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Le meduse dimostrano capacità di apprendimento in assenza di cervello

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La settimana scorsa è stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Current Biology sostenente come le specie di meduse Tripedalia Cystophora abbiano la capacità di apprendere, e questo pur non avendo un cervello. Lo riporta il New York Times.

 

Secondo quanto sostiene la ricerca, le meduse si sono differenziate molto tempo fa dalla nostra parte del regno animale, comprendere le loro capacità cognitive potrebbe aiutare gli scienziati a tracciare l’evoluzione dell’apprendimento.

 

La parte difficile dello studio dell’apprendimento nelle meduse è stata trovare un comportamento quotidiano che gli scienziati potessero addestrare le creature a eseguire in laboratorio.

 

Anders Garm, biologo dell’Università di Copenaghen e autore del nuovo articolo, ha affermato che il suo team ha deciso di concentrarsi sul rapido dietrofront eseguito dalle meduse quando stanno per colpire una radice di mangrovia. Come fanno le meduse a capire quando si stanno avvicinando troppo?

 

In laboratorio, i ricercatori hanno prodotto immagini di strisce chiare e scure alternate, che rappresentano le radici delle mangrovie e l’acqua, e le hanno utilizzate per rivestire l’interno di secchi larghi circa quindici centimetri. Quando le strisce erano di un netto bianco e nero, che rappresentavano la limpidezza ottimale dell’acqua, le meduse non si avvicinavano mai alle pareti del secchio. Con meno contrasto tra le strisce, tuttavia, le meduse di scatola iniziarono immediatamente a incontrarle. Questa era l’occasione per gli scienziati di vedere se avrebbero imparato.

 

Dopo una manciata di collisioni, le meduse hanno cambiato comportamento. Meno di otto minuti dopo essere arrivati ​​nel secchio, nuotavano il 50% più lontano dallo schema sulle pareti e avevano quasi quadruplicato il numero di volte in cui avevano eseguito la manovra di dietrofront. Sembrava che avessero stabilito un collegamento tra le strisce davanti a loro e la sensazione di collisione.

 

Andando oltre, i ricercatori hanno rimosso i neuroni visivi dalle meduse scatola e li hanno studiati in una capsula. Alle cellule sono state mostrate immagini a strisce mentre ricevevano un piccolo impulso elettrico per rappresentare la collisione. Nel giro di circa cinque minuti, le cellule hanno iniziato a inviare il segnale che avrebbe fatto girare su se stessa un’intera scatola di meduse.

 

I risultati suggeriscono anche che le meduse possiedono un certo livello di memoria a breve termine, perché possono cambiare il loro comportamento in base all’esperienza passata.

 

Nel lavoro futuro, i ricercatori sperano di identificare quali cellule specifiche controllano la capacità delle meduse di apprendere dall’esperienza. Il dottor Garm e i suoi colleghi sono curiosi di conoscere i cambiamenti molecolari che avvengono in queste cellule man mano che gli animali incorporano nuove informazioni nel loro comportamento.

 

Si chiedono anche se la capacità di apprendere sia universale tra le cellule nervose, indipendentemente dal fatto che facciano parte del cervello. Potrebbe spiegare la loro peculiare persistenza nell’albero della vita.

 

La morale della storia, se ascoltata davvero, dovrebbe suonare sconvolgente per chiunque: il cervello non è la base del comportamento, e cioè l’intelligenza delle creature potrebbe non dipendere da esso. Anche senza cervello, si vive e si interagisce con il mondo.

 

Capiamo bene che per tantissimi è festa grande: la vita in assenza di cervello spiega e giustifica l’esistenza di intere classi politiche.

 

Tuttavia vorremmo smettere subito di far batture, e porci un’altra domanda: se il cervello non è davvero il centro della persona, se non è davvero il centro dello spirito, di ciò che vivifica l’uomo, che senso ha giudicare morta una persona perché «cerebralmente morta»? Il cuore gli batte ancora, ma il cervello dà segni differenti rispetto all’ordinario: ad una medusa, per essere lasciata vivere, basta in effetti molto meno. A chi fa un incidente stradale o incorre in altri malanni, no.

 

Ricordando, sempre, che la morte cerebrale è solo una convenzione, pensiamo che alle meduse, che non sono cerebralmente morte, ma proprio non hanno cervello, a differenza di voi, non espiantano  gli organi.

 

Diciamo di più: uno studio del 2022 ha notato cenni di memoria – cioè di intelligenza – perfino negli spermatozoi umani, che si sono dimostrati in grado di ricordare come uscire da un labirinto. Gli spermatozoi non solo non hanno il cervello, ma sono fatti di una singola cellula.

 

Non è dobbiamo interrogarci un attimo riguardo a biologia e coscienza?

 

Probabile che vada fatto. Certo, a porsi la questione davvero, immaginiamo quanto ne soffrirebbe la filiera della predazione degli organi.

 

Quindi è possibile che i più continueranno a non pensarci, quasi non avessero il cervello. Come le meduse.

 

 

 

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Trafficante di droga latitante catturato mentre passeggiava con un delfino morto

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La polizia russa ha arrestato un sospettato di traffico di droga di 40 anni, dopo che è stato visto dalle telecamere a circuito chiuso mentre trasportava con disinvoltura quello che è stato descritto come un «delfino morto» nella località di Sochi sul Mar Nero.

 

Un bizzarro video che circola online mostra l’uomo, che era su una lista di ricercati, mentre trasporta il cetaceo defunto nel suo appartamento.

 

La polizia locale ha detto giovedì che dopo aver esaminato il filmato, ha identificato l’uomo come un fuggitivo della regione di Mosca, ricercato con l’accusa di traffico di droga.

 

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La polizia russa ha descritto l’animale come un «delfino morto», anche se i filmati suggeriscono che in realtà si trattasse di una focena, una piccola specie di balena imparentata più con i beluga e i narvali che con i delfini.

 

L’animale era già morto quando il sospettato lo ha trovato sulla spiaggia, ha osservato la polizia, senza spiegare perché avesse deciso di portarlo con sé.

 

Il sospettato è stato preso in custodia nella sua residenza nella cittadina balneare di Adler, appena a sud di Sochi. Tra breve sarà consegnato alle autorità della regione di Mosca per affrontare l’accusa di traffico di droga in quantità eccezionalmente elevate. Se ritenuto colpevole, rischia tra i 15 e i 20 anni dietro le sbarre.

 

Come riportato da Renovatio 21, il traffico di droga e le grandi creature marine si sono incrociati in un’altra storia di questi tempi, quella degli squali strafatti di cocaina a causa dei carichi criminali finiti in mare.

 

È noto che cetacei sono stati addestrati per fini militari, al punto che vi è un beluga in Norvegia sospettato di essere una spia russa. È possibile che le organizzazioni criminali utilizzino i mammiferi marini per i loro loschi piani?

 

Ci chiediamo quindi: che anche la focena morta del Mar Nero fosse direttamente coinvolta in uno schema di narcotraffico?

 

Dopo le nefandezze viste in questi ultimi mesi da parte di orche, delfini e balenotteri, niente ci potrebbe ancora stupire.

 

Anzi diciamo pure che non vi sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che la bestia marina era in realtà il vero capo del traffico criminale.

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Immagine screenshot da Twitter

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Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale

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Gli scienziati dell’Istituto indiano di tecnologia Roorkee, in India, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Scientific Reports per discutere della loro scoperta del Vasuki Indicus, una nuova specie di serpente gigante, vissuto circa 47 milioni di anni fa nello Stato indiano del Gujarat.   I resti del gargantuesco serpentone sono stati trovati nella miniera di carbone di Panandhro, nella regione di Kutch. Il suo nome è stato scelto in riferimento al luogo del ritrovamento e alla leggendaria creatura simile a un serpente associata alla divinità induista Shiva.   I ricercatori hanno osservato 27 vertebre, per lo più in buono stato di conservazione e alcune delle quali ancora articolate, che sembrano essere state raccolte da un individuo adulto. I pezzi ossei hanno dimensioni comprese tra 37,5 e 62,7 millimetri in lunghezza e tra 62,4 e 111,4 millimetri in larghezza, indicando un corpo ampio e cilindrico.   Sulla base di queste misurazioni, gli scienziati hanno ipotizzato che l’esemplare di Vasuki Indicus di cui facevano parte potesse raggiungere una lunghezza compresa tra 10,9 e 15,2 metri.   «Il team, guidato da Debajit Datta e Sunil Bajpai, ha scoperto i resti fossili della specie, che poteva raggiungere una lunghezza stimata tra gli 11 e i 15 metri, praticamente quanto uno scuolabus» scrive La Stampa.   Tuttavia non è dato sapere quanto letale per l’uomo potrebbe essere stato il rettilone. Sappiamo invece perfettamente quando posso ferire, di questi tempi, il suo termine di paragone, lo scuolabus.   «Autista dello scuolabus ha un malore e muore a Chiavari: aveva appena concluso il giro con i bambini»: Il Messaggero di due settimane fa.   «Incidente a Cittadella: autista di scuolabus ha un malore e va a sbattere contro una corriera». Il Resto del Carlino, 25 gennaio 2023.   La Spezia, maggio 2022: «Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri». Lo riporta La Città della Spezia.   «Padova, autista di scuolabus muore alla guida». Automoto, ottobre 2023.   Corridonia, provincia di Macerata: «Malore fatale in strada, arrivano i soccorsi e uno scuolabus resta bloccato sui binari mentre arriva il treno». Il Resto del Carlino, il mese scorso.   Ottobre 2023: «Autista di scuolabus ha un malore alla guida: Jessica muore a 15 anni schiacciata dal mezzo». Lo riporta il Corriere Adriatico.   Stati Uniti, aprile 2023: «L’autista dello scuolabus ha un malore: studente di 13 anni prende il controllo del mezzo».   Roma, dicembre 2022: «Scuolabus fuori strada a Roma, paura per 41 bambini: Malore dell’autista». Lo riporta IlSussidiario.net.   Renovatio 21 ha riportato tanti altri casi.   «I ricercatori ipotizzano inoltre che il predatore preistorico cacciasse in modo lento, come le anaconde» scrivono gli scienziati scopritori del serpentazzo indico.   Abbiamo imparato invece che il suo termine di paragone, lo scuolabus, miete vittime all’improvviso.   «Malori improvvisi» del conducente, che rischiano di tirare giù con loro le vite di diecine di bimbi trasportati.   E quindi: cosa è più pericoloso? Il boa preistorico di 15 metri o mandare il proprio figlio a scuola?

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49 sadiche orche assassine stanno scioccando i biologi marini

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Gli scienziati conoscono tre distinti ecotipi di orche assassine – offshore, transitorie e residenti – che compongono la popolazione di orche lungo la costa della California e dell’Oregon. Tuttavia un nuovo studio suggerisce, attingendo ai dati raccolti in più di 25 anni, che potrebbe esserci un quarto gruppo in agguato nell’oceano aperto, che mostra attributi fisici, modelli alimentari e strategie di caccia diversi. Lo riporta la rivista scientifica americana Popular Mechanics.

 

Gli scienziati dell’Università della British Columbia (UBC) hanno probabilmente identificato un nuovo gruppo di orche situato lontano dalla costa della California e dell’Oregon in grado di comunicare con un nuovo «dialetto».

 

Si tratta di un gruppo di 49 cetacei assassini avvistati durante nove incontri dal 1997 al 2021. Gli scienziati ipotizzano che un nuovo gruppo potrebbe essersi formato in mare aperto, anche se non escludono la possibilità che si tratti di una sottopopolazione di un altro gruppo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Aquatic Mammals.

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Esistono tre ecotipi di orche, forme distinte all’interno di una specie, che vivono al largo delle coste della California e dell’Oregone: orche residenti, orche dette offshore ed orche transitorie. Queste orche differiscono fisicamente (pinne arrotondate o appuntite, ecc…), comportamentali e alimentari.

 

I ricercatori ora sostengono che un quarto ecotipo, attualmente ancora senza nome, potrebbe esistere anche più lontano, in mare aperto. Analizzando le 49 orche avvistate in nove incontri, nessuna di loro è stata abbinata a nessuno dei tre gruppi di orche. Ma sono stati i loro crudeli schemi di caccia a stupire davvero i ricercatori.

 

«In uno dei primi incontri che i ricercatori hanno avuto con un branco di queste orche oceaniche, sono stati osservati mentre affrontavano un branco di nove capodogli femmine adulte, per poi scappare con un esemplare. È la prima volta che le orche assassine attaccano i capodogli sulla costa occidentale», ha detto in un comunicato stampa il primo autore Josh McInnes, uno studente di master alla UBC. «Altri incontri includono un attacco a un capodoglio pigmeo, la predazione di un elefante marino settentrionale e del delfino di Risso [detto anche grampo, ndr], e quella che sembrava essere una pausa post-pasto dopo aver mangiato una tartaruga liuto».

 

I dati raccolti descrivono questo branco come particolarmente aggressivo nella caccia rispetto alle altre orche. Orche assassine e stragiste – come sempre. Sadiche e infami. Come dimostra un altro particolare interessante.

 

I ricercatori hanno infatti notato anche un’altra caratteristica comune a quasi tutte le 49 orche: uno schema regolare del morso di un particolare squalo.

 

Tali cicatrici sono un regalo d’addio dello squalo tagliatore (Isistius brasiliensis), che fornisce un indizio significativo per discernere dove risiede abitualmente questa distinta popolazione di orche. Questi piccoli squali, che non superano mai il mezzo metro, usano labbra succhiatrici e denti appuntiti per lanciarsi sugli animali e poi girano il corpo per lasciare un foro a forma di stampino per biscotti (da cui il nome) dalla preda.

 

Insomma, la banda di orche sadiche ha il suo «tatuaggio»…

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Il problema delle orche teppiste andrebbe risolto una volta per tutte – e ad ogni latitudine del pianeta.

 

Renovatio 21 si è occupata varie volte della teppa di orche debosciate che incrocia presso Gibilterra, che ha scatenato qualcosa come un attacco al giorno, con la teppa cetacea a minacciare anche le spiagge spagnuole.

 

 

 

Tuttavia gli esempi del comportamento inaccettabile da parte di questi animali – che mascherano la loro malvagità impadronendosi dei colori del panda, simbolo delle specie protette – non accennano a fermarsi: solo la settimana scorsa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca assassina ha sbranato dinanzi ad un pubblico umano uno squalo bianco, che è invece davvero una specie protetta dal CITES. La creatura, dopo aver assassinato il pescecane, ne avrebbe consumato pubblicamente il fegato.

 

Da tempo oramai Renovatio 21 chiede un la creazione di un movimento internazionale per sistemare il comportamento dei cetacei, chiaramente divenuto sconcio, indecente, immorale, scurrile, impudico, dissoluto, licenzioso, depravato, lascivo, volgare, sporco, laido, scostumato, svergognato, lubrico, scandaloso, turpe, disonesto e pericoloso.

 

Rilanciamo in nostro appello: quosque tandem… Fino a quando gli oceani, e l’umanità, dovranno sopportare lo scandalo di queste bestie prive di pudore?

 

Quanto ancora dovremmo tollerare i soprusi delle orche assassine, e bastarde, e infami, e maledette, e stronze?

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