Droga
Un altro politico ecuadoriano ammazzato. Il Narcostato si avvicina?
Il leader del partito ecuadoriano Pedro Briones Revolución Ciudadana è stato ucciso lunedì da uomini armati nella sua casa nella provincia settentrionale di Esmeraldas, in quello che sembra essere l’ultimo di una serie di omicidi politicamente motivati nel Paese che sta per andare al voto.
La sparatoria mortale di Briones è avvenuta appena cinque giorni dopo che il candidato presidenziale Fernando Villavicencio è stato assassinato in pieno giorno nella capitale Quito mercoledì scorso. Villavicencio, un esplicito oppositore dei crescenti livelli di criminalità organizzata e corruzione nel Paese, era terzo nei sondaggi in vista delle elezioni presidenziali anticipate di domenica.
Luisa Gonzalez, capofila nelle elezioni del 20 agosto per Revolución Ciudadana, ha affermato sui social media che «l’Ecuador sta vivendo la sua era più sanguinosa», dicendo all’Associated Press di aver rafforzato la sua scorta dopo gli omicidi, ma si è rifiutata di indossare un giubbotto antiproiettile. «Ho fede in Dio», ha detto. «È lui che si prende cura di noi».
L’ex presidente ecuadoriano Rafael Correa, fondatore di Revolución Ciudadana, ha tuonato: «hanno ucciso un altro nostro collega a Esmeraldas. Quando è troppo è troppo!»
Le autorità non hanno approfondito le circostanze specifiche dell’omicidio di Briones, ma i media locali hanno riferito che è stato ucciso da uomini armati che in seguito sono fuggiti su una motocicletta.
La provincia di Esmeraldas, situata al confine dell’Ecuador con la Colombia, è stata una delle regioni più colpite dalla violenza nel Paese, poiché la sua posizione sulla costa del Pacifico la rende un luogo attraente da cui partire per il traffico di droga, in particolare cocaina, verso gli Stati Uniti ed Europa.
Il 26 luglio, anche Augustin Intriago, sindaco di Manta, la terza città più grande dell’Ecuador, è stato colpito a morte poche settimane dopo la sua rielezione a maggio.
Ondate di crescente violenza legata alla droga hanno causato migliaia di morti in Ecuador negli ultimi tre anni, mentre le bande locali, aiutate dai cartelli della Colombia e del Messico, si sono scontrate per l’influenza e il controllo delle strade e delle rotte del narcotraffico. Le politiche progettate per ridurre la violenza legata alla droga hanno dominato la narrazione in vista delle elezioni di questo fine settimana.
Sabato, le autorità carcerarie hanno trasferito il leader di una delle bande più potenti dell’Ecuador, i Los Choneros, in una struttura di massima sicurezza.
Villavicencio aveva precedentemente accusato il leader del gruppo, Adolfo Macias, noto come «Fito», di legami con il potente cartello della droga messicano di Sinaloa e ha affermato di aver ricevuto minacce di morte dal gruppo pochi giorni prima del suo assassinio.
Come riportato da Renovatio 21, anche una candidata della sinistra ecuadoriana, Estefany Puente Castro, è stata colpita da un attentato, con diversi spari alla sua auto. La politica dell’opposizione, che viaggiava con il padre e un dipendente, è uscita incredibilmente illesa.
La pista più chiara potrebbe essere, al momento, quella di una destabilizzazione a pochi giorni dal voto, con una serie omicidi di alto livello che mettono in riga i politici che intendono opporsi davvero (e non solo sulla carta, come pare accadere in altri Paesi latinoamericani) ai narcos.
In pratica, in atto in Ecuador ci sarebbe una scalata del narcotraffico, che sta tentando di sottomettere l’intero arco politico di Quito: il risultato non potrà che essere la creazione di un Narcostato, magari integrato con le mafie che riforniscono di cocaina e di altre sostanze (eroina, metanfetamine, fentanil) il mercato nero americano ed Europeo.
In particolare, sembrano oramai inarrestabili – tra violenze massive e fatturati da centinaia di dollari – i cartelli dei narcos messicani, ma non va sottovalutata la produzione agricola della cocaina in Paesi sudamericani come la Colombia, dove la storica cupola della droga ha stretto legami, anche famigliari a quanto si dice, con la ‘Ndrangheta, semimonopolista dello smercio della cocaina in Europa, dove si innestano poi anche altre mafie – come la mafia marocchina, che ha reso l’Olanda, a detto del sindacato di polizia locale, un «Narcostato 2-0).
Come riportato da Renovatio 21, dati indicano che la coltivazione della coca è ai massimi storici.
Immagine screenshot da YouTube
Droga
Droga ottenuta da ossa umane, la Sierra Leone dichiara l’emergenza
La Sierra Leone ha dichiarato una «emergenza nazionale sull’abuso di droga» tra le richieste dei servizi sanitari e delle comunità locali per fermare la diffusione di una droga sintetica che, secondo quanto riferito, contiene ossa umane e ha causato centinaia di morti.
La sostanza in questione, «kush», è una miscela di sostanze chimiche tra cui, ma non solo, marijuana, fentanil e tramadolo. Crea una forte dipendenza, è molto economico e ha effetti simili alla cannabis. Si sta diffondendo nel Paese da anni e, secondo quanto riferito, ha causato numerosi decessi per insufficienza d’organo e disturbi mentali, compresi danni permanenti al cervello.
In un discorso alla nazione giovedì sera, il presidente della Sierra Leone Julius Maada Bio ha affermato: «è mio dovere solenne… dichiarare un’emergenza nazionale sull’abuso di droga».
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«Il nostro Paese sta attualmente affrontando una minaccia esistenziale a causa dell’impatto devastante delle droghe e della tossicodipendenza, in particolare del devastante consumo di droghe sintetiche», ha affermato, aggiungendo che si è verificato un «aumento delle vittime» tra i consumatori.
Non esiste un bilancio ufficiale delle vittime tra i consumatori di questa droga, ma secondo un rapporto della BBC che cita una fonte medica, negli ultimi mesi diverse centinaia di consumatori di kush, per lo più giovani, sono morti nella capitale, Freetown. L’unico ospedale psichiatrico del Paese ha riferito che tra il 2020 e il 2023 i ricoveri legati al kush sono aumentati di quasi il 4.000% e hanno raggiunto 1.865 persone.
Gli ingredienti contenuti nel kush non sono sempre gli stessi, ma secondo i rapporti a volte contiene ossa umane tritate, anche se lo scopo di tale aggiunta non è chiaro ai giornali che ne stanno parlando. Il recente aumento del consumo ha portato le autorità di Freetown a istituire guardie di polizia nei cimiteri per proteggerli dai tossicodipendenti che scavano le tombe per produrre più droga, suggeriscono i media.
Nel discorso, Bio ha affermato che il governo creerà una task force per supervisionare la prevenzione dell’abuso di droga, il trattamento dei tossicodipendenti, nonché il supporto dei servizi sociali, l’applicazione della legge e l’impegno della comunità nel paese per quanto riguarda la vendita e l’uso di kush e altre droghe.
Il presidente ha inoltre sottolineato che le autorità intensificheranno il lavoro di smantellamento delle reti del traffico di droga. Secondo il commissario di polizia di Freetown Joseph Lahai, le forze dell’ordine locali hanno sequestrato due container di kush nella capitale all’inizio di questa settimana, arrestando sette sospetti trafficanti di droga.
Come riportato da Renovatio 21, il kush aveva già destato allarme l’anno passato per la devastazione sociale prodottasi in Sierra Leone e non solo. Secondo testimonianze raccolte, coloro che fumano Kush entrano in uno stato di trance. Un anno fa la BBC ha riportato che il 90% dei casi che finiscono all’ospedale psichiatrico di Freetown, Liberia, erano dovuti all’uso di Kush.
La parola «Kush» si riferisce generalmente a una varietà di cannabis indica pura o ibrida. Il nome verrebbe dalla catena montuosa dell’Hindu Kush. Secondo la testata governativa tedesca Deutsche Welle, avrebbero problemi con il Kush, anche chiamato K2, anche le gioventù di Liberia e Guinea.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa fu tentato un golpe in Guinea-Bissau che fece pensare che vi si stesse installando un narco-Stato.
Droga
Allarme bomba in un deposito pacchi di Roma: in realtà potrebbe essere un carico di cocaina
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Droga
Metà dei boliviani d’accordo con il contrabbando
Quasi la metà dei boliviani mostra una tolleranza nei confronti del contrabbando e lo considera un elemento significativo per l’economia nazionale. Lo riporta il quotidiano di La Paz El Mundo.
Il dato emerge da uno studio recente condotto dalla Camera Nazionale delle Industrie (CNI), secondo il quale il 48% dei partecipanti ritiene che il contrabbando rappresenti una fonte importante di reddito capace di influenzare positivamente il bilancio familiare.
La ricerca evidenzia che «la convivenza ancestrale con la pratica del contrabbando, la convinzione che esso costituisca una fondamentale fonte di reddito nell’ambito dell’informalità e l’impatto sul risparmio nelle spese familiari, fa sì che le persone percepiscano il contrabbando come un’attività legittima, socialmente consentita e massiccia, che ha a che fare con la vita quotidiana della maggior parte della popolazione».
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«In Bolivia le dinamiche del contrabbando sono cambiate. È passata dall’essere un’attività commerciale informale all’essere parte di organizzazioni criminali sempre più violente. Noi boliviani abbiamo naturalizzato il contrabbando e ora dobbiamo lottare per evitare che venga naturalizzata anche la criminalità organizzata», ha affermato il presidente del CNI, Pablo Camacho.
I dati presentati nel corso del dibattito della conferenza «Rivelazioni sulla criminalità organizzata e il commercio illecito» al quale hanno partecipato esperti provenienti da Bolivia, Cile e Perù, principale causa dell’aumento della violenza legata al contrabbando, che ha causato solo nel primo mese del 2024 almeno cinque militari morti.
Per il peruviano Rubén Vargas, ex ministro degli Interni del suo Paese, sostiene che il commercio illecito condivide territori, logistica e rotte con il traffico di altri beni, tra cui la droga, l’oro illegale o le armi.
Pur non essendo solamente la droga il tema del sondaggio ma il contrabbando, è inevitabile in questo contesto pensare al tema della foglia di coca e della cocaina.
Va ricordato come Evo Morales, indio aymara, diventato 65° presidente della Bolivia nel 2006, ha rappresentato i produttori di coca, pianta locale indispensabile alla vita ad alta quota, ma anche una potente droga proibita nel mondo.
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L’approccio di Morales alla questione della cocaina è stato incentrato sul fronte del consumo, piuttosto che sull’eradicazione delle piantagioni di coca., sostenendo che il problema debba essere affrontato attraverso politiche orientate al consumo, senza eliminare le coltivazioni di coca. Questa posizione si basa sul fatto che masticare foglie di coca è una pratica tradizionale che risale a più di mille anni fra le popolazioni indigene dell’America Latina, come gli Aymara e i Quechua, per le quali le foglie di coca sono considerate sacre.
Il Morales ha sostenuto, in maniera controversa e discutibile, argomentazioni folclorico-pauperiste per mantenere l’uso della pianta: vi sarebbe, secondo quanto dice, un basso potere narcotico delle foglie di coca, e che tale potere produrrebbe benefizio all’interno della società boliviana, consentendo a molte persone svantaggiate del paese di lavorare per lunghe giornate, che possono estendersi fino a quindici o diciotto ore, senza incorrere nei problemi associati alla dipendenza da sostanze stupefacenti.
Tali affermazioni del Morales sono state contestate.
L’uso delle foglie di coca (Erythroxylon coca) è effettivamente antico e risale a diversi millenni fa, anche se non è possibile determinare una datazione precisa. Questa pianta tropicale non era e non è oggi limitata esclusivamente alle popolazioni andine Quechua e Aymara. È probabile che queste popolazioni, evidentemente, abbiano commerciato con le popolazioni delle aree tropicali per procurarsi le foglie di coca, poiché – secondo alcuni – non erano un bene di largo consumo e quindi nemmeno durante l’epoca incaica, che precede di circa un paio di secoli la conquista spagnola, le foglie di coca erano di uso generalizzato.
Anche in un periodo in cui l’impero Inca stava consolidando il suo controllo sul territorio e sulla popolazione del settore occidentale del Sud America, le foglie di coca rimanevano di uso quasi esclusivo della casta teocratica incaica.
Sotto l’amministrazione Morales, la Bolivia ha adottato una politica conosciuta come «Coca Sì, Cocaina No», che ha garantito la legalità della coltivazione della coca, ma ha anche introdotto misure per regolarne la produzione e il commercio. Nel 2007, è stato annunciato che sarebbe stata permessa la crescita di 50.000 acri di coca nel paese, principalmente per il consumo interno, con ogni famiglia limitata alla coltivazione di un cato (equivalente a circa 0,16 ettari) di coca.
È stato quindi implementato in Bolivia un programma di controllo sociale, in base al quale i sindacati locali hanno assunto la responsabilità di garantire che questa quota non venisse superata. Si sperava che questo avrebbe eliminato la necessità di interventi militari e di polizia, contribuendo così a ridurre la violenza che aveva caratterizzato i decenni precedenti. Sono state anche messe in atto misure per promuovere l’industrializzazione della produzione di coca.
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Morales ha inaugurato il primo impianto di industrializzazione della coca a Chulumani, che ha prodotto e confezionato tè di coca. Il progetto è stato finanziato principalmente attraverso una donazione di 125.000 dollari dal Venezuela nell’ambito del regime PTA.
Tuttavia, queste misure di industrializzazione hanno incontrato grandi difficoltà poiché la coca è rimasta illegale nella maggior parte delle nazioni al di fuori della Bolivia, privando così i coltivatori di un mercato internazionale. Nel 2012, la Bolivia si è ritirata dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1961, che aveva richiesto la criminalizzazione globale della coca, e nel 2013 ha persuaso con successo la Convenzione unica delle Nazioni Unite sui narcotici a declassificare la coca come narcotico.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha più volte criticato la Bolivia, affermando che stava regredendo nei suoi sforzi anti-narcotici, e ha drasticamente ridotto gli aiuti alla Bolivia a 34 milioni di dollari per combattere il commercio di stupefacenti nel 2007. Tuttavia, sotto il governo di Morales, il numero di sequestri di cocaina in Bolivia è aumentato mentre cercavano di incoraggiare i coltivatori di coca a denunciare e contrastare i produttori e i trafficanti di cocaina.
Secondo quanto riportato l’alto livello di corruzione della polizia nel commercio illecito di cocaina è rimasto un problema costante per la Bolivia.
Come riportato da Renovatio 21, la coca, ad ogni modo, non è la sostanza più destabilizzante presente in Bolivia: per il litio, minerale indispensabile per l’elettronica attuale e perfino per l’automotive (le macchine elettriche) sarebbe già avvenuto un golpe, una situazione da qualcuno definita «la prima guerra del litio».
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Immagine di kristin miranda via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic
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