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Psicofarmaci

Ma quale «squilibrio chimico» nel cervello: la depressione «non è causata da bassi livelli di serotonina»

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Bassi livelli di serotonina non causano la depressione, secondo un’importante studio di revisione sulla materia da parte dell’University College of London, che nega con decisione la teoria dello «squilibrio chimico» presente nel cervello da curarsi con droghe vendute dalla grandi farmaceutiche.

 

Tale studio scientifico mette quindi in discussione la sempre crescente dipendenza della società da antidepressivi come il Prozac, lo Zoloft e il Citalopram, che sono droghe psichiatriche di tipo SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) prescritte a centinaia di milioni di pazienti in tutto il mondo.

 

Lo studio dell’UCL, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, ha analizzato 17 recensioni precedenti risalenti al 2010 e costituite da dozzine di prove individuali.

 

Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina sono progettati per aumentare i livelli della serotonina, ritenuta quindi sostanza chimica legata al benessere.

 

Secondo i ricercatori londinesi non ci sono «prove convincenti» che la depressione sia causata da uno squilibrio della sostanza chimica. I ricercatori hanno scoperto che non c’era differenza nei livelli di serotonina tra le persone con diagnosi di depressione e le persone sane, nonostante i sondaggi suggeriscano che fino al 95% del pubblico crede che sia così.

 

Parimenti, un abbassamento artificiale dei livelli di serotonina nei volontari sani non li ha portati a sviluppare la depressione.

 

L’autrice principale dello studio, la professoressa Joanna Moncrieff, ha puntualizzato che di fatto «la popolarità della teoria dello “squilibrio chimico” ha coinciso con un enorme aumento dell’uso di antidepressivi».

 

Cioè, aggiungiamo noi, con la fortuna delle case farmaceutiche con investimenti nel settore delle psicodroghe legali.

 

«Migliaia soffrono di effetti collaterali degli antidepressivi, inclusi gravi effetti di astinenza che possono verificarsi quando le persone cercano di fermarli, ma i tassi di prescrizione continuano ad aumentare» continua la psichiatra inglese.

 

«Riteniamo che questa situazione sia stata in parte causata dalla falsa convinzione che la depressione sia dovuta a uno squilibrio chimico. È giunto il momento di informare il pubblico che questa convinzione non è radicata nella scienza».

 

«Possiamo tranquillamente affermare che dopo una vasta quantità di ricerche condotte nel corso di diversi decenni, non ci sono prove convincenti che la depressione sia causata da anomalie della serotonina, in particolare da livelli più bassi o ridotta attività della serotonina» dice la studiosa.

 

«Dare alle persone questo tipo di disinformazione impedisce loro di prendere una decisione informata sull’opportunità di assumere antidepressivi o meno».

 

Poi l’ammissione più sconcertante di tutte.

 

«Non capiamo esattamente cosa stanno facendo gli antidepressivi al cervello».

 

Il che vuol dire, milioni di persone drogate con farmaci di cui non si conoscono i meccanismi di azione, e i cui effetti sono trascurabili, mentre gli effetti paradossi sono serissimi: dipendenza, impotenza e crollo della libido, torpore, stati di disperazione che possono culminare in idee violente.

 

Secondo i dati pubblicati dal Daily Mail, in Gran Bretagna un adulto su sei e circa il 13% degli americani assumono antidepressivi. I dati del NHS mostrano che c’è stato un aumento delle prescrizioni distribuite in Inghilterra, con 8,3 milioni di pazienti che le hanno prese nel 2021/22, il 6% in più rispetto all’anno precedente.

 

«I pazienti depressi possono anche essere colpiti da sintomi di astinenza paralizzanti quando cercano di togliere le pillole» scrive il quotidiano inglese riguardo agli SSRI. «Allo stesso tempo, una serie di studi ha suggerito che non funzionano meglio di un placebo».

 

«Essere coinvolti in questa ricerca mi ha aperto gli occhi e sembra che tutto ciò che pensavo di sapere fosse stato capovolto» ha dichiarato un coautore dello studio, lo psichiatra e docenti Mark Horowitz.

 

Varie sigle inglesi come la oyal College of Psychiatrists (RCP) ha risposto allo studio esortatndole persone depresse a continuare a prendere i loro farmaci. Alcuni psichiatri sentiti dal giornale inglese hanno detto di non raccomandare «a nessuno di interrompere l’assunzione dei loro antidepressivi sulla base di questa revisione» e che la revisione «non cambia» le prove che gli antidepressivi funzionano.

 

Lo studio, tuttavia, non sfiora nemmeno il vero elephant in the room: la sensazione, sempre più diffusa tra gli osservatori attenti, che l’uso massivo di SSRI possa essere correlato ad un aumento dei suicidi come pure alle stragi apparentemente inspiegabili nelle famiglie e nei luoghi pubblici come scuole etc. e perfino agli incidenti aerei.

 

Come riportato da Renovatio 21, riguardo al rapporto tra psicofarmaci e violenza, crediamo tuttavia che il muro stia crollando.

 

Ad ogni modo, non siamo sicuri di aver già visto una situazione in cui un farmaco senza vera base scientifica alle spalle sia distribuito, su pressione dell’apparato medico e statale, a decine di milioni di persone.

 

Come dite? Il vaccino mRNA?

 

Sì, è un buon esempio, forse il più grande di tutti i tempi.

 

Tuttavia non è il solo.

 

 

 

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Psicofarmaci

L’esercizio fisico può essere più efficace degli antidepressivi nel trattamento della depressione

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Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica BMJ ha scoperto che l’esercizio fisico sarebbe moderatamente efficace nel trattamento della depressione rispetto ai trattamenti esistenti se usato da solo o in combinazione con altre terapie consolidate.

 

Inoltre, i benefici derivanti dall’esercizio «tendevano ad essere proporzionali all’intensità prescritta», il che significa che un’attività più vigorosa ha prodotto benefici più significativi.

 

Per identificare la quantità e il tipo di esercizio ideale per il trattamento del disturbo depressivo maggiore, gli esperti australiani hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi di 14.170 persone con disturbi depressivi maggiori provenienti da 218 studi unici e hanno classificato l’efficacia delle diverse forme di esercizio rispetto ai trattamenti esistenti, come la psicoterapia, gli antidepressivi e le condizioni di controllo.

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Gli studiosi hanno scoperto che il camminare o fare jogging, l’allenamento per la forza e danza erano le modalità di esercizio più efficaci se usate da sole senza cure mediche e che alcuni esercizi influenzavano uomini e donne in modo diverso.

 

In particolare, camminare e fare jogging sono risultati efficaci sia per gli uomini che per le donne, mentre l’allenamento della forza e il ciclismo sono risultati più efficaci per le donne e i giovani. L’esercizio aerobico ha avuto un impatto positivo più sugli uomini che sulle donne se usato con la psicoterapia.

 

In tutte le modalità, esercizi più intensi come la corsa, l’allenamento a intervalli, l’allenamento della forza e l’esercizio aerobico misto hanno prodotto maggiori benefici, sebbene anche un’attività fisica leggera come camminare o lo yoga abbia comunque fornito «effetti clinicamente significativi». I benefici dell’esercizio fisico erano ugualmente efficaci a diverse dosi settimanali per i soggetti con altre condizioni mediche e livelli basali di depressione.

 

Nel complesso, la danza ha superato tutti gli altri esercizi e i trattamenti consolidati per la depressione, inclusi gli psicofarmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e la terapia cognitivo comportamentale.

 

«Sulla base dei nostri risultati, la danza sembra essere un trattamento promettente per la depressione, con ampi effetti riscontrati rispetto ad altri interventi nella nostra revisione», hanno scritto gli autori. Tuttavia, il numero limitato di studi, il basso numero di partecipanti e i pregiudizi nella progettazione degli studi hanno impedito loro di raccomandare la danza in modo più forte.

 

Sebbene i ricercatori abbiano affermato che la loro revisione presenta dei limiti, i loro risultati supportano l’inclusione dell’esercizio fisico, in particolare dell’esercizio vigoroso, nelle linee guida della pratica clinica per la depressione.

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«Sebbene la fiducia in molti dei risultati fosse bassa, le linee guida terapeutiche potrebbero essere eccessivamente prudenti raccomandando condizionatamente l’esercizio fisico come trattamento complementare o alternativo per i pazienti in cui la psicoterapia o la farmacoterapia sono inefficaci o inaccettabili», hanno scritto. «Invece, le linee guida per la depressione dovrebbero includere prescrizioni per l’esercizio fisico e considerare l’adattamento della modalità alle caratteristiche dei partecipanti e raccomandare esercizi di intensità più vigorosa».

 

Renovatio 21 mette in guardia da anni rispetto ai problemi ingenerati dal consumo di psicofarmaci, che vanno dalle disfunzioni sessuali, ai problemi psichici, alla dipendenza, alle malattie cardiache, ai comportamenti violenti contro di sé e contro gli altri.

 

Secondo alcuni, casi di violenza domestica, i grandi casi di cronaca nera e pure le continue stragi immotivate in tutto il mondo potrebbero essere riconducibili alle psicodroghe legali distribuite con leggerezza alla popolazione anche in Italia, con milioni di prescrizioni, aumentate, ovviamente, durante i lockdown, specie nei più piccoli.

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Cancro

Psicofarmaco prescritto ai bambini associato ad un aumento del rischio di glaucoma: studi

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Psicofarmaci prescritti comunemente per trattare il cosiddetto disturbo da deficit di attenzione (ADHD) sono associati ad un aumento del rischio di glaucoma, ha scoperto un recente studio effettuato in Canada. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.   Lo studio, intitolato «Medications for attention deficit hyperactivity disorder associated with increased risk of developing glaucoma» («Farmaci per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività associati ad un aumento del rischio di sviluppare il glaucoma»), è stato pubblicato su Nature lo scorso 6 maggio.   «Le terapie per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), tra cui atomoxetina, metilfenidato e anfetamine, sono alcuni dei farmaci più prescritti in Nord America. A causa della loro azione simpaticomimetica, questi farmaci sono controindicati nei pazienti con anamnesi di glaucoma ad angolo chiuso (ACG). Questo studio mira a determinare il rischio di ACG e glaucoma ad angolo aperto (OAG) tra gli utenti di questi trattamenti» scrivono i ricercatori.

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L’atomoxetina è un inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina utilizzato nella terapia dell’ADHD nei bambini al di sopra dei 6 anni di età e negli adolescenti.   Il glaucoma è una malattia oculare progressiva che causa la perdita della vista. Il glaucoma ad angolo chiuso è un sottotipo che controindica l’uso dei popolari farmaci per l’ADHD.   Il dottor Rami Darwich, specializzando in oftalmologia e autore principale dello studio, ha dichiarato a ET che lo studio «non stabilisce un nesso di causalità ma piuttosto evidenzia un elevato rischio di glaucoma».   Vari psicofarmaci l’ADHD sono farmaci simpaticomimetici, nel senso che attivano il sistema nervoso simpatico per aiutare le persone a concentrarsi. Tuttavia, i loro effetti possono inavvertitamente contribuire ad aumentare la pressione oculare.   Gli psicofarmaci più comunemente usati per l’ADHD includono stimolanti simpatici come il metilfenidato e le anfetamine, che rappresentano la prima scelta nel trattamento del supposto disturbo dell’attenzione. I farmaci non simpaticomimetici, come l’atomoxetina, aumentano le sostanze chimiche nel cervello allo scopo di aumentare la concentrazione. L’atomoxetina viene solitamente prescritta quando il paziente non risponde agli psicofarmaci di prima scelta.   Gli autori dello studio hanno seguito 240.257 soggetti di nuova prescrizione che hanno assunto metilfenidato, anfetamine, atomoxetina o una combinazione di questi farmaci per un anno o più. I partecipanti allo studio sono stati poi seguiti e confrontati con persone che non avevano assunto farmaci per l’ADHD per determinare i rischi di glaucoma.   Le persone che assumevano anfetamine e atomoxetina avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo chiuso (ACG), mentre le persone che assumevano metilfenidato avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo aperto (OAG).   I nostri occhi sono costituiti da fluidi. Confrontando gli occhi di una persona con un lavandino, il dottor Darwich ha spiegato che l’ACG si verifica quando “il tubo di drenaggio del lavandino si blocca, causando un accumulo improvviso di acqua (il fluido all’interno dell’occhio).”   L’OAG è più cronico e all’inizio non presenta sintomi evidenti. Con il passare del tempo possono comparire punti ciechi nella periferia, che possono poi progredire fino al centro della visione. Tuttavia, a quel punto gran parte dei danni agli occhi erano già stati fatti.   Gli autori hanno anche notato che l’atomoxetina e le anfetamine erano debolmente collegate allo sviluppo dell’OAG, anche se hanno affermato che la correlazione non era statisticamente significativa.

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Gli autori sono rimasti sorpresi dal fatto che il metilfenidato non fosse fortemente legato all’ACG, che è controindicato dagli psicostimolanti che attivano il sistema nervoso.   In generale, i farmaci simpaticomimetici come il metilfenidato e le anfetamine non sono raccomandati per i soggetti con ACG noto o sospetto.   Poiché questi farmaci attivano il sistema nervoso simpatico, il sistema che prepara il corpo alla lotta o alla fuga, le pupille si dilatano, il che può ostruire meccanicamente il percorso di drenaggio naturale dell’occhio. Questo accumulo di liquidi può aumentare la pressione oculare e danneggiare i nervi ottici, causando glaucoma e progressiva perdita della vista.   L’OAG è più comune dell’ACG, sebbene presenti un rischio inferiore di perdita della vista e il suo collegamento con i farmaci per l’ADHD non è ben consolidato.   Anche il metilfenidato, il farmaco che ha dimostrato di aumentare il rischio di OAG, è tossico per le cellule oculari. È noto anche che i tre farmaci studiati inducono reazioni redox, che possono portare a danni ossidativi, danneggiando potenzialmente i nervi ottici e compromettendo la salute degli occhi.   Le persone i cui corpi non metabolizzano correttamente i farmaci per l’ADHD possono anche essere maggiormente a rischio di glaucoma correlato al farmaco.   «Data la prevalenza dell’uso di farmaci per l’ADHD (a scopo medico e ricreativo), sono necessari ulteriori studi per confermare i nostri risultati e indagare sulle associazioni tra l’uso di farmaci per l’ADHD e il glaucoma», hanno scritto gli autori.   In letteratura scientifica esistono già ricerche sulla correlazione tra psicofarmaci e glaucoma, ad esempio nel caso del bupropione idrocloride, un altro psicofarmaco antidepressivo comunemente prescritto in alternativa ai classici inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) come Prozac, Zoloft, Citalopramm, etc.   Uno studio del 2015 pubblicato su JAMA Ophtalmology che coinvolgeva il bupropione e il topiramato (un anticonvulsionante utilizzato nel trattamento dell’epilessia) scrive che «il rischio di glaucoma ad angolo chiuso nei pazienti di età inferiore a 50 anni era due volte più elevato nei pazienti che assumevano bupropione e più di 5 volte superiore nei pazienti che assumevano topiramato».   Come riportato da Renovatio 21, proprio contro il bupropione (venduto come Wellbutrin) e contro l’Adderal – un’altra psicodroga per l’attenzione, però a base di anfetamine – si era scagliato negli scorsi anni Elon Musk, il quale, forse dopo alcune esperienze personali, pare critico nei confronti della diffusione della psicofarmaceutica medica.   Più in generale, secondo un oculista che scrive sul sito dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, «i farmaci antidepressivi sono maggiormente controindicati in pazienti con glaucoma ad angolo chiuso, come cita anche il foglietto illustrativo».   Il problema del glaucoma va ad aggiungersi alla quantità di effetti collaterali degli psicofarmaci, bellamente ignorati dalla società moderna, che ne consuma miliardi, nella totale ignavia (o complicità) delle istituzioni, dei giornali, della politica, dei medici che continuano a prescrivere le psicodroghe come fossero caramelle – anzi, peggio, perché arrivano a costare perfino meno.   Come riportato da Renovatio 21, gli psicofarmaci per l’attenzione erano stati correlati ad un possibile aumento del rischio di malattie cardiache in uno studio di pochi mesi fa. Rimane aperta la questione, che forse anche per questione di geopolitica olimpica non si vuole affrontare, di quanto le droghe per ADHD e simili costituiscano vero e proprio doping nello sport.   Una ricerca del 2023 dimostrava che gli antidepressivi causano resistenza agli antibiotici, dando loro il potenziale per diventare pericolosi «superbatteri».   Altri studi mostrano come le benzodiazepine aumentano il rischio di gravidanza ectopica.   Sono conosciuti i problemi di disfunzione sessuale – come l’impotenza nei maschi e l’anedonia in entrambi i sessi – che possono essere causati dagli SSRI, come raccontato a Renovatio 21 da una lettrice in una testimonianza raccolta un paio di anni fa.   Uno studio del 2023 pubblicato su PLOS One ha associato l’uso di benzodiazepine come Xanax e Valium a lesioni cerebrali e suicidio.   Riguardo agli squilibri psicologici possibilmente indotti da una terapia psicofarmacologica, ha dato la sua testimonianza, sfumata e un po’ ingenua, il cantante di Rozzano Federico Lucia detto Fedez.   Oltre a problemi medici, vi sono anche i problemi ambientali da considerare: è noto che la presenza di sostanze psicofarmacologiche nei fiumi – escrete nell’urina dei pazienti delle psicodroghe legali – è in tale quantità da alterare il comportamento dei pesci, già transessualizzati, secondo alcuni, dalla quantità di orina sotto pillola (uno steroide sessuale sintetico) che finisce nelle acque.   Vi è poi, ovviamente, la questione dei comportamenti violenti – contro se stessi, e contro gli altri – che potrebbero essere generati dal consumo di psicofarmaci. La presenza di droghe psichiatriche in storie di sangue è fenomeno che, sia pure in modo non sempre ben chiarito dai giornali, possiamo notare in tanti casi di cronaca nera, anche notissimi, anche recenti, anche recentissimi.   Come riportato da Renovatio 21, la pandemia ha fatto registrare un aumento del consumo di psicofarmaci da parte dei bambini: secondo dati AIFA, 3,4 milioni di bimbi hanno avuto queste droghe prescritte dai medici.

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Psicofarmaci

Delitto nella chiesa abbandonata di Aosta, il sospettato «usa farmaci contro la depressione»

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Il ragazzo sospettato del delitto nella chiesa abbandonata di Equilivaz, in provincia di Aosta, dove è stata trovata una ragazza sgozzata e pugnalata, ha avuto un malore mentre veniva portato nel palazzo di Giustizia di Grenoble, città francese appena dopo il confine.

 

Il malore, scrivono i giornali, si è avuto poco prima dell’udienza per la sua eventuale estradizione in Italia. Il giovane di famiglia nordafricana residente in Italia, respinge ogni accusa.

 

Nell’impossibilità di procedere senza l’indagato, l’udienza presso la chambre d’instruction della Corte d’Appello di Grenoble è stata rimandata al 25 aprile.

 

Il ragazzo è stato portato in ospedale.

 

«Giudici e avvocato ipotizzano possa aver assunto una dose eccessiva di farmaci antidepressivi» scrive l’ANSA. «Durante l’udienza – riporta la stampa francese –il suo legale e la corte hanno riferito che il ragazzo segue un trattamento farmacologico antidepressivo: il malore potrebbe essere legato a un sovradosaggio».

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La domanda che vorremmo porre – anche questa volta – è: gli psicofarmaci il ragazzo li prendeva anche prima di essere arrestato?

 

Perché, ricordiamo anche come nell’altro caso con al centro una ragazza morta – il caso Cecchettin, che per qualche ragione ha avuto molta più eco di questo – ad un certo punto siano saltate fuori le droghe psichiatriche per il sospettato. In carcere infatti, Filippo Turetta ha chiesto psicofarmaci. Anche allora, come oggi, ci chiediamo se non ne stesse già assumendo anche prima.

 

Renovatio 21 ha scritto giorni, quando ancora non era stato trovato ed arrestato il ragazzo, fa che la pista del «femminicidio satanico-patriarcale», buttata lì forse pavlovianamente da qualche giornale, sarebbe presto sparita.

 

Ebbene, abbiamo certezza del fatto che la pista sul possibile ruolo delle psicodroghe mediche in questa tragedia non solo sparirà, ma nemmeno verrà mai presa in considerazione.

 

Nonostante il volume immenso di storie in merito, il muro sulla violenza estrema come possibile effetto collaterale degli psicofarmaci non è ancora crollato. Di conseguenza, stragi iniziate in farmacia, sotto precisa prescrizione del medico, continueranno ovunque.

 

L’importante, a questo punto, è semplicemente che qualcuno tenga nota. Il lettore, se è arrivato fino a questo punto, è nel club.

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