Bioetica
CIEB: Parere sulla fine apparente dell’emergenza sanitaria
Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).
Negli stessi giorni in cui l’opinione pubblica è polarizzata dalla guerra in Ucraina, il CIEB richiama l’attenzione sulla disciplina introdotta dal Decreto-Legge n. 24/22 (cosiddetto Decreto-Legge Riaperture) che – contrariamente a quanto annunciato a più riprese dal Governo e dai media – estende oltre il 31 marzo 2022, in alcuni casi a tempo indeterminato, le misure connesse allo stato di emergenza sanitaria.
Infatti, pur essendo formalmente volto a «superare lo stato di emergenza dettando le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria», il Decreto-Legge Riaperture disciplina:
- la facoltà per le Amministrazioni di adottare fino al 31 dicembre 2022 «ordinanze» recanti «misure derogatorie» alla disciplina e alla ratio stessa del Decreto-Legge Riaperture;
- il potere del Ministero della Salute, in relazione «all’andamento epidemiologico», di «adottare e aggiornare linee guida e protocolli connessi alla pandemia da COVID-19» volti a regolare, tra l’altro, «lo svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali»;
- la proroga al 30 aprile 2022, al 30 giugno 2022 o al 31 dicembre 2022, secondo i casi, del complesso delle misure connesse all’emergenza, tra cui l’adempimento dell’obbligo vaccinale per talune categorie professionali, nonché l’introduzione di nuove e ulteriori sanzioni ad hoc per i soggetti inadempienti, quali il demansionamento e la sostituzione con soggetti vaccinati;
- la raccolta, il trattamento e la condivisione, anche su piattaforme telematiche internazionali, dei dati relativi, tra l’altro, alla sorveglianza epidemiologica e microbiologica del virus SARS-CoV-2 e al numero dei tamponi antigenici rapidi effettuati;
- il trasferimento delle competenze e delle funzioni attribuite al Commissario straordinario per la gestione dell’emergenza COVID ad una struttura denominata «Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia» destinata a operare fino al 31 dicembre 2022.
L’analisi dei contenuti sostanziali della disciplina introdotta dal Decreto-Legge Riaperture deve procedere congiuntamente alla valutazione di elementi ulteriori, quali:
1.
La formale adozione del Decreto-Legge Riaperture è stata espressamente annunciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri durante la conferenza stampa del 17 marzo 2022.
È quindi singolare che la pubblicazione del Decreto sia avvenuta il 24 marzo 2022, dopo un intervallo di tempo idoneo a valutare il grado di accettabilità sociale del provvedimento, a dirottare l’attenzione del più vasto pubblico dalle disposizioni volte a penalizzare singole categorie professionali, nonché a modificare il testo del Decreto medesimo, ove necessario, prima della sua pubblicazione e della sua entrata in vigore.
2.
Sotto quest’ultimo aspetto va rilevato che il testo del Decreto-Legge entrato in vigore ridimensiona alcuni sviluppi prospettati dalla relativa bozza diffusa al momento della conferenza stampa del 17 marzo 2022.
Il riferimento va, in particolare, alla citata «Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia», di cui la bozza prevedeva l’istituzione presso il Ministero della Difesa, nonché la sua sostituzione, entro il 1° gennaio 2023, con una ulteriore «Unità di gestione delle emergenze», emergenze non altrimenti specificate.
3.
Il mantenimento dell’obbligo vaccinale e di green pass era stato prospettato, già prima dell’adozione del Decreto-Legge Riaperture, dalle dichiarazioni rilasciate dal consulente del Commissario straordinario dell’emergenza COVID, secondo cui entro il mese di giugno 2022 gli organi competenti avrebbero deciso se «fare una nuova vaccinazione di massa a tutta la popolazione generale» degli italiani, precisando al riguardo che «la questione non è tanto che faccia male fare la quarta o la quinta dose» del cosiddetto vaccino anti-COVID, quanto la sua «fattibilità e accettabilità sociale».
Nello stesso senso si era espresso, con specifico riferimento al Green Pass, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri (FNOMCEO), il quale aveva auspicato che «non si smantelli il green pass dopo la fine dello stato di emergenza», trattandosi «di un diritto degli italiani».
Sul piano normativo va inoltre rilevato che:
i) nel febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento volta a prorogare la validità del «Certificato COVID digitale dell’UE» fino al 30 giugno 2023, trattandosi, secondo le dichiarazioni rese dal Commissario europeo per il Mercato Interno, di «uno standard globale»;
ii) nel febbraio 2022 il Governo italiano, regolando la materia per la quinta volta in sei mesi, ha esteso «a tempo indeterminato» la validità del Green Pass di alcune categorie di soggetti.
4.
Se il Decreto-Legge Riaperture motiva formalmente la disciplina da esso introdotta in base alla constatazione che «persistano comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19», sul piano della comunicazione istituzionale ulteriori motivazioni si ricavano dalle dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio nella citata conferenza stampa del 17 marzo 2022, secondo cui:
1) «grazie ai vaccini sono stati evitati quasi 80.000 decessi in più nel solo 2021»;
2) «l’anno scorso l’economia italiana è cresciuta al 6,5% grazie al Green Pass»;
3) «stiamo valutando l’ipotesi di una quarta dose a fasce generazionali più avanzate»;
4) «un’altra pandemia potrebbe rivelarsi importante tra qualche tempo»;
5) «vogliamo costruire una struttura permanente di preparazione a reagire a questi fenomeni»;
6) «gradualmente questa struttura perde il carattere di emergenza, acquista quello di ordinarietà».
Sulla scorta di queste considerazioni, e tenuto conto che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio poc’anzi riportate si pongono in evidente contrasto con i dati pubblicati su riviste scientifiche internazionali e ripresi anche dalla giurisprudenza italiana, il CIEB non può fare a meno di evidenziare
i) il progressivo rafforzamento e ampliamento dell’approccio neo-paternalistico avviato dal Governo con la «spinta gentile» alla vaccinazione nell’ambito della gestione del COVID;
ii) il rischio che la fine apparente dell’emergenza sanitaria distragga l’opinione pubblica dalla trasformazione delle misure restrittive imposte in forza del COVID da eccezionali e temporanee a strutturali e permanenti, quale preludio di nuove forme di normalità e di socialità.
Tutto ciò premesso, il CIEB:
- invita a prendere coscienza del deficit democratico derivante dall’impianto normativo volto a trasformare il metodo emergenziale in normale metodo di governo destinato a soggiogare permanentemente i cittadini anche mediante il ricorso a strumenti di pretesa «premialità» quale è il green pass fondato – allo stato attuale – sull’obbligo vaccinale;
- richiama l’attenzione, nella prospettiva appena evidenziata, sui rischi della futura militarizzazione del metodo emergenziale, già prospettata dalla bozza di Decreto-Legge Riaperture;
- auspica che il Parlamento riprenda a esercitare le proprie prerogative sovrane adottando quanto prima una legge che abolisca definitivamente e senza infingimenti il Green Pass, nonché sfiduciando qualsiasi tentativo volto a introdurre e/o mantenere forme analoghe di certificazione di dati sensibilissimi quali sono i dati sanitari dei cittadini;
- mette in guardia dal rischio che il nuovo stato di emergenza adottato in ragione della guerra in Ucraina possa giustificare l’introduzione di «una logica di razionamenti» che potrebbero essere gestiti secondo criteri «premiali».
CIEB
25 marzo 2022
Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito www.ecsel.org/cieb
Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.
«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.
Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.
Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).
La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.
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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.
Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.
Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.
Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.
Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.
Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Bioetica
Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea
Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.
La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».
I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».
La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».
Minaccia ai gruppi pro-vita
I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.
Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.
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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»
La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».
Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».
Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.
Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata
Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:
«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».
Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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