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Sequestro Shabaab, la Cultura della Morte e quelli che «la vita è sacra»

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«La vita è sacra», «la vita non ha prezzo». Non so quante volte sto sentendo frasette come queste per giustificare il pagamento del riscatto al gruppo terroristico Shabaab da parte dello Stato italiano.

 

Se io non fossi io, uscirei confuso da questi giorni, in cui la sinistra «progressista» difende l’operazione e la ragazza che ha fatto l’atto «laico e femminista» di convertirsi all’Islam, probabilmente quello qaedista degli Shabaab – giuro che sui social ho letto una cosa del genere. Nondimeno la chiesa cattolica che abbraccia l’enigmatica apostata e Famiglia Cristiana che annuncia che la ragazza è «un modello per i nostri giovani».

«La vita è sacra»: la frasetta  per giustificare il pagamento del riscatto al gruppo terroristico Shabaab da parte dello Stato italiano

 

Dovrebbero confondermi le parole della madre, che ha detto che «chiunque tornerebbe convertito dopo due anni»; ricordo tanti casi in cui non è successo, sia in terra islamica – ricordate quel giornalista americano che pregò il rosario? – sia in terra italiana. Ricordo il rapimento Celadon, un ragazzo vicentino rapito dalla ‘Ndrangheta e tenuto in un buco – letteralmente – per 831 giorni. Quando lo liberarono pesava 30 chili di meno e non ce la faceva nemmeno a stare in piedi.

 

È incredibile che chi difenda questo abominio di Stato si sia dimenticato di Farouk Kassam, di Giuseppe Soffiantini, e di Celadon: il blocco dei beni dei famigliari e dei congiunti

Ecco, dovrei essere confuso anche di fronte a questa mancata corrispondenza tra la meccanica dei sequestri in Italia e quelli avvenuti all’Estero: in Italia c’è il blocco dei beni tuoi e dei tuoi congiunti, in Kenya e Somalia invece il borsone con dentro i soldi del contribuente si apre subito, siano 4 o 40 milioni non importa. È incredibile che chi difenda questo abominio di Stato si sia dimenticato di Farouk Kassam, di Giuseppe Soffiantini, e di Celadon. 

 

E andando ancora più indietro, l’Italia il giorno prima della «liberazione» della ragazza – avvenuta strategicamente il giorno della mamma, dicono i maligni – si celebrava l’inesausto dramma della memoria di Aldo Moro, ritrovato crivellato dei proiettili di una mitraglietta Skorpio dalle BR in una R4 parcheggiata in Via Caetani a Roma. Moro finì così perché esisteva un ampio schieramente, invero trasversale, che prevaleva: la «linea della fermezza».

 

Per Moro valse la massima per cui «lo Stato non tratta con i terroristi»

Che poi queste posizioni fossero eterodirette e perfino pervertite (qualcuno ci racconterà per intero, un giorno, il ruolo dell’avventuroso psichiatra dei servizi USA Steve Pieczenik, che era in Italia come «consulente») qui non rileva.  Importa ricordare che per il Presidente della Democrazia Cristiana, uomo della ricostruzione postbellica, intimo di Paolo VI, uomo di contatti potenti con il blocco orientale, valesse la massima per cui «lo Stato non tratta con i terroristi».

 

Sulla carta Moro fu ucciso per questo. Perché i terroristi brigatisti compresero che non vi era possibilità di ottenere nulla, se non dinieghi secchi ad ogni richiesta e la conseguente repressione totale che arrivò e spazzò via la galassia terrorista rossa. Si preferì far morire Moro come «martire della Repubblica», anche se lui proprio non era d’accordo, tanto che quindi di martirio non si può parlare davvero, e quindi anche su quel sangue versato per la ragion di Stato non è stato possibile costruire alcun culto.

 

Questi principi di fermezza, cioè la ragion di Stato – non esistono più. Perché per la sinistra e le sue mutazioni biodegradabili (i 5 stelle) non esiste più la ragione in sé. Esistono le emozioni, i sentimenti, le passioni, il godimento

Questi principi di fermezza, cioè la ragion di Stato – non esistono più. Perché per la sinistra e le sue mutazioni biodegradabili (i 5 stelle) non esiste più la ragione in sé. Esistono le emozioni, i sentimenti, le passioni, il godimento, e non il Logos. Esiste un sentimentalismo da consumare qui ed ora, come animali imprevidenti, come drogati, e poi nient’altro. Ragionare sul domani è cosa proibita: al Shabaab con quella montagna di danaro comprerà armi e farà una guerra ancora più cruenta, magari un’altra strage modello Garissa (187 studenti cristiani trucidati: la vedete qui sopra in una foto) – ma che importa? L’importante è godere di questo momento di gioia per una vita salvata, una ragazza italiana che torna a casa da mamma e papà.

 

È la realizzazione del Partito Radicale di Massa prefigurato dal filosofo cattolico Augusto Del Noce, che aveva capito come il PCI e i suoi derivati, privi di fondamenti reali, sarebbero scivolati sulle posizioni di Pannella. Che sono, in tutto e per tutto, quelle della filosofia utilitarista oggi dominante: lo Stato esiste per organizzare il maggior godimento possibile della popolazione e per nient’altro. Lo Stato non deve proteggere e proseguire la Vita, ma estendere il piacere; lo Stato non deve salvaguardare le minoranze, ma sacrificarle per il maggiore godimento di chi può godere.

 

È per questo che non sono disorientato, è per questo che non mi scandalizzo. Perché da anni comprendo l’orrore che ha generato il terrorismo, la droga, la pornografia, il liberismo, la pedofilia, la speculazione finanziaria, la psicofarmaceutica di massa, il mondo moderno tutto: è l’utilitarismo e il suo principio di piacere senza più ragione, senza più Logos. È lo Stato moderno che si traduce in una semplice macchina sacrificale, pronta a immolare il più debole sull’altare del più forte.

 

Da anni comprendo l’orrore che ha generato il terrorismo, la droga, la pornografia, il liberismo, la pedofilia, la speculazione finanziaria, la psicofarmaceutica di massa, il mondo moderno tutto: è l’utilitarismo e il suo principio di piacere senza più ragione, senza più Logos

In una parola: la Cultura della Morte. Non mi stupisco perché ho imparato a riconoscere la Necrocultura e la sua potenza totale, ovunque. Vedo i suoi edifici genocidi ed invisibili,  la percepisco nell’aria, comprendo le sue macchine assassine, la sento irradiata in ogni angolo delle cose umane. La Necrocultura regna su questo mondo – e su ciò non ho dubbio alcuno.

 

Non rimango esterrefatto di questo quadro senza logica, di questo sketch vomitoso che è stata la liberazione della cooperante con il sorrisone e l’occhio a palla.

 

Non voglio nemmeno stare qui a ricordare che, oltre al danaro, abbiamo sicuramente pagato qualcosa in più: abbiamo preso accordi con i Turchi (che per alcuni si sarebbero pure intascati una parte del riscatto) per lasciargli ancor di più la mano libera a Tripoli, dove – sogno neo-ottomano mostruosamente proibito – va in onda la nemesi dello scippo di qualcosa che era stato portato via dall’Italia più di un secolo fa: la Libia. E per riavere la Libia, sostenendo Farraj contro Haftar, la Turchia aviotrasporta con regolarità un po’ di veterani della guerra di Siria, noti per i loro modi teneri.

 

Questi veterani, professionisti del management della barbarie (nome del libro sul comò del jihadista serio), muovono quindi ancora più vicini all’Italia: di fatto, sono portati dai Turchi sulla nostra Quarta Sponda, ad un giro di gommone dalla Sicilia. 

 

Cosa stai dicendo? Che la liberazione della ragazza può aver avvicinato al nostro Paese la minaccia materiale di un attentato islamista? È possibile, la rivista dell’ISIS Dabiq del resto negli anni passati aveva pubblicato molti contenuti sull’argomento della Libia come porta dell’Europa, anzi, porta per la Roma vaticana capitale della Cristianità (ricordate l’immagine dell’Obelisco con sopra la nera bandiera dello Stato Islamico).

 

Ma non è nemmeno questo il dato più orrendo: il dato più orrendo è che qualcuno glielo ha consentito. Qualcuno che, per un selfie tribale da mandare in pasto alla sua tifoseria di dementi per una pera di consenso, non ha esitato a creare un danno economico e di sicurezza – oltre che di dignità totale – all’Italia e agli italiani. 

 

Qualcuno per un selfie tribale da mandare in pasto alla sua tifoseria di dementi per una pera di consenso non ha esitato a creare un danno economico e di sicurezza – oltre che di dignità totale – all’Italia e agli italiani

Esagero? Voi credete che le migliaia di italiani all’Estero ora siano più al sicuro, dopo che si è capito che lo Stato per una ragazzetta può sganciare 4 o 40 milioni di dollari?

 

Pensate a quante suore abbiano in Africa. Pensate ai licei italiani, che esistono anche nelle capitali più lontane ed improbabili. Pensate non solo al Terzo Mondo islamico. Pensate al Sudamerica, dove la tradizione dei rapimenti c’è. Pensate all’India, dove vi sono gruppi estremisti di tutti i colori. Pensate al Sudafrica, dove in genere ti rapiscono, ricevono il riscatto e poi ti ammazzano lo stesso. Pensate ai nostri pensionati in Kenya. Pensate a chi sta dalle parti di Mindanao, nelle Filippine.

 

Voi credete che le migliaia di italiani all’Estero ora siano più al sicuro? Dopo il selfie di Conte  con mascherina e jilbab, più nessun italiano è davvero al sicuro: hanno messo un cartellino con il prezzo

Pensate che il famoso «lodo Moro», quel segreto accordo per tenere gli italiani al riparo dalle violenze arabe, non vale più da un pezzo: almeno da quando l’islam jihadista attaccò un locale risaputamente pieno di expat italiani nel quartiere diplomatico di Dacca.

 

Dopo il selfie di Conte  con mascherina e jilbab, più nessun italiano è davvero al sicuro: hanno messo un cartellino con il prezzo. È stato sempre così? Probabilmente. Ciò non toglie che ciò è sbagliato, profondamente, e che questa volta l’operazione si è arricchita di uno spettacolo incontrovertibile. L’Italia paga: perché siamo buoni, perché «la vita è sacra».

 

Ecco, se c’è qualcosa che mi fa adirare, in tutto quest’oceano di melma, è, lo ripeto, solo questo: quelli che «la vita è sacra», «la vita non ha prezzo». Con evidenza, per lo Stato italiano un prezzo la vita lo ha, ed è pure variabile, come i titoli della speculazione finanziaria.

 

Ma, al di là dei discorsi sui costi, è la sacralità della vita invocata dai «laici» nemici della religione che sghignazzano e rabbrividiscono dinanzi alla prospettiva di uno «Stato Etico» che mi appare come la barzelletta più irritante.

Ma di cosa state parlando, voi che non credete al sacro nemmeno per scherzo? Voi che ignorate le sue legge più basiche, voi che lo deridete e lo offendete, voi che pur di non avvicinarvi ad esso alternate depressione e superstizione?

 

Ma di cosa state parlando, voi che non credete al sacro nemmeno per scherzo? Voi che ignorate le sue legge più basiche, voi che lo deridete e lo offendete, voi che pur di non avvicinarvi ad esso alternate depressione e superstizione?

 

«La vita è sacra» per voi è uno slogan pubblicitario che suona talmente falso che fatico a capire come fate ad ascoltare voi stessi.

 

Quale vita è sacra? Quella della ragazza impegnata nella missione del pietismo sinistroide della «cooperazione» e degli aiuti, che di fatto sono alcuni dei cancri che affliggono l’Africa?

 

Non è sacra, invece, la Vita di coloro che saranno uccisi con le armi pagate dal contribuente italiano agli Shabaab?

Sì, la sua è una vita sacra, perché è certamente altruista, e poi si è convertita ad un’altra  religione, e si sa che le minoranze vanno protette, anzi invitate a prosperare.

 

Non è sacra, invece, la Vita di coloro che saranno uccisi con le armi pagate dal contribuente italiano agli Shabaab?

 

Ma ancora più a fondo, non è sacra la vita che lo Stato italiano termina senza pietà – anche quella a spese del contribuente – con l’aborto. Più di 100.000 persone l’anno, una vera minoranza, perché totalmente indifesa, frullata via dal ventre della loro madre. Si tratta, non serve ricordarlo al lettore, di uno dei più grandi ottenimenti del progresso, gridano quelli che ora parlano di sacralità della vita.

 

La vita della cooperante è sacra, ma se la cooperante fosse stata feto (e, incredibile, lo è stata anche lei) no. Altro che 4 o 40 milioni di dollari: se la vita è quella prenatale, lo Stato ti paga il dottorino feticida e l’aspiratore per raschiare via i pezzi

La vita della cooperante è sacra, ma se la cooperante fosse stata feto (e, incredibile, lo è stata anche lei), no. Altro che 4 o 40 milioni di dollari: se la vita è quella prenatale, lo Stato ti paga il dottorino feticida e l’aspiratore per raschiare via i pezzi.

 

Attenzione: non c’è solo l’aborto chirurgico – per intenderci quello che squarta i bambini e li risucchia con l’aspiratore. Quello è andato avanti pure sotto il COVID,, perché ritenuto come prestazione medica «indifferibile».

 

Ma attenzione, l’aborto non più solo una cosa meccanica, ma chimica. La pillola RU486 consente di abortire anche in casa, volendo – cosa assai comoda in era di arresti domiciliari universali. «La vita sacra» del feto terminata con il mifepristone finisce quindi nel cesso di casa, e letteralmente.

 

La sacra filiera della vita secondo la pillola abortiva RU486: il feto è espulso proprio nel water, e da lì viene sparato giù dal tubo con lo sciaquone, come un escremento; il cadavere di tuo figlio quindi si ritroverà nella fogna, dove rane, pesci e ratti potranno cibarsene

È il caso di specificare, visto che non lo fa mai nessuno, la sacra filiera della vita secondo la RU486: il feto è espulso proprio nel water, e da lì viene sparato giù dal tubo con lo sciaquone, come un escremento; il cadavere di tuo figlio quindi si ritroverà nella fogna, dove rane, pesci e ratti (quelli hanno un naso particolare per cellule giovani e prelibate) potranno cibarsene.

 

La vita delle bestie di fogna, con evidenza, è più importante di quella di un piccolo essere umano; anzi, sento già che qualche lettore che è disposto ad ammettere che la vita di un animale da tombino è più sacra di quella umana – del resto il padre dell’utilitarismo, il britannico Jeremy Bentham (1748–1832), fu anche pioniere dell’animalismo, ma stiamo divagando. 

 

E le provette? Sapete, oramai vi diamo ragione anche noi: l’aborto è una cosa da fissati. Vero: l’aborto oggi è la retroguardia totale dei quattro catto-ebeti che credono di difendere la Vita. 

 

Perché un numero maggiore di morti  (150.000? 200.000? 300.000? Chi conosce la vera cifra del 2019-2020?) lo si ottiene ogni anno con la fecondazione extracorporea, o fecondazione in vitro (IVF), insomma la provetta.

 

La fecondazione assistita: per ogni bambino che riesce a sopravvivere ed arrivare in braccio alla coppietta borghese che sentiva il «diritto» di avere un pargolo per dare un senso alla Station Wagon e alla stanza in più in casa, bisogna ucciderne almeno una ventina

Per ogni bambino che riesce a sopravvivere ed arrivare in braccio alla coppietta borghese che sentiva il «diritto» di avere un pargolo per dare un senso alla Station Wagon e alla stanza in più in casa, bisogna ucciderne almeno una ventina. Embrioni prodotti in laboratorio, poi guatati dallo specialista, infine scartati, o spruzzati dentro la panza della madre che affitta l’utero a se stessa. Qui qualcuno sopravvive, la maggior parte no. Se non escono gemelli, può capitare – caso sempre meno rado, di cui poco si discute – che il bambino che esce sia una fusione di due embrioni diversi, una cosiddetta «chimera», un impossibile essere umano con due DNA. I dettagli medici e filosofici ve li risparmiamo per un altro giro.

 

«Chimera» o meno, ogni bambino fatto in provetta ha alle spalle diecine di fratellini trucidati. Esseri umani, dotati di una completa sequenza genetica, per cui somaticamente unici, che vengono immolati all’altare della zootecnica e della famiglia nucleare del consumismo borghese – sacrificati, cioè al niente. 

 

La loro vita no, non è sacra.

 

Dite che si è fissati con il prenatale? Che quelli sono grumi di cellule? Ebbene, non abbiamo mai sentito discorsi sulla sacralità della vita quando si tratta di mandare avanti l’eutanasia per i vecchietti, e abbiamo testimonianze dirette, e spaventose, di questo principio al tempo del COVID, con le «stragi da Triage» praticate sottotraccia anche nelle regioni più al sicuro dall’epidemia («intubare sua madre è quasi un accanimento… l’unica è accompagnarla…»).

Ogni bambino fatto in provetta ha alle spalle diecine di fratellini trucidati. La loro vita no, non è sacra

E se credete che si tratti solo degli anziani, non ricordate quanto la morte di Stato stia avanzando anche per i giovani (ricordate la ragazzina olandese dell’anno passato?) e perfino per i bambini (la mitica legge belga del 2014, quella per cui si può uccidere il bambino gravemente malato a patto che lui sia d’accordo); e mica solo per le persone che vogliono morire: l’Olanda ha assolto un dottore che aveva eutanatizzato una paziente che al momento della punturina finale non sembrava d’accordissimo.

 

È sacra la vita per uno Stato che ti obbliga alle vaccinazioni pur riconoscendo che potrebbe danneggiare tuo figlio? È sacra la vita di quei feti sacrificati alla ricerca scientifica? È sacra la vita dei feti abortiti le cui cellule sono finite nei vaccini e in tantissime altre cose, dagli studi per gli aromi delle famose bibite gasate ai laboratori che studiarono la prima SARS?

 

È sacra la vita dei down in via di estinzione definitiva (altro che panda!) dai Paesi del nord? È sacra la vita dei down emiliano-romagnoli, che con l’introduzione dei NIPT, accanitamente voluta dalla giunta Bonaccini, con  probabilità ne farà diminuire il numero (cioè: i loro feti possono essere terminati con velocità).

 

È sacra la vita di quelle persone che, magari per un incidente stradale, si trovano depredate dei propri organi a cuor battente (cuor battente, cioè vita)? Sapete quanti sono? Sapete che esistono incentivi per espiantare e trafficare il maggior numero di organi possibili? Sapete anche che l’espianto si può fare solo a cuor battente – cioè, secondo logica, quando lo sfortunato è in vita –, vero?

 

La vita di tutti costoro è sacra? La risposta che deve dare il cittadino sinceramente democratico è: no.

Lo Stato moderno è un Moloch che sacrifica i deboli con una furia irrefrenabile, è lo Stato retto su un Principio di Piacere assassino

 

Lo Stato moderno è un Moloch che sacrifica i deboli con una furia irrefrenabile, è lo Stato retto su un Principio di Piacere assassino, da un demòne genocida infinitamente assetato di sangue.

 

Lo Stato moderno è una macchina di Morte che odia la vita, l’ha sostituita con dei surrogati che servono a titillare le sensazioni dell’individuo, fino a che non diventa preferibile la Morte.

Lo Stato moderno è una macchina di Morte che odia la vita

 

Lo Stato moderno è lo Stato della Necrocultura. È il luogo dove la Morte vince sulla Vita – per legge

 

Quindi, no, non posso tollerare che, a destra o a sinistra, si parli di questo caso grottesco (così metaforica della nostra situazione di prigionieri pandemici: una sindrome di Stoccolma dove ogni logica è totalmente impazzita) come di un trionfo del bene perché «la vita è sacra».

Lo Stato moderno è lo Stato della Necrocultura. È il luogo dove la Morte vince sulla Vita – per legge

 

Il sacro non sapete cosa sia. Il sacro non sapete quanto costa. Il sacro è ciò che avete scacciato dallo Stato per sostituirlo con il puro Sacrificio Umano.

 

Il sacro è ciò che, esaurita la tenebra, rimetteremo al centro dello Stato. Uno Stato sacro che, per logica, difenderà davvero la vita – di conseguenza,  uno Stato cristiano.

 

Il sacro è ciò che avete scacciato dallo Stato per sostituirlo con il puro Sacrificio Umano

Uno Stato cristiano che non potrà avere compromessi: né con i terroristi né con gli idioti che volontariamente e involontariamente li sostengono; né con gli spacciatori di Morte né con gli aedi della Necrocultura, né con gli assassini né con gli ignavi, né con i perversi né con i narcisi.

 

Perché il potere non può rimanere per sempre nelle mani di chi non distingue il Bene dal Male, e chi alla Vita preferisce la Morte. Non è lontano il giorno in cui sarà ristabilito questo equilibrio naturale del cosmo vivente. No.

 

Potete riderne: ma guardo alla finestra e capisco che la direzione della Storia è solo questa. Quel giorno, chi ride ora non riderà più.

 

Perché quel giorno la vita sarà davvero sacra, e le vostre menzogne si dissolveranno per sempre. A quel punto, non vi resterà più nulla. Noi non ne rideremo, ma vi assicuriamo davvero che anche voi non riderete, mai più.

 

 

 

Roberto Dal Bosco

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Scienziati ripristinano la vista di una scimmia con cellule staminali umane

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Alcuni scienziati hanno utilizzato cellule staminali umane per riparare un buco nella retina di una scimmia, ripristinando la vista del primate.

 

Come dettagliato in uno studio pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports, il team guidato da Michiko Mandai presso il Kobe City Eye Hospital in Giappone, si è concentrato sulla correzione di quello che viene chiamato foro maculare, una condizione oculare associata all’invecchiamento. Invecchiando, il vitreo, il fluido gelatinoso che riempie i bulbi oculari umani e mantiene le loro forme arrotondate, si restringe allontanandosi dalla retina, il che a volte può causare una lacerazione nella macula.

 

Queste lesioni sono consequenziali. La macula si trova al centro della retina ed è la parte più attiva dell’occhio, responsabile della visione centrale e dell’elaborazione della luce.

 

Pertanto, ha scritto New Scientist, i fori maculari causano la visione offuscata e il declino nel tempo e le attuali soluzioni, che sono un’opzione solo nel novanta percento circa dei casi, hanno un costo: la perdita della visione periferica.

 

Per trattare i fori maculari, i dottori trasferiranno cellule dalla periferia della retina al centro. Ma se si prelevano cellule dalla periferia dell’occhio, le lacune della visione periferica sono in qualche modo inevitabili. È noto anche che le lacrime si ripresentano.
Ecco perché i ricercatori sono interessati a impiantare cellule staminali per riparare il problema. Invece di rattoppare il foro maculare con le cellule limitate già presenti nell’occhio, le cellule staminali offrono l’opzione di introdurre nuove cellule completamente.

 

 

Per questo studio, gli scienziati hanno iniziato coltivando uno strato di precursori delle cellule retiniche, derivati da un embrione umano.

 

Tali cellule sono state poi trapiantate nella retina destra di una scimmia affetta da foro maculare che aveva difficoltà a superare i test della vista.

 

Dopo sei mesi, i ricercatori hanno riesaminato la vista della scimmia. Prima del trapianto, la scimmia era in grado di focalizzare lo sguardo solo sull’1,5 percento dei punti in una serie di test. Tuttavia dopo sei mesi dal trapianto, il primate è stato in grado, in tre test, di fissare lo sguardo su una percentuale compresa tra l’11% e il 26%dei punti, un netto miglioramento.

 

Sfortunatamente, ci sono alcune considerazioni etiche spinose: per esaminare in modo esaustivo l’efficacia del trattamento con cellule staminali oltre i test dei punti, gli scienziati hanno dovuto rimuovere completamente l’occhio dell’animale. Nel farlo, però, gli scienziati hanno scoperto che la retina aveva sviluppato nuove cellule visive.

 

Tuttavia, non sono riusciti a stabilire se quelle cellule fossero cresciute dalla cellula staminale impiantata o dalla retina nativa della scimmia, il che significa che gli scienziati non sono sicuri di come le cellule staminali funzionassero effettivamente all’interno dell’occhio della scimmia delle nevi.

 

Le domande che ora si pongono sono: come hanno fatto germogliare nuove cellule da sole? O hanno innescato la rigenerazione nelle cellule originali del primate?

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La promessa dello studio delle cellule staminali come un possibile trattamento per una serie di problemi oculari, tra cui il declino della vista correlato all’età.

 

Il punto di vista etico dell’esperimento è totalmente ignorato. Iniettare cellule umane in una scimmia, quindi, in senso scientifico, «umanizzarla», significa di fatto creare quello che si chiama in biologia una «chimera», cioè un essere con più codici genetici.

 

Si tratta di problemi bioetici che politica e giornali hanno decidere di non discutere più: il risultato è la presenza di chimere nei nostri laboratori, a partire dai cosiddetti «topi umanizzati» (con innesti, spesso, da feto abortito), oramai onnipresenti negli esperimenti scientifici, o i suini bioingegnerizzati con geni umani per poter poi fornire organi da trapianto.

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Uomo dichiarato cerebralmente morto attaccato al fegato di un maiale geneticamente modificato per tre giorni

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Un team di chirurghi dell’Università della Pennsylvania ha attaccato le vene di un uomo dichiarato cerebralmente morto a una macchina grande quanto un frigorifero con fegato di maiale montato al centro. Lo riporta MIT Technology Review.   Per tre giorni, il sangue dell’uomo è passato nella macchina, attraverso il fegato del maiale e di nuovo nel suo corpo. Questo fegato «extracorporeo», o esterno al corpo, il cui test iniziale è stato annunciato dall’Università della Pennsylvania e da una società biotecnologica, eGenesis, come progettato per aiutare le persone a sopravvivere all’insufficienza epatica acuta, che può essere causata da infezioni, avvelenamenti o per gli eccessi alcool.   Un fegato danneggiato non può svolgere il suo lavoro rimuovendo le tossine dal corpo, elaborando i nutrienti e producendo proteine. Collegare le persone a qualcuno esterno potrebbe far guadagnare loro tempo. «Vuoi dare al fegato il tempo di riprendersi… o mantenerlo fino a quando non sarà disponibile il trapianto», ha afferma la guida della squadra di ricercatori Abraham Shaked.

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Il test del fegato a Filadelfia è anche l’ultimo tentativo di sperimentare con organi di maiali geneticamente modificati in modo che i loro tessuti siano più compatibili con quelli umani.   In studi precedenti, presso l’Università del Maryland, a due uomini con malattie cardiache terminali era stato sostituito il cuore con cuori di maiali sviluppati da un’altra società, la United Therapeutics.   Come riportato da Renovatio 21, nei due controversi casi il soggetto è stato in grado di vivere con il cuore animale, ma solo per un breve periodo; entrambi sono morti entro due mesi dal trapianto.   Ora alcuni medici dicono che l’uso di un organo di maiale tenuto fuori dal corpo potrebbe rivelarsi più facile da realizzare, poiché deve funzionare solo per un tempo limitato. «Se quello che stiamo facendo funziona nel modo in cui pensiamo, credo che questa tecnologia sarà il primo organo suino disponibile per un reale utilizzo clinico», afferma lo Shaked.   L’utilizzo di un fegato fuori dal corpo evita in gran parte il problema del rigetto dell’organo a lungo termine perché deve funzionare solo per pochi giorni, non per anni. E le modifiche genetiche apportate ai maiali sembrano proteggere gli organi da un grave rigetto a breve termine. «Qui non esiste un’immunologia complessa», afferma Shaked. «Eliminiamo la questione del rigetto perché non utilizziamo l’organo per molto tempo. È più simile a un pezzo di macchina».   L’idea è quella di utilizzare l’organo esterno per sostenere le persone con insufficienza epatica fino a quando non sarà disponibile per loro un trapianto di fegato umano o finché il loro fegato non si riprenderà, cosa possibile data l’impressionante capacità di rigenerarsi dell’organo.   Durante l’esperimento, il fegato di maiale è stato montato in un dispositivo della società OrganOx che viene normalmente utilizzato per mantenere gli organi umani donati caldi e perfusi di sangue in modo che siano disponibili per il trapianto più a lungo. In questo caso, i tubi collegati alle vene del soggetto sono stati inseriti nella macchina e i due sono rimasti attaccati per 72 ore.

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L’idea degli organi extracorporei è già stata sperimentata in passato. Negli anni Novanta, i ricercatori collegarono diversi pazienti a fegati prelevati da maiali comuni, ma gli organi si deteriorarono rapidamente. Secondo eGenesis, il suo fegato, proveniente da un maialino dello Yucatan geneticamente modificato, era ancora sano anche dopo tre giorni.   Il grande obiettivo delle società di ingegneria dei suini, tra cui eGenesis, United e Makana Therapeutics, è, dicono, creare cuori, reni o polmoni che possano mantenere in vita una persona per anni. Per fare ciò, hanno tutti apportato modifiche genetiche ai maiali in modo che il tessuto animale fosse nascosto dal sistema immunitario umano, che altrimenti attaccherebbe gli organi. Si tratta quindi di quelli che vengono definiti maiali «umanizzati», chimere ottenute con l’ingegneria genetica.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa chirurghi dell’Università dell’Alabama avevano impiantato reni di maiale OGM in un uomo dichiarato, anche lui, in stato di «morte cerebrale». Nel 2021 anche all’ospedale Langone di Nuova York si operò la medesima procedura.   L’esperimento è iniziato il 22 dicembre, dopo che la famiglia di un uomo anziano che aveva subito un’emorragia cerebrale ha accettato di lasciare che il suo corpo fosse utilizzato nella ricerca. «Era cerebralmente morto, ma il suo cuore batteva ancora» scrive l’house organ del politecnico bostoniano: in pratica, secondo la logica, la cavia umana dell’esperimento era ancora viva – come sa il lettore di Renovatio 21, la morte cerebrale è una pura convenzione, concepita nella vicina Harvard e oramai datata, necessaria solo allo squartamento delle persone prive di coscienza e quindi all’intera filiera chirurgica, sanitaria, farmaceutica dell’industria dei trapianti.   In definitiva, hanno attaccato un uomo vivo, senza il suo consenso, ad una macchina basata su un rene di maiale bioingegnerizzato per essere reso umano.   Benvenuti nel XXI secolo.

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Scimmia chimerica creata in Cina utilizzando cellule staminali embrionali

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È stata creata una scimmia chimerica utilizzando cellule staminali embrionali con due diversi set di geni, ha dimostrato un nuovo studio. Il risultato arriva tramite una ricerca svolta in Cina. Lo riporta BioNews.

 

Il chimerismo è un fenomeno in cui un organismo presenta due o più serie di cellule con diversi genomi. Ciò può verificarsi naturalmente negli animali, compresi gli esseri umani, ma è raro.

 

La comunità scientifica considera le chimere come utili per studiare lo sviluppo embrionale, tuttavia i precedenti sforzi per progettare animali chimerici avevano avuto successo solo su topi e ratti, questo studio è il primo a dimostrare un chimerismo significativo nei primati.

 

«In questo studio abbiamo fornito prove evidenti del fatto che le cellule staminali pluripotenti delle scimmie possiedono la capacità di differenziarsi in vivo in tutti i vari tessuti che compongono il corpo di una scimmia», ha detto a Nature il coautore, il professor Miguel Esteban dell’Università dell’Accademia cinese delle scienze, Guangzhou, Cina.

 

I ricercatori hanno utilizzato cellule staminali ottenute dal tessuto embrionale delle scimmie cynomolgus, un tipo di macaco comunemente utilizzato nella ricerca genetica a causa della loro presunta somiglianza biologica con gli esseri umani.

 

Un gene per un una proteina fluorescente verde è stato inserito nei genomi delle cellule staminali, che sono stati poi iniettati in embrioni di macaco cresciuti per circa quattro giorni in vitro. Dei 74 embrioni di questo tipo trasferiti in macachi femmine, sono state stabilite 12 gravidanze, con il risultato di sei animali nati vivi. Solo uno dei macachi nati portava la linea cellulare del donatore.

 

Questo macaco maschio mostrava organi con una miscela di entrambi i gruppi di cellule, compresi gli occhi verdi e la punta delle dita, dimostrando tessuti caratterizzati da un’alta percentuale di cellule derivate dalle cellule staminali iniettate.

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Pubblicando i loro risultati su Cell, gli autori hanno analizzato 26 tessuti diversi, dimostrando che le cellule donatrici rappresentavano dal 21 al 92% delle cellule costituenti, con un’incidenza media del 67%.

 

Gli animali chimerici precedentemente ingegnerizzati spesso mostravano basse frequenze del set di cellule staminali iniettate.

 

«Abbiamo un livello molto elevato di contributo, con le cellule donatrici che costituiscono gran parte dei tessuti (e) delle strutture complesse in tutto il corpo della scimmia» ha affermato il professor Mu-Ming Poo, coautore dello studio e direttore scientifico dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia cinese delle Scienze.

 

I ricercatori sperano che lo sviluppo di un modello di scimmia chimerica faciliterà la ricerca su condizioni neurologiche come la malattia dei motoneuroni, ma il macaco chimerico è stato soppresso dopo dieci giorni a causa di problemi respiratori associati all’ipotermia.

 

«La salute della scimmia è ancora un problema», ha detto il professor Poo al giornale britannico The Independent. «Se vogliamo produrre un modello di scimmia, dobbiamo avere una chimera migliore che possa vivere più a lungo».

 

Si tratta di un passo avanti nella direzione dell’ingegnerizzazione totale della vita – soprattutto di quella umana, dove l’alterazione del genoma non basta più, si procede anche alla somma di genomi diversi, producendo creature con più codici genetici, cioè biologicamente somma di esseri distinti, appunto quelle che si chiamano chimere.

 

In biologia, una chimera è un organismo o una creatura che presenta due o più popolazioni di cellule geneticamente diverse, ciascuna originata da zigoti differenti. Queste popolazioni cellulari geneticamente distinte di fatto coesistono all’interno dell’organismo

 

Il fenomeno delle chimere è in grande aumento tra gli esseri umani.

 

Le chimere umane, ovvero individui derivati dalla combinazione di due embrioni, costituiscono una realtà riconosciuta da un numero significativo di anni, benché questa realtà sia spesso ignorata nonostante il notevole incremento dei casi, come riportato da alcuni professionisti medici.

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Le persone chimeriche, le quali presentano due diversi set di DNA in quanto risultato della fusione di due esseri distinti, effettivamente mostrano disfunzioni che emergono col tempo: il «fratello» che è stato assorbito continua a crescere all’interno del corpo del gemello ospite più sviluppato. È possibile che tessuti come capelli, muscoli e persino occhi si trovino all’interno del corpo di un individuo chimera.

 

In altre situazioni, l’embrione assorbito si sviluppa in modo «coordinato» con l’altro gemello, diventando un organo specifico all’interno del corpo dell’embrione dominante. Sono stati riportati casi in cui individui hanno avuto figli, ma non hanno trasmesso il loro proprio DNA ai loro discendenti, poiché gli organi genitali, sia maschili che femminili, erano in realtà derivati dai gemelli assorbiti durante la fase embrionale. Di conseguenza, la loro prole è geneticamente figlia dei fratelli che non hanno mai conosciuto e dei quali non erano nemmeno a conoscenza, ma che esistono nella realtà della genetica: è da capogiro, a pensarci, ma è così.

 

In America, dove i test genetici sono arrivati al consumatore, saltano fuori casi sempre più allucinanti. I servizi sociali tolgono i bambini ad una donna, che viene arrestata dalla polizia dopo un test del DNA: i figli non sono suoi, li ha rapiti – invece li ha partoriti lei, solo che i suoi organi riproduttivi erano in realtà della sorella che condivideva con lei il grembo materno, e che si è fusa con la donna, che quindi, da figlia unica, ha una sorella, ma non la ha mai vista, perché è dentro di lei, ma al contempo è la vera madre dei suoi figli (sì, gira la testa). Prima di risolvere legalmente questo problema, la signora ne ha passate di ogni tipo.

 

Stesso caso per un uomo che si è sentito dire di non essere il padre dei suoi figli, in quanto il vero padre, dissero i medici, era secondo i risultati del DNA un parente stretto, un fratello (vicenda di corna abbastanza classica). E invece, l’uomo era figlio unico – suo fratellino si era sistemato, molto prima di nascere, come organo genitale del fratellone, e ha continuato così, generando così dei figli con la cognata.

 

L’aberrazione biologica qui fa il paio con quella sociale, perché le ramificazioni di distruzione della società, della famiglia, del concetto stesso di identità individuale sono abissali.

 

Ora, non può non esserci un aumento dei casi di chimere umane visto l’incremento degli impianti multipli previsti nei procedimenti di riproduzione assistita. Nella PMA, i medici inseriscono nella donna più embrioni con la speranza che almeno uno di essi si sviluppi con successo. Questa pratica può portare non solo a parti gemellari e plurigemellari (che sono, come visibile, tipici della riproduzione artificiale), ma anche, in alcuni casi non sempre riconosciuti, a fenomeni di chimerismo umano.

 

In pratica, la realtà, negli ospedali vicino a casa vostra è già più avanti rispetto ai laboratori cinesi e alle loro scimmie OGM fluorescenti.

 

Ciò accade perché – grazie alla legge, grazie al fatto che nessuno ci ha protetto da questa catastrofe – la vita umana già passa per il laboratorio, per la provetta. Con il risultato che sappiamo: la generazione di mostri.

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