Economia
La Banca d’Inghilterra pubblicherà il piano per la sua moneta digitale entro fine anno
l Regno Unito (UK) pubblicherà un rapporto consultivo contenente i prossimi passi proposti per la sua potenziale valuta digitale della banca centrale (CBDC) controllata dal governo entro la fine del 2022. Lo riporta Reclaim the Net.
Il rapporto sarà pubblicato dalla Bank of England, una banca centrale di proprietà del governo del Regno Unito, e dal Tesoro del Regno Unito, il ramo del governo che sviluppa e attua la politica finanziaria ed economica.
La pubblicazione del rapporto è stata annunciata da Sir Jon Cunliffe, vicegovernatore della stabilità finanziaria della Banca d’Inghilterra, durante un recente discorso intitolato «Riflessioni su DeFi, valute digitali e regolamentazione». «DeFi» sta per «Decentralized finance», cioè «finanza decentralizzata».
Il discorso non si è soffermato dettagli, ma ha indicato che la Banca d’Inghilterra e altri enti governativi del Regno Unito intendono imporre maggiori restrizioni sulle criptovalute mentre procedono con il loro lavoro su una sterlina digitale controllata dal governo.
Durante il discorso, Cunliffe ha osservato che la Banca d’Inghilterra sta «esplorando attivamente l’emissione di una sterlina nativa digitale» e ha citato il recente crollo dell’exchange di criptovalute FTX come una delle sue giustificazioni per l’introduzione di regole più rigide sulle criptovalute.
Il vicegovernatore ha affermato che il lavoro della Banca d’Inghilterra e del Tesoro per l’avvio di una sterlina digitale è stato guidato dalle «tendenze che si allontanano dal denaro fisico, che non può essere utilizzato in un’economia sempre più digitale, e, potenzialmente, verso nuove forme di denaro tokenizzato».
Cunliffe non ha discusso di potenziali implicazioni o limiti sulla privacy che si applicherebbero a una potenziale sterlina digitale, ma ha affermato che ci sarà un «quadro in cui i rischi sono gestiti correttamente». Ha anche indicato la caduta di FTX come «una dimostrazione convincente del motivo per cui è importante».
Oltre a discutere della sterlina digitale, Cunliffe ha anche parlato di come le criptovalute saranno presto soggette a normative più severe nel Regno Unito, affermando che «le attività di servizi finanziari e le entità che ora popolano il mondo delle criptovalute» dovrebbero essere portate «all’interno del quadro normativo». Il funzioanrio ha quindi citato «la necessità di proteggere i consumatori e «la necessità di proteggere la stabilità finanziaria» per giustificare la sua spinta per regolamenti più severi sulle criptovalute.
Inoltre, il Cunliffe ha suggerito di voler creare versioni regolamentate di alcune delle tecnologie dallo spazio della finanza decentralizzata (DeFi), come gli smart contracts, i «contratti intelligenti». Nella DeFi, questi contratti intelligenti consentono alle persone di accedere rapidamente a vari servizi finanziari senza dover passare attraverso un intermediario centralizzato.
Tuttavia Cunliffe ha affermato che la Bank of England, il Tesoro e l’autorità di regolamentazione finanziaria del Regno Unito, la Financial Conduct Authority (FCA), stanno lavorando a un «prototipo normativo» in cui gli sviluppatori possono esplorare «se e come» i rischi che Cunliffe associa alla DeFi «possono essere gestiti al livello di sicurezza che ci aspettiamo dal sistema attuale».
Oltre a queste proposte normative generali, Cunliffe ha delineato come uno specifico atto legislativo che si sta attualmente facendo strada attraverso il parlamento, The Financial Services and Markets Bill, imporrà regolamenti sugli stablecoin (criptovalute che sono ancorate al valore di una valuta nazionale).
Secondo Cunliffe, i poteri del disegno di legge avranno un’ampia portata e si applicheranno ai «sistemi di pagamento sistemici e ai servizi, come i portafogli, che li accompagnano» e ↔all’emissione e allo stoccaggio delle monete». La Banca d’Inghilterra «si consulterà in dettaglio» su questo quadro normativo all’inizio del prossimo anno e che alcuni dei requisiti normativi includeranno requisiti affinché gli stablecoin siano «pienamente supportati da attività liquide e di alta qualità».
Al di fuori dei suoi commenti sulla regolamentazione, Cunliffe ha preso di mira la DeFi e le blockchain senza autorizzazione, affermando che «deve ancora essere convinto che i rischi inerenti alla finanza possano essere gestiti efficacemente» dai protocolli del software DeFi e che «rimane per me molto dubbio se l’uso della blockchain senza autorizzazione potrebbe fornire il necessario livello di garanzia per le attività che sono parte integrante della stabilità del sistema finanziario».
«Non siamo preparati a vedere l’innovazione a costo di un rischio maggiore» ha insistito il funzionario della Banca del Regno.
Cunliffe non ha citato il fatto che se la sterlina digitale eroderà l’anonimato offerto dal contante o imporrà il controllo della spesa ai suoi utenti, i banchieri centrali e i funzionari di altri Paesi e organizzazioni sono stati più disponibili quando hanno discusso dei loro piani di emissione di CBDC.
«I funzionari della Banca centrale europea (BCE) e della Federal Reserve (la banca centrale degli Stati Uniti) degli Stati Uniti (USA) hanno confermato che il dollaro digitale e l’euro digitale avranno meno anonimato del contante . I funzionari della BCE hanno anche proposto limiti di spesa per l’euro digitale» scrive Reclaim the Net. «E altri potenti funzionari delle istituzioni globali hanno apertamente elogiato il modo in cui i CBDC consentono ai governi di “controllare con precisione ciò per cui le persone possono e non possono spendere i loro soldi” e hanno proposto di collegare i CBDC agli ID digitali».
Come riportato da Renovatio 21, anche la Federal Reserve con colossi del credito e della finanza USA stanno lanciando un programma pilota per il dollaro digitale. La Cina è da tempo sulla strada dello yuan digitale, così come con le CBDC sta sperimentando anche l’Australia.
Come ripetuto da Renovatio 21, l’euro digitale, ritenuto ora «inevitabile», sarà costruito sul medesimo sistema utilizzato, e sperimentato, per il green pass.
Tuttavia, prima della moneta digitale, passeremo giocoforza per un sistema di identificazione digitale, tale e quale quello ordinato nei discorsi del World Economic Forum, stanno portando avanti tutti i Paesi, dal Canada alla Francia all’Ucraina – all’Italia. Alla costruzione di un programma di identificazione digitale globale la Bill & Melinda Gates Foundation ha donato negli scorsi mesi 200 milioni di dollari.
Economia
La Turchia sospende ogni commercio con Israele
Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.
La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.
Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.
Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.
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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.
In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.
.@RTErdogan is breaking agreements by blocking ports for Israeli imports and exports. This is how a dictator behaves, disregarding the interests of the Turkish people and businessmen, and ignoring international trade agreements. I have instructed the Director General of the…
— ישראל כ”ץ Israel Katz (@Israel_katz) May 2, 2024
Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».
Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UE) a Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».
Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.
Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.
Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.
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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Economia
La Republic First Bank fallisce: la crisi bancaria USA non è finita
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Economia
BlackRock si unisce al pressing sull’Arabia Saudita: deve uscire dai BRICS
L’Arabia Saudita è oggetto di una pressione da parte di tutta la corte progettata per tirarla fuori dai BRICS e riallinearla con Londra e Washington.
Nello stesso momento in cui il Segretario di Stato americano Tony Blinken era in Arabia Saudita questa settimana per lavorare sulla «normalizzazione delle relazioni» tra Israele e Arabia Saudita – vale a dire, affinché i Sauditi riconoscano Israele in cambio di un patto militare con gli Stati Uniti – erano presenti nel regno wahabita anche Larry Fink e altri alti dirigenti di BlackRock per firmare un accordo con il governo saudita per il lancio della società BlackRock Riyadh Investment Management.
La nuova entità, detta anche BRIM, sarà una nuova «società di investimento multi-class» a Riyadh, con 5 miliardi di dollari di capitale iniziale di origine saudita, che dovrà «gestire fondi che investono principalmente in Arabia Saudita ma anche nel resto del Medio Oriente e del Nord Africa», ha riferito il Financial Times.
«L’obiettivo è attrarre ulteriori capitali esteri in Arabia Saudita e rafforzare i suoi mercati dei capitali attraverso una gamma di fondi di investimento gestiti da BlackRock», che ha in gestione una bella somma di 10,5 trilioni di dollari. Il CEO di BlackRock Larry Fink ha dichiarato in una nota che «l’Arabia Saudita è diventata una destinazione sempre più attraente per gli investimenti internazionali… e siamo lieti di offrire agli investitori di tutto il mondo l’opportunità di parteciparvi».
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L’Arabia Saudita aveva segnalato il suo interesse ad entrare nei BRICS ancora due anni fa.
Come riportato da Renovatio 21, pare che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – capo de facto del regno islamico – cinque mesi fa abbia snobbato i britannici per incontrare il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Negli stessi mesi il Regno aveva stipulato con la Cina un accordo di scambio per il commercio senza dollari.
Lo scambio di petrolio senza l’intermediazione del dollaro, iniziata nel 2022 con le dichiarazioni dei sauditi sulla volontà di vendere il greggio alla Cina facendosi pagare in yuan, porterà alla dedollarizzazione definitiva del commercio globale.
A gennaio 2023, il ministro delle finanze dell’Arabia Saudita Mohammed Al-Jadaan ha dichiarato al World Economic Forum che il Regno è aperto a discutere il commercio di valute diverse dal dollaro USA.
«Non ci sono problemi con la discussione su come stabiliamo i nostri accordi commerciali, se è in dollari USA, se è l’euro, se è il riyal saudita», aveva detto Al-Jadaan in un’intervista a Bloomberg TV durante il WEF di Davos. «Non credo che stiamo respingendo o escludendo qualsiasi discussione che contribuirà a migliorare il commercio in tutto il mondo».
Il rapporto tra la Casa Saud e Washington, con gli americani impegnati a difendere la famiglia reale araba in cambio dell’uso del dollaro nel commercio del greggio (come da accordi presi sul Grande Lago Amaro tra Roosevelt e il re saudita Abdulaziz nel 1945) sembra essere arrivato al termine.
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Immagine di pubblico dominio CCO via Flickr
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