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Il genero di Trump farà hotel di lusso al posto degli edifici bombardati dalla NATO in Kosovo

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Il genero dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Jared Kushner, e un altro ex aiutante della Casa Bianca hanno firmato un contratto con il governo serbo per costruire un hotel di lusso sul sito di un complesso militare bombardato dalla NATO nel 1999.

 

La scorsa settimana Belgrado ha firmato un contratto di locazione di 99 anni con Affinity Global Development, una società di investimento affiliata a Kushner che vanta sostenitori come il fondo sovrano dell’Arabia Saudita.

 

Lavorando in collaborazione con Richard Grenell, che è stato direttore ad interim dell’Intelligence nazionale nell’amministrazione Trump, il Kushner prevede di convertire l’ex quartier generale dell’esercito jugoslavo, gravemente danneggiato, in un hotel da 500 milioni di dollari.

 

Grenell, allora ambasciatore in Germania, lavorava come inviato speciale nei Balcani nel 2019, quando suggerì per la prima volta agli investitori statunitensi di riqualificare il complesso militare bombardato.

 

Il Grenello, harvardiano e omosessuale dichiarato, è stato insignito della «medaglia presidenziale di merito del Kosovo» per la sua opera di mediazione in fatto di commercio tra Kosovo e Serbia. Il diplomatico si distinse come alfiere dell’amministrazione Trump nello sforzo verso la depenalizzazione dell’omosessualità nelle nazioni in cui l’omosessualità era illegale.

 

Nell’autunno del 2018, il Grenell ha svolto un ruolo diplomatico chiave nella pianificazione dell’arresto di Julian Assange, fornendo garanzie all’Ecuador che il giornalista australiano non sarebbe stato condannato a morte negli Stati Uniti.

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Kushner, che ha in programma anche progetti di hotel di lusso nella vicina Albania, ha affermato che la riqualificazione «eleverà ulteriormente Belgrado nella principale destinazione internazionale che sta diventando».

 

Il progetto serbo comprenderà anche appartamenti e spazi commerciali, nonché un memoriale in memoria delle persone uccise durante i bombardamenti della NATO. L’accordo prevede la riqualificazione di un’area di tre blocchi e la condivisione dei profitti con il governo serbo. Il governo manterrà la proprietà del sito e, secondo quanto riferito, annullerà il contratto di locazione se lo sviluppo non sarà completato in tempo.

 

Giovedì i politici del partito di opposizione hanno protestato contro l’impresa, esibendo cartelli che dicevano: «smettete di dare il quartier generale dell’esercito in regalo alle società offshore americane». Il deputato Dragan Jonic, presente alla protesta, ha detto ai giornalisti: «qualcuno sta cercando di chiarire il pasticcio che hanno fatto, e non sono loro che dovrebbero fare qualcosa in questo posto».

 

Mercoledì un funzionario serbo ha difeso l’accordo Kushner-Grenell, affermando in una nota: «il governo della Serbia ha scelto come partner in questa impresa una rispettabile società americana, che investirà nella rivitalizzazione dell’ex complesso del Segretariato federale per la difesa nazionale».

 

I fondi di investimento di Kushner sono finanziati principalmente da sostenitori stranieri, inclusi investitori in Israele, Germania ed Emirati Arabi Uniti. I critici hanno suggerito che progetti come l’hotel serbo creano potenziali conflitti di interessi perché se Trump riconquistasse la presidenza, le sue decisioni di politica estera potrebbero favorire gli interessi finanziari dei suoi familiari.

 

I democratici del Congresso hanno chiesto un’indagine sulle iniziative all’estero di Kushner a marzo, dopo che il New York Times aveva riferito dei suoi piani di sviluppo nei Balcani. «Jared Kushner sta perseguendo nuovi affari esteri proprio mentre Donald Trump diventa il presunto candidato repubblicano alla presidenza», avevano dichiarato i rappresentanti democratici Jamie Raskin del Maryland e Robert Garcia della California in una dichiarazione a marzo.

 

Kushner ha sostenuto che, come privato cittadino, è libero di perseguire opportunità commerciali all’estero, comprese quelle che coinvolgono governi stranieri.

 

Nel 1999 la NATO è intervenuta nel conflitto tra il governo serbo e i separatisti albanesi in Kosovo. Gli aerei occidentali hanno bombardato obiettivi in ​​Serbia e Montenegro per 78 giorni, costringendo Belgrado a ritirare la polizia e l’esercito dal Kosovo. Le forze di pace guidate dalla NATO furono quindi dispiegate nella provincia.

 

Le autorità albanesi, sostenute dall’Occidente, hanno dichiarato l’indipendenza del Kosovo nel 2008. La Serbia e un certo numero di Paesi, tra cui Russia e Cina, considerano ancora il Kosovo territorio serbo.

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Il Kosovo è essenzialmente una creazione dei Clinton, che si appoggiavano al cosiddetto «Ulivo mondiale»: Blair a Londra e l’ex comunista Massimo D’Alema a Roma, che fornì aiuto politico, materiale, militare dal nostro Paese. Lo «Stato» kosovaro fu creato grazie a massicci bombardamenti NATO della Serbia voluti dall’amministrazione americana a fine anni Novanta, in primis il senatore Joe Biden, che, amico personale di Tito, rivendica addirittura di aver indicato ai militari le zone da colpire.

 

 

Secondo il New York Times il Kosovo è percentualmente il più grande fornitore di foreign fighter ISIS in rapporto alla popolazione.

 

L’ex presidente kosovaro Hashim Thaci, pupillo del segretario di Stato clintoniano Madeleine Albright a lungo al vertice del Paese, è stato accusato di crimini tra cui il traffico di organi.

 

Non è il primo affare internazionale condotto, non senza una certa spregiudicatezza, dal marito ebreo di Ivanka Trump.

 

Ottenuto un posto di potere come consigliere della Casa Bianca trumpiana, Jared si mosse subito ingraziandosi l’uomo forte saudita Mohammed bin Salman; il rapporto ha condotto a quella sorta di armistizio tra Israele e le monarchie del Golfo persico chiamato «accordi di Abramo». Tuttavia, è emerso come Mohammed bin Salman e il suo mentore e confidente omologo emiratino Mohammed bin Zayed al Nahyan fra loro scherzassero dicendo che se lo tengono nel taschino.

 

Giornali americani hanno dettagliato la ricerca di danari islamici da parte di Kushner durante la suo incarico alla Casa Bianca, insistendo anche presso il Qatar. I Kushnerri avevano bisogno di investimenti per ripianare il grande disastro della famiglia, l’acquisto del colossale – e inquietante – palazzo Fifth Avenue 666: il numero civico 666 sulla celeberrima Quinta Strada di Nuova York. Un affare immane andato malamente: l’edificio, una volta acquistato dai ricchi palazzinari ebrei del New Jersey, rimase a lungo mezzo vuoto. Avrebbero poi pudicamente cambiato il nome del palazzo da Fifth Avenue 666 a Fifth Avenue 660.

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La famiglia di Kushner, immobiliaristi ortodossi del New Jersey, ha contatti intimi e risalenti con il premier israeliano Beniamino Netanyahu, la cui carriera politica il padre di Jared, Charles Kushner (finito in galera per storie di grande sordidità) ha finanziato lautamente, mentre in USA erano fiancheggiatori del Partito Democratico dei Clinton.

 

Il Kushner si è distinto recentemente per i suoi commenti su Gaza, del cui lungomare ha elogiato il futuro valore immobiliare, per poi dire che i Paesi europei dovrebbero accogliere più rifugiati palestinesi in fuga dalla Striscia ora martoriata catastroficamente dallo Stato Ebraico.

 

La base dei sostenitori di Trump non ha mai amato Jared Kushner, ritenendolo – a causa del background di grandi sostenitori Democratici della famiglia – un potenziale traditore, o meglio, nel gergo politico MAGA, un «RINO», «repubblicano solo di nome».

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la nipote di Trump ha dichiarato che Kushner potrebbe aver svolto il ruolo di talpa per l’FBI nel caso del raid a Mar-a-Lago.

 

L’anno passato Trump ha rivelato di aver chiesto alla figlia Ivanka e al genero Kushner di non partecipare alla campagna 2024.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Geopolitica

«Una guerra su vasta scala non è una conclusione scontata»: parla il capo di un grande think tank russo

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In vista della conferenza «Russia e Cina: cooperazione in una nuova era» che tenutasi a inizio mese a Mosca, il direttore generale del Consiglio russo per gli affari internazionali (RIAC), Ivan Timofeev, ha dichiarato all’agenzia di stampa statale russa TASS la crescente probabilità di una guerra su vasta scala tra Russia e Occidente.   «Una guerra su vasta scala non è una conclusione scontata, ma sfortunatamente la sua probabilità è in aumento», ha detto Timofeev in un’intervista alla TASS. «Un’opzione è che ci sarà un grande aumento del confronto tra di noi. Alla radice di ciò c’è la questione dell’Ucraina, poiché l’Occidente continua a fornire assistenza militare su larga scala a Kiev».   Giovedì, in un incontro separato, il capo della NATO Jens Stoltenberg ha parlato ai ministri degli Esteri della necessità di consentire all’Ucraina di utilizzare armi occidentali per penetrare in profondità all’interno della Russia.   Timofeev ha messo in guardia sulla crescente possibilità di un conflitto diretto con la NATO:   «Un certo numero di funzionari, soprattutto in Francia e nel Regno Unito, hanno affermato che singole unità militari dei paesi della NATO potrebbero essere schierate in Ucraina. Se prendessero parte ad operazioni militari contro le forze russe, diventerebbero un obiettivo legittimo per il nostro esercito».

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«Speriamo che questa possibile escalation coinvolga armi convenzionali e non armi nucleari. Nel frattempo, la NATO sta spendendo dieci volte di più della Russia – se non di più – per la difesa. È certamente uno scenario pericoloso».   «La leadership della NATO ha dichiarato che non verranno inviate truppe in Ucraina, e un certo numero di politici dell’UE hanno affermato che ciò è controproducente. Ciò significa che non sono uniti sulla questione» ha insistito il direttore generale della RIAC, aggiungendo che «per quanto riguarda la Russia, dobbiamo tenere conto di ogni scenario possibile. Abbiamo la capacità di scoraggiare queste minacce».   «Tuttavia, uno scenario del genere causerà danni irreparabili a tutti» ha concluso Timofeev, sostenendo che l’Occidente probabilmente continuerà ad assistere l’Ucraina attraverso forniture di armi e attrezzature, indicando che queste «linee di divisione tra» Russia e Occidente «potrebbero stare lì per decenni».   Come riportato da Renovatio 21, un anno fa il Timofeev aveva scritto un editoriale che descriveva il sentimento provato da una parte crescente di russi nei confronti delle nazioni occidentali.   «In Russia, si sta diffondendo sempre più il punto di vista che l’obiettivo degli Stati Uniti e dell’”Occidente collettivo” guidato da Washington sia una soluzione finale alla “questione russa”» scrive l’intellettuale russo. «Un tale obiettivo è visto come uno sconfiggere la Russia, livellare il suo potenziale militare, ristrutturare la sua statualità, ricablare la sua identità e possibilmente liquidarla come Stato unico».   Come riportato da Renovatio 21, il dibattito sul comportamento del blocco occidentale in Russia è arrivato perfino ad ipotizzare l’uso di un’arma atomica su un Paese europeo.   La proposta, fatta dal politologo russo Sergej Karaganov, ha suscitato reazioni di risposta in vasta parte dell’intellighenzia politica moscovita. Tuttavia, come riportato da Renovatio 21il tabù nucleare ha iniziato via via ad erodersi.   «La paura dell’Armageddon va ristabilita» ha detto l’ex colonnello dell’Intelligence militare russo (GRU) Dmitrj Trenin. «La paura della bomba atomica, presente nella seconda metà del Novecento, è scomparsa. Le armi nucleari sono state eliminate dall’equazione. La conclusione pratica è chiara: non c’è bisogno di aver paura di una simile risposta russa».

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Geopolitica

Imboscata di Hamas uccide otto soldati israeliani

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I combattenti di Hamas hanno ucciso otto soldati israeliani in un’imboscata nel sud di Gaza, segnando uno degli incidenti più mortali avvenuti a Gerusalemme ovest nell’enclave palestinese dall’inizio della guerra lo scorso ottobre.

 

Le Brigate Hamas Al Qassam hanno affermato di aver effettuato una «complessa imboscata» contro i veicoli delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) sabato a Tal al-Sultan, situata a ovest di Rafah. L’incidente è iniziato con un attacco a un bulldozer militare, che ha preso fuoco.

 

Quando altre truppe israeliane sono arrivate per salvare i membri dell’equipaggio feriti, il gruppo palestinese ha colpito il loro veicolo blindato, provocando altre vittime, ha detto l’ala militare di Hamas.

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In rete stanno circolando immagini non verificate del carro distrutto.

 

 

L’IDF ha detto che l’incidente è sotto indagine per esaminare le possibili cause. Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha reso omaggio ai soldati caduti, dicendo: «Sabato è duro. Otto dei nostri migliori figli sono stati uccisi a Rafah. Pur conoscendo il prezzo, sono entrati coraggiosamente a Gaza per completare la missione di distruggere Hamas e liberare gli ostaggi».

 

I funzionari israeliani si sono scrollati di dosso la condanna internazionale per aver portato avanti l’operazione Rafah dell’IDF, che ha messo in pericolo i civili in una città dove più di 1 milione di palestinesi si erano rifugiati dopo che i loro quartieri in altre parti dell’enclave erano stati bombardati. Secondo le autorità sanitarie di Gaza, dall’inizio della guerra sono stati uccisi oltre 37.000 palestinesi.

 

L’imboscata di sabato è stata l’incidente più mortale per l’IDF da gennaio, quando 21 soldati furono uccisi in un’esplosione che causò il crollo di due edifici. Più di 300 soldati israeliani sono morti da quando sono iniziati i combattimenti a Gaza.

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L’imboscata ha preso di mira un convoglio corazzato che, secondo quanto riferito, si stava dirigendo verso alcuni edifici catturati dall’IDF sabato mattina presto.

 

Le truppe della 401a Brigata Corazzata israeliana hanno ucciso circa 50 uomini armati in un’offensiva notturna nel nord-ovest di Tal al-Sultan, ha affermato l’IDF. I soldati avevano programmato di riposarsi negli edifici catturati.

 

In video apparsi in rete, Rafah appare come una città distrutta.

 

 

Israele aveva iniziato un’operazione a Rafah quattro settimane fa entrando con i carri. Dagli attacchi emersero immagini spaventose. Netanyahu aveva annunziato che sarebbe entrato a Rafah con o senza accordo sugli ostaggi. Membri del suo governo come il sionista Itamar Ben Gvir avevano dichiarato che avrebbe fatto cadere l’esecutivo qualora l’invasione di Rafah non si fosse concretata.

 

Il controllo di Rafah da parte delle truppe israeliane di fatto taglia fuori la Palestina dall’Egitto, portando in dominio dello Stato Ebraico nell’area a toccare il mare.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso l’Egitto aveva avvertito lo Stato degli ebrei che l’invasione di Rafah potrebbe porre fine al trattato di pace del 1979 . Il Cairo ora vuole partecipare al processo per «genocidio» partito alla Corte Internazionale di Giustizia.

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Immagine screenshot da Twitter

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Zelens’kyj rifiuta l’offerta di pace di Putin

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I termini delineati dal presidente russo Vladimir Putin per porre fine al conflitto sono un «ultimatum» per l’Ucraina e come tali inaccettabili, ha affermato Vladimir Zelens’kyj.   Venerdì, parlando in un incontro con alti funzionari del ministero degli Esteri russo, Putin ha affermato che Kiev dovrà cedere tutto il territorio delle quattro regioni che hanno scelto di unirsi alla Russia e garantire che non si unirà mai alla NATO prima che possano iniziare i colloqui di pace.   «Cosa posso dire? Questi messaggi sono messaggi di ultimatum, non sono niente di diverso da altri ultimatum che ha lanciato in precedenza», ha detto lo Zelens’kyj alla rete televisiva Sky TG24 mentre partecipava alla riunione del G7 di Fasano, provincia di Brindisi.   «Vuole che rinunciamo a parte dei nostri territori occupati, ma vuole anche quelli non occupati. Parla delle regioni del nostro Paese e non si ferma», ha affermato il presidente ucraino.

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La definizione di Zelens’kyj dell’offerta di Putin come un ultimatum è stata respinta come «intesa sicuramente in modo sbagliato», secondo il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov venerdì.   «Questa è una proposta completa, molto profonda e costruttiva», ha detto a Izvestia l’addetto stampa di Putin. Se i termini sembrano più duri di quelli proposti da Mosca nella primavera del 2022, ha spiegato, è perché “si è creata una situazione diversa”, con quattro regioni che hanno scelto di diventare parte della Russia.   Peskov ha ricordato che l’Ucraina ha ricevuto condizioni di pace molto generose nel marzo 2022, ma le ha respinte «su ordine degli inglesi».   Come riportato da Renovatio 21, testate giornalistiche e i funzionari ucraini hanno confermato che Boris Johnson, all’epoca primo ministro britannico, aveva detto loro che non avrebbero dovuto accettare alcun accordo con la Russia.   Annunciando l’operazione militare contro il governo di Kiev, nel febbraio 2022, Putin ha affermato che Mosca intendeva ottenere la «smilitarizzazione e denazificazione» dell’Ucraina e garantire che Kiev non avrebbe mai aderito alla NATO o a qualsiasi altro blocco militare anti-russo.   Putin nello stesso discorso fatto dinanzi agli alti diplomatici russi aveva rivelato che la Russia non ha mai avuto intenzione di entrare con in tank a Kiev, e li aveva mandati verso la capitale solo per arrivare al tavolo della pace. I carri erano stati infatti rimossi con segno di buona volontà per i colloqui di pace di Istanbul.   Il presidente russo ha altresì rivelato che ad inizio conflitto Mosca era disposta a lasciare Kherson e Zaporiggia all’Ucraina, essendo concentrata sulla protezione del Donbass. Tuttavia, dopo i referendum di annessione alla Federazione Russa, questa proposta non è più sul tavolo.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr  
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