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Scienza

Fusione nucleare, scienziati cinesi affermano di aver scoperto un nuovo processo

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Un team di scienziati cinesi afferma di aver scoperto un metodo conveniente per ottenere la fusione nucleare che potrebbe competere con controparti molto più costose. 

 

Secondo il noto giornale di Honk Kong, il South China Morning Post, alcuni ricercatori dell’Istituto di fisica dell’Accademia Cinese delle Scienze hanno iniziato i loro esperimenti sull’energia di fusione presso l’impianto laser Shenguang II la scorsa estate.

 

Il governo di Pechino ha stanziato per questa ricerca solo 156 milioni di dollari in sei anni per condurre questi esperimenti, una somma decisamente irrisoria se confrontata a quelle elargite per i reattori a fusione come l’International Thermal Experimental Reactor (ITER) in Francia, che ha un budget stimato di circa 65 miliardi di dollari.

 

I ricercatori volevano anche migliorare la ricerca condotta presso il National Ignition Facility (NIF) durante l’estate, che ha prodotto più energia da fusione mai prodotta in precedenza in un laboratorio.

 

L’esperimento prevedeva di puntare 100 laser molto potenti su un singolo bersaglio, che alla fine deformava gli specchi utilizzati per creare i laser e ne riduceva la precisione. 

 

Quindi, oltre a realizzare la fusione, il team cinese aveva anche bisogno di capire come farlo con un budget limitato e con laser meno potenti. Alla fine, si sono rivolti a un processo inizialmente sviluppato nel 1997 da Zhang Jie, un rinomato fisico cinese.

 

Il metodo prevedeva raggi laser più deboli diretti a due minuscoli coni d’oro, che emettono plasma di idrogeno l’uno verso l’altro. Quando il tutto avviene in maniera esatta e con i parametri giusti, può verificarsi una reazione di fusione.

 

Mentre i coni d’oro vaporizzano dopo la fusione, il costo finale sarà «estremamente piccolo, se non trascurabile, nel funzionamento futuro di una centrale elettrica», ha detto all’SCMP Zhang Zhe, ricercatore capo dell’esperimento. « Un piccolo granello d’oro può fare migliaia di coni».

 

Sebbene il team abbia riscontrato alcuni problemi nei loro esperimenti, Zhang afferma che sono stati in grado di fare notevoli progressi. Spera che in futuro il pool di scienziati sarà in grado di ampliare la propria ricerca con strumenti e strutture più sofisticate che «porteranno il gioco a un livello completamente nuovo». 

 

Quando ciò accadrà, il team potrebbe avere un reattore a fusione che compete con le capacità dell’ITER, e ad un prezzo notevolmente più contenuto, scrive Futurism.

 

«È difficile prevedere quale approccio o quale paese vincerà la gara in questa fase. Ci sono troppe incertezze davanti a noi», ha detto all’SCMP uno anonimo scienziato della fusione nucleare. «Ma alla fine, tecnologie diverse, nazioni diverse potrebbero aver bisogno di unirsi per portare la fusione dal sogno alla vita».

 

 

 

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Scienza

Scienziati russi creano elementi per il controllo della radiazione laser terahertz

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Le caratteristiche dei fasci terahertz ad alta potenza nei nuovi sistemi laser possono essere controllate utilizzando elementi ottici in silicio e diamante creati presso l’Università di Samara.

 

I ricercatori hanno creato un’ampia gamma di elementi ottici che consentono la manipolazione della radiazione laser terahertz.

 

Secondo gli scienziati, sono stati creati per la prima volta elementi ottici diffrattivi in ​​silicio e diamante per la gamma terahertz, il che rende possibile formare fasci potenti con caratteristiche specifiche (inclusi i cosiddetti «fasci rotanti») e focalizzare la radiazione in aree specifiche dello spazio.

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La radiazione terahertz ha proprietà uniche per l’optoelettronica, hanno detto alla testata governativa russa Sputnik gli scienziati della Samara National Research University che prende il nome dall’accademico capo progettista del programma di razzi sovietico Sergej Pavlovič Korolëv (1907-1966).

 

I ricercatori hanno sviluppato metodi efficienti per calcolare e creare elementi ottici che operano nella gamma terahertz dello spettro elettromagnetico, situata tra le gamme infrarossa e microonde.

 

Secondo gli autori della ricerca, lo sviluppo può essere applicato nella lavorazione dei materiali, nella creazione di dispositivi optoelettronici per l’elaborazione delle informazioni, nonché nelle telecomunicazioni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati nella monografia collettiva dell’Accademia russa delle scienze Terahertz Photonics.

 

Per studiare le proprietà dell’atmosfera si utilizzano fasci rotanti e la sostituzione della scansione punto per punto con la focalizzazione su aree uniformi consente di aumentare l’efficienza dei sistemi di scansione.

 

I nuovi elementi consentiranno di sfruttare in modo efficace le potenzialità delle radiazioni terahertz, ha affermato Vladimir Paveljev, capo del Dipartimento di Ingegneria chimica presso l’Università di Samara.

 

«La radiazione terahertz ha proprietà uniche che aprono nuovi orizzonti per la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico. La capacità di penetrare molti materiali senza danneggiarli rende la radiazione terahertz uno strumento indispensabile per il controllo non distruttivo. Grazie alla sua elevata sensibilità a varie sostanze, questo tipo di radiazione è ampiamente utilizzato nella spettroscopia per identificare i materiali», ha affermato.

 

Lo scienziato ha osservato che la radiazione terahertz viene utilizzata nella ricerca atmosferica, nello studio della sua composizione e dinamica. Lo sviluppo delle tecnologie terahertz apre nuovi orizzonti in settori quali la lavorazione dei materiali, la creazione di dispositivi optoelettronici terahertz per l’elaborazione delle informazioni e le telecomunicazioni.

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Gli sviluppi sono stati il ​​risultato di ricerche condotte per oltre 10 anni su apparecchiature specializzate. Tra queste, il Novosibirsk Free Electron Laser (NFEL) presso l’Istituto di fisica nucleare SB RAS, che consente di ottenere potenti radiazioni terahertz coerenti a una data lunghezza d’onda e di condurre ricerche fondamentali e applicate.

 

Per creare elementi di ottica terahertz, gli scienziati hanno utilizzato metodi per calcolare elementi ottici diffrattivi sviluppati presso la Samara University e l’Institute of Image Processing Systems dell’Accademia russa delle scienze e precedentemente utilizzati nella gamma ottica. Per strutturare piastre di diamante policristallino, sono state utilizzate tecnologie sviluppate presso l’Istituto di Fisica Generale dell’Accademia Russa delle Scienze di Mosca).

 

Presso l’Università di Samara sono state sviluppate tecnologie litografiche per la produzione di elementi ottici in silicio nell’ordine dei terahertz .

 

Nel prossimo futuro, gli scienziati inizieranno a creare elementi fotonici in una gamma di lunghezze d’onda più lunga, scrive Sputnik.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia – come altri Paesi (gli USA, la Cina, Israele) –  sta implementando sempre più apertamente l’uso di laser anche come armi belliche. Armi laser russe sarebbero in preparazione anche in funzione ASAT, ossia per distruggere i satelliti spia nemici.

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Biologia sintetica

RNA sintetico, gli scienziati sono vicini alla creazione della vita artificiale in laboratorio

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Una teoria alquanto controversa e dibattuta, sostiene che la vita abbia avuto origine quando l’RNA ha iniziato spontaneamente a replicarsi. Ora i ricercatori affermano di aver replicato parte di questo processo in laboratorio.   In alcune interviste rilasciate al Washington Post, alcuni esperti affermano di aver creato una molecola di RNA che ha prodotto copie di altri tipi di RNA, il che avvicina ulteriormente gli scienziati alla creazione in laboratorio delle condizioni per la vita primordiale sulla Terra.   I ricercatori del Salk Institute for Biological Studies hanno lavorato partendo dalla teoria secondo cui prima che esistessero il DNA o le proteine, l’RNA esisteva come ingrediente iniziale nel cosiddetto «brodo primordiale».   Come parte della loro ricerca, riporta WaPo, hanno creato una molecola di RNA realizzata in laboratorio che ha copiato accuratamente altre molecole e ha prodotto un enzima funzionante. Ora che l’istituto ha sperimentato ciò, è pronto a studiare le prime fasi evolutive della vita come mai prima d’ora, scrive Futurism.   Gerald Joyce, presidente del Salk e coautore di un nuovo articolo sulla ricerca pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dichiarato al WaPo che, sebbene la molecola creata in laboratorio non sia ancora autoreplicante, quella che hanno creato rappresenta un enorme passo avanti verso la creazione artificiale della vita.

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Se si creasse un RNA in grado di replicarsi, ha affermato il Salk, «allora sarebbe vivo». «Questa è la strada che conduce alla nascita della vita in laboratorio o, in linea di principio, in qualsiasi parte dell’universo», ha dichiarato Joyce.   Come argomentato sul WaPo, l’RNA deve fare copie estremamente simili all’originale affinché l’evoluzione darwiniana (concetto sempre più fumoso ed avversato) possa avere luogo. Se qualcosa va storto, le cose iniziano a deteriorarsi rapidamente e, come una vecchia fotocopiatrice malfunzionante, ogni copia successiva diventa più sfocata finché non è chiaro quale fosse il materiale originale.   «Se il tasso di errore è troppo alto, non è possibile mantenere le informazioni» genetiche, ha spiegato il presidente. «Esplodono e basta».   Detto ciò, la replicazione esatta dell’RNA non funziona perché non prevede i tipi di mutazioni che favoriscono la crescita. Per ottenere la giusta quantità di deviazione, Joyce e il suo team hanno creato un RNA che fa copie di quello che è noto come «RNA martello», che taglia le molecole. Quando la molecola replicatrice fa il suo lavoro sull’RNA martello, ogni nuova generazione è stata anche in grado di tagliare, e ogni generazione successiva diventa anche più brava a replicarsi.   Questa nuova scoperta, è stata definita dal professore di scienze farmaceutiche presso l’Università della California a Irvine John Chaput come «monumentale». «All’inizio, l’ho trovato un po’ sbalorditivo», ha detto lo Chaput, che non era coinvolto nella ricerca. «È super-fantastico».   La ricreazione del supposto «brodo primordiale», ossia l’attuazione chimica di un contesto che può generare molecole organiche a partire dall’inorganico, viene spacciata come «studio delle origini della vita», ma nasconde, giocoforza, una delle ricerche principali di quel ramo della scienza laboratoriale chiamato biologia di sintesi, o biologia sintetica, o SynBio.   La biologia sintetica è una disciplina che sta tra l’ingegneria e la biologia che combina chimica, biotecnologia, ingegneria genetica, biologia molecolare, ingegneria chimica, ingegneria elettrica e bioinformatica per creare sistemi biologici artificiali.   Nel 2010 il genetista Craig Venter ha creato la prima forma di vita ritenuta come vita artificiale costruendo in laboratorio un batterio responsabile per la mastite nelle capre.   Come riportato da Renovatio 21, calcoli economici degli scorsi anni hanno stabilito che il mercato della biologia sintetica potrà valere in un prossimo futuro 3,5 trilioni di dollari.

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Scienza

Nuovo paper sostiene che la materia oscura non esiste

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Un nuovo e controverso paper suggerisce che l’universo abbia il doppio dell’età di quanto ipotizzato dai modelli attuali e che la materia oscura – la misteriosa sostanza che la stragrande maggioranza dei fisici ritiene costituisca gran parte dell’universo – in realtà non esista.

 

Si ritiene che la materia oscura non interagisca in alcun modo con la luce o con il campo elettromagnetico, ma che invece possa esercitare una forza gravitazionale. È un enigma che tormenta gli astrofisici da decenni: non può essere osservata direttamente, ma si pensa che costituisca il 26 percento dell’universo.

 

Le ricerche di Rajendra Gupta –professore di fisica presso l’Università di Ottawa e autore di un nuovo articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal – hanno destato scalpore, perché ipotizzano che l’universo abbia 26,7 miliardi di anni, il doppio dell’età generalmente accettata.

 

Nel suo ultimo articolo, il Gupta sviluppa la sua teoria, mettendo in discussione la necessità della materia oscura.

 

«I risultati dello studio confermano che il nostro precedente lavoro sull’età dell’universo, pari a 26,7 miliardi di anni, ci ha permesso di scoprire che l’Universo non ha bisogno della materia oscura per esistere», ha affermato lo scienziato recentemente.

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Si tratta certamente di una teoria controversa in netto contrasto con opinioni più o meno universalmente condivise dagli esperti. Le teorie più diffuse suggeriscono che l’espansione accelerata dell’universo sia legata a una costante cosmologica positiva. Questa costante è stata spesso utilizzata per spiegare l’esistenza dell’energia oscura, la componente dominante dell’universo, che costituisce circa il 68% della sua energia totale.

 

Mentre la materia oscura costituisce la maggior parte della massa delle galassie e determina il modo in cui sono organizzate, l’energia oscura determina l’espansione accelerata dell’universo.

 

Tuttavia non è così che la vede Gupta. Per sostenere il suo modello, il professore ha preso in prestito da precedenti ricerche del fisico svizzero Fritz Zwicky, che alla fine degli anni Venti suggerì che la luce rossa emanata da oggetti celesti distanti potrebbe essere il risultato di energia persa, una teoria che divenne nota come ipotesi della «luce stanca».

 

Combinando questa teoria con una nuova «costante di accoppiamento covariante», suggerisce che le forze della natura diminuiscono nel tempo, e il Gupta sostiene che la materia oscura non debba necessariamente far parte dell’equazione.

 

«Nella cosmologia standard, l’energia oscura causa l’espansione accelerata dell’universo», ha spiegato lo scienziato, «ma è dovuta alle forze di indebolimento della natura mentre si espande, non all’energia oscura».

 

«Ci sono diversi articoli che mettono in dubbio l’esistenza della materia oscura, ma il mio è il primo, a mia conoscenza, che esclude la sua esistenza cosmologica pur essendo coerente con le principali osservazioni cosmologiche che abbiamo avuto il tempo di confermare», ha chiosato Gupta nella sua dichiarazione.

 

L’attacco alla teoria della materia oscura non è l’unico pensiero controcorrente visto in questi anni dalla fisica. Alcuni scienziati, infatti, contestano l’esistenza dei buchi neri, postulati oramai più di un secolo fa da Alberto Einstein.

 

Una diecina di anni fa, unendo due teorie apparentemente contrastanti, Laura Mersini-Houghton, professoressa di fisica presso l’UNC-Chapel Hill del College of Arts and Sciences, ha dimostrato, matematicamente, che i buchi neri non potranno mai formarsi.

 

Il lavoro della fisica non solo costringe gli scienziati a reimmaginare il tessuto dello spazio-tempo, ma anche a ripensare le origini dell’universo.

 

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