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Droga

Le gang narcos sono sataniste e sacrificano i bambini: le rivelazioni del presidente del Salvador che parla della crisi della democrazia e del ritorno di Dio in politica

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In una recente intervista concessa a Tucker Carlson appena dopo il suo giuramento come presidente ri-eletto del Salvador, Nayib Bukele ha fatto alcune dichiarazioni che a molti sono sembrate scioccanti.

 

Come noto, il Bukele è riconosciuto per aver totalmente fermato il crimine nel suo Paese, che era statisticamente il più violente del mondo, mentre ora, con più di un anno senza omicidi, risulta essere il più sicuro dell’emisfero occidentale – più tranquillo, quindi, perfino del Canada.

 

L’operazione di pacificazione del Paese – incredibile se paragonata con altre realtà come l’Ecuador e altri Paesi che paiono sul punto di divenire dei cosiddetti Narco-Stati – è stata portata avanti da Bukele con uno scontro diretto con le gang di narcotrafficanti che infestavano il Paese, ora finite in larga parte in nuove carceri di massima sicurezza costruite dal suo governo.

 

Quando Carlson ha chiesto della banda Mara Salvatrucha, conosciuta come MS-13, Bukele ha dichiarato che «sono satanici».

 

«Non hanno iniziato come un’organizzazione satanica» ha spiegato il presidente sudamericano. «L’MS-13 è iniziato a Los Angeles negli Stati Uniti perché ai salvadoregni non era permesso vendere droga da parte delle bande messicane. Così crearono una banda chiamata 18th Street Gang perché fondamentalmente volevano vendere droga in una strada che era la 18th Street».

 

I membri della gang in seguito tuttavia «hanno cominciato a dividersi e a lotte intestine. Quindi hanno creatol’MS-13, e poi l’MS-13 iniziò a diventare troppo grande per le altre bande, e iniziarono ad esportare l’organizzazione in altre parti degli Stati Uniti».

 

«Quando Bill Clinton decise di deportare quei ragazzi, non lo disse al governo in quel momento, “sto deportando questi criminali”. Li ha mandati semplicemente qui. E sono arrivati, in pochi, ma allo stesso tempo in cui erano state approvate incontrollate alcune leggi per proteggere i minorenni dalla carcerazione. E, naturalmente, le bande lo usano per reclutare ragazzi di 15, 16 e 17 anni» prosegue il racconto del Bukele.

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«Quindi all’inizio c’erano dei giovani che causavano danni, aggredendo, cercando di controllare il loro territorio, vendendo droga, cose brutte, ma probabilmente non critiche». Poi hanno continuato «a crescere, a controllare i territori, e qualche anno dopo, erano in realtà un’enorme organizzazione criminale internazionale con basi in Italia [in Lombardia in particolare, dove è noto il caso del 2015 di un capotreno il cui braccio fu praticamente mozzato a colpi di machete, ndr], Guatemala Honduras, El Salvador, negli Stati Uniti, fondamentalmente, in molte delle principali città USA avevano delle roccaforti», come fuori dalla capitale Washington e Long Island, Nuova York, e Los Angeles.

 

«È un’enorme organizzazione criminale internazionale. Quindi sono cresciuti e hanno iniziato a uccidere più persone, solo per conquistare territorio o combattere contro bande rivali o riscuotere debiti o soldi o altro. Ma man mano che l’organizzazione cresceva, sono diventati satanici. Hanno iniziato a fare rituali satanici» afferma il presidente Bukele. «Non so esattamente quando sia iniziato, ma era ben documentato. SÌ. E ora che abbiamo arrestato abbiamo trovato anche alter ego e cose del genere».

 

«Sono diventati un’organizzazione satanica» sottolinea il capo di Stato latinoamericano. «Ricordo il giornale che lo ha raccontato, è un giornale molto noto che ha fatto questa intervista con un membro di una gang in persona. Abbiamo permesso loro di entrare nelle carceri e fare interviste. E il ragazzo a cui gli hanno chiesto quante persone aveva ucciso, aveva risposto “non ricordo. Non ricordano quanti. Probabilmente 10, 20”. Non se lo ricordava».

 

«Poi gli hanno chiesto e tu, qual è la tua posizione nella banda? Ha spiegato come è salito di posizione. “Ma ho lasciato la banda”, ha detto. Perché ha lasciato la banda? “beh, perché ero abituato a uccidere, ero abituato a uccidere le persone. Ma ho ucciso per il territorio. Ho ucciso per raccogliere soldi. Ho ucciso per estorsione. Ma poi sono arrivato in questa casa, e stavano per uccidere un bambino».

 

«Lui, l’assassino che aveva ucciso decine di persone, ha detto “vabbè aspetta, cosa stavamo facendo? Aspetta, aspetta, perché uccideremo quel bambino?” E gli hanno detto “perché la bestia ha chiesto un bambino, quindi dobbiamo dargli un bambino”. Quindi ha detto che non poteva aiutarli, e ha lasciato la banda. È in prigione perché è un assassino. Ma ha lasciato la banda perché non poteva tollerare ciò che vedeva».

 

Carlson chiede a questo punto se il sacrificio umano sia una parte fondamentale di questo tipo di organizzazioni criminali.

 

«Beh, negli Stati Uniti un paio di settimane fa o un paio di giorni fa, non ricordo esattamente, ho visto la notizia che stavano per uccidere una ragazza, o che hanno ucciso una ragazza, perché era un rituale satanico. È successo negli Stati Uniti un paio di settimane fa» dice ancora Bukele.

«Sì, certo, c’è una guerra spirituale e c’è una guerra fisica, e la guerra fisica potrebbe essere quella non ufficiale, cioè la versione non ufficiale. Se vinci la guerra spirituale, ciò si rifletterà nella guerra fisica. Quindi la nostra vittoria impressionante è dovuta al fatto che abbiamo vinto la guerra spirituale molto, molto velocemente».

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Bukele si riferisce alla schiacciante vittoria elettorale appena conseguita, dove ha intercettato – stando al di fuori di un sistema bipartitico che sembra programmato persino nella Costituzione del Paese – oltre l’80% dei voti.

 

«Non avevo concorrenza. Voglio dire, erano satanisti. Penso che questo abbia reso tutto più semplice».

 

La questione del narcosatanismo non è nuova per gli addetti ai lavori. Chi legge Renovatio 21 ha sentito parlare della portata che il fenomeno ha attualmente in Messico. È riportato come molti elementi del narcotraffico messicano pratichino culti para-satanici che prevedono sacrifici umani e l’utilizzo di parti delle vittime durante riti per propiziare il favore delle entità demoniache durante le attività criminali. La mente torna ai sanguinosi sacrifici umani siano stati per secoli al centro della vita politica e sociale delle popolazioni del Messico precolombiano che in alcuni casi scatenavano guerre per catturare nuove vittime da offrire agli idoli.

 

Il narcosatanismo ha dato luogo a vari cascami nella cultura popolare, come il gruppo di genere grind death metal chiamato Brujeria («stregoneria»), composto anche da musicisti americani ispirati dalle atrocità dei narcotrafficanti: il booklet del loro CD – che era liberamente venduto nei negozi di dischi anche in Italia – conteneva fotografie di squartamenti e quant’altro. Le canzoni trattano principalmente di argomenti come il traffico di droga, rituali satanici, l’anti-cristianesimo, la sessualità, l’immigrazione, attraversamento illegale delle frontiere e anti-americanismo; nell’album Matando Güeros («Uccidendo biondi») si possono trovare canzoni come Molestando Niños Muertos («abusando di bambini morti»), Verga del Brujo («Verga dello Stregone»), Leyes Narcos, («Leggi Narco») e la pleonastica e tautologica Narcos Satánicos.

 

Oltre al culto della Santa Muerte – che ha avuto molta pubblicità nel mainstream occidentale anche grazie a serie come Breaking Bead e Too Old to Die Young – spicca il cosiddetto Palo Mayombe un tipo di stregoneria di origine afro-caraibica collegata alla santeria cubana, che sembra essersi diffuso in Messico a partire dagli anni ’80.

 

Casi di narcosatanismo si erano registrati anche oltre il confine, negli USA. È il noto caso Adolfo de Jesús Constanzo (1962-1989) serial killer americano, trafficante e padrino della banda passata alla storia come Los Narcosatánicos. Si trattava di un vero e proprio culto coinvolto in molteplici omicidi rituali in Messico (Matamoros, Tamaulipas) e nell’assassinio di Mark Kilroy, uno studente americano rapito durante lo Spring Break e ucciso nel 1989, il cui cervello fu ritrovato dalla polizia, aprendo uno scenario allucinante fatto di diecine di sacrifici umani, omicidi rituali di sadismo indicibile.

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La violenza narcosatanica, quindi, si stava manifestando anche El Salvador.

 

Bukele ha spiegato di aver sconfitto la violenza delle gang, trasformando radicalmente il Paese, in pochissimo tempo – qualcosa come due settimane – potenziando grandemente la polizia e nientemeno che raddoppiando l’esercito, usato quindi contro le bande criminali.

 

Si è trattato di un processo a «fasi, compresa la costituzione delle forze di polizia, dell’esercito, abbiamo raddoppiato l’esercito. Abbiamo letteralmente raddoppiato l’esercito per combattere il crimine, usato l’esercito per combattere il crimine. E li abbiamo equipaggiati, prima i soldati che non avevano, come armi utili o veicoli, droni, cose basilari di cui un’operazione di quella portata avrebbe bisogno».

 

Qui è partito un racconto imprevisto: il presidente, lanciata l’operazione, temeva in una reazione sanguinaria delle narco-mafie, che avrebbero potuto attaccare, con impeto terrorista, qualsiasi punto del Paese, rendendo di fatto ostaggio l’intera popolazione. Chiunque, nella furia criminale, poteva essere colpito, indebolendo il governo, che invece doveva concentrarsi su un numero esiguo di banditi. Un vero esempio di cosa significa, in ultima analisi, un conflitto asimmetrico.

 

Bukele racconta che, nella riunione definitiva con i suoi ministri che si inoltrò nella notte, pregò con loro diverse volte per la riuscita dell’operazione in corso.

 

Tucker rimane stupito, ma il salvadoregno gli risponde che tutto il suo gabinetto è composto da credenti.

 

Per cui, dice, la vera risposta riguardo alla vittoria sui malvagi è che si tratta di «un miracolo», dice il giovane presidente. E sembra crederci.

 

«Sì. È un miracolo. Quando, quando le bande hanno iniziato ad attaccarci, in sostanza hanno ucciso 87 persone in tre giorni, il che per un Paese di 6 milioni di abitanti è una follia. Sarebbe l’equivalente di avere 5.000 morti, 5.000 omicidi negli Stati Uniti in tre giorni. Quindi (…) eravamo in riunione nel mio ufficio, dalle 3:00 alle 4:00 di notte, semplicemente osservavamo cosa stava succedendo e cercavamo di capire cosa fare, perché il problema con le bande è che non attaccano i loro obiettivi solo quando vogliono creare terrore, possono attaccare chiunque. Quindi possono davvero uccidere la loro nonna».

 

«Perché non gli importa della nonna. Ti preoccupi della loro nonna. Quindi è la tua vittima. Come se uccidessero la loro nonna. Tu hai una morte e loro hanno raggiunto il terrore che vogliono creare in modo da poter uccidere chiunque. Una donna che cammina accanto a un ragazzo e lavora per strada, un tassista, possono uccidere chiunque. E se lo stato li insegue, lo stato non ha intenzione di uccidere o danneggiare nessuno tranne i membri della banda. Quindi hai 70.000 obiettivi, che erano i 70.000 membri della banda, ma hanno 6 milioni di possibili bersagli. Quindi era quasi un compito impossibile».

 

«Era un compito impossibile perché devi inseguirli. Erano intrecciati con la popolazione. Erano ovunque e uccidevano a caso. Quindi come fermarlo? Quindi proviamo davvero a capire cosa fare e io, in pratica, hanno detto, beh, qui stiamo davanti una missione impossibile. Quindi preghiamo. E abbiamo pregato, e pregato».

 

«Avete pregato… in riunione?» chiede il Carlson.

 

«Sì, certo. Molte volte. Sì» risponde il presidente.

 

«E per cosa avete pregato?» chiede Tucker.

 

«Per la saggezza. Per vincere la guerra. All’epoca pensavo che avremmo avuto vittime civili. Quindi abbiamo detto: preghiamo affinché le vittime siano il più basse possibile. E non abbiamo avuto vittime civili».

 

«E tutti i partecipanti alla riunione si sentivano a proprio agio?» chiede ancora il giornalista statunitense.

 

«Sì, sì, tutti i membri del mio gabinetto di sicurezza sono credenti. Credono tutti in Dio. Siamo un Paese laico, ovviamente, ma tutti crediamo in Dio» replica il presidente.

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Bukele non ha specificato esattamente la sua religione. La madre è cattolica, ma il padre è un uomo di affari di origine palestinese che avrebbe anche il titolo di imam: lo stesso presidente pare sia stato fotografato mentre pregava in una Moschea. Lui parla spesso di Dio, ma ha detto che il suo rapporto va al di là delle categorie.

 

Potrebbe pure andare bene così, riflettiamo. Ad un certo punto, pensiamo, potrebbe pure andare bene se fosse un cripto-musulmano. Perché quello che ci sembra, guardando la densa intervista tuckerriana, è che con Bukele si potrebbe essere dinanzi ad un vero ritorno del concetto del divino in politica.

 

La cosa parrebbe non essere buttata lì: ad inizio della conversazione, vengono fatti discorsi sul declino dell’Occidente sul destino della democrazia, che «funziona fino a che non lo fa più», così come lo era la monarchia quando la religione non era separata dal potere.

 

«La cosa divertente di qualsiasi concetto come la democrazia è che funziona finché non funziona più. Giusto» dichiara Bukele. «È successo con le monarchie. È successo con qualsiasi cosa. Giusto. Dicono cose come, oh, sai, dobbiamo separare la religione dallo stato. Ha funzionato. Ha funzionato davvero. Ma all’epoca funzionava anche con la religione con lo Stato.

 

«Voglio dire, la democrazia è fantastica, giusto. Noi, gli Stati Uniti, abbiamo dimostrato che la democrazia può funzionare. Ma il problema con la democrazia è che tutto ha, si sa, pro e contro. Il problema con la democrazia è che i politici hanno un grande incentivo per dar via il tesoro».

 

«Voglio dire, è stato dimostrato che la democrazia funziona. George Washington potrebbe essere il re se lo volesse. Avrebbe potuto essere re Giorgio I, giusto? Ma è stato lui a decidere, beh, non lui, ma, si sa, i padri fondatori hanno deciso che gli Stati Uniti sarebbero stati una democrazia. Giusto. E ha funzionato. Nessuno può dire di no, ha funzionato. Ma lo stesso vale per il fatto che la democrazia ora sembra non funzionare».

 

«È solo che le cose funzionano finché non funzionano più. Quindi il problema, a mio avviso, non è il concetto di democrazia in sé, ma lo stato della democrazia delle democrazie nel mondo in questo momento».

 

Sentire il presidente di uno Stato moderno fare un discorso del genere – cioè, evitare il dogma progressista delle forme precedenti di governo come male da cui l’evoluzione sociale ha guarito il mondo tramite la nascita della «democrazia» – è raro fino al bizzarro, al contraddittorio, specie osservando bene l’inquadratura: dietro Bukele, la bandiera del Salvador, dove al centro è ben visibile, come in vari altri drappi sudamericani, una bella piramidona che non può non avere origini massoniche.

 

Il ritorno di Dio in politica è, addirittura, il programma economico specifico del suo nuovo mandato presidenziale.

 

Tucker chiede conferma delle parole sentite durante il discorso di insediamento di Bukele, a cui ha assistito. La sua presidenza, risolto il problema della sicurezza, sarà ora incentrata sulla crescita economica. Il primo punto del piano è «cercare la saggezza di Dio».

 

«Perché questo dovrebbe essere il primo punto di un piano economico?» chiede Carlson.

 

«Perché non sarebbe quella che dovrebbe essere la prima parte?» risponde Bukele. «La maggior parte delle persone lo penserebbe».

 

«È solo che non ho mai sentito nessun leader di nessun paese dire una cosa del genere» dice Carlson.

 

«Perché probabilmente si sono dimenticati di rappresentare il popolo che li elegge» replica il presidente. «È una cosa di buon senso cercare la saggezza di Dio».

 

C’è molto da riflettere, specie per chi pensa ad una rifondazione dello Stato moderno – il quale è oramai dimostratamente fallito: non si base sul mandato divino, ma su Costituzioni ovunque tradite, come pienamente visibile nella biennio pandemico.

 

Nel frattempo, vediamo come Bukele, che tra le altre cose ha rimosso l’ideologia gender dall’istruzione pubblica, stia ricevendo il crescente odio del progressismo internazionale. Bukele stesso parla dell’attività delle ONG (sempre loro…) per i «diritti umani», che prima ignoravano bellamente il diritto dei cittadini salvadoriani di camminare per strada e non essere uccisi. È facile vedere che la campagna contro Bukele è partita: andate sulla sua pagina Wikipedia, notate come venga insinuato che la pacificazione sarebbe stata ottenuta non con una guerra alle narcomafie, ma con un accordo con esse e pure con manipolazioni statistiche, vedete come egli è ritenuto «autoritario», osservate gli scandaletti di cui hanno riempito la sua pagina, dove il suo progetto di fare una città basata sul Bitcoin – sul quale il Paese ha investito ottenendo il 31% di profitto in un anno – viene descritta quasi fosse una Las Vegas delle criptovalute.

 

Seguiremo con attenzione il caso di Bukele, che deve sperare nel ritorno di Trump, che ha sostenuto abbastanza apertamente.

 

Perché non c’è da escludere che vi sia un ritorno di fiamma non indifferente dei padroni del mondo, che – statene certi – tirano i fili anche dei narcos satanici.

 

Una preghiera per El Salvador: distruggere il crimine, sconfiggere il male, cambiare la società, forse è davvero possibile – con l’aiuto di Dio.

 

Quanto può valere un esempio del genere?

 

Roberto Dal Bosco

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Cina

«Space oil»: la nuova droga tra i giovanissimi di Hong Kong

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Si chiama «olio spaziale» perché la sensazione che provoca è di essere mandati in orbita. Si tratta di una sostanza il cui ingrediente base è un anestetico, l’etomidato, che viene assunto tramite le sigarette elettroniche. Sempre più popolare tra i giovanissimi di Hong Kong, ma anche della Cina continentale e di Taiwan. L’approccio «tolleranza zero» non risponde alle cause vere del fenomeno.   In un video circolato sui media cinesi nei giorni scorsi si vede una ragazzina appena adolescente salire sulla metropolitana di Hong Kong e fumare una sigaretta elettronica. Una volta scesa alla stazione di Tin Shui, la ragazza si deve appendere alla ringhiera della banchina per mantenere l’equilibrio. La polizia interverrà verso sera per arrestare la minorenne, di soli 13 anni, per possesso di droghe pesanti. Oltre alla sigaretta elettronica, infatti, le viene trovata addosso anche una boccetta che contiene «space oil», olio spaziale, una nuova droga in voga tra i giovani di Hong Kong e della regione.   Il mese scorso la città ha vietato la sostanza, il cui componente principale è un anestetico, l’etomidato. Anche altri giovani, di 16 e 18 anni, sono stati arrestati dalla polizia nei giorni scorsi con le stesse accuse. Gli assistenti sociali sostengono che l’olio spaziale sia diventato estremamente popolare tra i giovanissimi perché economico, pratico (viene inalato tramite le cartucce delle e-cigarettes) e dal gusto più gradevole rispetto ad altre sostanze.   Se nel 2023 erano stati fatti solo otto arresti per il contrabbando di olio spaziale, nel 2024 la cifra è salita a 278, tra cui 61 persone di età inferiore ai 21 anni. Secondo il Registro centrale sull’abuso di droghe di Hong Kong, nel 2024 l’olio spaziale era la terza sostanza più comune tra i ragazzi e le ragazze con meno di 21 anni, dopo la cannabis e la cocaina. I minori hanno anche rappresentato circa un quarto dei casi ospedalieri per abuso di olio spaziale. La droga viene mescolata con altri farmaci e vari aromi e poi venduta in forma di cartuccia, con un prezzo compreso tra 100 e 800 dollari di Hong Kong (pari a 12 e 95 euro).   Durante uno degli ultimi blitz della polizia, a un ragazzo di 16 anni sono stati sequestrati 510 milligrammi di etomidato, 2,3 litri di glicerina e 466 capsule da inserire nelle sigarette elettroniche. «Le indagini mostrano che il sospettato avrebbe mescolato l’etomidato con la glicerina per produrre olio spaziale e poi iniettato la miscela nelle capsule delle sigarette elettroniche», ha dichiarato la polizia. «Una stima preliminare mostra che l’etomidato e la glicerina sequestrati possono produrre oltre 600 cartucce».   Già a ottobre dello scorso anno, il deputato Hon Lam So-wai, durante un’udienza parlamentare, spiegava che l’etomidato può essere prescritto solo da un medico. Quando viene svapato, «può produrre un’euforia transitoria e causare dipendenza», ma gli esperti sanitari hanno aggiunto che l’etomidato può anche provocare seri danni al sistema nervoso centrale. La droga, ha confermato il deputato Hon Lam So-wai, ha cominciato a diventare popolare dal 2023, «con alcuni venditori che hanno persino messo palesemente in vendita l’olio spaziale sulle piattaforme dei social media», come Instagram o WhatsApp.   Oltre a vietare la droga (oggi classificata al pari della cocaina) e ad aumentare le pene per chi viene trovato in possesso dell’olio spaziale (fino a sette anni di carcere e un milione di dollari hongkonghesi di multa), la città di Hong Kong ha avviato anche una serie di progetti a scopo preventivo nelle scuole primarie e secondarie. Le forze dell’ordine hanno inoltre aumentato le attività di sensibilizzazione e intensificato le ispezioni, con particolare attenzione alla compravendita online della sostanza.   Anche Taiwan e la Cina continentale hanno messo al bando l’olio spaziale e inasprito le pene, ma gli operatori sociali temono che un atteggiamento di «tolleranza zero» ostacoli i giovani a cercare aiuto psicologico, soprattutto tra coloro che già ne fanno uso per superare eventi traumatici o particolarmente stressanti. Alcuni esperti a contatto con adolescenti hanno riferito che le prime capsule contenenti olio spaziale sono arrivate a Hong Kong dalla Cina continentale, dopo che a ottobre 2023 Pechino aveva aggiunto l’etomidato alla lista di farmaci da tenere sotto stretto controllo.   «I giovani che non hanno una rete di supporto o che non sanno come affrontare l’influenza negativa dei coetanei, o che non hanno un buon modo per affrontare le sfide della salute mentale, sono più propensi a ricorrere alle droghe», ha dichiarato a Hong Kong Free Press Cindy Ng, responsabile dei programmi dell’ong Kely Support Group.   Inoltre, molti giovani che fanno uso di droghe lottano contro l’ansia e la depressione, ha spiegato Eugene Chau, supervisore di Caritas Hugs Centre. «Alcuni hanno un cattivo rapporto con i genitori, con conseguenti continui litigi, mentre altri sono distanti dai loro familiari e non hanno nessuno con cui parlare», ha detto Chau «Quando prendono l’olio spaziale, gli sembra di essere mandati in orbita Si dimenticano dei loro problemi», ha aggiunto l’esperto. «Rispetto alla metanfetamina o alla cocaina, l’effetto non dura a lungo. Quindi salgono nello spazio, poi tornano giù e tornano al lavoro o a scuola».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Big Pharma

Oppioidi dall’India: il «fentanyl» dell’Africa occidentale

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Mentre l’attenzione globale è focalizzata sulla droga sintetica proveniente dalla Cina, un mercato illecito di oppioidi prodotti illegalmente in India sta alimentando un’emergenza sanitaria in Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio. Le autorità indiane hanno avviato perquisizioni e imposto restrizioni alla produzione ed esportazione di questi farmaci, mentre l’OMS segnala che i medicinali contraffatti rappresentano una minaccia crescente.

 

Mentre gli Stati Uniti si concentrano sulla crescente diffusione del fentanyl proveniente dalla Cina, un altro problema legato agli oppiacei passa inosservato: il traffico di potenti antidolorifici dall’India all’Africa. Sebbene il fenomeno sia simile, questa crisi sanitaria – generata da un Paese considerato alleato dell’Occidente – sta colpendo nazioni come Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio.

 

Questa settimana un’inchiesta della BBC ha rivelato che Aveo Pharmaceuticals, un’azienda farmaceutica con sede a Mumbai, produce illegalmente oppioidi altamente assuefacenti, esportandoli in Africa occidentale senza licenza. Le pillole contengono tapentadolo e carisoprodol, quest’ultimo un miorilassante vietato in Europa per l’elevato potenziale di dipendenza. In Ghana, Nigeria e Costa d’Avorio questi farmaci sono ampiamente diffusi tra i giovani per il loro basso costo, ma stanno generando un’emergenza sanitaria regionale.

 

(Video aggiunto all’articolo da Renovatio 21)

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L’OMS stima che circa 100mila persone in Africa muoiano ogni anno a causa di farmaci falsificati o di scarsa qualità. Secondo il National Bureau of Statistics della Nigeria, circa quattro milioni di nigeriani fanno uso di oppioidi. A Tamale, nel nord del Ghana, un leader locale ha istituito una squadra di un centinaio di volontari nel tentatovo di raccogliere le pillole e arginare il fenomeno.

 

Tuttavia, secondo gli esperti, la Aveo Pharmaceuticals ha modificato la composizione dei suoi prodotti – inizialmente contenenti solo tapentadolo, ora venduto solo previa prescrizione medica – aggiungendo carisoprodol per eludere i controlli, creando così un mix in molti casi letale. In seguito a queste rivelazioni, le autorità indiane hanno effettuato perquisizioni negli stabilimenti di Aveo Pharmaceuticals, sequestrando l’intero stock e interrompendo la produzione.

 

Il contrabbando di farmaci senza licenza in India è un problema in crescita da anni. Già prima della pandemia erano stati segnalati diversi casi di farmaci indiani con gravi effetti collaterali poi ritirati dal mercato. Un’analisi del 2019 evidenziava come l’espansione dell’industria farmaceutica indiana, le cui esportazioni oggi valgono almeno 28 miliardi di dollari all’anno, fosse accompagnata da un mercato sempre più vasto di farmaci contraffatti e non regolamentati.

 

Secondo la legge indiana, i farmaci devono rispettare le Good Manufacturing Practices (GMP) e altre normative di sicurezza. Tuttavia, molte aziende farmaceutiche forniscono indirizzi fittizi e contatti falsi per sfuggire ai controlli, rendendo difficile il contrasto al traffico illecito.

 

Ad inizio anno, la Drugs Control Administration (DCA) del Telangana ha sequestrato farmaci senza licenza per un valore di 20 milioni di rupie, ritirando dal mercato i prodotti non conformi della Akron Formulations India Private Limited, con sede a Hyderabad, dopo una segnalazione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense.

 

Il fenomeno è in forte aumento: nel 2024 la DCA ha registrato 573 violazioni legate al contrabbando di farmaci, rispetto ai 56 casi dell’anno precedente.

 

Nonostante il problema sia ben documentato, l’India continua a rappresentare un hub strategico per l’industria farmaceutica globale. Merck, gigante farmaceutico statunitense noto come MSD al di fuori di USA e Canada, ha annunciato di voler espandere la propria presenza in India, aumentando il numero di dipendenti da 1.800 a 2.700 nei suoi stabilimenti.

 

La decisione, annunciata dal vicepresidente esecutivo Dave Williams durante una conferenza stampa in Telangana, dimostra come l’India resti un mercato chiave per gli investimenti nel settore, nonostante le criticità legate alla regolamentazione e alla sicurezza farmaceutica.

 

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Droga

Droga, mafia e rivoluzione: storia e geopolitica tra Stati Uniti e Cuba

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La conquista del Messico nel 1848 e la definizione dei confini del nord lasciò campo aperto alla fantasia speculativa del sogno americano verso l’intero continente, ma anche e soprattutto verso l’America Latina. Esistevano ancora alcune realtà in mano a potenze europee come, per esempio, l’Honduras britannico o l’isola di Cuba, ma nel breve arco di alcuni decenni Washington avrebbe una volta per tutte ribadito che le terre del continente non intendevano accettare alcun padrone che non fosse americano.   La manifesta incapacità spagnola di continuare a gestire i propri possedimenti spianò la strada a Washington nella sua volontà di ergersi a potenza imperiale, al pari della ristretta cerchia europea. Quando, a inizio 1898, fu affondata la corazzata USS Maine, inviata in seguito alla rivolta cubana contro la Spagna, il presidente americano McKinley si convinse a intervenire militarmente.   La guerra fu rapida e si estese presto alle altre colonie spagnole. Nel dicembre dello stesso anno, Spagna e Stati Uniti siglavano il Trattato di Parigi, in cui venivano trasferite al controllo statunitense le Filippine, il Portorico e l’Isola di Guam. Successivamente, quando il senato americano approvò il trattato, denominò legalmente le nuove annessioni come territori incorporati, i cui abitanti non avevano diritto di diventare cittadini dell’unione. I nuovi territori acquisiti diventavano in questo modo ufficialmente parte degli Stati Uniti, a differenza dei suoi abitanti che, come accaduto con il Messico esattamente cinquant’anni prima, venivano mantenuti separati dagli statunitensi.

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Il Trattato di Parigi, invece, aveva garantito a Cuba l’indipendenza non consentendone l’annessione agli Stati Uniti. Cuba rappresentava un crocevia importante per la geopolitica statunitense. La sua posizione strategica permetteva di controllare gli stretti di mare all’ingresso del Golfo del Messico, affacciandosi sulle rotte marittime più importanti per gli Stati Uniti, a maggior ragione in seguito all’eventualità della costruzione del canale di Panama.   La volontà americana di mantenere un controllo sull’isola caraibica portò alla creazione di un emendamento militare che vincolava il ritiro dei soldati a precise condizioni: impossibilità per Cuba di allearsi con altre nazioni, contrarre un debito pubblico superiore alle entrate statali, concessione di una base navale agli Stati Uniti, diritto di intervento degli Stati Uniti per preservare l’indipendenza dell’isola e del suo governo allo scopo di garantire la protezione della vita, della proprietà e della libertà individuale.   Nonostante le grandi proteste dei leader cubani per questa palese limitazione politica, nel 1901 l’emendamento venne incorporato nella Costituzione dell’isola caraibica e due anni più tardi fu usato come base dell’accordo bilaterale ratificato dai due Paesi.    Successivamente alla proclamazione della Repubblica cubana vi fu un’ondata di nuovi coloni e affaristi statunitensi tanto che per il 1905 il 60% delle terre dell’isola passò in mano a proprietari non cubani. Con la fine della Seconda guerra mondiale, Lucky Luciano organizzò all’Havana nell’ottobre 1946 un incontro tra i più importanti malavitosi statunitensi dell’epoca.   Lo scopo della riunione era di ricostruire il controllo sul traffico di stupefacenti americano dopo la forzata assenza durante la guerra. L’isola divenne sempre più lo snodo fondamentale per il traffico di droga diretto verso gli Stati Uniti e parallelamente un rinomato centro turistico ricco di hotel di lusso e casinò di proprietà della malavita organizzata.    Nel 1960 Kennedy fu eletto alla presidenza e l’America Latina fu subito individuata come teatro principale in cui era necessario intervenire contro la diffusione del comunismo e per realizzare concretamente le idee dei teorici della modernizzazione. La rivoluzione capitanata da Fidel Castro fu il primo grande campanello d’allarme nel proprio «giardino di casa».   Il rischio, secondo il segretario di Stato nei due mandati di Eisenhower, John Foster Dulles, era che l’egemonia statunitense nell’America Latina venisse per la prima volta apertamente sfidata. Il lento e inevitabile scivolamento diplomatico di Castro verso l’Unione Sovietica, un movimento oscillatorio mosso dall’inasprimento progressivo dei rapporti con gli Stati Uniti, divenne l’inesorabile destino dell’isola. L’improvvisa apparizione sovietica all’interno del giardino di casa, cinquant’anni dopo la vittoria sulla Spagna e il Trattato di Hay-Pauncefote, fece sentire il dorato isolamento americano pericolosamente violato.   Fidel Castro, una volta raggiunto il potere sull’isola, reinstaurò la costituzione del 1940, considerata una delle più progressiste del tempo, che sarebbe andata a sostituire definitivamente quella voluta dagli americani nel 1901. Nonostante Castro si fosse rivolto inizialmente agli Stati Uniti, non incontrò un accordo con John Foster Dulles e finì per accettare giocoforza le offerte arrivate da Mosca.   Alla data del 24 ottobre del 1961 Castro aveva già nazionalizzato, in tre momenti diversi, le raffinerie della Texaco, Shell ed Esso, tutte le banche americane, le società di proprietà statunitense sull’isola, tra cui i vari casinò ed alberghi.   I rapporti diplomatici si interruppero e gli USA continuarono ad alzare la pressione contro i rivoluzionari attraverso un embargo parziale e con operazioni clandestine, la più importante delle quali fu la vicenda della Baia dei Porci, organizzata allo scopo di rovesciare la dittatura di Castro a Cuba. L’operazione militare, già pianificata dal governo Eisenhower e dal capo della CIA Allen Dulles, si trovò in rampa di lancio proprio a cavallo delle elezioni vinte dal democratico Kennedy. Il neoeletto presidente diede il suo assenso all’azione.

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L’Intelligence americana si prodigò nel trovare una soluzione sostenendo una manovra militare messa in atto da esuli cubani anticastristi, finanziata e organizzata dagli Stati Uniti. Somoza, alleato principe per la causa anticomunista a stelle e strisce nel continente, si rese immediatamente disponibile e fornì immediato supporto, offrendo la base logistica da cui sarebbero partiti i gruppi paramilitari. Nessun luogo avrebbe potuto offrire miglior postazione strategica che la città di Puerto Cabezas nel Nord della costa atlantica nicaraguense. La sua posizione defilata, inserita in un territorio remoto e poco abitato, e la presenza di una pista d’atterraggio e di una banchina portuale, seppur malconce, creavano la perfetta skyline per farne la base di lancio dell’operazione denominata Happy Valley   La vicenda della baia dei Porci terminò con un risultato disastroso per il governo Kennedy. La totale disfatta della spedizione, oltre a non sortire l’effetto desiderato, contribuì a incrinare l’immagine vincente degli Stati Uniti. L’inerzia dei rapporti si trascinò fino all’apice della crisi dei missili di Cuba dove venne sfiorata la catastrofe nucleare.   Kennedy e Chruščёv trovarono infine un compromesso nello smantellamento dei missili nell’isola caraibica (ma non per la base americana di Guantanamo) e segretamente per le basi americane in Turchia e in Italia.    La formazione dell’esercito irregolare di cubani anticastristi che da quel momento vennero utilizzati nella guerra segreta per l’uccisione del Líder Máximo Fidel Castro e di alti esponenti del governo rivoluzionario caraibico porto anche un’altra conseguenza. Come scrive Doug Valentine in The Strenght of the Pack, già con l’Office of Strategic Service, antenato della CIA, vennero utilizzati diversi drug smugglers come assassini, spie e corrieri.   La cosiddetta Cuban Brigade, forte di un numero di oltre 1400 esuli, venne utilizzata dagli anni Sessanta in avanti per portare avanti ogni forma di operazione coperta. In cambio soprattutto dell’attività di sicari, inviati ovunque ve ne fosse bisogno, i membri di questo gruppo paramilitare beneficiavano di un rapporto privilegiato con i servizi americani. Grazie alla loro fedeltà alla causa anticomunista godettero di uno speciale cono d’ombra sulle loro attività parallele di organizzazione del narcotraffico soprattutto verso l’immenso, e mai sazio, mercato statunitense.    Nel 1980, poi, Castro liberò le prigioni e un’ondata di nuovi esuli cubani anticastristi esondò verso la Florida a riempire le fila delle brigate. Parallelamente alle attività pro-rivoluzionarie dei cubani castristi in America Latina, alla rivoluzione sandinista, alla mobilitazione del Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN) in El Salvador, alla formazione dei Contras, alla gestione di Panama di Torrijos prima e di Noriega poi, la ricerca di fondi, più o meno leciti, era costante.   Come conseguenza di questi anni febbrili, l’afflusso di cocaina verso gli Stati Uniti negli anni Ottanta del Novecento raggiunse picchi mai visti prima.   Marco Dolcetta Capuzzo

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
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