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Nucleare

Putin: la Russia ha le armi nucleari più avanzate al mondo

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La Russia possiede le armi nucleari più all’avanguardia al mondo, il che garantisce la sovranità del Paese e l’equilibrio di potere globale, ha affermato il presidente Vladimir Putin. Lo riporta la stampa russa.

 

Rivolgendosi mercoledì a una riunione governativa sul programma nazionale di armamenti, ha sollecitato che venga prestata «particolare attenzione» al continuo sviluppo della triade nucleare del Paese.

 

«Triade nucleare» è il termine usato per descrivere la combinazione di missili balistici intercontinentali terrestri, missili balistici lanciati da sottomarini e bombardieri strategici, in grado di trasportare carichi nucleari. Questi sistemi d’arma garantiscono che le forze nucleari di una nazione non possano essere distrutte in un attacco disarmante di primo colpo.

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«Adesso la quota di sistemi d’arma e di equipaggiamenti all’avanguardia nelle nostre forze nucleari strategiche arriva al 95%», ha detto il presidente all’incontro, aggiungendo che la Russia sta facendo «buoni progressi» in questo senso.

 

«Si tratta del livello più alto tra tutte le potenze nucleari del mondo», ha affermato Putin.

 

Una valutazione simile è stata fatta dal generale dell’aeronautica Anthony Cotton, comandante dello Strategic Command degli Stati Uniti.

 

«La Russia possiede attualmente l’arsenale nucleare più grande e diversificato di qualsiasi altra nazione», ha affermato Cotton nel marzo 2024, avvertendo che le capacità della Russia superano quelle degli Stati Uniti.

 

 

La Russia ha notevolmente potenziato il suo arsenale nucleare negli ultimi anni. Il missile balistico intercontinentale Sarmat (detto dagli occidentali «Satan 2») è stato approvato per l’impiego operativo nel settembre 2023. Una delle armi nucleari russe più potenti, il Sarmat ha una gittata stimata di circa 18.000 km, con un carico utile di circa dieci tonnellate.

 

Secondo Putin, la Russia non dovrebbe concentrarsi solo sulle armi nucleari, ma dovrebbe sviluppare un nuovo programma di armamenti a lungo termine incentrato su vari tipi di sistemi d’arma più avanzati e basato sull’esperienza acquisita nel conflitto in Ucraina.

 

Mosca e Kiev hanno fatto ampio affidamento sui droni nel conflitto. Il Times ha riportato a maggio che la Russia sta battendo l’Ucraina nella «corsa ai droni» sia in termini di sviluppo che di utilizzo sul campo di battaglia. Il quotidiano ha sottolineato i droni russi a fibra ottica, che stanno «alterando la struttura fisica della linea del fronte, le tattiche di guerra e la psicologia dei soldati che la combattono».

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia va verso l’abbandono della moratoria sullo spiegamento delle forze nucleari a raggio intermedio.

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Come riportato da Renovatio 21, in questi anni giorni la Russia ha approntato i missili intercontinentali Sarmat RS-28 (detti in codice NATO «Satan 2») e montando i missili ipersonici Kinzhal su un ulteriore tipo di velivolo d’attacco, il cacciabombardiere Su-34.

 

Lo scorso anno Mosca mostrò al mondo il nuovo missile ipersonico Oreshnik («nocciola»), in grado di colpire qualsiasi capitale europea in un quarto d’ora scarso. Putin parlò di un «duello ad alta tecnologia del XXI secolo» sfidando gli occidentali che dubitavano della potenza del nuovo missile ipersonico.

 

Gli USA si trovano invece, rispetto a Russia, Cina ed altri Paesi che dichiarano l’uso della tecnologia ipersonica, in grave ritardo.

 

La tecnologia missilistica ipersonica ha fatto saltare l’equilibrio tra superpotenze atomiche e il concetto di deterrenza.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine tagliata.

 

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Nucleare

Mosca dice ancora una volta che l’Ucraina sta lavorando a un piano per una «bomba sporca»

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Un alto funzionario della difesa russa ha accusato l’Ucraina di importare clandestinamente materiali radioattivi nel Paese, potenzialmente utilizzabili per costruire una bomba sporca da impiegare in un attacco sotto falsa bandiera, con il rischio di una contaminazione estesa in tutta Europa.   Durante un briefing tenuto giovedì, il maggiore generale Aleksej Rtishchev, comandante delle truppe russe per la protezione da radiazioni, agenti chimici e biologici, ha denunciato quello che ha definito un «ricatto nucleare» da parte di Kiev, sottolineando i gravi pericoli per la sicurezza e l’ambiente derivanti da tali azioni.   Rtishchev ha affermato che carichi di combustibile nucleare esaurito sono stati trasferiti attraverso Polonia e Romania senza alcuna notifica all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).

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Ha aggiunto che l’operazione sarebbe stata coordinata da Andrey Yermak, ex stretto collaboratore del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Yermak si è dimesso il mese scorso in seguito al suo coinvolgimento in un grave scandalo di corruzione nel settore energetico che ha riguardato figure vicine a Zelensky, pur senza essere formalmente incriminato.   «Questo genera il rischio di realizzare una cosiddetta “bomba sporca” per poi utilizzarla “sotto falsa bandiera”», ha dichiarato Rtishchev. Una bomba sporca non provoca un’esplosione nucleare, ma disperde materiale radioattivo su vaste aree, causando una contaminazione grave e pericoli a lungo termine per la popolazione civile.   Il generale ha rivelato che la Russia è in possesso di documenti di addestramento dei servizi di sicurezza ucraini che simulano scenari di furto di fonti radioattive, assemblaggio di un ordigno esplosivo e detonazione in zone ad alta densità popolazionale.   Rtishchev ha criticato l’assistenza occidentale, sostenendo che incoraggia Kiev a infrangere le norme internazionali sulla sicurezza nucleare. «I “padroni” occidentali non considerano che il degrado del sistema di governance statale possa spingere non solo l’Ucraina, ma anche vari Stati europei, sull’orlo di una catastrofe ambientale», ha affermato.   Mosca aveva già avvertito in precedenza che l’Ucraina potrebbe tentare di impiegare una bomba sporca per sabotare i negoziati di pace in corso, mediati dagli Stati Uniti. I responsabili russi hanno sottolineato che un simile atto comporterebbe rischi estremi e potrebbe provocare una risposta severa da parte di Mosca, inclusa l’eventualità di una ritorsione con armi nucleari tattiche.   L’allarme russo per la bomba sporca ucraina è stato ripetuto per tutta la durata del conflitto.   Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa ex presidente russo e vice capo del Consiglio di sicurezza del Paese Demetrio Medvedev aveva dichiarato che l’uso di una bomba sporca da parte di Kiev innescherebbe una risposta devastante da parte di Mosca, che includerebbe l’uso di armi nucleari tattiche.   Nel corso del conflitto ucraino, Medvedev – come l’allora ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, il cui ministero parlava sempre più apertis verbis della possibilità di un false flag nucleare ucraino – ha ripetutamente sollevato il tema delle bombe sporche, affermando che le autorità ucraine potrebbero alla fine ricorrere al loro utilizzo. Una bomba sporca è un ordigno rudimentale che combina esplosivi convenzionali con materiale nucleare ed è progettata per inquinare e irradiare pesantemente l’area bersaglio, anziché causare direttamente distruzione attraverso l’esplosione.

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L’anno scorso la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova aveva definito lo Zelen’skyj come un «maniaco» che chiede armi nucleari alla NATO.   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il quotidiano londinese Times aveva parlato di «opzione nucleare ucraina». Settimane prima il tabloid tedesco Bild aveva riportato le parole di un anonimo funzionario ucraino che sosteneva che Kiev ha la capacità di costruire un’arma nucleare «in poche settimane».   La leadership di Kiev ha sostenuto a lungo che gli Stati Uniti e i suoi alleati avevano l’obbligo di proteggere l’Ucraina a causa del Memorandum di Budapest del 1994, in cui Stati Uniti, Regno Unito e Russia avevano dato garanzie di sicurezza in cambio della rimozione delle testate nucleari sovietiche dal territorio ucraino.   Come ricordato da Renovatio 21, c’è da dire che la fornitura di atomiche a Kiev è stata messa sul piatto varie volte da personaggi come l’europarlamentare ucraino Radoslav Sikorski, membro del gruppo Bilderberg sposato alla neocon americana Anne Applebaum.   Si tende a dimenticare che lo stesso Zelens’kyj parlò di riarmo atomico di Kiev alla Conferenza di Sicurezza di Monaco, pochi giorni prima dell’intervento russo. In seguito, Zelens’kyj e i suoi hanno più volte parlato di attacchi preventivi ai siti di lancio russi e di «controllo globale» delle scorte atomiche di Mosca.  

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Nucleare

Tokyo, via libera al riavvio della più grande centrale nucleare al mondo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il governatore della prefettura di Niigata ha approvato la riaccensione parziale dell’impianto di Kashiwazaki-Kariwa, segnando una svolta nella strategia energetica del Giappone, voluta dal governo di Sanae Takaichi. La premier sta valutando anche una revisione dei tre storici principi non nucleari, indignando i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.

 

Il governatore della prefettura di Niigata, Hideyo Hanazumi, ha approvato oggi la riattivazione parziale della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo per capacità installata. Il Giappone da tempo cerca di rilanciare il settore dell’energia atomica per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, aumentate in modo significativo dopo il disastro di Fukushima del 2011.

 

L’approvazione rimuove l’ultimo ostacolo politico al piano della Tokyo Electric Power Company (TEPCO), che potrà ora procedere con la riaccensione dei due più potenti reattori dell’impianto che insieme generano 2.710 megawatt, circa un terzo della capacità complessiva. Solo il reattore n. 6, ha spiegato il ministro dell’Industria, Ryosei Akazawa, permetterebbe di migliorare del 2% l’equilibrio tra domanda e offerta di energia nell’area metropolitana di Tokyo.

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Hanazumi ha dichiarato che la decisione dovrà comunque essere sottoposta al voto di fiducia dell’assemblea prefetturale nella sessione che si aprirà il 2 dicembre. «Non sarebbe razionale bloccare qualcosa che ha superato gli standard di sicurezza nazionali», ha affermato, sottolineando però che le preoccupazioni dei residenti, le misure di emergenza e il monitoraggio continuo della sicurezza restano priorità da affrontare.

 

Se confermato, il riavvio segnerebbe una svolta per TEPCO: dal marzo 2011, quando lo tsunami devastò la centrale di Fukushima Daiichi causando il peggiore incidente nucleare dopo Chernobyl, l’azienda non ha più potuto riattivare alcun reattore. In ottobre TEPCO aveva concluso le verifiche tecniche sul reattore n. 6, confermando il corretto funzionamento dei sistemi.

 

Dopo Fukushima, il Giappone aveva spento tutti i 54 reattori attivi all’epoca. Ad oggi ne sono stati riavviati 14 sui 33 ancora idonei all’uso. Il governo della premier Sanae Takaichi, sostiene la riapertura dei reattori per rafforzare la sicurezza energetica e ridurre i costi delle importazioni: nel 2024 il Giappone ha speso 10,7 trilioni di yen (circa 68 miliardi di dollari) solo per importare gas naturale liquefatto e carbone, un decimo del totale delle importazioni nazionali. Il governo insiste inoltre sul fatto che il ritorno al nucleare è essenziale per contenere i prezzi dell’elettricità e aumentare la quota di energia riducendo allo stesso tempo le emissioni.

 

La riattivazione dell’impianto avviene in un clima politico teso perché la premier Sanae Takaichi è a favore anche della possibilità di rivedere i principi del Giappone anche in fatto di armi atomiche. Una prospettiva che ha suscitato una dura reazione da parte degli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.

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La Nihon Hidankyo, principale organizzazione nazionale dei sopravvissuti e vincitrice del Premio Nobel per la pace lo scorso anno, ieri 20 novembre ha diffuso una nota di forte condanna, affermando che «non è possibile tollerare l’introduzione di armi nucleari in Giappone né permettere che il Paese diventi una base per la guerra nucleare o un bersaglio di attacchi atomici».

 

L’organizzazione ha chiesto al governo di rispettare e rafforzare i tre principi (che vietano di possedere, produrre o ospitare armi atomiche), inserendoli addirittura nella legislazione nazionale, denunciando come un pericoloso arretramento l’idea stessa di metterli in discussione.

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Triglav via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Nucleare

Il Niger accusa il gruppo nucleare statale francese di «crimini di massa»

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Il governo militare del Niger ha accusato l’azienda nucleare francese Orano di «inquinamento radioattivo» e «comportamento predatorio», dopo che i funzionari hanno annunciato di aver rinvenuto centinaia di barili di scorie radioattive abbandonati vicino a un vecchio sito estrattivo di uranio nel Nord del Paese.   Il ministero delle Miniere ha riferito che gli ispettori hanno individuato circa 400 barili contenenti elevati livelli di materiali radioattivi nel nucleo a Madaouela, in prossimità del polo uranifero di Arlit, un tempo gestito da Orano. Le rilevazioni sul posto hanno registrato valori fino a 10 microsievert all’ora, contro una media di 0,5, e le analisi hanno evidenziato sostanze tossiche in grado di provocare problemi respiratori.   Il ministro della Giustizia nigerino, Alio Daouda, ha annunciato martedì ai media che l’azienda sarà chiamata a rispondere in giudizio per «crimini di massa», tra cui lesioni all’ambiente, alla salute collettiva e alla sovranità nazionale.   «Questa discarica abusiva testimonia il disprezzo costante di Orano per il Niger e i suoi abitanti sin dall’avvio dell’estrazione uranifera», ha dichiarato Daouda, assicurando che «il Niger non arretrerà nella tutela della propria sovranità».   Orano, controllata al 90% dallo Stato francese, ha replicato all’agenzia Reuters affermando di «non detenere alcuna licenza operativa per il sito di Madaouela e di non avervi svolto operazioni di sorta».   Le imputazioni si inquadrano in un’escalation del contenzioso tra Niamey e Orano sul dominio delle miniere uranifere in questa nazione dell’Africa occidentale, ottavo produttore globale di yellowcake. In epoca di piena operatività, il Niger riforniva il 15-17% dell’uranio impiegato dalla Francia per la sua produzione energetica nucleare.   La settimana scorsa, il Niger avrebbe disatteso un’ordinanza del tribunale della Banca Mondiale, spostando oltre 1.000 tonnellate di uranio dalla miniera di Somair, controllata da Orano dal 1971 fino alla nazionalizzazione decisa a giugno.   L’azienda ha stigmatizzato l’operazione come una violazione delle decisioni giudiziarie, che vietavano all’ex colonia francese di «vendere, trasferire o anche solo consentire il trasferimento a terzi dell’uranio prodotto da Somair».   I leader militari hanno ribadito di agire nell’esercizio dei diritti sovrani. Oltre ad aver assunto il controllo effettivo di Somair – motivato dal «comportamento irresponsabile, illegale e iniquo» di Orano –, l’anno scorso il governo ha pure revocato all’azienda la concessione per il giacimento di Imouraren.   Come riportato d Renovatio 21, a maggio 2025 le forze di sicurezza nigerine avevano sequestrato attrezzature facendo irruzione nelle filiali di Orano.   Come riportato da Renovatio 21, dopo il golpe di due anni fa la giunta di Niamey ha subito sospeso le vendite di uranio ai francesi, che utilizzano il minerale estratto in Niger per coprire il del fabbisogno per la produzione di energia atomica, che viene peraltro venduta anche all’Italia, che ne è dipendente per il 6%.
 

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Immagine di Stuart Rankin via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0; immagine tagliata
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