Predazione degli organi
Camillo Langone parla della predazione degli organi su Il Foglio

Lo scrittore Camillo Langone ha trattato giovedì scorso sulla sua rubrica su Il Foglio il tema della «donazione» degli organi, chiamandola con il suo vero nome, cioè «predazione».
Si tratta, a ben guardare, di una breccia di non poco conto sulla stampa mainstream.
«Ho perfezionato Melville. Ho perfezionato il più prezioso personaggio di Melville, Bartleby lo scrivano, quello che rispondeva sempre “I would prefer not to”» racconta lo scrittore parmense. «All’impiegata dell’anagrafe che, per la nuova carta di identità, mi chiedeva il consenso alla donazione degli organi non ho risposto “Preferirei di no” ma un “No” secchissimo. Che non ci fossero dubbi e che non mi pensasse timoroso del suo giudizio».
«Non sapevo che i Comuni facessero propaganda espiantistica» prosegue l’autore del Manifesto della destra divina. «L’ho scoperto all’anagrafe vedendo il manifesto in cui una tipa sorridente, troppo sorridente, esortava a decidere la destinazione delle proprie frattaglie. A fianco un volantino più tecnico, senza sorrisi: “Decidi tu”».
«Ovviamente se decidi di non donare sei un avaro, un crudele. Chissà quante persone perplesse si sentono in dovere di balbettare “Sì”. Io invece ho un metodo: qualsiasi cosa mi venga chiesta da Comune, Regione, Stato e Sovrastato la mia risposta, se posso scegliere, è no. A prescindere»
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Lo scrittore de La vera religione spiegate alle ragazze cita quindi il fondatore e direttore di Renovatio 21.
«Non ho tempo né voglia di approfondire, nemmeno gli articoli di Roberto Dal Bosco che non parla di “donazione” bensì di “predazione degli organi”… No e basta».
«Sono scettico come solo un cristiano può esserlo. Dato che “nessuno è buono” (Marco 10,18) se un’organizzazione inevitabilmente cattiva mi fa pressione è lecito supporre che non sia per il mio bene. No e poi no» conclude lo scrittore.
Langone coglie in pieno il discorso: la pressione statale a schiacciare la sovranità biologica del cittadino, l’uso della vergogna e della colpa come strumento di controllo. Con i vaccini e pure con altre manifestazioni della Cultura della Morte a distribuzione sanitaria va allo stesso modo.
Ringraziamo il grande autore italiano – praticamente unica figura a potersi permettere posizioni di provocazione, cioè di verità, in un sistema tarato sulla continua menzogna – per aver aperto uno squarcio in un grande giornale nazionale: nessuna donazione, l’espianto è predazione, perché il cuore batte ancora e la cosiddetta «morte cerebrale» è solo una convenzione (che varia da Paese a Paese, di anno in anno), un costrutto letterario inventato ad Harvard sei decenni fare per poter avviare l’industria dei trapianti (e, ma questo lo dice la malizia di Renovatio 21, per estendere il numero di innocenti sacrificati, squartati vivi nel momento in cui sono incoscienti: se volete un lato metafisico a questa strage, è questo).
La parola «predazione» al posto di «donazione» – ulteriore esempio di neolingua orwelliana adattata alla Necrocultura imperante – va usata ovunque si possa, sempre. Non c’è «dono», ma squartamento e ladrocinio. Abituiamoci ad usare parole che corrispondono alla verità, invece di quelle del regno della menzogna in cui ci troviamo a vivere.
Per questo ringraziamo ancora una volta il professor Rocco Maruotti e la signora Nerina Negrello che ancora nel 1985 creavano un’ente che chiamava il fenomeno con il suo nome – la Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, un’associazione, scrive il sito, «per l’abolizione della dichiarazione di “morte cerebrale” a cuore battente imposta dalla legge per espianti-trapianti, un crimine contro l’umanità, per il diritto alla vita, alla libertà, all’integrità della persona, per la difesa dei malati che hanno perso la coscienza e la cura secondo la loro volontà».
Non riusciamo ad essere più d’accordo.
Renovatio 21 nel 2019 fece due eventi con la Lega antipredazione, uno a Milano e uno a Modena. Speriamo di farne altri a breve.
Nel frattempo: non fate che vi uccidano per rubarvi gli organi, e non fate che ciò possa avvenire ai vostri cari.
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Immagine di BruceBlaus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Predazione degli organi
Se la cardiologa parla della possibilità di un «obbligo» per la «donazione» degli organi

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Predazione degli organi
DCD, la nuova frontiera della predazione degli organi

L’introduzione del criterio della morte cerebrale non fu il risultato di una riflessione teorica o filosofica sulla morte, piuttosto della volontà di risolvere due ordini di esigenze pratiche: contenere il problema dei pazienti bisognosi di cure mediche adeguate (in concomitanza della scoperta delle moderne tecniche di rianimazione) e legittimare l’espianto degli organi vitali.
Ad affermarlo furono gli stessi membri del Comitato di Harvard i quali, ormai più di cinquant’anni fa, vennero chiamati ad elaborare il concetto di morte con criteri neurologici: «il peso è più grande per i pazienti che soffrono della perdita permanente dell’intelletto, per le loro famiglie, per gli ospedali, e per quanti hanno bisogno di posti letto già occupati da altri pazienti comatosi (…) Criteri obsoleti per la definizione di morte possono portare a controversie nell’ottenere organi per il trapianto».
Gli evidenti riferimenti erano al problema di togliere i supporti vitali ai malati e alla necessità di legalizzare la pratica dei trapianti. Per risolvere tali impedimenti in un colpo solo era sufficiente dichiarare morte le persone in stato di incoscienza: il nuovo criterio di accertamento della morte venne così ratificato e finì in breve tempo per rivoluzionare radicalmente la deontologia e la prassi medica.
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Pertanto, sembra evidente che il legame tra la predazione degli organi e la deriva eutanasica non è accidentale bensì strutturale. Ai giorni nostri, l’intima connessione tra queste due pratiche si manifesta in maniera particolarmente evidente nella nuova frontiera dei trapianti, la cosiddetta donazione a cuore fermo (Donation after Cardiac Death).
Schematicamente, esistono due tipi di donatori a cuore fermo: controllati e non controllati. La DCD non controllata concerne tutti i pazienti che hanno subito un improvviso arresto cardiaco e non hanno risposto (almeno in teoria) a tutti i tentativi di rianimazione cardiopolmonare.
In questi casi, per il prelievo degli organi vengono utilizzate procedure per ridurre la sofferenza ischemica dei tessuti, come i sistemi di perfusione continua meccanica e l’utilizzo di ossigenatori a membrana extracorporea. Tali sistemi vengono utilizzati già all’arrivo del paziente in ospedale per supportarne il cuore in vista di una sua possibile ripresa
Qualora il malcapitato non si riprenda si procede a verificare la volontà donativa dello stesso e in caso positivo al prelievo dei suoi organi. Trattandosi di un «donatore» non controllato il cuore non può essere prelevato, in quanto la sua funzionalità è compromessa da una patologia che ne ha causato l’arresto (in compenso possono essere prelevati tutti gli altri organi).
Diverso è il caso della DCD controllata in cui l’arresto cardiaco è atteso, ossia previsto. Essa, fa seguito alla sospensione dei trattamenti intensivi a motivo della loro mancanza di proporzionalità. In altre parole, il malato viene staccato dai supporti vitali, in particolare dal supporto ventilatorio, in una circostanza prevista e medicalmente controllata. In questo caso il cuore è sano e può essere prelevato dopo i venti minuti di assenza di battito e di circolo, come prescritto dalla legge italiana. Il muscolo cardiaco, già prima del prelievo e del trapianto, viene accuratamente valutato e spesso collegato ad un sistema di circolazione artificiale che permette di verificare la funzionalità dell’organo in vista del trapianto.
Possiamo chiederci se possa essere stata proprio questa la causa della morte di una persona ricoverata a fine dicembre presso l’ospedale piemontese, la quale è stata depredata di cuore, fegato e reni dopo accertamento di morte con criteri cardiologici. Immediatamente dopo la dichiarazione del decesso il cuore della «donatrice», ci informano le cronache, è stato rivitalizzato da una équipe rianimatoria che ha fatto ripartire il cuore prima del suo prelievo. Gli organi (cuore e fegato) sono stati poi trasportati in un altro ospedale mantenuti vitali al di fuori del corpo in una condizione molto simile a quella fisiologica.
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Naturalmente, la notizia è stata accolta dai media con grande entusiasmo e i membri dell’équipe medica descritti come degli eroi. E ovviamente nessun accenno ad alla possibilita per cui, secondo alcuni, vi potrebbe essere sottostante una pratica eutanasica.
Una cosa è certa: la nuova tecnica dei trapianti a cuore fermo da donatore controllato è la dimostrazione ulteriore che la dichiarazione di morte cerebrale rappresenta una mera convenzione volta unicamente ad eliminare i malati e foraggiare l’industria dei trapianti; con la DCD controllata, infatti, la morte del paziente non sopraggiunge a causa di una patologia cardiaca ma è conseguente alla decisione di sospensione dei trattamenti considerati inutili per il paziente stesso. Trattasi quindi di morte dopo sospensione delle cure.
Come uno tsunami la Necrocultura avanza e rompe tutti gli argini che incontra lungo il suo mostruoso cammino.
Alfredo De Matteo
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