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Geopolitica

Quando Biden chiedeva il bombardamento della Serbia: video virale in Cina

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Un video riemerge dalla rete: il senatore del Delaware Joe Biden rivendica le sue proposte di bombardamento della Yugoslavia, dettagliando anche gli obbiettivi da colpire come ponti e depositi di carburante.

 

Si tratterebbe di un video di una riunione del 1998 della Commissione Relazioni Estere del Senato. La data è importante: la Serbia, allora chiamata Yugoslavia, sarebbe stata bombardato solo qualche mese dopo, nel 1999.

 

«Io ho proposto di bombardare Belgrado. Io ho proposto di mandarci i piloti americani a distruggere tutti i ponti sul fiume Drina», rivendica orgoglioso il Biden.

 

 

Fantastico Joe Biden: anche prima della senilità, riusciva a fare danni a tutti (a se stesso, pure) pure quando, raramente, ha detto la verità.

 

Il filmato, pubblicato su Telegram anche dalla combattiva portavoce degli Esteri russa Maria Zakharova, è diventato subito virale in Cina, dove è ben vivo il ricordo del bombardamento dell’ambasciata cinese di Belgrado da parte degli aerei USA.

 

«I cinesi possono relazionarsi pienamente con i dolori e le sofferenze di altri paesi perché non dimenticheremo mai chi ha bombardato la nostra ambasciata nella Repubblica federale di Yugoslavia», ha affermato la missione diplomatica cinese nell’UE in una nota.

 

«Non abbiamo bisogno di una lezione sulla giustizia da parte di chi abusa del diritto internazionale. In quanto residuo della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo, la NATO continua ad ampliare la sua portata geografica e la sua gamma di operazioni. Che tipo di ruolo ha svolto nella pace e nella stabilità mondiale? La NATO deve fare una bella riflessione».

 

Il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado è avvenuto il 7 maggio 1999 e ammazzò tre giornalisti cinesi ferendo altri 20 cittadini della Repubblica Popolare.

 

Inizialmente era stato detto che la CIA aveva identificato le coordinate sbagliate, ma un’indagine successiva ha affermato che l’attentato era in realtà deliberato perché l’ambasciata veniva utilizzata per trasmettere le comunicazioni dell’esercito yugoslavo.

 

In un controverso video pubblico cinese uscito subito dopo le elezioni americane 2020, un importante professore pechinese, spiegava che Cina e USA fino a Trump avevano sempre goduto di solidi canali riservati che permettevano loro di risolvere qualsiasi problema con rapidità: l’esempio specifico che faceva era proprio quello del bombardamento dell’ambasciata di Belgrado.

 

«Aggiustavamo tutto in due mesi. Qual è la ragione? Dirò qualcosa di esplosivo: è perché abbiamo persone al vertice. Al vertice del nucleo delle cerchie più interiori del potere e dell’influenza in America, Noi abbiamo i nostri vecchi amici»

 

Nello stesso discorso, il professor  Di Dongsheng accennava sornione al fondo del figlio depravato di Biden, Hunter, noto per i suoi numerosi affari con la Cina e con i suoi vertici.

 

«Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondo globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi il fondo?»

 

 

 

 

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Geopolitica

Lavrov: gli anglosassoni spingono l’Europa continentale a combattere la Russia

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Gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno preparando l’Europa continentale per uno scontro militare con Mosca, ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.

 

Lavrov ha lanciato l’allarme durante il suo discorso al simposio «Inventing the Future» tenutosi lunedì a Mosca.

 

Parlando del conflitto in Ucraina, il diplomatico di alto rango ha sottolineato che «gli anglosassoni si aspettano di sconfiggere il nostro Paese per mano del regime di Kiev, proprio come Hitler, riunendo la maggior parte dei Paesi europei sotto la bandiera nazista».

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«E, come piano di riserva, nel caso in cui il regime di Zelens’kyj fallisse, stanno preparando l’Europa continentale a lanciarsi in un’avventura suicida e a entrare in un conflitto armato diretto con la Russia», ha affermato.

 

Il Lavrov ha espresso rammarico per il fatto che le élite al potere in molti paesi europei non vedano un futuro per sé stesse nella formazione di un mondo multipolare. Invece, stanno «cercando la salvezza da un egemone d’oltremare», ricordando come il cancelliere tedesco Olaf Scholz abbia accolto con favore l’annuncio di luglio che gli Stati Uniti avrebbero piazzato missili a raggio intermedio in Germania.

 

Secondo il Lavrov, questa non è stata l’unica volta in cui Scholz non è riuscito a difendere il suo Paese.

 

«Il governo tedesco ha vergognosamente accettato l’umiliante distruzione dei gasdotti Nord Stream a scapito degli interessi fondamentali dell’economia tedesca e del popolo tedesco», ha affermato il ministro degli Esteri.

 

Alti funzionari russi, tra cui il presidente Vladimir Putin, hanno già puntato il dito contro gli Stati Uniti come probabile responsabile delle esplosioni del Nord Stream nel settembre 2022, sostenendo che Washington aveva i mezzi tecnici per portare a termine l’operazione e che era quella che avrebbe tratto il massimo vantaggio dalla distruzione dei principali oleodotti, considerando che l’attacco ha interrotto le forniture energetiche russe all’UE e costretto il blocco a passare al più costoso gas naturale liquefatto fornito dagli Stati Uniti.

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Lavrov ha anche descritto come «sconsiderate» le proposte avanzate dall’Ucraina e da alcuni in Occidente per consentire a Kiev di utilizzare armi fornite dall’estero per attacchi in profondità nel territorio russo.

 

«Non parlerò dell’insensatezza dell’idea stessa di combattere contro la Russia fino alla vittoria. Nella migliore delle ipotesi, ciò ridurrà drasticamente le possibilità che i potenziali partecipanti a una guerra del genere svolgano un ruolo in un futuro multipolare», ha avvertito.

 

Le accuse del ministro degli Esteri russo alla categoria degli «anglosassoni» non sono nuove.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Lavrov dichiarò che gli anglosassoni non avrebbero permesso all’Ucraina di negoziare la fine della guerra.

 

Altre volte la leadership russa si è riferita al concetto del «miliardo d’oro», ossia a quella parte dell’umanità, coincidente più o meno con l’Occidente e i suoi satelliti, considerata come privilegiata rispetto al resto della popolazione mondiale.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine tagliata.

 

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Israele ammette l’«operazione speciale» in Siria

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Israele ha effettuato un raid di terra in Siria per arrestare «un terrorista operativo» legato all’Iran, ha affermato domenica l’esercito israeliano. L’annuncio segna la prima volta dall’escalation del conflitto in Medio Oriente l’anno scorso che Israele ha ammesso che le sue truppe hanno operato sul suolo siriano.   Nelle ultime settimane lo Stato ebraico ha intensificato la sua campagna contro il movimento islamista Hezbollah, lanciando un’offensiva di terra in Libano e lanciando missili contro l’Iran.   Le Forze di difesa israeliane (IDF) non hanno specificato quando è avvenuta l’operazione in Siria. Tuttavia, l’agenzia AP ha citato una stazione radio siriana filo-governativa che domenica ha riferito che le forze israeliane avevano eseguito un’«operazione di rapimento» durante l’estate, prendendo di mira un uomo nel sud del Paese.   L’uomo, identificato come cittadino siriano Ali Soleiman al-Assi, è stato arrestato «durante un’operazione speciale delle IDF basata sull’Intelligence», ha affermato l’esercito israeliano in una dichiarazione su X domenica.

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Al-Assi, che l’IDF sostiene essere un agente operativo della rete terroristica iraniana, viveva nell’area di Saida, nella Siria meridionale, a circa 60 km dal confine con Israele. L’esercito israeliano lo ha accusato di «raccogliere informazioni sulle truppe dell’IDF nell’area di confine per future attività terroristiche».   «L’IDF non consentiranno ai delegati iraniani nella Siria meridionale di operare e minacciare i civili israeliani», si legge nella dichiarazione.    

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Nell’ultimo anno, Israele ha effettuato molteplici attacchi aerei in Siria, prendendo di mira membri di Hezbollah e funzionari iraniani. L’Iran è un alleato sia del movimento sciita che di Damasco. L’IDF non ha mai reso pubbliche in precedenza incursioni via terra nel Paese.   A settembre Israele ha intensificato notevolmente la sua campagna contro il gruppo militante sciita, lanciando l’operazione Northern Arrows per attaccare obiettivi di Hezbollah nel Libano meridionale.   Il ministero degli Esteri israeliano e le IDF sostengono di aver «eliminato» quasi tutti i principali leader militari di Hezbollah, tra cui lo storico segretario generale del movimento, Hassan Nasrallah, e il suo potenziale successore, Hashem Safieddine.   Ad aprile, Israele ha condotto un attacco aereo sul complesso dell’ambasciata iraniana di Damasco, uccidendo 16 persone, tra cui otto ufficiali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) e due civili siriani.   Come riportato da Renovatio 21, Israele ha colpito in questi anni plurime volte gli aeroporti siriani e plurime volte la capitale, anche in ore diurne.   Due anni fa, dopo uno di questi raid, si registrò una condanna da parte di Mosca di rara durezza.   Il mese scorso si sono registrati attacchi israeliani nell’aria di Jableh, nei pressi di una base aerea russa.

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Immagine di Israel Defense Forces via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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Israele vuole la Russia come mediatore

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Israele vuole che la Russia prenda parte agli sforzi di pace volti a porre fine al conflitto dello Stato degli ebrei con il gruppo militante libanese Hezbollah, hanno riferito Ynet news e diversi altri organi di stampa locali, citando funzionari coinvolti nei negoziati.

 

Secondo quanto riportato, Israele si aspetta che il coinvolgimento di Mosca possa aggiungere stabilità a qualsiasi accordo futuro e ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.

 

«I russi avranno un ruolo speciale nell’attuazione dell’accordo e nella prevenzione di un’ulteriore escalation», ha detto una fonte a Ynet.

 

Commentando i resoconti, Orna Mizrahi, ex vice consigliere per la sicurezza nazionale israeliano, ha dichiarato a Newsweek che, sebbene Israele «preferisca gli americani», comprende che i «buoni rapporti» della Russia con l’Iran potrebbero contribuire alla stabilità di qualsiasi accordo sul Libano raggiunto in futuro.

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«Un altro punto è il fatto che fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e se arriviamo al punto di avere una sorta di nuova risoluzione sul cessate il fuoco nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vorremmo che i russi la approvassero», ha detto.

 

Questa settimana i media israeliani hanno affermato che i negoziati per un accordo di cessate il fuoco in Libano hanno già raggiunto «fasi avanzate». L’inviato del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Amos Hochstein, che sta mediando tra Israele e Libano, avrebbe raggiunto accordi preliminari sull’accordo durante una visita a Beirut all’inizio di questa settimana.

 

L’accordo prevede un’attuazione più ampia della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata nel 2006, che richiede il ritiro delle forze di Hezbollah dal confine tra Libano e Israele. Introduce un meccanismo internazionale per supervisionare la regione e gestire le rivendicazioni di violazioni da parte di Israele o del Libano e, a quanto si dice, impedisce a Hezbollah di riarmarsi, il che significa di fatto che al gruppo verrebbe vietato di acquisire mezzi militari.

 

Funzionari israeliani hanno dichiarato a Ynet che l’accordo, se firmato, avrebbe avuto inizio con un cessate il fuoco di 60 giorni, durante i quali sarebbe stato istituito un nuovo meccanismo di supervisione della regione.

 

Si dice che Hochstein dovrebbe arrivare in Israele prima delle elezioni presidenziali americane programmate per il 5 novembre per finalizzare l’accordo. I resoconti affermano che Mosca ha già discusso la situazione con l’Iran, che si dice stia incoraggiando Hezbollah ad accettare i termini.

 

Venerdì il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov non ha né confermato né smentito il coinvolgimento della Russia nel processo di pace, ma ha affermato che Mosca «mantiene contatti con tutte le parti in conflitto».

 

«E, naturalmente, se il nostro aiuto fosse necessario, la Russia è pronta a fare la sua parte», ha affermato.

 

Secondo un dato del 2022, circa il 15% della popolazione israeliana è di lingua russa e la comunità russofona rappresenta il 15% degli aventi diritto al voto in Israele, per un totale di 1,3 milioni di cittadini. Tale numero, tuttavia, comprende anche gli immigrati provenienti dall’Unione Sovietica e dagli stati post-sovietici diversi dalla Russia vera e propria.

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Alcuni degli immigrati non sono considerati ebrei secondo l’Halacha (l’insieme delle leggi religiose ebraiche che derivano dalla Torah scritta e orale), che definisce un ebreo se la madre è ebrea o si è formalmente convertito all’ebraismo.

 

Secondo la «Legge del Ritorno», chiunque abbia almeno un nonno ebreo può diventare cittadino israeliano. A causa della politica di ateismo di stato dell’Unione Sovietica e della popolazione ebraica storicamente numerosa della Russia, durante il periodo comunista si sono verificati alcuni matrimoni misti tra ebrei russi e russi etnici. Alcuni ebrei russi sono israeliani solo per matrimonio, poiché la Legge del Ritorno consente anche ai coniugi non ebrei di ebrei di rivendicare la cittadinanza israeliana.

 

Alcuni israeliani russi discendono invece da famiglie russe Subbotnik (sabatisti: movimento religioso cristiano di tre secoli fa che osserva il riposo del sabato, che ha finito per portare alcuni a convertirsi al talmudismo), che sono emigrate in Israele nel corso dell’ultimo secolo. La maggior parte dei russi in Israele ha la piena cittadinanza israeliana. I russi israeliani sono coinvolti nell’economia del Paese a tutti i livelli.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

 

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