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Bioetica

CIEB: Parere sulla fine apparente dell’emergenza sanitaria

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Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).

 

Negli stessi giorni in cui l’opinione pubblica è polarizzata dalla guerra in Ucraina, il CIEB richiama l’attenzione sulla disciplina introdotta dal Decreto-Legge n. 24/22 (cosiddetto Decreto-Legge Riaperture) che – contrariamente a quanto annunciato a più riprese dal Governo e dai media – estende oltre il 31 marzo 2022, in alcuni casi a tempo indeterminato, le misure connesse allo stato di emergenza sanitaria.

 

Infatti, pur essendo formalmente volto a «superare lo stato di emergenza dettando le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria», il Decreto-Legge Riaperture disciplina:  

 

  • la facoltà per le Amministrazioni di adottare fino al 31 dicembre 2022 «ordinanze» recanti «misure derogatorie» alla disciplina e alla ratio stessa del Decreto-Legge Riaperture; 

 

  • il potere del Ministero della Salute, in relazione «all’andamento epidemiologico», di «adottare e aggiornare linee guida e protocolli connessi alla pandemia da COVID-19» volti a regolare, tra l’altro, «lo svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali»;

 

  • la proroga al 30 aprile 2022, al 30 giugno 2022 o al 31 dicembre 2022, secondo i casi, del complesso delle misure connesse all’emergenza, tra cui l’adempimento dell’obbligo vaccinale per talune categorie professionali, nonché l’introduzione di nuove e ulteriori sanzioni ad hoc per i soggetti inadempienti, quali il demansionamento e la sostituzione con soggetti vaccinati;

 

  • la raccolta, il trattamento e la condivisione, anche su piattaforme telematiche internazionali, dei dati relativi, tra l’altro, alla sorveglianza epidemiologica e microbiologica del virus SARS-CoV-2 e al numero dei tamponi antigenici rapidi effettuati;

 

  • il trasferimento delle competenze e delle funzioni attribuite al Commissario straordinario per la gestione dell’emergenza COVID ad una struttura denominata «Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia» destinata a operare fino al 31 dicembre 2022

 

L’analisi dei contenuti sostanziali della disciplina introdotta dal Decreto-Legge Riaperture deve procedere congiuntamente alla valutazione di elementi ulteriori, quali:

 

 

1.

La formale adozione del Decreto-Legge Riaperture è stata espressamente annunciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri durante la conferenza stampa del 17 marzo 2022.

 

È quindi singolare che la pubblicazione del Decreto sia avvenuta il 24 marzo 2022, dopo un intervallo di tempo idoneo a valutare il grado di accettabilità sociale del provvedimento, a dirottare l’attenzione del più vasto pubblico dalle disposizioni volte a penalizzare singole categorie professionali, nonché a modificare il testo del Decreto medesimo, ove necessario, prima della sua pubblicazione e della sua entrata in vigore.  

 

 

2.

Sotto quest’ultimo aspetto va rilevato che il testo del Decreto-Legge entrato in vigore ridimensiona alcuni sviluppi prospettati dalla relativa bozza diffusa al momento della conferenza stampa del 17 marzo 2022.

 

Il riferimento va, in particolare, alla citata «Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia», di cui la bozza prevedeva l’istituzione presso il Ministero della Difesa, nonché la sua sostituzione, entro il 1° gennaio 2023, con una ulteriore «Unità di gestione delle emergenze», emergenze non altrimenti specificate.

 

 

3.

Il mantenimento dell’obbligo vaccinale e di green pass era stato prospettato, già prima dell’adozione del Decreto-Legge Riaperture, dalle dichiarazioni rilasciate dal consulente del Commissario straordinario dell’emergenza COVID, secondo cui entro il mese di giugno 2022 gli organi competenti avrebbero deciso se «fare una nuova vaccinazione di massa a tutta la popolazione generale» degli italiani, precisando al riguardo che «la questione non è tanto che faccia male fare la quarta o la quinta dose» del cosiddetto vaccino anti-COVID, quanto la sua «fattibilità e accettabilità sociale».

 

Nello stesso senso si era espresso, con specifico riferimento al Green Pass, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri (FNOMCEO), il quale aveva auspicato che «non si smantelli il green pass dopo la fine dello stato di emergenza», trattandosi «di un diritto degli italiani».

 

Sul piano normativo va inoltre rilevato che:

 

i) nel febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento volta a prorogare la validità del «Certificato COVID digitale dell’UE» fino al 30 giugno 2023, trattandosi, secondo le dichiarazioni rese dal Commissario europeo per il Mercato Interno, di «uno standard globale»;

 

ii) nel febbraio 2022 il Governo italiano, regolando la materia per la quinta volta in sei mesi, ha esteso «a tempo indeterminato» la validità del Green Pass di alcune categorie di soggetti. 

 

 

4.

Se il Decreto-Legge Riaperture motiva formalmente la disciplina da esso introdotta in base alla constatazione che «persistano comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19», sul piano della comunicazione istituzionale ulteriori motivazioni si ricavano dalle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio nella citata conferenza stampa del 17 marzo 2022, secondo cui:

 

1) «grazie ai vaccini sono stati evitati quasi 80.000 decessi in più nel solo 2021»;

 

2) «l’anno scorso l’economia italiana è cresciuta al 6,5% grazie al Green Pass»;

 

3) «stiamo valutando l’ipotesi di una quarta dose a fasce generazionali più avanzate»;

 

4) «un’altra pandemia potrebbe rivelarsi importante tra qualche tempo»;

 

5) «vogliamo costruire una struttura permanente di preparazione a reagire a questi fenomeni»;

 

6) «gradualmente questa struttura perde il carattere di emergenza, acquista quello di ordinarietà»

 

Sulla scorta di queste considerazioni, e tenuto conto che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio poc’anzi riportate si pongono in evidente contrasto con i dati pubblicati su riviste scientifiche internazionali e ripresi anche dalla giurisprudenza italiana, il CIEB non può fare a meno di evidenziare

 

i) il progressivo rafforzamento e ampliamento dell’approccio neo-paternalistico avviato dal Governo con la «spinta gentile» alla vaccinazione nell’ambito della gestione del COVID;

 

ii) il rischio che la fine apparente dell’emergenza sanitaria distragga l’opinione pubblica dalla trasformazione delle misure restrittive imposte in forza del COVID da eccezionali e temporanee a strutturali e permanenti, quale preludio di nuove forme di normalità e di socialità.

 

Tutto ciò premesso, il CIEB:

 

  • invita a prendere coscienza del deficit democratico derivante dall’impianto normativo volto a trasformare il metodo emergenziale in normale metodo di governo destinato a soggiogare permanentemente i cittadini anche mediante il ricorso a strumenti di pretesa «premialità» quale è il green pass fondato – allo stato attuale – sull’obbligo vaccinale;

 

  • richiama l’attenzione, nella prospettiva appena evidenziata, sui rischi della futura militarizzazione del metodo emergenziale, già prospettata dalla bozza di Decreto-Legge Riaperture;

 

  • auspica che il Parlamento riprenda a esercitare le proprie prerogative sovrane adottando quanto prima una legge che abolisca definitivamente e senza infingimenti il Green Pass, nonché sfiduciando qualsiasi tentativo volto a introdurre e/o mantenere forme analoghe di certificazione di dati sensibilissimi quali sono i dati sanitari dei cittadini;

 

  • mette in guardia dal rischio che il nuovo stato di emergenza adottato in ragione della guerra in Ucraina possa giustificare l’introduzione di «una logica di razionamenti» che potrebbero essere gestiti secondo criteri «premiali». 

 

 

CIEB

 

25 marzo 2022

 

Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito www.ecsel.org/cieb

 

Renovatio 21 offre questo comunicato per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Bioetica

In Nuova Zelanda i bambini vengono lasciati morire se nascono vivi dopo gli aborti

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I dati governativi hanno confermato che in Nuova Zelanda i bambini nascono vivi dopo un tentativo di aborto almeno una volta al mese e, come prassi, muoiono senza ricevere assistenza medica. Lo riporta LifeSite.

 

L’aborto in terra neozelandese è legale su richiesta fino alla 20ª settimana di gravidanza e viene spesso praticato anche oltre, se un medico ne autorizza la necessità per motivi di «salute».

 

«Family First New Zealand ha riferito di aver ottenuto dati governativi dopo una richiesta ufficiale, scoprendo che i feti sopravvivono regolarmente ai tentativi di aborto», ha riportato Live Action News. «Dal 2020, 80 tentativi di aborto hanno portato a nascite vive, anche se il numero reale potrebbe essere superiore, poiché alcuni distretti non hanno fornito queste informazioni. Le sopravvissute all’aborto avevano una gestazione compresa tra le 20 e le 30 settimane e non hanno ricevuto cure salvavita».

 

Il rapporto ha inoltre rilevato che l’assistenza medica veniva concessa solo ai neonati desiderati dai genitori: «È preoccupante che il distretto di Te Tai Tokerau abbia affermato che l’assistenza di sostegno vitale è presa in considerazione solo per i “neonati desiderati a 22 settimane + 5 giorni”. A Waikato, c’è la discrezionalità dei genitori di accettare o meno la rianimazione». Canterbury aveva precedentemente consigliato che il «neonato venga avvolto in una coperta e tenuto in braccio fino al decesso».

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Casi specifici di questo protocollo sono emersi in passato. Nel 2021, Gript ha riferito che «un bambino sano sarebbe nato vivo dopo un aborto tardivo fallito ed è stato lasciato morire in un ospedale neozelandese», aggiungendo che «il bambino è stato lasciato ansimare per due ore mentre gli operatori sanitari si rifiutavano di intervenire, prima di morire». Uno studente di medicina, profondamente traumatizzato dall’aver assistito alla morte del bambino, ha affermato che la madre era incinta da oltre 21 settimane.

 

«Non faremmo mai una cosa del genere a un animale. Ero inorridita», ha detto la studentessa, che usa lo pseudonimo Nicola. «Non abbiamo dato potere a questa donna lasciando che suo figlio soffrisse e morisse in quel modo. Quando ha lasciato l’ospedale, aveva ancora bisogno di sostegno e aiuto per la sua situazione. Tutto quello che abbiamo fatto è stato porre fine alla vita del suo bambino in modo prolungato e crudele. È davvero vile e disgustoso che un essere umano venga trattato in quel modo».

 

L’anno precedente, il parlamentare Simon O’Connor aveva proposto un emendamento al disegno di legge sull’aborto del Primo Ministro Jacinda Ardern, che imponeva l’obbligo di assistenza ai bambini sopravvissuti a un tentativo di aborto. Il governo, inclusa la stessa Ardern, si oppose all’emendamento. «Ci è stato detto che il mio emendamento non era necessario, eppure eccoci qui in una situazione con un bambino nato vivo, lasciato morire da solo – ed è semplicemente orribile», ha detto O’Connor.

 

«Non siamo sorpresi da questi dati [del governo], ma sono comunque davvero scioccanti. Che il nascituro sia alla 15ª, 20ª, 30ª o 40ª settimana di gravidanza, lotterà naturalmente per la propria vita», ha affermato Bob McCoskrie, CEO di Family First New Zealand. «Questo è il nostro istinto umano. Dovremmo proteggere la vita dei bambini innocenti che sopravvivono ai tentativi di aborto. Dovremmo chiarire con estrema chiarezza che questo è un obbligo per i professionisti sanitari». McCroskie ha osservato che ora ci sono dati governativi che confermano ciò che i pro-life sostengono da tempo: che a volte i bambini sopravvivono agli aborti.

 

Il ministro della Salute e del Lavoro Andrew Little aveva precedentemente respinto queste affermazioni, affermando: «vorrei vedere i dati scientifici sulla nascita di un bambino dopo un aborto». McCroskie ha risposto: «Ecco le prove. Non si tratta di politica, si tratta di avere un cuore». Ha ragione. Ci sono persino alcune sopravvissute all’aborto che sono sopravvissute per raccontare le loro storie, per l’industria dell’aborto, quelle che se l’erano cavata».

 

Il caso che viene in mente a tutti è quello di Gianna Jessen, abortita ma sopravvissuta anche se con una vita con la paralisi cerebrale. Si tratta con probabilità di una delle migliori speaker pro-life al mondo.

 

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Il segreto più orribile dell’industria dell’aborto, scrive LSN, è che i bambini nascono regolarmente vivi dopo tentativi di aborto e vengono lasciati morire dai medici che hanno appena tentato di ucciderli. Ci sono esempi frequenti e documentati di questo tipo solo negli ultimi anni in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Canada e in Irlanda, dove l’aborto è legale solo dal 2019.

 

Come riportato da Renovatio21, a inizio anno la Camera USA aveva approvato la legge per proteggere i bambini nativi vivi dopo l’aborto.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche l’eutanasia galoppa alla grande in Nuova Zelanda, dove è stata approvata per referendum. In un impeto di creatività, tre anni fa si cominciò a parlare nel Paese di possibilità di eutanatizzare i pazienti COVID.

 

Ricordiamo che si tratta del Paese dei lockdown draconiani, inflitti anche per un solo caso di positività, sotto l’imperio della premier Jacinda Andernallevata dal World Economic Forum e pronta a progettare una «società a due livelli» (vaccinati e non vaccinati), a chiedere ai propri cittadini di non chiacchierare col vicino (per evitare i contagi), a istigare la delazione dei dissidenti politici ora etichettati come «terroristi», a proibire del tutto il tabacco, e a garantire in lockdown il diritto di fare orge da 25 persone a chi avesse acquisito il diritto pandemico ad uscire di casa.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Parlamento neozelandese ha concesso lo status di persona a una montagna, proprio come in precedenza lo aveva concesso ad un fiume e a un pezzo di terra: cose che sono quindi tecnicamente più protette dallo Stato di un feto umano.

 

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Bioetica

JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura

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Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.   Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.   «Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».

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Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.   La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.   «In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»   «Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».   Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.   «Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».   «È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».   Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.   «La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».   Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.

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«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».   «Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».   «Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».   Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.   Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.   Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.   È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.   C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la NecroculturaRenovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.   Roberto Dal Bosco  

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Il Quebecco si muove per riconoscere il «diritto» all’aborto nella proposta di costituzione

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Il Quebecco ha proposto una legge per sancire un apparente «diritto» all’aborto nella bozza di costituzione della provincia canadese.

 

Il 9 ottobre, l’Assemblea nazionale del Quebecco ha presentato il disegno di legge n. 1, Legge costituzionale del 2025 sul Quebec, che mira a stabilire una costituzione per il Quebec che dia priorità ai valori della provincia, tra cui la cosiddetta «libertà» di aborto.

 

«Ora dobbiamo andare oltre», ha dichiarato il primo ministro François Legault all’Assemblea Nazionale. «Il Quebecco ha scelto di restare in Canada, ma ha anche scelto di affermare il suo carattere nazionale e distintivo».

 

«È giunto il momento di affermare, in modo chiaro, l’esistenza costituzionale della nazione del Quebecco», ha proseguito. «La Costituzione riunirà tutte le nostre regole, tutti i nostri valori fondamentali in un’unica legge. Diventerà la legge di tutte le leggi».

 

La proposta di legge costituzionale comprende diversi emendamenti contrari alla vita, tra cui l’inserimento delle leggi sull’aborto e sull’eutanasia nella costituzione provinciale. La legge è stata approvata con 71 voti favorevoli e 30 contrari. «Lo Stato protegge la libertà delle donne di abortire», promette l’articolo numero 29.

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Il Quebecco ha recentemente confermato il suo sostegno all’aborto quando la Corte superiore provinciale ha stabilito che le “zone bolla” delle strutture per l’aborto sono incostituzionali, ma «giustificate».

 

Attualmente, la legge del Quebec impedisce l’attività di advocacy pro-life entro un raggio di 50 metri da qualsiasi struttura o sede di un’attività che offre di eseguire il feticidio. Tra le attività vietate rientrano anche scoraggiare una donna dall’aborto od offrire risorse alternative per aiutare la madre a tenere il bambino.

 

Inoltre, la legge promette di prendere di mira i malati e gli anziani attraverso l’eutanasia. La legge si impegna a garantire che «qualsiasi persona le cui condizioni lo richiedano abbia il diritto di ricevere cure di fine vita», un termine che include il ricorso all’eutanasia. Da notare come l’anno scorso era emerso uno studio sul Quebecco che rivelava che più di uno su dieci bambini abortiti nel secondo trimestre nasce vivo, ma solo il 10% sopravvive più di tre ore.

 

Allo stesso tempo, il Quebecco, una provincia notoriamente liberale, ha il tasso più alto di suicidio assistito in Canada.

 

La provincia ha registrato un aumento del 17% dei decessi per eutanasia nel 2023 rispetto al 2022, con il programma che ha causato la morte di 5.686 persone. Questa cifra elevata rappresenta un impressionante 7,3% di tutti i decessi nella provincia, collocando il Québec in cima alla lista a livello mondiale. Di conseguenza, si è avuto anche il rivoltante record per la predazione degli organi, con la triplicazione dei trapianti da vittime di eutanasia.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad agosto l’Ordine dei medici del Quebecco ha dichiarato che l’eutanasia è un «trattamento appropriato» per i bambini nati con gravi problemi di salute. L’eutanasia per i neonati era stata sostenuta dai medici quebecchesi ancora tre anni fa, mentre è discussa apertamente l’eliminazione eutanatica dei malati di demenza.

 

Gli sforzi quebecchesi si iscrivono in un contesto globale in cui, come per un silenzioso ordine dipanato in tutta la Terra, vari Paesi a trazione progressista sta cercando di costituzionalizzare l’aborto, sulla scorta di quanto fatto da Emanuele Macron in Francia due anni fa.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche il governo spagnuolo sta lavorando per sancire il diritto al feticidio nella Costituzione.

 

Un anno fa a Brusselle è stato approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta Europea. L’anno precedente gli eurodeputati avevano chiesto che il feticidio divenisse «diritto fondamentale».

 

Altri Paesi non marciano nella stessa direzione, Cinque giorni fa il Parlamento Olandese ha respinto una risoluzione che dichiarava l’aborto come «diritto umano», idea alla base di tanti progetti di enti transnazionali

 

Due mesi fa la Repubblica Domenicana ha riconfermato il divieto totale di aborto.

 

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