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Psicofarmaci

«I demoni nella mente». La campionessa olimpica Simone Biles vittima degli psicofarmaci?

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In queste Olimpiadi appena concluse un episodio soprattutto ci riempi di angoscia e disgusto. Quello che riguarda Simone Biles.

 

La giovanissima ginnasta aveva vinto 4 ori e un bronzo ai giochi di Rio nel 2016. All’epoca fummo inondati di informazioni sulla sua storia personale: finita in casa di affidamento, viene adottata dal nonno materno e la nuova moglie. Si allena 32 ore alla settimana, per cui la famiglia opta per l’homeschooling. La famiglia è molto cattolica…

 

Tutti incantati dalla ragazzina di colore che ce l’ha fatta.  La magia sembra perdurare anche durante queste disgraziate olimpiadi edochiane (cioè, di Tokyo) del 2020 – cioè 2021. Quando annuncia che si ritira dalle competizioni, i giornali di tutto il mondo la giustificano in ogni modo. Anzi, di più: la innalzano a livelli munchauseniani.

 

Il Washington Post scrive che porta il peso di essere la GOAT, acronimo che sta per  Greatest of All Times, la migliore di tutti i tempi, e pazienza se lì a bordo pista c’era Nadia Comaneci, la più grande atleta del XX secolo nonché prima ad aver ottenuto il punteggio massimo di 10. Il giornale di Amazon ci fa sapere che ora il suo hashtag su Twitter è associato all’emoji della capra, che si dice appunto goat in inglese.

 

Perché i giornali di tutto il mondo hanno dimenticato gli oscuri trascorsi con gli psicofarmaci della Biles, di cui pure avevano scritto qualcosa un lustro fa?

Quindi ecco che accusano i «twisties», nuovo termine della ginnastica artistica che tutto il mondo ora ha imparato a conoscere: il twisty è un blocco mentale dell’atleta che perde la sua consapevolezza spaziale durante un esercizio intenso. Simone ne soffrirebbe, e quindi andrebbe compatita all’istante (gli altri atleti, si vede, no).

 

Poi ecco il colpo di scena: si è ritirata perché è una vittima degli abusi sessuali di Larry Nassar, il medico delle atlete USA dal 1996 al 2017. Il dottor Nassar avrebbe abusato di 150 ginnaste. La Biles, secondo un tweet dell’ex ginnasta Andrea Orris, sarebbe molto traumatizzata.

 

La stampa va oltre: nel bel mezzo della crisi della ragazza, la BBC e tutta una serie di testate mondiali la definiscono superhuman. Superumana.

 

A nostro parere non c’è nulla di sovrumano in qualcuno che si ritira in questo modo opaco, e per certi versi egoico in modo quasi tirannico (il mondo è ai suoi piedi, il mondo la implora di competere…) da una parte dei giuochi: perché non è tornata a casa a curarsi, è rimasta fino alla gara in cui ha voluto essere, saltando tutte le altre.

 

Così come, per citare uno che di superuomini dovrebbe saperla lunga, «umano, troppo umano» ci è sembrato il discorso che ha fatto subito quando ha deciso di collassare la sua Olimpiade.

 

«Sto combattendo con i demoni». Sì, la ragazza dice di avere «i demoni nella mente».

 

Ecco, più che sovrumano, ci sembra preternaturale. Anzi no: ci sembra un effetto naturalissimo, se ci ricordiamo una storia in cui la Biles era finita qualche anno fa.

 

Perché i giornalisti di tutto il mondo possono essersene dimenticati, Renovatio 21 invece la rammenta perfettamente.

 

Nel 2016 scoppia lo scandalo sul doping russo. Si tratta, con ogni evidenza, di un’arma geopolitica lanciata contro Putin, che negli ultimi anni dell’era Obama lo aveva surclassato in ogni modo, Crimea e Siria in primis.

 

Ci potrebbe quindi essere la Russia dietro all’hackeraggio della WADA, l’ente mondiale antidoping, nell’estate di quell’anno.

 

Saltano fuori elenchi di atleti olimpici statunitensi possibilmente dopati, dalle sorelle Venus e Serena Williams in giù.

 

«Simone Biles potrebbe passare alla storia dello sport come la prima atleta narcolettica a vincere quattro medaglie d’oro in una sola olimpiade»

Tutti gli atleti USA avrebbero assunto sostanze proibite grazie allo scudo dell’uso terapeutico: se prendi quel farmaco perché hai una malattia, non è esattamente doping. La chiamano TUE, «Therapeutic Use exemption». Basta dire che hai quella malattia.

 

E quindi eccoti che nella lista trovi la nuova eroina atletica americana, fresca degli ori brasiliani.

 

La Biles avrebbe fatto uso di anfetamine e psicofarmaci. In una disciplina dove la concentrazione è tutto, è possibile considerarlo doping?

 

«Simone Biles potrebbe passare alla storia dello sport come la prima atleta narcolettica a vincere quattro medaglie d’oro in una sola olimpiade», scherzavano alcuni dei massimi esperti di antidoping italiani. A riportarlo era Repubblica del 14 ottobre 2016. Non è chiaro se se ne siano ricordati cinque anni dopo quando dovevano scrivere della misteriosa disfunzione dell’atleta a Tokyo.

 

Era riportata anche una bella scaletta cronologica.

 

«Nel settembre del 2012, quindi subito dopo le olimpiadi di Londra, all’inizio del quadriennio olimpico di Rio, la Biles viene autorizzata ad assumere 15mg al giorno di anfetamine per via orale (ha appena 15 anni). L’autorizzazione viene rinnovata nel 2013 e nel 2104».

 

«Nel 2015 la sua patologia ha un’evoluzione e si passa dall’anfetamina al dexmetilfenoidato (una sostanza dagli effetti non dissimili) con un’autorizzazione che scadrà nel 2018».

 

«Le date sono importanti perché è una coincidenza perlomeno suggestiva che nel 2013, cioè proprio a un anno di distanza dall’inizio della terapia a base di anfetamine, che la Biles diventa la Biles, comincia cioè a stupire e a vincere gare» ammette il quotidiano romano.

 

«Se l’autenticità delle carte fosse confermata – spiegava a Repubblica una fonte autorevole – non ci sarebbe alcun illecito. Certo risulta comunque quantomeno singolare che una atleta di quel livello abbia gareggiato alle olimpiadi sotto gli effetti di una terapia che di solito si prescrive ai narcolettici».

 

Una narcolettica che volteggia in aria come una trottola: di per sé quasi una barzelletta, o una nuova possibilità di civiltà sportiva – esistono le paralimpiadi per narcolettici? Lì la Biles vincerebbe a man bassa.

 

«Nel 2013, cioè proprio a un anno di distanza dall’inizio della terapia a base di anfetamine, che la Biles diventa la Biles, comincia cioè a stupire e a vincere gare»

Possiamo dire che nell’ambiente in molti sapevano, compresa qualche collega italiana surclassata, che all’epoca ammiccò a possibili indagini. Anche tra coloro che si occupano di PED (performance enhancing drugs, cioè il doping che va dagli anabolizzanti alle sostanze nootropiche, cioè di potenziamento del cervello) la storia è risaputa ed è stata discussa in qualche tweet varie volte.

 

I giornali del mainstream, invece no: ed è questa la notizia.

 

«Ho l’ADHD e ho preso farmaci da quanto ero una bambina» si è giustificata all’epoca la Biles. L’ADHD, il Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività, è una sindrome sempre più diagnosticata ai bambini americani – un’idea di per sé rifiutata con forza da alcuni psichiatri, che la definiscono alla stregua di una nuova malattia inventata (una volta si diceva: «bimbo discolo», «distratto», etc.) dall’influenza di Big Pharma sulla classe medica.

 

Perché, se diagnosticata, l’ADHD apre alla prescrizione di anfetamine come l’Adderall, uno psicofarmaco che dai bambini è tracimato – spesso legalmente, ma anche no – verso altre categorie adulte: le casalinghe che vogliono avere energie, gli studenti unversitari che vogliono stare svegli a studiare per gli esami, e non ultimi – cosa decisiva per il caso in questione – gli atleti, come per esempio i giocatori di football americani, dove la focalizzazione è tutto.

 

L’Adderall, scrive Wikipedia, «provoca effetti come euforia, desiderio sessuale, un miglior controllo cognitivo come migliorare l’attenzione, la concentrazione e l’impulsività. A queste dosi, induce effetti fisici come diminuzione del tempo di reazione, resistenza alla fatica e una maggiore forza muscolare». Insomma, pare proprio sia doping.

 

Vale la pena di ricordare gli effetti collaterali: a livello fisico, ipertensione, ipotensione, tachicardia, dolore addominale, diarrea, nausea inappetenza, cambio della libido, digrignare die denti, perdita del controllo della vescica, rinite, tic nervosi, vista offuscata, insonnia, secchezza delle fauci.

 

Da un punto di vista psicologico, abbiamo cambi di umore, ansia, senso di grandiosità, irritabilità, comportamenti ossessivi e, per gli utilizzatori più addentro, la cosiddetta «psicosi da anfetamina», un disturbo mentale caratterizzato da sintomi psicotici (ad esempio allucinazioni, ideazione paranoide, deliri, pensiero disorganizzato, comportamento grossolanamente disorganizzato) che coinvolge e si verifica tipicamente a seguito di dosi elevate psicostimolanti.

Perché nessuno, davvero nessuno, neanche in questo caso dove gli effetti della psico-droga legale potrebbero essere autoevidenti, se la sente di mettere in discussione delle terapie che, invece che benessere, creano demoni?

 

La dipendenza da Adderall e di altre sostanze simili (come il Ritalin) riempie le cronache americane di storie mostruose: famiglie distrutte, carriere universitarie troncate, carriere sportive disintegrate. Dolori che poi magari si curano con gli oppioidi, e da lì alla morte – su Renovatio 21 lo abbiamo scritto spesso – in USA il passo è divenuto brevissimo.

 

Ora, pare che, come accade in vari Paesi Africani, in Giappone alcuni psicofarmaci non possano entrare per legge. «Se portate Adderall in Giappone per qualsiasi motivo, rischiate l’arresto e la reclusione» scrive nelle FAQ un sito di scambi studenteschi di Kyoto. «Attualmente, l’unico farmaco usato per trattare l’ADHD legale in Giappone è Concerta. Sebbene il Ritalin sia disponibile in Giappone per il trattamento dei disturbi del sonno, non è prescritto ai pazienti con ADHD».

 

Le regole farmaceutiche in Giappone sarebbero quindi belle stringenti. Ecco che qualcuno ha ipotizzato che la Biles possa aver sperimentato una sindrome di astinenza da psicofarmaco: possibile.

 

O è anche possibile il contrario: i «demoni» con cui ha lottato la Biles sono generati dall’unione delle droghe che assume con la pressione che prova nel momento più importante degli ultimi cinque e dei prossimi quattro anni.

 

Il documentarista e sollevatore di pesi Chris Bell, autore di film sugli steroidi e sugli abusi di farmaci, ha indagato la faccenda, prima ipotizzando a Rio l’uso di Adderall, poi quello di Ritalin e Focalin.

 

Qualcuno ha ipotizzato che la Biles possa aver sperimentato una sindrome di astinenza da psicofarmaco

«Nel 2016 Simone Biles ha rivelato di avere l’ADHD e per questo  prende Ritalin e Focalin. Ha ricevuto un’esenzione per uso terapeutico nel 2016 e ha portato a casa 4 medaglie d’oro a Rio. Avanti veloce a Tokyo 2020 e il Ritalin è illegale al 100% in Giappone. Un po’ mi chiedo cosa sia successo» scrive in un tweet.

 

In un altro  tweet si pone la vera domanda: «Mentre sto cercando di scoprire se Simone Biles stava usando farmaci per l’ADHD o no mi sono imbattuto in un documento di 10 pagine pubblicato dal Team USA sulle regole per portare le anfetamine in Giappone che mi porta a una domanda più oscura. Quanto del Team USA è sotto lo speed legale?». Lo speed è il modo in cui gli americani chiamano le anfetamine illegali vendute per la strada.

 

La domanda che si pone Bell è di tipo sportivo.

 

Noi ci racconteremmo se ci rispondessero ad altri due tipi di questione.

 

Perché i giornali di tutto il mondo hanno dimenticato gli oscuri trascorsi con gli psicofarmaci della Biles, di cui pure avevano scritto qualcosa un lustro fa?

 

Perché nessuno, davvero nessuno, neanche in questo caso dove gli effetti della psico-droga legale potrebbero essere autoevidenti, se la sente di mettere in discussione delle terapie che, invece che benessere, creano demoni?

 

 

 

 

 

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Immagine di Agência Brasil Fotografias via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Psicofarmaci

L’esercizio fisico può essere più efficace degli antidepressivi nel trattamento della depressione

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Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica BMJ ha scoperto che l’esercizio fisico sarebbe moderatamente efficace nel trattamento della depressione rispetto ai trattamenti esistenti se usato da solo o in combinazione con altre terapie consolidate.

 

Inoltre, i benefici derivanti dall’esercizio «tendevano ad essere proporzionali all’intensità prescritta», il che significa che un’attività più vigorosa ha prodotto benefici più significativi.

 

Per identificare la quantità e il tipo di esercizio ideale per il trattamento del disturbo depressivo maggiore, gli esperti australiani hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi di 14.170 persone con disturbi depressivi maggiori provenienti da 218 studi unici e hanno classificato l’efficacia delle diverse forme di esercizio rispetto ai trattamenti esistenti, come la psicoterapia, gli antidepressivi e le condizioni di controllo.

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Gli studiosi hanno scoperto che il camminare o fare jogging, l’allenamento per la forza e danza erano le modalità di esercizio più efficaci se usate da sole senza cure mediche e che alcuni esercizi influenzavano uomini e donne in modo diverso.

 

In particolare, camminare e fare jogging sono risultati efficaci sia per gli uomini che per le donne, mentre l’allenamento della forza e il ciclismo sono risultati più efficaci per le donne e i giovani. L’esercizio aerobico ha avuto un impatto positivo più sugli uomini che sulle donne se usato con la psicoterapia.

 

In tutte le modalità, esercizi più intensi come la corsa, l’allenamento a intervalli, l’allenamento della forza e l’esercizio aerobico misto hanno prodotto maggiori benefici, sebbene anche un’attività fisica leggera come camminare o lo yoga abbia comunque fornito «effetti clinicamente significativi». I benefici dell’esercizio fisico erano ugualmente efficaci a diverse dosi settimanali per i soggetti con altre condizioni mediche e livelli basali di depressione.

 

Nel complesso, la danza ha superato tutti gli altri esercizi e i trattamenti consolidati per la depressione, inclusi gli psicofarmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e la terapia cognitivo comportamentale.

 

«Sulla base dei nostri risultati, la danza sembra essere un trattamento promettente per la depressione, con ampi effetti riscontrati rispetto ad altri interventi nella nostra revisione», hanno scritto gli autori. Tuttavia, il numero limitato di studi, il basso numero di partecipanti e i pregiudizi nella progettazione degli studi hanno impedito loro di raccomandare la danza in modo più forte.

 

Sebbene i ricercatori abbiano affermato che la loro revisione presenta dei limiti, i loro risultati supportano l’inclusione dell’esercizio fisico, in particolare dell’esercizio vigoroso, nelle linee guida della pratica clinica per la depressione.

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«Sebbene la fiducia in molti dei risultati fosse bassa, le linee guida terapeutiche potrebbero essere eccessivamente prudenti raccomandando condizionatamente l’esercizio fisico come trattamento complementare o alternativo per i pazienti in cui la psicoterapia o la farmacoterapia sono inefficaci o inaccettabili», hanno scritto. «Invece, le linee guida per la depressione dovrebbero includere prescrizioni per l’esercizio fisico e considerare l’adattamento della modalità alle caratteristiche dei partecipanti e raccomandare esercizi di intensità più vigorosa».

 

Renovatio 21 mette in guardia da anni rispetto ai problemi ingenerati dal consumo di psicofarmaci, che vanno dalle disfunzioni sessuali, ai problemi psichici, alla dipendenza, alle malattie cardiache, ai comportamenti violenti contro di sé e contro gli altri.

 

Secondo alcuni, casi di violenza domestica, i grandi casi di cronaca nera e pure le continue stragi immotivate in tutto il mondo potrebbero essere riconducibili alle psicodroghe legali distribuite con leggerezza alla popolazione anche in Italia, con milioni di prescrizioni, aumentate, ovviamente, durante i lockdown, specie nei più piccoli.

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Cancro

Psicofarmaco prescritto ai bambini associato ad un aumento del rischio di glaucoma: studi

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Psicofarmaci prescritti comunemente per trattare il cosiddetto disturbo da deficit di attenzione (ADHD) sono associati ad un aumento del rischio di glaucoma, ha scoperto un recente studio effettuato in Canada. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.   Lo studio, intitolato «Medications for attention deficit hyperactivity disorder associated with increased risk of developing glaucoma» («Farmaci per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività associati ad un aumento del rischio di sviluppare il glaucoma»), è stato pubblicato su Nature lo scorso 6 maggio.   «Le terapie per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), tra cui atomoxetina, metilfenidato e anfetamine, sono alcuni dei farmaci più prescritti in Nord America. A causa della loro azione simpaticomimetica, questi farmaci sono controindicati nei pazienti con anamnesi di glaucoma ad angolo chiuso (ACG). Questo studio mira a determinare il rischio di ACG e glaucoma ad angolo aperto (OAG) tra gli utenti di questi trattamenti» scrivono i ricercatori.

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L’atomoxetina è un inibitore selettivo della ricaptazione della noradrenalina utilizzato nella terapia dell’ADHD nei bambini al di sopra dei 6 anni di età e negli adolescenti.   Il glaucoma è una malattia oculare progressiva che causa la perdita della vista. Il glaucoma ad angolo chiuso è un sottotipo che controindica l’uso dei popolari farmaci per l’ADHD.   Il dottor Rami Darwich, specializzando in oftalmologia e autore principale dello studio, ha dichiarato a ET che lo studio «non stabilisce un nesso di causalità ma piuttosto evidenzia un elevato rischio di glaucoma».   Vari psicofarmaci l’ADHD sono farmaci simpaticomimetici, nel senso che attivano il sistema nervoso simpatico per aiutare le persone a concentrarsi. Tuttavia, i loro effetti possono inavvertitamente contribuire ad aumentare la pressione oculare.   Gli psicofarmaci più comunemente usati per l’ADHD includono stimolanti simpatici come il metilfenidato e le anfetamine, che rappresentano la prima scelta nel trattamento del supposto disturbo dell’attenzione. I farmaci non simpaticomimetici, come l’atomoxetina, aumentano le sostanze chimiche nel cervello allo scopo di aumentare la concentrazione. L’atomoxetina viene solitamente prescritta quando il paziente non risponde agli psicofarmaci di prima scelta.   Gli autori dello studio hanno seguito 240.257 soggetti di nuova prescrizione che hanno assunto metilfenidato, anfetamine, atomoxetina o una combinazione di questi farmaci per un anno o più. I partecipanti allo studio sono stati poi seguiti e confrontati con persone che non avevano assunto farmaci per l’ADHD per determinare i rischi di glaucoma.   Le persone che assumevano anfetamine e atomoxetina avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo chiuso (ACG), mentre le persone che assumevano metilfenidato avevano un rischio maggiore di glaucoma ad angolo aperto (OAG).   I nostri occhi sono costituiti da fluidi. Confrontando gli occhi di una persona con un lavandino, il dottor Darwich ha spiegato che l’ACG si verifica quando “il tubo di drenaggio del lavandino si blocca, causando un accumulo improvviso di acqua (il fluido all’interno dell’occhio).”   L’OAG è più cronico e all’inizio non presenta sintomi evidenti. Con il passare del tempo possono comparire punti ciechi nella periferia, che possono poi progredire fino al centro della visione. Tuttavia, a quel punto gran parte dei danni agli occhi erano già stati fatti.   Gli autori hanno anche notato che l’atomoxetina e le anfetamine erano debolmente collegate allo sviluppo dell’OAG, anche se hanno affermato che la correlazione non era statisticamente significativa.

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Gli autori sono rimasti sorpresi dal fatto che il metilfenidato non fosse fortemente legato all’ACG, che è controindicato dagli psicostimolanti che attivano il sistema nervoso.   In generale, i farmaci simpaticomimetici come il metilfenidato e le anfetamine non sono raccomandati per i soggetti con ACG noto o sospetto.   Poiché questi farmaci attivano il sistema nervoso simpatico, il sistema che prepara il corpo alla lotta o alla fuga, le pupille si dilatano, il che può ostruire meccanicamente il percorso di drenaggio naturale dell’occhio. Questo accumulo di liquidi può aumentare la pressione oculare e danneggiare i nervi ottici, causando glaucoma e progressiva perdita della vista.   L’OAG è più comune dell’ACG, sebbene presenti un rischio inferiore di perdita della vista e il suo collegamento con i farmaci per l’ADHD non è ben consolidato.   Anche il metilfenidato, il farmaco che ha dimostrato di aumentare il rischio di OAG, è tossico per le cellule oculari. È noto anche che i tre farmaci studiati inducono reazioni redox, che possono portare a danni ossidativi, danneggiando potenzialmente i nervi ottici e compromettendo la salute degli occhi.   Le persone i cui corpi non metabolizzano correttamente i farmaci per l’ADHD possono anche essere maggiormente a rischio di glaucoma correlato al farmaco.   «Data la prevalenza dell’uso di farmaci per l’ADHD (a scopo medico e ricreativo), sono necessari ulteriori studi per confermare i nostri risultati e indagare sulle associazioni tra l’uso di farmaci per l’ADHD e il glaucoma», hanno scritto gli autori.   In letteratura scientifica esistono già ricerche sulla correlazione tra psicofarmaci e glaucoma, ad esempio nel caso del bupropione idrocloride, un altro psicofarmaco antidepressivo comunemente prescritto in alternativa ai classici inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) come Prozac, Zoloft, Citalopramm, etc.   Uno studio del 2015 pubblicato su JAMA Ophtalmology che coinvolgeva il bupropione e il topiramato (un anticonvulsionante utilizzato nel trattamento dell’epilessia) scrive che «il rischio di glaucoma ad angolo chiuso nei pazienti di età inferiore a 50 anni era due volte più elevato nei pazienti che assumevano bupropione e più di 5 volte superiore nei pazienti che assumevano topiramato».   Come riportato da Renovatio 21, proprio contro il bupropione (venduto come Wellbutrin) e contro l’Adderal – un’altra psicodroga per l’attenzione, però a base di anfetamine – si era scagliato negli scorsi anni Elon Musk, il quale, forse dopo alcune esperienze personali, pare critico nei confronti della diffusione della psicofarmaceutica medica.   Più in generale, secondo un oculista che scrive sul sito dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, «i farmaci antidepressivi sono maggiormente controindicati in pazienti con glaucoma ad angolo chiuso, come cita anche il foglietto illustrativo».   Il problema del glaucoma va ad aggiungersi alla quantità di effetti collaterali degli psicofarmaci, bellamente ignorati dalla società moderna, che ne consuma miliardi, nella totale ignavia (o complicità) delle istituzioni, dei giornali, della politica, dei medici che continuano a prescrivere le psicodroghe come fossero caramelle – anzi, peggio, perché arrivano a costare perfino meno.   Come riportato da Renovatio 21, gli psicofarmaci per l’attenzione erano stati correlati ad un possibile aumento del rischio di malattie cardiache in uno studio di pochi mesi fa. Rimane aperta la questione, che forse anche per questione di geopolitica olimpica non si vuole affrontare, di quanto le droghe per ADHD e simili costituiscano vero e proprio doping nello sport.   Una ricerca del 2023 dimostrava che gli antidepressivi causano resistenza agli antibiotici, dando loro il potenziale per diventare pericolosi «superbatteri».   Altri studi mostrano come le benzodiazepine aumentano il rischio di gravidanza ectopica.   Sono conosciuti i problemi di disfunzione sessuale – come l’impotenza nei maschi e l’anedonia in entrambi i sessi – che possono essere causati dagli SSRI, come raccontato a Renovatio 21 da una lettrice in una testimonianza raccolta un paio di anni fa.   Uno studio del 2023 pubblicato su PLOS One ha associato l’uso di benzodiazepine come Xanax e Valium a lesioni cerebrali e suicidio.   Riguardo agli squilibri psicologici possibilmente indotti da una terapia psicofarmacologica, ha dato la sua testimonianza, sfumata e un po’ ingenua, il cantante di Rozzano Federico Lucia detto Fedez.   Oltre a problemi medici, vi sono anche i problemi ambientali da considerare: è noto che la presenza di sostanze psicofarmacologiche nei fiumi – escrete nell’urina dei pazienti delle psicodroghe legali – è in tale quantità da alterare il comportamento dei pesci, già transessualizzati, secondo alcuni, dalla quantità di orina sotto pillola (uno steroide sessuale sintetico) che finisce nelle acque.   Vi è poi, ovviamente, la questione dei comportamenti violenti – contro se stessi, e contro gli altri – che potrebbero essere generati dal consumo di psicofarmaci. La presenza di droghe psichiatriche in storie di sangue è fenomeno che, sia pure in modo non sempre ben chiarito dai giornali, possiamo notare in tanti casi di cronaca nera, anche notissimi, anche recenti, anche recentissimi.   Come riportato da Renovatio 21, la pandemia ha fatto registrare un aumento del consumo di psicofarmaci da parte dei bambini: secondo dati AIFA, 3,4 milioni di bimbi hanno avuto queste droghe prescritte dai medici.

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Psicofarmaci

Delitto nella chiesa abbandonata di Aosta, il sospettato «usa farmaci contro la depressione»

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Il ragazzo sospettato del delitto nella chiesa abbandonata di Equilivaz, in provincia di Aosta, dove è stata trovata una ragazza sgozzata e pugnalata, ha avuto un malore mentre veniva portato nel palazzo di Giustizia di Grenoble, città francese appena dopo il confine.

 

Il malore, scrivono i giornali, si è avuto poco prima dell’udienza per la sua eventuale estradizione in Italia. Il giovane di famiglia nordafricana residente in Italia, respinge ogni accusa.

 

Nell’impossibilità di procedere senza l’indagato, l’udienza presso la chambre d’instruction della Corte d’Appello di Grenoble è stata rimandata al 25 aprile.

 

Il ragazzo è stato portato in ospedale.

 

«Giudici e avvocato ipotizzano possa aver assunto una dose eccessiva di farmaci antidepressivi» scrive l’ANSA. «Durante l’udienza – riporta la stampa francese –il suo legale e la corte hanno riferito che il ragazzo segue un trattamento farmacologico antidepressivo: il malore potrebbe essere legato a un sovradosaggio».

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La domanda che vorremmo porre – anche questa volta – è: gli psicofarmaci il ragazzo li prendeva anche prima di essere arrestato?

 

Perché, ricordiamo anche come nell’altro caso con al centro una ragazza morta – il caso Cecchettin, che per qualche ragione ha avuto molta più eco di questo – ad un certo punto siano saltate fuori le droghe psichiatriche per il sospettato. In carcere infatti, Filippo Turetta ha chiesto psicofarmaci. Anche allora, come oggi, ci chiediamo se non ne stesse già assumendo anche prima.

 

Renovatio 21 ha scritto giorni, quando ancora non era stato trovato ed arrestato il ragazzo, fa che la pista del «femminicidio satanico-patriarcale», buttata lì forse pavlovianamente da qualche giornale, sarebbe presto sparita.

 

Ebbene, abbiamo certezza del fatto che la pista sul possibile ruolo delle psicodroghe mediche in questa tragedia non solo sparirà, ma nemmeno verrà mai presa in considerazione.

 

Nonostante il volume immenso di storie in merito, il muro sulla violenza estrema come possibile effetto collaterale degli psicofarmaci non è ancora crollato. Di conseguenza, stragi iniziate in farmacia, sotto precisa prescrizione del medico, continueranno ovunque.

 

L’importante, a questo punto, è semplicemente che qualcuno tenga nota. Il lettore, se è arrivato fino a questo punto, è nel club.

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