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La censura impazza: Google demonetizza i siti che sull’Ucraina non seguono la narrazione ufficiale
Su Telegram ha preso a girare lo screenshot di una lettera che sarebbe arrivata a vari utenti di Google AdSense, la piattaforma di Google per la pubblicità online: chi ha annunci AdSense sul suo sito, riceve pagamenti in cambio di click, visualizzazioni etc.
La lettera mandata dal colosso informatico ai suoi utenti scrive:
Gentile publisher,
A causa della guerra in Ucraina, metteremo in pausa la monetizzazione dei contenuti finalizzati a sfruttare, ignorare o giustificare la guerra.
Tieni presente che abbiamo già applicato questa misura alle dichiarazioni relative alla guerra in Ucraina in caso di violazione delle norme esistenti (ad esempio, le norme relative ai contenuti dispregiativi o pericolosi vietano di monetizzare contenuti che incitano alla violenza o negano eventi tragici). Questo aggiornamento ha lo scopo di chiarire, e in alcuni casi ampliare, le nostre indicazioni per i publisher in relazione a questo conflitto.
Questa sospensione della monetizzazione riguarda, a titolo esemplificativo, dichiarazioni secondo cui le vittime sono responsabili della propria tragedia o affermazioni simili di condanna delle vittime, ad esempio dichiarazioni secondo cui l’Ucraina sta commettendo un genocidio o sta attaccando deliberatamente i suoi stessi cittadini.
Quindi, riassumendo, qualsiasi tesi che sfiderà la narrazione ufficiale sarà punita.
Qualsiasi altra nuova strage ci verrà raccontata (la strage dell’Isola dei serpenti, la strage di Bucha) dovrà essere creduto e mai discussa, pena una punizione economica che mette in pericolo l’esistenza stessa del sito.
Ci chiediamo che fine faranno i reportage, davvero preziosissimi, dell’americano Patrick Lancaster, l’unico giornalista anglofono ad essere entrato sin da subito a Mariupol’, raccogliendo svariate testimonianze dei cittadini della città secondo cui erano le stesse truppe ucraine (e i battaglioni neonazisti) a mettere in pericolo la popolazione, a utilizzarla come scudo umano o addirittura a spararle addosso.
Lancaster posta su YouTube: temiamo che oltre la demonetizzazione possa esservi anche la rimozione diretta dei suoi filmati di fondamentale importanza per la comprensione del conflitto. È, del resto, quello che è successo a migliaia di ore di contenuto di Russia Today, l’emittente legata al Cremlino, molto visualizzata su YouTube: sparito tutto, da un giorno all’altro, per pure questioni politiche.
Come ha scritto a inizio conflitto Renovatio 21, a giudicare dalla censura dei media russi, dovremmo concludere che siamo già materialmente in guerra.
Non sarà quindi più possibile sentire l’altra campana per qualsiasi storia ci verrà raccontata dall’Ucraina – e oramai tutti hanno ammesso come una quantità mostruosa di materiale proveniente dal governo di Kiev (dagli inesistenti piloti provetti alla puerpera morta al Teatro di Mariupol’) sono pure fake news.
L’idea è quella per cui dovrete credere a tutto quello che vi diranno. E chi osa discuterlo, esercitando un suo diritto costituzionale (oltre che un diritto umano, naturale, prepolitico) verrà disincentivato a farlo. O la pensi come vogliamo noi, o ti togliamo il pane – abbiamo già visto con i vaccini questa logica di sterminio della diversità, di apartheid vero e proprio.
Ancora meglio, l’idea è quella di lasciarvi, tranquillamente, postare e discutere riguardo a Vasco Rossi, la Ferragni, la Juve, la transizione ecologica, e qualsiasi altra arma di distrazione di massa. Vi lasciano liberi di uploadare e scaricare quanta pornografia volete. Di più: difficile che qualcuno vi demonetizzerà se posterete in rete materiale sull’utero in affitto (grande specialità ucraina, che, come sa il lettore di Renovatio 21, procede nonostante la guerra), anche se in Italia esso è reato.
Andiamo ancora più a fondo: l’effetto desiderato non è solo castigare i dissidenti, ma quello di cancellare le idee stesse. Se nessuno parla di qualcosa (per esempio, le stragi del Donbass, che qualche filorusso chiama genocidio, e che ora secondo la nuova policy Google non può dirsi perché non si può dire perché vorrebbe dire che gli Ucraini possono essere tacciati di genocidio), quel qualcosa cessa di esistere, viene estirpato dalla conversazione, dalla mente della colletività.
È un memecidio: lo sterminio di un’idea fino alla sua totale cancellazione, alla sua damnatio memoriae.
Nessuno pare protestare rispetto a questa condizione distopica in cui siamo precipitati. Nessuno vuole difendere i cittadini da queste mostruose violazioni. Non un politico, non l’ordine dei giornalisti, non la pletora di ONG per i «diritti umani», la «libertà di coscienza», etc.
È difficile accettare di essere arrivati a questo punto. E francamente, non abbiamo con chiarezza idea di come questa cosa si risolverà, anche se, come tanti, stiamo guardando alla scalata di Elon Musk sull’azionariato di Twitter con tanta aspettativa.
Un’ultima nota: ieri YouTube ha sanzionato Renovatio 21.
La piattaforma ha eliminato il video che avevamo caricato, in forma «non-listata» (cioè, inacessabile a chi non ha il link), dove il dottor McCullough discuteva uno studio svedese su come il vaccino possa alterare il DNA umano. Come sa chi ha letto l’articolo correlato, si tratta solo della discussione di uno studio recente non ancora contestato, sul quale, come ripete McCullough, stanno facendo delle verifiche.
Niente, non è possibile parlarne.
«YouTube non ammette affermazioni sulle vaccinazioni COVID-19 che contraddicono il consenso degli esperti delle autorità sanitarie locali o dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)» ci hanno scritto via email, ovviamente da un indirizzo noreply@-
Chiaro che ci hanno anche dato l’avvertimento. Anche con un linguaggio non esattamente da partner, da persone che fra di loro hanno un contratto: «Perché è la prima volta, questo è solo un avvertimento. Se succede di nuovo, il tuo canale riceverà un avvertimento e non potrai fare cose come caricare, pubblicare o trasmettere in live streaming per una settimana».
Poco prima, anche Facebook, che ci ha da poco riattivato la pagina dopo l’ordinanza del giudice, ci ha censurato incredibilmente il video con un minuto di conferenza stampa di Putin. Ma ne parliamo in un articolo a parte.
Questo è la vita in quello che un tempo, ai tempi della cortina di ferro, si chiamava il «mondo libero». Non abbiamo idea di come si possa andare avanti così.
Immagine screenshot da YouTube
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Pedofilo inglese condannato per «cyber-flashing»: è il primo caso
Un molestatore britannico è diventato la prima persona ad essere incarcerata per il reato di «cyber-flashing» in Inghilterra e Galles, quando martedì è stato condannato a più di un anno di prigione. Ciò avviene dopo che una nuova serie di leggi è entrata in vigore all’inizio di quest’anno nel Regno Unito nel tentativo di reprimere contenuti e comportamenti antisociali online.
Il cyber-flashing è l’atto di inviare immagini sessuali indesiderate a un’altra persona attraverso piattaforme online come social media o app di messaggistica. L’atto è diventato un reato in Inghilterra e Galles ai sensi dell’Online Safety Act il 31 gennaio. In Scozia è un crimine da più di un decennio.
L’uomo – che era già stato condannato per attività sessuale con un minore di 16 anni – si è dichiarato colpevole di due capi di imputazione per aver inviato una fotografia o un filmato dei suoi genitali per causare allarme, angoscia o umiliazione.
A febbraio, ha preso in prestito il telefono di suo padre con la scusa di chiamare il suo agente di sorveglianza e ha scattato e inviato due foto dei suoi genitali, una ad una ragazza di 15 anni e un’altra ad una donna di 60 anni. Quest’ultima ha fatto uno screenshot e allertato la polizia.
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Nel corso dell’accusa, ha affermato che i reati «rientrano nell’ambito di un modello di comportamento stabilito dell’imputato». La difesa ha sostenuto che l’accusato non riceve gratificazione sessuale dal suo reato e invece «lo fa per creare caos quando è sotto pressione personale» a causa del disturbo da stress post-traumatico di cui soffre.
Il giudice ha condannato l’uomo a 66 settimane di carcere, considerando le due accuse combinate con la violazione di precedenti ordini del tribunale. Lo ha definito un uomo «disturbato» con una «visione distorta di se stesso e della sua sessualità».
L’Online Safety Act prende di mira attività quali abusi sessuali su minori, pornografia per vendetta, incitamento all’odio, terrorismo e post che promuovono l’autolesionismo. Attribuisce la responsabilità dell’eliminazione dei contenuti alle società proprietarie delle piattaforme su cui vengono pubblicati.
Le aziende i cui servizi sono accessibili agli utenti del Regno Unito e che non si conformano dovranno affrontare multe fino a 18 milioni di sterline (20,88 milioni di euro), o al 10% delle entrate mondiali qualificanti dell’azienda, a seconda di quale valore sia maggiore. L’UFCOM, l’autorità di regolamentazione delle comunicazioni britannica, ha il compito di far rispettare la legge.
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La Spagna sospende Telegram
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Trump definisce Facebook «nemico del popolo». Le azioni di Meta precipitano
L’ex presidente Trump ha affermato di considerare Facebook «un nemico del popolo» mentre ha ribadito la sua opposizione al divieto di TikTok attualmente in discussione nella politica statunitense.
«Francamente, ci sono molte persone su TikTok che lo adorano. Ci sono molti ragazzini su TikTok che impazzirebbero senza di esso. Ci sono molti utenti», ha detto Trump al programma «Squawk Box» della CNBC.
«Ci sono molti aspetti positivi e molti aspetti negativi in TikTok. Ma la cosa che non mi piace è che senza TikTok puoi rendere Facebook più grande. E considero Facebook un nemico del popolo, insieme ai media», ha aggiunto Trump.
L’accusa a Facebook «nemico del popolo» è stata ripetuta durante un’intervista di poche ore fa al giornalista di Newsmax Greg Kelly.
«Devi guardare a Facebook. Facebook è il nemico del popolo. Hanno fatto quelle cassette di sicurezza… hanno speso 500 milioni di dollari». Il riferimento del presidente è ad un sistema di voto con raccolta delle schede elettorali tramite lockboxes. Secondo quanto riportato da NPR, a questo sistema di raccolta di voti sarebbero arrivati «centinaia di milioni di dollari in donazioni per aiutare gli uffici elettorali locali, in particolare 350 milioni di dollari dal CEO di Facebook Mark Zuckerberg e da sua moglie Priscilla Chan».
TRUMP: “Facebook is the enemy of the people..” pic.twitter.com/3k4t7tMVVh
— ALX 🇺🇸 (@alx) March 14, 2024
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«Sai, se spendi più di 5600 dollari, o qualsiasi sia il numero… se spendi 100 dollari in più, ti mettono in prigione per violazioni relative alla campagna elettorale» dice Trump, parlando dei limiti alle donazioni durante le elezioni americane. «Zuckerberg, o Zuckerbucks, qualsiasi modo tu lo voglia chiamare, sta spendendo una cifra folle, sta spendendo 500 milioni di dollari, nell’ultima elezione. E non gli succede niente… e il danaro viene passato dappertutto, soprattutto nelle cassette di sicurezza, le cosiddette “cassette di sicurezza”, ma non sono “cassette di sicurezza”, io le chiamo “cassette aperte”».
L’ex presidente si riferisce agli sforzi per l’«integrità elettorale» promossi per il voto presidenziale 2020 da Mark Zuckerberg, che avrebbe donato «filantropicamente» circa mezzo miliardo di dollari, ribattezzati da alcuni Zuck bucks, «i dollaroni di Zuck».
«Io credo che bisogna fare qualcosa con Facebook. E una cosa che dico è che non voglio che Facebook diventi più grande, perché penso che Facebook sia una minaccia uguale» continua Trump nel contesto del discorso sulla possibile messa al bando di TikTok. «E ciò include la Cina, perché se la Cina vuole sapere qualsiasi cosa di ciò che sa Facebook… otterranno l’informazione» ha aggiunto oscuramente il candidato presidenziale repubblicano.
I giornalisti della CNBC hanno notato che Trump aveva precedentemente descritto TikTok come una minaccia alla sicurezza nazionale durante il suo primo mandato alla Casa Bianca. Trump ha affermato di credere ancora che sia così, affermando che il governo deve proteggere la «privacy e i diritti sui dati» degli americani.
«Se guardi alcune delle nostre aziende americane… non sono così americane», ha detto Trump. «Si occupano di quale, e se la Cina vuole qualcosa da loro, glielo daranno. Quindi anche questo è un rischio per la sicurezza nazionale».
«Ma quando guardo la cosa, non sto cercando di far sì che Facebook raddoppi le sue dimensioni, e se vieti TikTok, Facebook e altri, ma soprattutto Facebook, saranno un grande beneficiario», ha aggiunto Trump.
L’ex presidente ha confermato di aver recentemente incontrato Jeff Yass, uno dei principali donatori del GOP e investitore in TikTok. Ma ha detto che Yass non ha menzionato TikTok durante la conversazione.
Trump venerdì scorso ha espresso scetticismo riguardo al divieto di TikTok dopo che i legislatori hanno introdotto una legislazione bipartisan che richiederebbe alla società madre ByteDance con sede in Cina di disinvestire dalla proprietà o di affrontare un divieto negli Stati Uniti.
Giovedì la commissione per l’energia e il commercio della Camera ha avanzato all’unanimità la legislazione.
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Quando Trump era in carica nel 2020, promise di vietare l’operatività dell’app di social media basata su video negli Stati Uniti e emanò un ordine chiedendo a ByteDance di disinvestire dalle operazioni statunitensi di TikTok. Tuttavia, l’ordinanza è stata successivamente bloccata in tribunale.
Facebook ha bandito Trump nel gennaio 2021 in seguito alla rivolta dei 6 gennaio, per poi reintegrarne l’account l’anno scorso.
Il titolo Meta Platforms, proprietaria di Facebook e una delle stelle del recente rialzo di mercato, lunedì è scesa di circa il 4% dopo che Trump si è rivolto alla CNBC e ha etichettato Facebook «un nemico del popolo». Le azioni Meta erano scese dell’1,2% lo scorso venerdì a seguito di un post di Trump su Truth Social in cui l’ex presidente aveva criticato Facebook come «un vero nemico del popolo!».
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Come riportato da Renovatio 21, il presidente Trump non è nuovo a queste esternazioni esplicite contro i social media in particolare contro il fondatore di Facebook Marco Zuckerberg. Nel luglio 2021 aveva annunziato una class action contro Big Tech per la censura subita dagli utenti, fenomeno che come sa il lettore si è abbattuto drammaticamente anche su Renovatio 21.
The Donald aveva altresì invitato le nazioni della Terra a vietare Facebook e Twitter: «Tutte le voci dovrebbero essere ascoltate», aveva detto. Il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas, già noto per i suoi trascorsi non amichevoli con Joe Biden trenta anni fa, a quel tempo aveva dichiarato che Facebook e Twitter potrebbero essere regolamentati come enti pubblici.
Meta sta recentemente affrontando problemi per la questione delle attività pedofile sulle piattaforme, rivelate da articoli del Wall Street Journal, con udienze presso il Senato USA dove è stato testimoniato anche la questione del traffico di esseri umani. A gennaio il Nuova Messico ha fatto causa a Meta e Zuckerberg per aver facilitato il traffico sessuale minorile.
Quattro mesi fa Amnesty International ha accusato Facebook di diffondere l’odio in Etiopia. Questioni erano sorte anche con le elezioni in Cambogia. Secondo Human Rights Watch sarebbe ora attiva una censura sui contenuti pro-palestinesi. Nel 2022 Facebook aveva chiuso l’account della delegazione russa per il controllo delle armi all’OSCE di Vienna.
Facebook aveva, come noto subito pesanti accuse anche di censura del dibattito scientifico durante il COVID. Il colosso social fu attaccato dalla prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal per il fact-checking – definito «incompetente» – subito da un articolo sulla farmaceutica Pfizer.
A inizio 2023 Meta, aveva invertito la sua precedente politica di etichettare il famigerato battaglione neonazista Azov come «organizzazione pericolosa». L’impegno a cambiare la politica, si scrisse, era stato presumibilmente fatto ai funzionari ucraini da Nick Clegg e Monika Bickert, capo della gestione delle politiche globali di Facebook, durante il World Economic Forum di Davos.
Come riportato da Renovatio 21, un documento trapelato di Facebook a inizio conflitto mostrava come vi fosse stata per gli utenti ucraini una modifica per permettere loro di inneggiare al Battaglione Azov e chiedere la morte dei russi – comportamenti che si ritenevano proibiti sui social, che nel biennio pandemico hanno bannato migliaia se non milioni di persone per molto meno.
Il portavoce della società è stato inserito nella lista dei ricercati della Federazione Russa.
Oltre alle accuse di collusione con il potere di Washington – con la piattaforma che arriva a etichettare come falsa informazione le rivelazioni del premio Pulitzer Seymour Hersh sul ruolo degli USA nella distruzione del gasdotto Nord Stream 2 – rimangono inquietanti anche i fenomeni di diffusione della «donazione di sperma» tramite gruppi sui social.
Come riportato da Renovatio 21, in uno processo a Nuova York era saltato fuori che il colosso godrebbe della possibilità di agire sul vostro telefono perfino scaricandone la batteria.
Secondo quanto riportato dalla stampa statunitense, lo Zuckerberg starebbe altresì sviluppando una nuova, potente Intelligenza Artificiale.
C’è da domandarsi, quindi, cosa la supermacchina su cui Meta sta lavorando possa fare alla vostra vita.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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