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Bioetica

Olanda, eutanasia per i pazienti affetti da demenza

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Distratti dalla catastrofe pandemica, non abbiamo dato il giusto risalto a cià che sta avvenendo in Olanda – il Paese, peraltro, che più si sta battendo per non aiutare Italia, Spagna e Paesi più colpiti dall’epidemia.

 

La Cultura della Morte ha appena compiuto Nei Paesi Bassi un bel passo avanti. Non è una novità: la Neerlandia (così vuole essere chiamata ora secondo una operazione di  «marketing nazionale») è sempre in prima linea per le rivoluzioni della Necrocultura.

 

La Corte Suprema dei Paesi Bassi ha stabilito che i pazienti con demenza avanzata possono essere sottoposti a eutanasia, in una decisione che chiarisce uno degli aspetti più controversi della legge sull’eutanasia del paese.

La Corte Suprema dei Paesi Bassi ha stabilito che i pazienti con demenza avanzata possono essere sottoposti a eutanasia

La settimana passata il tribunale dell’Aja ha stabilito che un medico che aveva eutanizzato nel 2015 un paziente anziano con grave demenza  stava agendo legalmente; la Corte ha altresì detto  che una richiesta di eutanasia scritta previamente è sufficiente per i pazienti che hanno subito un grave declino cognitivo.

 

«Un medico può eseguire preventivamente una richiesta scritta di eutanasia nelle persone con demenza avanzata», ha dichiarato la Corte.

 

In pratica, un medico può uccidere il paziente, se ne ha ricevuto il permesso, però non sul momento, ma tempo (probabilmente anni) prima, quando la mente era ancora lucida.

In pratica, un medico può uccidere il paziente, se ne ha ricevuto il permesso, però non sul momento, ma tempo (probabilmente anni) prima, quando la mente era ancora lucida.

Le stesse regole per l’eutanasia si applicano come in qualsiasi altro caso, ha affermato la corte. I pazienti devono sperimentare «sofferenza insopportabile e senza fine» e almeno due medici devono aver accettato di eseguire la procedura.
Il paziente deve anche aver richiesto l’eutanasia prima di poter «non esprimere più la propria volontà a causa della demenza avanzata».

Il caso era incentrato su una donna di 74 anni che è stata eutanizzata in una casa di cura dopo aver sviluppato una demenza avanzata. La donna aveva redatto un testamento biologico alcuni anni prima del suo ricovero nella struttura per anziani e aveva regolarmente dichiarato che voleva morire.

 

 Il dottore che la ha eutanatizzata ha detto che aveva parlato tre volte alla paziente riguardo al suo desiderio di morire, ma non alle sue volontà perché «non ricordava nulla al riguardo». La memoria a lungo e breve termine della paziente era molto scarsa e non riconosceva più suo marito, ha detto il medico.
Il caso era incentrato su una donna di 74 anni che è stata eutanizzata in una casa di cura dopo aver sviluppato una demenza avanzata

Tuttavia, la sentenza della Corte Suprema è stata accolta con preoccupazione dagli esperti di etica, riporta il sito Bioedge.

 

Il bioeticista Charles Camosy della Fordham University ha affermato che la sentenza faceva parte del «pendìo scivoloso» delle leggi nei Paesi Bassi. Ha avvertito che in alcuni casi i medici avrebbero giudicato male la qualità della vita delle persone affette da demenza: «I medici sono notoriamente cattivi nel giudicare queste cose», ha detto Camosy.

 

«Studio dopo studio si rileva che i [medici] valutano la qualità della vita dei loro pazienti peggio di quanto facciano i pazienti».

 

Un’eutanasia senza neppure il consenso esplicito, presente sul momento, a che cosa assomiglia?

Il bioeticista Wesley J. Smith ha espresso profonda preoccupazione per il fatto che la legge consentirebbe alle persone con demenza di essere eutanizzate contro la loro volontà.

 

Smith ha notato che la donna di 74 anni al centro del caso ha resistito quando il suo medico ha somministrato un’iniezione letale.

 

Chiediamo al lettore: un’eutanasia senza neppure il consenso esplicito, presente sul momento, a che cosa assomiglia?

 

Pensate che non sono cliniche private in paradisi fiscali a perpetrare questa mostruosità, bensì uno Stato al centro dell’Unione Europea

Ecco: e pensate che non sono cliniche private in paradisi fiscali a perpetrare questa mostruosità, bensì uno Stato al centro dell’Unione Europea.

 

Lo stesso che ora guarda i Paesi piegati dalla Pandemia con un senso di schifo evidente, magari con la voglia di eutanatizzarli quando questi ora tutto chiedono meno che di morire.

 

 

 

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Bioetica

Polonia, l’aborto avanza in Parlamento

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Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.

 

«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.

 

Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.

 

Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).

 

La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.

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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.

 

Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.

 

Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.

 

Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.

 

Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.

 

Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Bioetica

Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.    Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.   Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?   Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.    «Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»   Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:   «Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».   Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:   «In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.    
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Bioetica

Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea

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Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.

 

La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».

 

I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».

 

La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».

 

Minaccia ai gruppi pro-vita

I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.

 

Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.

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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»

La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».

 

Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».

 

Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.

 

Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata

Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:

 

«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».

 

Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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