e volontaria di commettere atti illeciti contro il bene della Chiesa e delle anime, nella consapevolezza delle loro conseguenze.

 

Se in costoro non vi fosse intenzione di compiere il male – se, cioè, essi fossero in buona fede – non si ostinerebbero a ripetere i medesimi errori, nel perseguimento dei medesimi risultati. Né cercherebbero con ogni mezzo di indurre fedeli e sacerdoti a rinnegare ciò che la Santa Chiesa ha insegnato per secoli, facendo loro abbracciare quanto essa condannava e puniva con le pene più severe.

L’accettazione della frode

Abbiamo dunque una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori che pretende dai propri fedeli non solo il silenzio inerte dinanzi ai peggiori scandali dei suoi membri, ma anche l’entusiastica accettazione e condivisione di questo tradimento, secondo quel principio esoterico che il satanista Aleister Crowley aveva così riassunto agli inizi del Novecento: «Il male deve nascondersi alla luce del sole, poiché le regole dell’universo impongono che chi viene ingannato acconsenta al proprio inganno».

 

Questo è il modus operandi del demonio e dei suoi servi, che troviamo confermato dalla narrazione delle tentazioni cui Satana sottopone Nostro Signore nel deserto: «Tutto questo io ti darò – dice il Maligno a Cristo – se prostrato mi adorerai» (Mt 4, 9). Nel pretendere di essere adorato come Dio, Satana chiede anzitutto l’accettazione della frode, ossia della premessa – Tutto questo io ti darò – che è assolutamente falsa, in quanto Satana non può cedere ciò che non gli appartiene. Se per assurdo Nostro Signore si fosse prostrato a Satana adorandolo, Egli non avrebbe avuto da lui nemmeno un granello di polvere del deserto e questo baratto si sarebbe rivelato una frode.

 

er questo il Signore gli risponde «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (ibid., 10). Con queste parole Nostro Signore svela l’identità del tentatore e i suoi inganni. Anche nell’Eden, tentando Eva, il Serpente aveva prospettato ai Progenitori di diventare sicut dii (Gen 3, 5).

 

Essi sapevano benissimo che Satana non sarebbe stato in grado di renderli come dèi e che avrebbero dovuto rispondere a Dio della loro orgogliosa disobbedienza, ma nonostante questo hanno consentito alla menzogna del Maligno come se fosse vera, rendendosi responsabili del sovvertimento di Bene e Male e agendo come se Dio non fosse onnipotente e in grado di punirli. È questa, in definitiva, la ὕβρις, la superbia che spinge l’uomo a sfidare Dio scegliendo di compiere il peccato, che ha come conseguenza la νέμεσις, ossia la punizione inevitabile che colpisce chi ha violato l’ordine divino oltrepassando i limiti imposti da Dio.

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La «Rivelazione del Metodo»

Lo storico ed esperto di ingegneria sociale Michael A. Hoffman ha affrontato il medesimo tema da una prospettiva differente, identificando un’élite nascosta che usa tecniche di manipolazione per controllare le masse. Essa non vuole solo conquistare il potere, ma intende condurre una guerra psicologica che trasforma la realtà in un rituale magico, alchemico (e in questo coincide con le parole di Crowley).

 

Questa élite non nasconde più tutto, ma rivela deliberatamente parti del suo piano (da qui la Rivelazione del Metodo), come atto di umiliazione dei sudditi e di affermazione della propria supremazia. Gli studi di psicologia sociale confermano che questo gioco crudele per soggiogare e dominare le vittime serve a provocare la dissonanza cognitivaossia quello stato di disagio psicologico che si verifica quando ci troviamo dinanzi a due affermazioni o fatti in conflitto tra loro, come ad esempio è avvenuto quando le autorità sanitarie sostenevano, mentendo, che il siero genico sperimentale fosse «sicuro ed efficace» ma allo stesso tempo chiedevano lo scudo penale per i medici inoculatori; o quando abbiamo sentito affermare da Jorge Bergoglio che «Dio non è cattolico».

 

Questa dissonanza cognitiva, questa percezione di una contradictio in terminis è voluta, perché ci demoralizza (siamo consapevoli della nostra impotenza), perché ci induce ad un consenso implicito (un consenso passivo, come dire: «Ti mostro cosa faccio, e tu non fai nulla, quindi acconsenti») e infine perché ci porta all’accettazione di un potere dispotico (anche se esso sbeffeggia le masse, rafforzando su di noi il proprio controllo psicologico).(5)

 

La «dissonanza cognitiva» e il «gaslighting» dei conservatori

Non ci deve dunque stupire se queste tecniche di manipolazione di massa sono usate anche nella sfera ecclesiastica, allo scopo di provocare la stessa dissonanza cognitiva nei fedeli, la stessa demoralizzazione, lo stesso consenso estorto, la medesima accettazione dell’autorità che ostenta la contraddizione ma pretende obbedienza. Pensiamo al paradosso di Leone che dichiara la libertà religiosa un diritto umano sulla base del Vaticano II e allo stesso tempo canonizza il Beato Bartolo Longo, che nei suoi scritti condanna l’indifferentismo religioso e il concetto di libertà religiosa (6); o che presiede incontri ecumenici con gli islamici, ma canonizza il Beato Ignazio Choukrallah Maloyan, vescovo armeno martirizzato dai maomettani per essersi rifiutato di apostatare la vera Fede.

 

Non ci deve stupire nemmeno che la Nuova Bussola si comporti esattamente come previsto in questi casi dai manuali di psicologia sociale, negando ostinatamente la contraddizione ancorché evidente, in un’operazione di vero e proprio gaslighting (7): «Ciò che hai visto non è mai successo».

 

Anche il ricorso a video o immagini generate dall’AI diventa strumento di destabilizzazione, perché queste contribuiscono a erodere la base sensibile della conoscenza della realtà, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso e di fatto cancellando la nozione stessa di «reale» mediante la sua sostituzione con il «verosimile».

 

L’apparenza prende così il posto della sostanza, solo perché essendo veicolata dall’immagine che appare sul cellulare o sul computer noi non sappiamo se ciò che ci sembra vero lo è davvero o lo sembra soltanto. Come non vedere in questo nuovo fenomeno un attacco con cui Satana sfida con i suoi artifici teatrali e con i suoi effetti speciali la verità di Dio che è simplex, senza pieghe?

 

Questi sono test di massa per mettere alla prova la devozione alla religione sinodale, esattamente come in ambito civile avviene con la religiones anitaria o la religione green. E non è diverso chiedere al fedele di accettare la messa protestantizzata di Paolo VI se vuole avere il permesso di assistere alla Messa tridentina, che del Novus Ordo è l’antitesi.

 

Anche la «scomunica» che Jorge Bergoglio mi ha inflitto palesa una enorme contraddizione: da un lato io sono stato dichiarato scismatico per aver denunciato gli stessi errori che tutti i Papi fino a Pio XII incluso hanno condannato; dall’altro i veri eretici e scismatici sono ammessi alla communicatio in sacris con chi mi condanna, senza alcuna conseguenza canonica. Il messaggio è chiaro: «Possiamo mostrarti la contraddizione tra le nostre parole e le nostre azioni, e tu non farai nulla. Accetterai sia la menzogna che la prova di essa».

 

Ogni assurdità accettata indebolisce la capacità di discernimento dei fedeli e del Clero, per poter responsabilmente obbedire ai propri Pastori. Se la nostra Fede non è forte e convinta, questo ci porta ad una forma di apatia verso ogni nuova provocazione. È una forma di umiliazione rituale che funziona non più attraverso la segretezza, ma attraverso una sfacciata ostentazione, specialmente quando l’obbedienza all’Autorità che imparte ordini abusivi e addirittura criminali è richiesta come un sacrificio della propria razionalità, come un’immolazione della volontà mediante un concetto pervertito di autorità e di obbedienza.

 

Se l’Autorità della Gerarchia, fino ai suoi massimi vertici, si rende responsabile di questa manipolazione psicologica dei fedeli finalizzata a perpetuare il proprio potere per demolire la Chiesa, a chi dovrebbero rivolgersi, sacerdoti e laici, per veder condannati i colpevoli di tanto tradimento? A quegli stessi eretici manipolatori, incistati a Roma e in tutti gli organi e le istituzioni della Chiesa Cattolica?

 

Non stupisce che troppe vocazioni sacerdotali si perdano e che molti fedeli si rassegnino o abbandonino la pratica religiosa. È il risultato voluto e pianificato di questo crudele stillicidio.

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Il «colpo da maestro» di Satana

Il demonio vuole ottenere la nostra adesione al male non per inganno, ma portandoci ad accettare la menzogna con la quale egli definisce bene il male, e ad accettare la finzione mediante la quale ci presenta il bene come un male. Il colpo da maestro di Satana consiste in questo: nell’ottenere da noi un assenso irrazionale, pur dinanzi all’evidenza della frode e del sovvertimento che riconosciamo per tali ma che, in un atto di folle annientamento suicida, accettiamo come se fossero verità divinamente rivelate. Per il Cattolico la Fede non è mai irrazionale: rationabile sit obsequium vestrum, dice San Paolo (Rom 12, 1), perché Dio è autore della Fede e della ragione, e non vi può essere contraddizione nella Verità.

 

Satana, al contrario, essendo menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44) non può non dissimulare i propri inganni con la frode, per i quali pretende da noi non un’adesione razionale, ma un consenso superstizioso, un atto di fede al contrario, nel quale l’assenso dell’intelletto a errori e eresie evidenti è motivato non dall’autorità di un Dio verace, ma dall’usurpazione di quell’autorità da parte di una creatura ribelle, bugiarda e che sappiamo che ci vuole ingannare e perdere.

 

Satana vuole che abdichiamo alla ragione e allo stesso sensus fidei, trasformando l’atto di fede in una folle apostasia.

 

L’assolutizzazione dell’obbedienza

Assolutizzare l’obbedienza, scardinandola dalla necessaria coerenza che essa presuppone tra tutti i soggetti del corpo gerarchico in cui essa viene esercitata,[8] significa consegnare nelle mani dell’autorità vicaria della Gerarchia un potere che il supremo Legislatore non le ha mai concesso, ossia la facoltà di poter legittimamente legiferare contro la volontà del Legislatore stesso e in danno dei fedeli.

 

Qui non stiamo parlando di ordini incidentalmente sbagliati, o di singoli vescovi che abusano della propria autorità in un contesto ecclesiale in cui la Virtù è incoraggiata e il peccato condannato e punito. Qui stiamo parlando di un intero sistema gerarchico che è riuscito – nella Chiesa Cattolica come nella cosa pubblica – ad impossessarsi del potere, ottenendo riconoscimento e obbedienza dai sottoposti mediante l’uso di mezzi coercitivi.

 

Non solo: l’assolutizzazione dell’obbedienza nei riguardi dell’autorità finisce anche con l’essere deresponsabilizzante: un comodo alibi offerto ai tanti, troppi don Abbondio in veste filettata o in clergyman, ben attenti a non dispiacere ad alcuno, ad «evitare polarizzazioni» – secondo l’auspicio di Leone – a beneficiare dei favori del potente che si conosce come iniquo ma a cui si presta ossequio per viltà o interesse.

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Conclusione

La Sacra Scrittura, i Padri, i mistici e la stessa Vergine Maria a Fatima ci hanno messi in guardia su un’apostasia che la Chiesa dovrà affrontare negli ultimi tempi. Come possiamo pensare che questa apostasia si concretizzi, se non attraverso falsi pastori al posto di buoni pastori, e di pseudocristi falsi profeti al posto di Cristo e dei Profeti? Come potrebbero gli eletti essere tratti in inganno dagli eretici e dagli scismatici (Mt 24, 24), se non nel momento in cui questi ricoprono ruoli d’autorità nella Chiesa? Ma la Chiesa è indefettibile, ripetono alcuni con petulanza.

 

E lo è davvero: nonostante la stragrande maggioranza dei suoi vescovi infierisca su di essa e agisca di concerto con nemici di Cristo. La Chiesa Cattolica è indefettibile nel senso che essa non può mai venir meno nella sua missione di custodire e trasmettere la Verità rivelata da Dio, né può cadere in errore definitivo nella sua Fede e nella sua Morale. E questo di fatto non accade nemmeno quando una Gerarchia eretica e corrotta cerca di oscurare o di sfigurare il sacro Deposito della FedeNon dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella militante su questa terra (hic) e oggi (nunc), ma è anche quella penitente in Purgatorio e trionfante in Paradiso.

 

La sua compagine celeste è garanzia di quell’indefettibilità che il suo divino Fondatore le ha promesso e che lo Spirito Santo le assicura. E se la chiesa conciliare-sinodale che oggi si presenta come militante contraddice quella di ieri, spezzando la continuità e l’unità nella Professione dell’unica Fede che la rende una apostolica anche nel fluire del tempo e non solo nella sua diffusione nello spazio, essa non è più la stessa Chiesa.

 

Per questo il Signore non manca di suscitare una vox clamantis in deserto che rompa il muro di silenzio e di complicità dei congiurati: mi riferisco ai “dottori degli ultimi tempi” cui accenna Augustin Lémann (9) nel suo saggio L’Anticristo. Sono i nuovi Sant’Atanasio imprigionati, esiliati, perseguitati ma infine risarciti dalla Giustizia divina con la proclamazione della loro santità. Ecco come il grande Vescovo di Alessandria e Dottore della Chiesa si rivolge ai fedeli durante la grande eresia ariana (10):

 

Che Dio vi consoli! (…) Quello che rattrista (…) è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la Fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la Fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente. Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta – quella che mantiene la sede o chi osserva la Fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la Fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo… Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra Fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla Tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra Fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto più i violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che ne sono a loro volta espulsi e vanno fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo.

 

L’accusa ricorrente che tanto i Conservatori e i Sinodali rivolgono a chi rimane saldo nella Fede e denuncia i loro errori è di volersi creare una propria chiesa, separandosi con lo scisma dalla Chiesa Cattolica, visibile e gerarchica, di cui essi si sono però impossessati con un vero e proprio golpe e nella quale pretendono di esercitare una legittima Autorità per gli scopi opposti a quelli che Nostro Signore le ha affidato.

 

Ma non sono stati forse costoro, con i loro errori condannati da tutti i Papi preconciliari, a crearsi una chiesa parallela che contraddice il Magistero immutabile e sovverte il Papato? Come può un’autorità ribelle a Cristo Capo del Corpo Mistico pretendere di esercitare l’Autorità di Cristo per contraddire la Sua Parola?

 

Come può chi si è separato dalla comunione ecclesiale con la vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana accusare di scisma chi le rimane fedele?

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 
24 Ottobre MMXXV S.cti Raphaëlis Archangeli
 
NOTE 1) Il termine auctoritas deriva da auctor, nell’accezione di autore garante riferita a Dio. 2) San Pio X ricordava che il successo dei malvagi è possibile anzitutto grazie all’ignavia dei buoni. 3) L’espressione in fraudem legis si riferisce a un comportamento o un atto giuridico compiuto con l’intenzione di eludere una norma, aggirandone lo scopo o l’applicazione, pur rispettandone formalmente la lettera. In altre parole, si tratta di un’azione che, pur apparendo conforme alla legge, viene posta in essere per ottenere un risultato che la legge stessa intende vietare o limitare. Le caratteristiche di questo comportamento sono la conformità formale, l’intenzione elusiva e l’effetto contrario alla mens del legislatore. 4 – La mens rea designa la componente psicologica del reato, ossia l’intenzione o la consapevolezza di violare la legge. 5) Scrive Hoffman: «Il principio alchemico della Rivelazione del Metodo ha come componente principale una beffarda derisione delle vittime, simile a quella di un clown, come dimostrazione di potere e macabra arroganza. Quando viene eseguito in modo velato, accompagnato da certi segni occulti e parole simboliche, e non suscita alcuna risposta significativa di opposizione o resistenza da parte dei bersagli, è una delle tecniche più efficaci di guerra psicologica e violenza mentale». Cfr. Michael A. Hoffman II, Secret Societies and Psychological Warfare, 2001. 6) Scriveva Bartolo Longo: Innanzi a Dio l’uomo non ha vera libertà di coscienza, libertà di culto e libertà di pensiero, come oggi s’intende, cioè facoltà di scegliersi una religione ed un culto come gli talenta; ma solo la libertà dei figliuoli di Dio, come dice S. Paolo, cioè di lasciare l’errore e le seduzioni del secolo per correre liberamente al Cielo. L’affermare, perciò, che l’uomo ha il diritto innanzi a Dio di pensare e di credere in religione come gli piace, è un errore. Cfr. Bartolo Longo, San Domenico e l’Inquisizione al Tribunale della Ragione e della Storia, Valle di Pompei, Scuola tipografica editrice Bartolo Longo, 1888. 7) Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona (o un gruppo) fa dubitare un’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale, con l’obiettivo di controllare, indebolire o destabilizzare la vittima. 8) Non vi può infatti essere vera obbedienza se chi è costituito in autorità nella Gerarchia esige di essere obbedito ma allo stesso tempo disobbedisce a Dio, che è il garante e la fonte stessa dell’Autorità. Né vi può essere legittima autorità se chi la esercita in nome di Dio non si sottomette a propria volta alla Sua suprema Autorità. 9) Augustin Lémann, L’Anticristo, Marietti, 1919, pag. 53. «Il secondo campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori suscitata da Dio in quei tempi di prova. […] Questa falange di dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore intelligenza delle nostre sante Scritture». Cfr. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-Lemann.pdf

Il Canonico Augustin Lémann, ebreo francese, si convertì al Cattolicesimo insieme al fratello Joseph. Divenuti amici di Pio IX, furono entrambi consultori del Concilio Vaticano I.

10) Sant’Atanasio, Epistolæ festales, Lettera XXIX, in: Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum, a cura di Caillaud e Guillon, vol. 32, pagg. 411-412.

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Ci risiamo: il papa loda Don Milani. Torna l’ombra della pedofilia sulla Chiesa e sul futuro del mondo

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Ci risiamo, ed è l’ennesimo spettacolo doloroso e mostruoso cui tocca assistere: il nuovo papa loda Don Milani. Le implicazioni di questa scelta sono spaventose.

 

L’11 ottobre, parlando ai pellegrini delle diocesi toscane, Prevost ha citato in modo molto benevolo il controverso prete-maestro della Barbiana: «Don Lorenzo Milani, profeta della Chiesa toscana, che Papa Francesco ha definito “testimone e interprete della trasformazione sociale ed economica”, aveva come motto “I care“, cioè “mi importa”, mi interessa, mi sta a cuore».

 

Questa cosa del Don Milani «profeta» (colui che anticipa i tempi: a suo modo, non errato) non è nuova:  Leone il 12 giugno all’incontro con il clero della diocesi di Roma aveva definito di Don Lorenzo Milani come di «un profeta di pace e giustizia».

 

La chiesa conciliare, quindi, non lascia Don Milani. No: raddoppia.

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Per noi non è solo il segno chiaro della contiguità assoluta, e infame, con il papato di Bergoglio. Ci prende l’idea di forze oscure – davvero oscure – che bramano per espugnare definitivamente il Soglio e devastare l’umanità tutta.

 

Perché, per chi si è perso le puntante precedenti – o chi, da buon boomer, si informa su TV e giornali senza chiedersi nessuno sforzo personale per la comprensione della realtà – Don Milani, la grande icona della sinistra (non solo quella, vero Salvini?) e dei cattolici benpensanti, negli ultimi anni è stato accusato di essere una figura molto ambigua, che in una sua lettera, pubblicata dagli stessi seguaci, parlava della sodomizzazione dei suoi allievi ragazzi.

 

Citiamo dalla lettera di Don Milani a Giorgio Pecorini, contenuta nel libro di quest’ultimo Don Milani! Chi era Costui?, edito Baldini&Castoldi nel 1996, alle  pagine3 86-391.

 

«… Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!). E chi non farà scuola così non farà mai vera scuola e è inutile che disquisisca tra scuola confessionale e non confessionale e inutile che si preoccupi di riempire la sua scuola di immaginette sacre e di discorsi edificanti perché la gente non crede a chi non ama e è inutile che tenti di allontanare dalla scuola i professori atei … E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?». Il corsivo è nostro.

 

Ora, questo brano è impossibile che in Vaticano non lo hanno letto. Non dopo che, all’altezza del fallito push per la beatificazione del 2019, era rispuntato fuori in tutta il suo orrore. E non solo nei circoletti tradizionalisti, o in intelligentissimi pubblicazioni come Il Covile. La faccenda era rispuntata nel mainstream, quello dei giornaloni e dei grandi editori.

 

Mi hanno scritto in diversi che dell’episodio non ricordano più niente. Quindi, sintetizzo.

 

Il 5 giugno il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli organizza al MIUR «un evento dedicato a Don Milani, a cinquant’anni dalla sua scomparsa (…) “Avere una scuola aperta ed inclusiva era l’obiettivo di Don Milani ed è l’impegno del mio ministero».

 

C’è, notevole, una vera convergenza con il Sacro Palazzo: «a scuola, come ci ha ricordato il papa nel messaggio inviato per l’evento dedicato oggi a Don Milani, nell’ambito della Fiera dell’editoria, deve essere capace di dare una risposta alle esigenze delle ragazze e dei ragazzi più giovani» scrive la nota del MIUR.

 

Non ci sono solo le parole. Il 20 giugno 2017 Bergoglio effettua un «pellegrinaggio» (sic – proprio come per i viaggi presso santuari e luoghi sacri) a Barbiana, per onorare don Milani.

 

In quei giorni, strana coincidenza davvero,  esce per Rizzoli un libro di un celebrato scrittore nazionale, tale Walter Siti. Sedicente omosessuale, nei circoli giusti il Siti conta: normalista, professore universitario,  studioso di Montale, curatore delle opere di Pasolini (lui), collaboratori dei giornali di De Benedetti Repubblica e Domani, pochi anni prima aveva vinto il premio Strega. Una voce difficile da ignorare nel contesto dei grandi media di regime.

 

Il romanzo, che oggi per qualche ragione si vende su Amazon in cartaceo a 100 euro, si intitola Bruciare tuttoRacconta la storia di Don Leo, un immaginario prete pedofilo, e dei suoi struggimenti. È un’opera di fiction, ma si apre con una dedica che apre un bello squarcio sulla realtà: «All’ombra ferita e forte di don Lorenzo Milani».

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Boom. I giornali cominciano ad occuparsene: «Ho creduto che don Milani somigliasse al mio prete pedofilo» titola un articolo sul sito apparso su La Repubblica. Qualche giorno prima, un commento («La pedofilia come salvezza. L’inaccettabile romanzo di Siti») era partito dalla filosofa del PD Michela Marzano, nota per la sua attenzione al tema dell’anoressia e il suo abortismo militante.

 

Il 21 aprile la bizantinista TV Silvia Ronchey, figlia del ministro PRI Alberto Ronchey e cognata della collaboratrice dell’Osservatore Romano Lucetta Scaraffia in Galli della Loggia, aveva scritto un’ulteriore difesa («Le vere parole di Don Milani») su La Repubblica, che forse è una toppa peggio del buco: prima definisce il Milani come «è un ebreo non praticante che fa “indigestione di Cristo” (…) la sua conversione non è certo dall’ebraismo al cristianesimo, bensì da un battesimo di convenienza, ricevuto per sfuggire alle leggi razziali, a un abito scomodo, indossato per vocazione di riscatto»; poi lo scrive egli era «calamitato dalla letteratura, dalla poesia, dalla pittura fin da adolescente, artista bohémien dalla non celata omosessualità nella Firenze di fine anni Trenta».

 

«Non celata omosessualità»: quindi, almeno dell’omofilia del prete-icona tutti sapevano, allora come oggi? Almeno fra le élite, era cosa nota? È un argomento che non va trattato con il popolo? Chiediamo.

 

Non che l’interessato non sapesse di cosa si parlasse. in una lettera sul suo direttore spirituale don Raffaele Bensi, nume tutelare della chiesa «resistenziale» della Firenze del dopoguerra, scrisse:  «può darsi che lei abbia in vista una felice sintesi delle due cose, di cui io invece non intravedo la compatibilità p. es. passare a un tempo da finocchio e da maestro, da eretico e da padre della Chiesa, da murato vivo nel chiostro e da pubblicatore del più polemico dei libri».

 

A Firenze, va detto, chiacchierano di Bensi. Si dice avesse bruciato tutta la corrispondenza privata, dove, sostiene Neera Fallaci, forse si parlava anche di Paolo VI.

 

Le pulsioni sono disseminati in altre regioni dell’epistolario milaniano. In un’altra lettera ad un amico vi sarebbe scritto «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».

 

Forse, abbiamo pensato, davvero tutti sapevano. Tuttavia qui c’è un primo grande mistero: come è possibile che prima del Concilio Vaticano II, quando la selezione dei sacerdoti scartava immediatamente quanti erano anche solo lontanamente sospettati di avere pulsioni omofile, il Milani sia riuscito a farsi consacrare?

 

Andiamo poco oltre, e troviamo un’ulteriore storia terrificante, quella del Forteto. Va chiarito che non vi sono prove del coinvolgimento dei guru fortetani con il Milani. La comunità nacque dopo la morte di Don Lorenzo, tuttavia il fatto che il donmilanismo potesse essere stato un’ispirazione è un’idea piuttosto accettata.

 

Il Forteto è, secondo il vaticanista Sandro Magister, «quella catastrofe che si è consumata in quel di Firenze, tra i circoli cattolici che fanno riferimento a don Lorenzo Milani e alla sua scuola di Barbiana. Una catastrofe che opinionisti e media hanno a lungo negato o passato sotto silenzio, per ragioni che si intuiscono dalla semplice ricostruzione dei fatti».

 

Al Forteto, scrive la Relazione della Commissione regionale d’inchiesta «l’omosessualità era non solo permessa ma addirittura incentivata, un percorso obbligato verso quella che Fiesoli [il leader della comunità, ndr] definiva “liberazione dalla materialità” (…) l’amore riconosciuto e accettato, l’amore vero, alto e nobile era solo quello con lo stesso sesso (…) Il bene e l’amore vero erano quelli di tipo omosessuale, perché lì non c’è materia».

 

Faccenda è complicata e spaventosa. Ci hanno messo dentro di tutto. Renovatio 21 ha pubblicato un’intervista al magistrato Giuliano Mignini, che si occupò oltre che del caso Kercher anche di quello del Mostro di Firenze, in cui accenna a questioni di cui  ha parlato di recente anche alla «Commissione Parlamentare d’inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità Il Forteto»,

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In realtà, non vorremmo tornare a riparlare di tutto questo – ne abbiamo trattato più di dieci anni fa, arrivando a partecipare una conferenza in Regione Toscana con vari soggetti, tra cui Giovanni Donzelli, allora consigliere regionale e oggi parlamentare membro del cerchio magico della Meloni, mentre ad organizzare c’era l’indomito Pucci Cipriani, che per decenni ha combattuto il Don Milani e il donmilanismo.

 

Qui ci importa di notare altro. Dinanzi a questa mole assoluta di melma, Leone, come con il blocco di ghiaccio benedetto e la sua benedizione cringe, tira dritto, come se niente fosse: viva Don Milani, dice il papa americano, chiaramente imbeccato da qualche puparo della gerarchia. L’agenda della neochiesa va avanti. Ma verso dove?

 

Già. Noi avevamo una nostra allucinante ipotesi. In quell’articolo di oramai otto anni fa scrivevamo: «La finestra di Overton, già spalancata per l’omoeresia, ora pare aprirsi, per mano del Papa, per la pederastia ecclesiastica (…) Il cosiddetto “ritardo cattolico” martiniano è finito. La società secolare può metterci anni a normalizzare la pedofilia; la Chiesa ci può invece impiegare pochissimo. Con il golpe modernista è tutto chiaro: la dissoluzione aumenta esponenzialmente, e la foga satanica contro l’Ecclesia è ben maggiore di quella usata contro la società civile».

 

Cosa stai dicendo? Il Vaticano, che tanto sta pagando per la questione delle vittime degli orrendi abusi commessi da sacerdoti e vescovi… starebbe lavorando per normalizzare la pedofilia?

 

Le forze che controllano l’agenda del papato possono volere un tale abisso? Eccerto.

 

E cosa pensate, che il Male non si concentri sul katechon? Che l’avversario non voglia distruggere la diga costruita da Cristo? Credete che Satana non voglia che il pontefice smetta di creare ponti con il Paradiso?

 

Pensate davvero che chi vuole il dominio del maligno sulla Terra non cerchi di corrompere la Chiesa dall’interno?

 

Capiteci: la finestra di Overton spalancata sulla pedofilia è solo uno dei tasselli del disegno, che in realtà è già bello che scritto: una società mostruosa, dove i tabù – compreso soprattutto l’incesto – sono rimossi definitivamente dai suoi schiavi perverso-polimorfi, dove la morte (per eutanasia, per aborto, per omicidio tout court pienamente legalizzato) è un valore auspicabile, e con essa, vero obiettivo, il sacrificio umano.

 

Ecco che approntano il Regno Sociale di Satana, e lavorano incessantemente non solo per plasmarne la «morale» demoniaca, ma per progettarlo biologicamente: Renovatio 21 ha cercato di ripeterlo negli anni, i bambini della provetta potrebbero essere proprio coloro «il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo» (Ap 13, 8)  di cui parla San Giovanni nell’Apocalisse. Cioè, il futuro popolo, il futuro esercito, dell’anticristo.

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Roma si sta muovendo anche lì, verso lo sdoganamento papista degli umanoidi: e non solo con conferenze ammicanti, ma con la proposta (incredibile davvero) di beatificare il politico democristiano che tanto lavorò per normare, cioè permettere, la fecondazione in vitro in Italia. Dell’agghiacciante processo di beatificazione di Carlo Casini – che gli ebeti pro-vita italici celebrano ancora oggi – avremo modo di scrivere più avanti.

 

Non siamo davanti ad una questione politica. Si tratta di una battaglia metafisica, la guerra spirituale per la salute del mondo, per salvare il pianeta dall’inferno.

 

Volenti o nolenti, lo sappiate o no, a questo siete chiamati dall’ora presente.

 

E, io dico, non c’è onore più grande.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine rielaborata da pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Pensiero

Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

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I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.   L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.   Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.   Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.   Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.   Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.   Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.

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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.   Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.   Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.   Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.   Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.   I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.   Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».   Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.   Patrizia Fermani

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