Geopolitica
Ulteriore attacco a portaerei statunitense rivendicato dagli Houthi
Gli Houthi dello Yemen hanno lanciato un attacco missilistico «riuscito» alla portaerei USS Abraham Lincoln nel Mar Arabico martedì, secondo una dichiarazione pubblicata su X dal portavoce Yahya Saree. Un secondo attacco ha preso di mira due cacciatorpediniere navali americani nel Mar Rosso, ha detto.
Gli Houthi sono un gruppo sciita che si autodefinisce governo yemenita e che controlla la capitale Sanaa e il Nord-Ovest del paese. Stanno ostacolando la navigazione israeliana e occidentale nel Mar Rosso da quasi un anno, nel tentativo di fare pressione su Israele affinché smetta di attaccare Gaza.
Gli attacchi di martedì hanno coinvolto «un certo numero di missili da crociera e droni» e sono stati condotti «mentre il nemico americano si preparava a condurre operazioni ostili» contro lo Yemen, si legge nella dichiarazione degli Houthi.
Secondo il Saree, il gruppo «ha raggiunto con successo i suoi obiettivi» e un attacco aereo delle forze statunitensi è stato «sventato». Le due operazioni sono durate otto ore, ha aggiunto.
#معركة_الفتح_الموعود_والجهاد_المقدس pic.twitter.com/6APL0QfT8v
— أمين حيان Ameen Hayyan (@AmeenHa2024yan) November 12, 2024
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In seguito alle recenti escalation tra Hezbollah e Israele, gli Houthi hanno aggiunto alla loro lista di richieste la fine dell’«aggressione israeliana» contro il Libano. Hanno anche accusato gli Stati Uniti e il Regno Unito, che hanno lanciato attacchi su larga scala contro il gruppo, di «aver trasformato la regione del Mar Rosso in una zona di tensione militare» e per le successive «ripercussioni sulla navigazione marittima».
La Marina degli Stati Uniti non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione in merito al presunto attacco alla sua nave.
Martedì mattina, l’agenzia di stampa cinese Xinhua ha riferito, citando fonti yemenite, che almeno dieci Houthi sono stati uccisi in due distinti attacchi con droni statunitensi nella provincia centrale di Al-Bayda.
Il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha confermato in un post su X che gli aerei della USS Abraham Lincoln avevano supportato le operazioni contro gli «Houthi sostenuti dall’Iran».
— U.S. Central Command (@CENTCOM) November 11, 2024
Lunedì, Centcom ha affermato di aver anche condotto attacchi contro diversi obiettivi in Siria che ritiene siano associati a gruppi sostenuti dall’Iran. Ha affermato che gli attacchi erano in risposta ad attacchi alle forze statunitensi, ma non ha confermato quali gruppi fossero stati presi di mira. Gli Stati Uniti hanno accusato gli Houthi di essere un rappresentante dell’Iran, cosa che il gruppo ha negato.
Droni yemeniti avevano attaccato navi da guerra statunitensi ancora a fine settembre.
Come riportato da Renovatio 21, gli Houthi hanno subito in queste settimane anche bombardamenti da parte di Israele, obiettivo a sua volta di missili del gruppo sciita.
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Come riportato da Renovatio 21, settimane fa gli Houthi hanno abbattuto l’ottavo drone statunitense MQ-9 Reaper. Avevano tirato giù un Reaper già tre mesi fa. Il mese scorso una petroliera battente bandiera greca che attraversava il Mar Rosso ha preso fuoco a seguito di attacchi nei pressi di un porto yemenita controllato dai ribelli sciiti.
A marzo gli Houthi avevano fatto circolare la voce secondo la quale la milizia sciita avrebbe effettuato con successo un volo di prova di un missile ipersonico e si stava preparando ad aggiungerlo al suo arsenale.
Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran (IRGC) – i cosiddetti pasdaran, considerati alleati degli Houthi – ha presentato un nuovo missile ipersonico durante una cerimonia tenutasi a Teheran alla presenza del leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei.
Spedizioni e commerci nel Mar Rosso hanno subito in questi mesi un crollo sino al -90%.
Vi è inoltre preoccupazione per la possibilità che gli Houthi trancino i cavi sottomarini di internet, con alcuni che sostengono che il blackout di rete mondiale di otto mesi fa fosse legato proprio ad un sabotaggio da parte del movimento yemenita.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Geopolitica
L’Iran dice di essere pronto a inviare truppe in Siria
Teheran prenderebbe in considerazione un dispiegamento militare completo per aiutare la Siria se il governo di Damasco lo richiedesse, ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi.
Il ministro Araghchi ha fatto queste dichiarazioni durante un’intervista rilasciata al quotidiano qatariota Al-Araby Al-Jadeed, mentre tornava dalla Turchia lunedì sera.
«Se il governo siriano chiederà all’Iran di inviare truppe in Siria, prenderemo in considerazione la richiesta», ha affermato l’Araghchi.
Teheran sta preparando «una serie di misure per calmare la situazione in Siria e trovare l’opportunità di presentare un’iniziativa per una soluzione permanente», ha aggiunto.
I militanti dell’affiliata di al-Qaeda Hayat Tahrir-al-Sham (HTS) e altri gruppi islamisti hanno lanciato un’offensiva su larga scala dalla provincia di Idlib verso Aleppo, Hama e Homs la scorsa settimana. Idlib è sotto la protezione turca da quando è stato negoziato un cessate il fuoco con la Russia nel 2020.
L’espansione di questi gruppi terroristici «potrebbe danneggiare i paesi confinanti con la Siria, come Iraq, Giordania e Turchia, più dell’Iran», ha detto Araghchi al quotidiano di Doha.
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Teheran è disposta a «consultare e dialogare» con Ankara per superare le loro divergenze, ha osservato Araghchi, ma ha detto che l’Iran chiede il ritiro delle truppe turche dalla Siria prima che possa aver luogo qualsiasi incontro tra i loro presidenti. Secondo il ministro degli Esteri iraniano, questa è una richiesta «ragionevole».
L’Iran è «preoccupato per il crollo del processo di Astana in Siria, perché non c’è un’alternativa facile», secondo Araghchi. Questo era un riferimento all’accordo firmato nel 2017 nella capitale del Kazakistan, in cui i governi di Damasco, Ankara, Teheran e Mosca si sono impegnati a lavorare per risolvere pacificamente il conflitto siriano.
Araghchi ha anche affermato che intende recarsi a Mosca per discutere della situazione in Siria.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che Ankara sostiene «l’integrità territoriale e l’unità nazionale della Siria», ma che per porre fine al conflitto è necessario un «consenso in linea con le legittime richieste del popolo siriano». Il suo ministro degli Esteri, Hakan Fidan, ha affermato lunedì che le ostilità sono riprese perché Damasco ha ignorato le «legittime richieste dell’opposizione».
Nel frattempo, la Russia ha ribadito il suo sostegno al presidente siriano Bashar Assad e al governo di Damasco.
La forza di spedizione russa, dispiegata in Siria nel 2015 per aiutare Damasco nella lotta contro i terroristi dell’ISIS), ha effettuato una serie di attacchi aerei contro i jihadisti a sostegno dell’esercito siriano.
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Immagine screenshot da YouTube
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L’ex ministro della Difesa israeliano: lo Stato Ebraico commette «crimini di guerra»
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