Internet
Aumento dei blackout di Internet in tutto il mondo

Il numero globale di interruzioni di Internet è aumentato di nuovo per il secondo anno consecutivo.
Lo dimostra un’infografica riportata dal sito Statista, realizzata con dati dall’organizzazione Access Now.
Gli shutdown di internet nel 2022 sono stati 187.
Infografica di Statista
Bizzarramente nel 2020, l’anno del lockdown e quindi del massimo uso delle connessioni alla rete, il numero di interruzioni di internet era invece diminuito.
Possibilmente, la spiegazione può essere che molti governi utilizzano i blackout di Internet in relazione al contenimento delle proteste e del dissenso – e la pandemia probabilmente ha causato un minor numero di questi eventi poiché sono stati emessi ordini di lockdown e sono stati imposti limiti (anticostituzionali, in molti Paesi) alle riunioni.
Il numero più alto di interruzioni di internet da quando è iniziata la segnalazione nel 2016 è stato raggiunto nel 2019 con 213. Lo stesso anno ha registrato anche la cifra più alta di interruzioni di internet in India: 121.
Nonostante il Paese abbia costantemente registrato il maggior numero di interruzioni di internet dall’inizio del sondaggio, il 2022 ha visto la quota dell’India nelle chiusure globali totali di Internet diminuire al punto più basso degli ultimi anni. Allo stesso tempo, il numero totale di Paesi che impiegano interruzioni di internet è aumentato, superando nuovamente il numero del 2019 a partire dal 2021.
Le chiusure in India si sono raggruppate in Kashmir nel 2022, ma anche in Rajasthan, dove sono state utilizzate durante le proteste (e preventivamente quando le proteste erano previste), ma anche durante gli esami negli ultimi mesi. Entrambe le regioni hanno visto violenze spesso legate alla tensione tra indù e musulmani, in Kashmir anche in connessione con il movimento indipendentista guidato dai musulmani.
Nel suo libro Incubo a 5 Stelle, il fondatore di Renovatio 21 ha scritto, come testimone sul luogo, un intero capitolo riguardo allo shutdown della rete imposto alla provincia cinese dello Xinjiang: a seguito di una rivolta uigura, il governo di Pechino aveva di fatto chiuso internet a tutti gli abitanti del territorio e proibito qualsiasi telefonata internazionale (a dire il vero, anche alcune telefonate in Cina non andavano, se il numero iniziava col prefisso internazionale 00, o «+»…)
Come scritto da Renovatio 21, non è impossibile leggere negli eventi dell’ora presente un attacco multiplo e globale alle infrastrutture, dal gas (pensate al Nord Stream…) alle centrali elettriche oltre che – come abbiamo ipotizzato – agli aeroporti. Internet, che corre su linee che sono finite e non sempre ridondanti, è un’ulteriore infrastruttura, oramai vitale per la vita quotidiana del cittadino, che potrebbero improvvisamente decidere di farvi mancare.
Un blackout parziale della rete italiana è avvenuto nelle scorse settimane; sono stati accusati, ovvio, gli immancabili «hacker russi».
La preparazione ad una vita senza internet è quindi un qualcosa a cui il cittadino accorto è meglio che cominci a prepararsi: mentalmente (la rete è decisamente una droga), ed economicamente – bisogna cercare di avere un backup del proprio sostentamento, qualora il nostro lavoro dipenda del tutto dal web.
Abbiamo imparato, inoltre, che lo shutdown potrebbe essere selettivo: è la «depiattaformazione» condotta dai social media e non solo (vi sono dentro anche gruppi di eCommerce) contro le persone con idee ritenute non accettabili. Come hanno dimostrato i Twitter Files rivelati da Elon Musk, dietro a questa mostruosa forma di censura ci può essere lo Stato, perfino gli USA che hanno la libertà di parola come 1° Emendamento della loro Costituzione…
Nessuno è al sicuro, su nessuna piattaforma: in Germania, durante i lockdown pandemici, i politici sono arrivati a pensare al blocco di Telegram. Mentre scriviamo, ci rendiamo conto che post Telegram che avevamo inserito in articoli di Renovatio 21 sono spariti: guardate voi stessi, al loro posto compare la scritta «Questo canale non può essere mostrato perché ha violato le leggi locali».
Cina
La Cina presenta il primo chip 6G al mondo

I ricercatori cinesi hanno presentato il primo chip 6G al mondo, in grado di aumentare la velocità di connessione nelle aree remote fino a 5.000 volte rispetto al livello attuale. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post (SCMP).
La tecnologia 6G si prevede possa ridurre il divario digitale tra aree rurali e urbane. Sviluppato da ricercatori dell’Università di Pechino e della City University di Hong Kong, il chip 6G «all-frequency» potrebbe offrire velocità internet mobile oltre i 100 gigabit al secondo su tutto lo spettro wireless, incluse le frequenze usate nelle zone remote, rendendo l’accesso a internet ad alta velocità più disponibile nelle regioni meno connesse e permettendo, ad esempio, di scaricare un film 8K da 50 GB in pochi secondi.
Tuttavia, le tecnologie 5G e 6G suscitano preoccupazioni. Critiche riguardano i possibili rischi per la salute dovuti alle radiazioni elettromagnetiche, soprattutto con le alte frequenze del 6G, oltre a vulnerabilità agli attacchi informatici a causa dell’aumento dei dispositivi connessi. L’espansione delle infrastrutture potrebbe inoltre avere un impatto ambientale e accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro le aree rurali. Si temono anche un incremento della sorveglianza e problemi legati alla privacy dei dati con l’aumento della connettività.
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Le tecnologie wireless come il 5G operano su gamme di frequenza limitate. Il nuovo chip 6G, invece, copre l’intero spettro (da 0,5 GHz a 115 GHz) in un design compatto di 11 mm x 1,7 mm, eliminando la necessità di più sistemi per gestire diverse frequenze. Questo permette al chip di funzionare in modo efficiente su bande sia basse che alte, supportando applicazioni ad alta intensità e migliorando la copertura in aree rurali o remote.
«Le bande ad alta frequenza come le onde millimetriche e i terahertz offrono una larghezza di banda estremamente ampia e una latenza estremamente bassa, rendendole adatte ad applicazioni come la realtà virtuale e le procedure chirurgiche», ha dichiarato al China Science Daily il professor Wang Xingjun dell’Università di Pechino.
I ricercatori stanno sviluppando moduli plug-and-play per diversi dispositivi, come smartphone e droni, che potrebbero facilitare l’integrazione del nuovo chip nelle tecnologie di uso quotidiano.
La Cina pare accelerare per una primazia tecnologica non solo nelle telecomunicazioni – con il caso di Huawei, e relativi incidenti diplomatici internazionali, e sospetti anche in Italia – ma in genere nel settore tecnologico, dove si assiste ai consistenti sforzi per l’IA, visibili nell’ascesa di DeepSeek, un’Intelligenza Artificiale realizzata nel Dragone che non abbisogna di chip particolarmente performanti.
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

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Intelligenza Artificiale
Facebook spenderà milioni per sostenere i candidati pro-IA

Il colosso tecnologico Meta-Facebook lancerà un super-PAC incentrato sulla California per sostenere i candidati a livello statale favorevoli a una regolamentazione tecnologica più flessibile, in particolare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale.
Un Super PAC è un comitato politico indipendente che può raccogliere e spendere fondi illimitati da individui, aziende e sindacati per sostenere o contrastare i candidati. Non può coordinarsi direttamente con campagne o partiti ed è stato creato dopo le sentenze dei tribunali statunitensi del 2010 che hanno allentato le regole sul finanziamento delle campagne elettorali.
Secondo quanto riferito dalla stampa americano, il gruppo, denominato Mobilizing Economic Transformation Across California, sosterrà i candidati dei partiti democratico e repubblicano che danno priorità all’innovazione dell’intelligenza artificiale rispetto a regole severe.
Secondo la testata Politico, la società madre di Facebook e Instagram prevede di spendere decine di milioni di dollari tramite il PAC, il che potrebbe renderla uno dei maggiori investitori politici dello Stato in vista delle elezioni a governatore del 2026.
L’iniziativa è in linea con l’impegno più ampio di Meta per salvaguardare lo status della California come polo tecnologico, nonostante le preoccupazioni che una supervisione rigorosa possa soffocare l’innovazione.
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«Il contesto normativo di Sacramento potrebbe soffocare l’innovazione, bloccare il progresso dell’Intelligenza Artificiale e mettere a rischio la leadership tecnologica della California», ha affermato Brian Rice, vicepresidente per le politiche pubbliche di Meta. Rice guiderà il PAC insieme a Greg Maurer, un altro dirigente addetto alle politiche pubbliche, in qualità di dirigenti principali, secondo un portavoce dell’azienda.
La California è uno degli Stati più attivi nel promuovere la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale e dei social media, con i funzionari pronti a decidere sulle norme in materia di sicurezza, trasparenza e tutela dei consumatori che potrebbero avere ripercussioni sui prodotti delle aziende tecnologiche.
Questa mossa rispecchia gli sforzi di altri colossi della tecnologia. Aziende come Uber e Airbnb hanno utilizzato strategie politiche basate sui grandi donatori per influenzare le politiche in California.
Questa primavera, Meta ha anche speso oltre 518.000 dollari in attività di lobbying a livello statale per contestare la legislazione sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale, che imporrebbe standard di sicurezza e trasparenza sui grandi modelli di intelligenza artificiale.
Il nuovo super-PAC di Meta si unisce a una crescente ondata di impegno politico nel settore tecnologico. La rete rivale Leading the Future, sostenuta da Andreessen Horowitz (venture capitalist ora attivo nell’amministrazione Trump) e dal presidente di OpenAI Greg Brockman, ne è un esempio e mira a promuovere politiche pro-IA con oltre 100 milioni di dollari di finanziamenti.
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