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Psicofarmaci

Fedez e il dramma degli psicofarmaci

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I giornali negli scorsi giorni ci hanno informato che il cantante tatuato Fedez ha avuto un brutto periodo: «ho sospeso uno psicofarmaco e sono crollato». Ci sembra di capire che la confessione via social serva a chiarire che non ha una crisi in casa («Sono girate voci sulla mia famiglia che non sono corrispondenti al vero») ma dentro di sé, nella sua psiche.

 

«Non appena mi è stato diagnosticato il tumore al pancreas — per quanto privilegiato io possa essere — ho vissuto un evento molto traumatico e solo oggi ho realizzato di quanto non mi sia preso cura della mia salute mentale e mi sia affidato solo a psicofarmaci» dichiara il ragazzo, riportato dal Corriere della Sera.

 

Ammettiamo: non abbiamo ben presente cosa significhi prendersi cura della propria salute mentale, ma forse è un limite nostro, di persone che credono che, più che di mente, siamo fatti di anima – vera etimologia della parola psiche.

 

Tuttavia, non possiamo non notare il dito puntato contro le droghe psichiatriche. Raro sul serio.

 

«A gennaio mi è stato prescritto questo psicofarmaco antidepressivo molto potente che mi ha cambiato, mi ha agitato tanto e mi ha dato anche effetti collaterali molto forti dal punto di vista fisico fino al punto da provocarmi dei tic nervosi alla bocca e da impedirmi di parlare in maniera libera» confessa il rapper dell’hinterland. Che, in realtà, va generosamente in dettaglio.

 

 

«Correvo dei rischi importanti e quindi ho dovuto sospenderlo in maniera repentina, senza scalarlo e questo mi ha provocato il cosiddetto effetto rebound: una cosa che non auguro a nessuno».

 

Per i profani: il rebound è la riemersione della patologia trattata.

 

«Oltre a provocarmi un annebbiamento importantissimo a livello cognitivo, mi ha dato dei forti spasmi muscolari alle gambe che mi hanno impedito per diversi giorni di camminare, vertigini molto intense, mal di testa incredibili, nausea terribile fino a perdere 5 chili in 4 giorni. Non una bella cosa».

 

I problemi, nonostante, dica di aver smesso il farmaco, sono un po’ rimasti. «Ad oggi non sono al 100%, ho ancora vertigini, scalmane, sudorazioni, ma giorno dopo giorno miglioro» racconta con i capelli ossigenati. «Ho vissuto un periodo parecchio infelice che mi ha fatto capire tante cose… Mi ha fatto capire quanto io voglia focalizzarmi sulla mia salute mentale e sulla mia famiglia».

 

Rimangono delle domande. L’uomo parla di uno «psicofarmaco, un antidepressivo molto forte», prescrittogli (cioè, dietro c’è un medico) a gennaio.

 

Cercando, non siamo riusciti a trovare il nome di questo psicofarmaco. Sarebbe stato d’aiuto, forse, se il cantante di Buccinasco lo avesse segnalato, tuttavia capiamo che è difficile: è così anche per tutti i casi di cronaca nera dove il perpetratore era, magari, sotto SSRI (sertralina, fluoxetina, citalopram, etc.) o qualcos’altro – è quasi sempre impossibile risalire alle prescrizioni di psicodroghe assunte dal soggetto, del resto dietro ci sono società non esattamente piccole, e  – a giudicare dal track record di Big Pharma – non esattamente avezze agli scrupoli.

 

A questo sommate che ai giornali, che hanno quelle aziende come inserzionisti pubblicitari, non è che vada a genio mettere questa pulce nell’orecchio ai loro lettori: ma non è che gli psicofarmaci facciano male? Non è che, in totale eterogenesi dei fini rispetto a quello che dovrebbero fare, rendano le persone diverse, più disperate, perfino alterate pericolosamente nella personalità?

 

Quindi, neanche il Fedez, quello che non ha problemi ad attaccare politici e quant’altro, che ha i soldi, la Lamborghini e la moglie più bella d’Italia (dicono), riesce a fare quel nome. Tuttavia, è già tanto così, e c’è da essergliene grati. Mica tutti possono essere come Elon Musk, che invece si è scagliato contro una psicodroga facendo gentilmente nome e cognome: nel suo caso, attaccò il Bupropione, venduto come Wellbutrin, dicendo che è peggio dell’Adderall – lo stimolante che sta rovinando generazioni di americani.

 

 

La SIP, Società Italiana di Psichiatria, è intervenuta sul tema, perché in effetti la confessione del ragazzo col piercing è tanta roba. Per i farmaci «è fondamentale “seguire le istruzioni” del proprio medico, sia quando si devono assumere sia quando si devono interrompere. Una brusca interruzione decisa autonomamente, è sempre da evitare». Il dottore «deve comunicare chiaramente al paziente i rischi di eventuali effetti collaterali del farmaco prescritto».

 

Ah ecco, gli effetti collaterali. Per esempio: negli SSRI, che sono le psicodroghe più vendute in Occidente, la lista è lunghetta: cefalea, disturbi gastrointestinali, sonnolenza o insonnia, affaticamento, nervosismo e tremori, sudorazione e/o bocca secca, sogni lucidi (termine da bugiardino, ma che si tratti forse degli incubi?), scarsa concentrazione, vasodilatazione, sanguinamento vaginale, difficoltà respiratorie, visione offuscata, alterazione del gusto, frequente minzione. E poi: pensieri autolesionistici e/o suicidi.

 

Immaginiamo quanto spesso questa lista venga sciorinata di fronte al paziente depresso cui si vuole prescrivere il farmaco: prenda questo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina: potrebbe avere l’effetto di farle ideare il suo suicidio, dopo averle dato problemi intestinali, agli occhi, alla bocca, ai genitali, alla mente in generale. Forse è così e siamo noi che non sappiamo quanto siano bravi con il consenso informato: del resto anni di campagna vaccinale mRNA ce lo garantiscono.

 

Tutto questo ammasso di rischi, per poi scoprire che esiste una sindrome di sospensione: vertigini, astenia, scosse alla testa (brain-zaps), sintomi simil- influenzali «ma anche sintomi che ricalcano la malattia trattata, quali ansia, agitazione, insonnia» scrive Wikipedia. Ecco il rebound. Hai preso il farmaco, ti ha fatto male, appena lo smetti, torna tutto come prima, o forse peggio.

 

Infine, non possiamo non rammentare l’effetto collaterale temuto delle disfuzioni sessuali, e questo sia negli uomini che nelle donne: disfunzioni erettili, sparizione della libido, anorgasmia (cioè incapacità di arrivare all’orgasmo), anedonia (incapacità di provare piacere: cosa che ha effetti anche fisici nella lubrificazione del sistema riproduttivo femminile). Sulla cosa Renovatio 21, anni fa, ha pubblicata una testimonianza importante di una nostra lettrice.

 

Contrariamente ai rumors che il Fedez diceva di voler smentire, con la moglie sembra vada tutto bene.

 

«In questo periodo ne sono state dette di ogni, ma mia moglie è l’unica persona che mi è stata al fianco. Mi dispiace abbia dovuto subire una tempesta di merda mediatica totalmente immeritata».

 

In realtà, a leggere le cronache, sembra non stare benissimo neanche lei.

 

«Fermarsi a respirare e a pensare, ricordandosi che è normale avere paura, è normale chiedersi se ce la farai, è normale offrire aiuto a chi intorno a te ne ha bisogno ma anche chiederlo a chi sai può esserti di supporto» scrive la bellissima mega-influencer sul suo preziosissimo account Instagram. «Mi è capitato dopo settimane di cose emotivamente complesse che mi sono successe e ci sono successe come famiglia (…) A volte ho provato anche dello sconforto trovandomi a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi crollata anche io».

 

La foto che pubblica non è, volutamente, delle migliori: un selfie stesa a terra, occhio vitreo, l’ombra del telefono sulla faccia arrossata ed umida, i capelli così. Se l’effetto era farla vedere in difficoltà, l’immagine lo rende benissimo. È funzionalmente fotogenica anche qui – non c’è che dire, è davvero, sempre, una fuoriclasse.

 

 

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Un post condiviso da Chiara Ferragni ✨ (@chiaraferragni)


«Certo a volte vorrei concedermi di dirmi “Chiara ci sei anche tu, oggi puoi essere fragile, puoi sbagliare, puoi essere tu quella che chiede aiuto”. Succederá [con accento acuto, sic, ndr], lo so. Per ora è il momento di tirare dritto e provare a far funzionare le cose, di aggiustarle senza fingere che tutto vada bene, ma provando a farle andare bene veramente» continua la moglie del Fedez ferito dallo psicofarmaco, senza nominarlo (né il marito, né lo psicofarmaco).

 

Abbiamo una notizia per tutti: è possibile curare tutto questo male. Senza farmaci. Senza prescrizioni mediche.

 

Similia similibus curantur. Il principio basilare dell’alchimia, e dell’omeopatia. I simili si curano con i simili. Ma non è di ritrovati magici o pillole di zucchero che stiamo parlando.

 

Perché se il problema è la psiche, cioè l’anima, allora solo lo Spirito può essere la cura. È inutile pensare che non sia così: la religione vissuta è il più grande antidoto ai mali della mente, chiunque lo sa. Chiunque può verificare che, con il disincantamento del mondo, cioè con la caduta della vita spirituale delle nazioni scristianizzate, è contestualmente aumentano il consumo di psicodroghe, l’ammasso delle persone infelici, il suicidio.

 

È qualcosa che, con molta sincerità e carità, vorremmo dire a Fedez e alla Ferragni. Perché ci sembrano, almeno a vedere da fuori, un po’ lontani dalla soluzione. Il Federico ha dato scandalo facendosi baciare e tocacciare da un altro cantante in diretta mondovisiva a Sanremo, probabilmente per una politica di épater le bourgeois che prevede di grattar vie le ultime resistenze al mondo liquefatto – le persone rimaste religiose nonostante il Vaticano gender pro-leggi sodomite – mentre la moglie, dallo stesso altissimo palco offertole dal contribuente italiano, si è mostrata con un indicibile collana a forma di utero.

 

«I diritti riproduttivi sono diritti umani. Perché l’accesso all’aborto sicuro e alla procreazione assistita è una questione di diritti umani a cui non dobbiamo rinunciare» ha fatto sapere spiegando la scelta dell’orrido monile.

 

Pochi giorni fa, siamo informati che la stessa «cavalca l’onda delle croci-gioiello da appendere al collo (…) Una moda che certo non ha lanciato lei, ma che è ritornata prepotentemente tra le star americane, da Kim Kardashian – che completa i suoi look con i crocifissi già da diversi mesi (…) a Rihanna»

 

«Chiara Ferragni invece si è sempre dichiarata atea, così come Fedez, il marito, al punto da non voler battezzare i loro figli, (…) la coppia non è andata (…) si è sposata dopo una lunga convivenza a Noto in Sicilia, ma solo con rito civile».

 

Epperò, sui social compare improvvisamente in primo piano mentre indica la croce al collo, anzi ne ha due. «Crocine qui» recita la didascalia con link. «Tutti i gioielli sono placcati oro o argento e le pietre sono cubic zirconia». Segue emoji.

 

C’è da capirla. Per lei la croce è un segno come un altro, un segno morto, buono per essere venduto portato al collo tra tanti altri: oggi una croce, domani un utero per significare l’aborto…

 

Per noi invece la croce non è un segno: è un simbolo, come diceva Jung, il portatore di un significato talmente ampio da non potere essere nemmeno del tutto compreso dalla mente.

 

Forse non è nemmeno un simbolo: la croce è la realtà, materiale ed incontrovertibile. È il sacrificio di Dio, è il sacrificio di sé, è l’accettazione del dolore, e al contempo la vittoria su di esso.

 

Vincere il dolore, vincere la morte. Sono cose che anche i ricchi e i famosi desiderano, e che si raggiungono solo in un modo. Qualcosa impedisce loro di capirlo.

 

E, certo, gli psicofarmaci, in questo percorso, non aiutano. Per niente.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

 

 

 

 

 

Immagine di Greta via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

Psicofarmaci

Delitto nella chiesa abbandonata di Aosta, il sospettato «usa farmaci contro la depressione»

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Il ragazzo sospettato del delitto nella chiesa abbandonata di Equilivaz, in provincia di Aosta, dove è stata trovata una ragazza sgozzata e pugnalata, ha avuto un malore mentre veniva portato nel palazzo di Giustizia di Grenoble, città francese appena dopo il confine.

 

Il malore, scrivono i giornali, si è avuto poco prima dell’udienza per la sua eventuale estradizione in Italia. Il giovane di famiglia nordafricana residente in Italia, respinge ogni accusa.

 

Nell’impossibilità di procedere senza l’indagato, l’udienza presso la chambre d’instruction della Corte d’Appello di Grenoble è stata rimandata al 25 aprile.

 

Il ragazzo è stato portato in ospedale.

 

«Giudici e avvocato ipotizzano possa aver assunto una dose eccessiva di farmaci antidepressivi» scrive l’ANSA. «Durante l’udienza – riporta la stampa francese –il suo legale e la corte hanno riferito che il ragazzo segue un trattamento farmacologico antidepressivo: il malore potrebbe essere legato a un sovradosaggio».

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La domanda che vorremmo porre – anche questa volta – è: gli psicofarmaci il ragazzo li prendeva anche prima di essere arrestato?

 

Perché, ricordiamo anche come nell’altro caso con al centro una ragazza morta – il caso Cecchettin, che per qualche ragione ha avuto molta più eco di questo – ad un certo punto siano saltate fuori le droghe psichiatriche per il sospettato. In carcere infatti, Filippo Turetta ha chiesto psicofarmaci. Anche allora, come oggi, ci chiediamo se non ne stesse già assumendo anche prima.

 

Renovatio 21 ha scritto giorni, quando ancora non era stato trovato ed arrestato il ragazzo, fa che la pista del «femminicidio satanico-patriarcale», buttata lì forse pavlovianamente da qualche giornale, sarebbe presto sparita.

 

Ebbene, abbiamo certezza del fatto che la pista sul possibile ruolo delle psicodroghe mediche in questa tragedia non solo sparirà, ma nemmeno verrà mai presa in considerazione.

 

Nonostante il volume immenso di storie in merito, il muro sulla violenza estrema come possibile effetto collaterale degli psicofarmaci non è ancora crollato. Di conseguenza, stragi iniziate in farmacia, sotto precisa prescrizione del medico, continueranno ovunque.

 

L’importante, a questo punto, è semplicemente che qualcuno tenga nota. Il lettore, se è arrivato fino a questo punto, è nel club.

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Sparatoria in una scuola in Finlandia. Ci diranno mai quali farmaci prendeva l’assassino dodicenne?

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Una sparatoria è avvenuta martedì mattina in una scuola secondaria inferiore nella città di Vantaa, a nord di Helsinki. Il perpetratore sospettato è un preadolescente, ora preso in custodia dopo aver ucciso un compagno di classe e averne feriti altri due.   Come l’assassino, tutte le vittime avevano 12 anni.   Il sospettato, che secondo la polizia si è trasferito alla scuola l’anno scorso, è stato trovato martedì fuori dall’edificio con in mano una rivoltella. Dopo la sparatoria, ma prima dell’arrivo degli agenti, avrebbe usato l’arma per minacciare gli studenti che stavano andando in un’altra scuola.

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Includendo l’incidente di martedì, la Finlandia – Paese i cui cittadini godono di ampia possibilità di armarsi, come negli USA – ha registrato solo quattro sparatorie nelle scuole nella sua storia. La peggiore avvenne nel 2008, quando uno studente universitario uccise nove studenti e un insegnante di un’università politecnica nella città di Kauhajoki, prima di puntare contro se stesso la sua arma, una pistola semiautomatica.   Un anno prima, uno studente delle superiori aveva ucciso a colpi di arma da fuoco sei alunni, un’infermiera scolastica e il suo preside nella città di Jokela. Anche l’aggressore si era suicidato dopo la sua furia.   Il governo finlandese aveva risposto alle due sparatorie innalzando l’età minima per il possesso di armi da fuoco a 18 anni e imponendo controlli sui precedenti personali degli acquirenti di armi. Tuttavia, la caccia è un passatempo popolare in Finlandia, e i quindicenni possono ancora ottenere un permesso per usare legalmente le armi da fuoco di altre persone con il permesso dei genitori.   Sebbene la Finlandia abbia l’ottavo tasso più alto al mondo di possesso di armi da parte dei civili, gli omicidi legati ad armi da fuoco sono rari. Secondo i dati delle Nazioni Unite, la Finlandia ha un tasso di omicidi dovuti ad armi da fuoco pari a 0,09 morti ogni 100.000 persone, quasi cinque volte inferiore a quello della vicina Svezia (0,44 ogni 100.000).   Pare chiaro quindi che, a differenza di quanto dicono quelli del Partito Democratico in USA e in Italia come altrove, non è l’accesso alle armi che crea il problema delle sparatorie massive.   «È stato confermato che il movente dell’atto è il bullismo», ha dichiarato il giorno successivo la polizia nazionale in un comunicato. «Il sospettato ha affermato durante gli interrogatori di essere stato vittima di bullismo e questa informazione è stata confermata anche durante le indagini preliminari della polizia», ​​continua la nota.   Tuttavia il bullismo potrebbe non essere l’unico fattore motivante del progetto omicida del bambino.   Come da sempre insiste Renovatio 21, è sempre bene chiedersi se il perpetratore assumesse farmaci psichiatrici. L’uso di psicodroghe legali – diffuse tra milioni di cittadini anche in Italia – potrebbe influire sulla mente del paziente in modo paradosso, come dice lo stesso foglietto illustrativo negli USA, generando propositi «suicidari».   Come tali propositi di morte possano essere rivolti solo contro se stessi, e non solo contro coloro che fanno parte del mondo interiore della persona (i genitori, i fratelli, i compagni di scuola, gli insegnanti, i colleghi, i fedeli della parrocchia o perfino persone distanti ma che fanno parte delle ossessioni insorte, come le persone di altri gruppi, altre razze, o i passanti in generale) non riusciamo a capire come si possa dire. Di fatto, molte di queste stragi si concludono, appunto con un suicidio.

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Una quantità di casi del genere ha visto la presenza di psicofarmaci, in particolare quelli di tipo SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) negli eccidi improvvisi.   È davvero difficile, in questi casi, che il nome del farmaco salti fuori, anche se le forze dell’ordine, scandagliando per prima cosa l’armadietto dei medicinali a casa del presunto killer, potrebbero saperlo da subito. C’è anche da considerare che anche qualora le indagini facessero filtrare qualcosa alla stampa, il giornalista e il suo direttore, che tengono al loro stipendio, prima di mettersi contro un immane business di Big Pharma (e gli ordini dei medici… e la sanità tutta) ci pensano due o tre volte.   Volete degli esempi?   Eric Harris, il perpetratore del massacro della scuola Columbine (1999) era sotto Zoloft, cioè la sertralina, ed anche Luvox, fluvoxamina.   Un anno prima, un quindicenne di nome Kip Kinkel ha sparato ai suoi genitori e a dozzine di compagni di classe: era sotto fluoxetina, cioè Prozac.   Nel 2005, un sedicenne di nome Jeff Weise ha ucciso suo nonno e dieci bambini in Minnesota. Prozac.   Idem per il 27enne Steven Kazmierczak che ha ucciso sei persone alla Northern Illinois University (2008). Fluoxetina.   Ricorderete il massacro di Aurora, in Texas, nel 2012, quando un tizio vestito da Joker entrò in un cinema dove proiettavano l’ultimo Batman e massacrò 82 spettatori: si trattava del 25enne James Holmes, che era sotto Zoloft.   La lista è molto più lunga, e l’abbia dettagliata in tanti altri articoli. E quindi, anche in quest’ultima tragedia in Finlandia, domandiamo: è possibile che per curare la tristezza del bambino bullizzato, i dottori abbiano iniziato a fargli assumere psicodroghe?

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Va ricordato che casi recenti di cronaca nera italiana di primo piano, come quello della ragazza veneta uccisa, hanno visto l’ex fidanzato sospettato della morte chiedere psicofarmaci in carcere.   Lo stesso dicasi per un caso di omicidio nella Milano bene, dove l’uomo arrestato – sospettato di matricidio – sarebbe stato sotto psicofarmaci, scrissero i giornali.   E non parliamo dei casi di aerei passeggeri improvvisamente gettati al suolo dai piloti. Sappiamo che nel tragico caso Germanwings (2015), il copilota, che si chiuse dentro la cabina e schiantò il velivolo con 300 persone sulle Alpi francesi, era sotto SSRI – considerati dalle autorità sanitarie mondiali come «sicuri» per piloti ed automobilisti.   Come riportato da Renovatio 21, alla lista degli stragisti da farmaco ora si stanno aggiungendo sempre più transessuali, dove oltre agli psicofarmaci c’è da considerare anche l’effetto psichico dell’assunzione di testosterone sintetico: il caso del massacro di bambini e adulti nella scuola presbiteriana del Tennessee dell’anno scorso ad opera di una ragazza che stava effettuando una «transizione» al sesso maschile racconta proprio di questo problema.   La domanda rimane: se negli USA vi sono 500 sparatorie massive ogni anno, la colpa non è che va assegnata al fatto che si tratta del popolo più psicofarmaceutico del pianeta, dove delle droghe psichiatriche si può fare anche la pubblicità?   L’idea avanza, tra la censura di media e probabilmente social media. Il muro su questo orrore, prima o poi, crollerà.

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Pensiero

Cosa c’è dietro la strage di Praga?

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La polizia ceca ha identificato come autore della sparatoria di massa che ha provocato la morte di 14 persone giovedì a Praga come David K., uno studente di 24 anni, avrebbe ucciso suo padre giovedì nella sua città natale di Kladno, prima di recarsi nella capitale ceca per una missione di morte massiva conclusa con il suicidio.

 

I media cechi in seguito hanno detto che il nome esteso del presunto assassino è David Kozak e hanno pubblicato la sua foto.

 

Il presidente della polizia Martin Vondrasek ha detto ai giornalisti che Kozak ha pubblicato una serie di post sui social media prima della sua furia ed è stato «ispirato da un evento terribile simile all’estero», senza rivelare ulteriori dettagli. L’assassino «diceva che voleva uccidersi», ha aggiunto Vondrasek.

 

Tuttavia, i media cechi hanno portato alla luce screenshot di un account Telegram apparentemente aperto da Kozak all’inizio di questo mese.

 

In un post in lingua russa del 9 dicembre, Kozak avrebbe affermato che avrebbe utilizzato la piattaforma come «diario mentre mi avvicino a una sparatoria a scuola».

 

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In una serie di aggiornamenti del 10 dicembre, il poster si è presentato come «David» e ha detto che «vuole fare una sparatoria a scuola e possibilmente suicidarsi», nominando gli assassini della scuola russa Alina Afanaskina e Ilnaz Galyaviev come ispiratori della sua follia omicida.

 

 

«Ho sempre desiderato uccidere, pensavo che in futuro sarei diventata un maniaco», si legge nel post. «Poi, quando Ilnaz ha agito, ho capito che era molto più redditizio fare omicidi di massa che seriali. Alina è diventata l’ultimo punto. Era come se fosse venuta in mio aiuto dal cielo giusto in tempo».

 

Kozak era uno studente della Università Carolina, ha detto la polizia. Secondo i media cechi, ha studiato storia e ha vinto un premio per la sua tesi di laurea nel 2018.

 

La polizia ha detto che Kozak è stato «eliminato» nell’edificio dell’università dove è iniziata la sua furia. Tuttavia, non è chiaro se sia stato colpito da un proiettile della polizia o se abbia puntato la pistola contro se stesso, ha osservato Vondrasek.

 

 

Kozak era stato avvistato mentre brandiva un fucile sul tetto dell’edificio poco prima della sua morte, e il sindaco di Praga Bohuslav Svoboda ha affermato che l’assassino è caduto mortalmente.

 

La polizia ha detto che Kozak possedeva legalmente più armi da fuoco. Il possesso di armi è comune nella Repubblica Ceca e la costituzione del Paese garantisce il diritto di portare armi e usarle per legittima difesa.

 

La piazza Jan Palach di Praga, dove si trova l’edificio universitario, è rimasta chiusa al pubblico fino a mezzanotte mentre continuano le indagini della polizia. Quando l’edificio è stato evacuato, gli agenti hanno trovato 14 vittime morte e almeno altre 25 ferite.

 

I resoconti dei media avevano suggerito che Kozak potesse aver piazzato degli esplosivi nell’edificio, tuttavia il ministro degli Interni Vit Rakusan ha detto ai giornalisti che il pubblico «non è in pericolo immediato».

 

L’attacco è la peggiore sparatoria della recente storia ceca. Sebbene la Costituzione ceca garantisca il diritto di portare armi e usarle per legittima difesa, i crimini legati alle armi da fuoco sono rari e il paese registra ogni anno meno omicidi con armi da fuoco rispetto a Francia, Australia e Paesi Bassi.

 

Più recentemente, un uomo ha ucciso sei persone nella sala d’attesa di un ospedale nella città di Ostrava nel 2019 prima di puntare la pistola contro se stesso, mentre otto persone sono state uccise in un incidente simile in un ristorante nella città di Uhersky Brod nel 2015.

 

Lo spree – cioè la furia omicida – del Kozak sarebbe iniziata, secondo quanto viene ora suggerito, la settimana prima. Il 15 dicembre 2023, un padre di 32 anni e la sua figlia di due mesi in un passeggino sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco nella foresta di Klanovice, alla periferia orientale di Praga. La polizia ha condotto una perquisizione dettagliata dell’intera foresta con centinaia di agenti, mentre è stata istituita una task force speciale per trovare l’autore del reato. Il 20 dicembre, la polizia ha affermato di non avere piste sul caso ma di continuare a cercare l’autore del reato.

 

Il sito web sulle armi da fuoco zbrojnice.com aveva notato una somiglianza del caso con gli omicidi del «Assassino della Foresta» del 2005, in cui un ex agente di polizia uccise tre vittime a caso nelle foreste in preparazione di un omicidio di massa pianificato nella metropolitana di Praga, che fu impedito dal suo arresto anticipato; l’articolo si concludeva con un appello ai lettori affinché rimanessero vigili e portassero le armi da fuoco nascoste.

 

Cinque ore dopo l’attacco all’università, la polizia ha diffuso l’informazione di aver trovato prove nella casa di David Kozak che lo collegavano agli omicidi della foresta di Klanovice. In una conferenza stampa il 22 dicembre, l’investigatore capo della prima unità anticrimine generale di Praga ha dichiarato che Kozak era uno dei circa 4.000 sospettati nel caso della foresta di Klanovice.

 

Tuttavia, poiché viveva nella Boemia centrale, mancavano pochi giorni per impedire la sparatoria. La Boemia centrale è una regione separata dalla città di Praga e ogni regione del paese ha una direzione di polizia separata. Più tardi quello stesso giorno, la polizia ha confermato che un’arma da fuoco trovata a casa di Kozák era stata confrontata balisticamente con i proiettili usati negli omicidi nella foresta di Klanovice. Il 27 dicembre 2023, la testata Denik N ha riferito che gli investigatori della polizia avevano trovato una lettera a casa di Kozak in cui questi confessava gli omicidi avvenuti nella foresta di Klanovice.

 

Kozak aveva iniziato la sua ultima giornata con il parricidio: come in tanti casi che abbiamo imparato purtroppo a conoscere, l’assassino sembra dapprima accanirsi su quello che gli è più vicino.

 

Il 21 dicembre 2023 alle 12:20, la polizia della Boemia centrale era stata allertata dalla madre di Kozak, la quale ha affermato di aver ricevuto un messaggio da un amico secondo cui suo figlio stava progettando di togliersi la vita e che era in viaggio dalla sua città natale di Hostoun a Praga. Alle 12:45 la polizia trovava il corpo del padre di Kozak nella sua casa. Secondo quanto riportato, una perquisizione approfondita della casa era ostacolata da ordigni esplosivi improvvisati.

 

La polizia ha scoperto che Kozak era uno studente della Facoltà di Lettere dell’Università Carolina. Un mandato di perquisizione è stato emesso e pubblicato subito dopo; il mandato indicava che Kozak era armato e pericoloso. La polizia aveva inoltre avviato un’operazione di sicurezza all’aeroporto Váaclav Havel di Praga, dove il padre di Kozak lavorava nel dipartimento di sicurezza dell’aeroporto.

 

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L’attacco è stato l’omicidio di massa più mortale avvenuto nella Repubblica Ceca dalla sua indipendenza nel 1993, superando l’attacco incendiario di Bohumín del 2020. È stata una delle sparatorie di massa più sanguinose avvenute in Europa dal massacro al teatro Bataclan del 2015 a Parigi.

 

La domanda che ci facciamo è sempre la stessa: il Kozak era stato «curato» con droghe psichiatriche? C’è uno psicofarmaco dietro ad un’alterazione della sua mente tale da portarlo verso un desiderio di distruzione totale, specie delle cose che gli sono più vicine (la famiglia, l’Università)?

 

È possibile che la psicofarmaceutica, la cui possibilità di suicidio come effetto collaterale sono note e perfino inserite nei bugiardini, abbia indotto la prospettiva pantoclastica assassina?

 

Il problema va posto soprattutto perché né psichiatri, né sociologi, né giornalisti sono in grado di spiegare perché questi personaggi si concentrino proprio sulle scuole – e questo in ogni Paese, dagli USA alla Russia alla Repubblica Ceca. Come se qualcosa invertisse nella mente del killer la legge naturale: ciò che ti è caro, ciò che è buono, ciò che è innocente, deve essere massacrato.

 

Quanti morti dobbiamo ancora aspettare prima di avere qualche risposta?

 

Quanto dobbiamo temere che ciò possa ripetersi nella scuola dei nostri figli?

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