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Rivolte e repressione in Gran Bretagna: il vero fine è l’entrata in uso della tirannia biopolitica totale

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Dopo le proteste anti-immigrazione in Gran Bretagna, con la visione di una popolazione stremata dall’insicurezza e dal sistema a due livelli – protezione e favore agli stranieri, pugno di ferro sugli autoctoni – la scena la sta prendendo la repressione «casa per casa», letteralmente, anche di quanti hanno espresso online il loro dissenso.

 

Si tratta di psicopolizia vera e propria, e non  c’è altro modo di definirla se non proprio l’espressione coniata da Giorgio Orwell. Il quale, ricordiamo, era inglese, e sembra proprio averla indovinata, magari pure con moderazione.

 

Di più: tutto quanto sta accadendo sembra convergere verso l’instaurazione di un mondo definibile come orwelliano. Stiamo vivendo, cioè, i prodromi del caricamento di un sistema di controllo totale sull’individuo, mille volte più pervasivo di quello descritto in 1984.

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Ciò avviene sotto gli occhi di tutti. Anzi, è il potere stesso a dichiararlo apertis verbis.

 

Nel suo messaggio di minaccia a chi protesta a seguito della strage di bambine perpetrato da un immigrato di seconda generazione, il nuovo primo ministro del Regno Unito Keir Starmer ha annunciato un’espansione della tecnologia di riconoscimento facciale e della censura online.

 

Dopo aver vinto le elezioni di luglio, Starmer aveva dichiarato: «il mio governo sarà una forza per il bene». Quattro settimane dopo, annuncia che il Paese sarà sottoposto alla più pervasiva tecnologia di biosorveglianza che si conosca, accusata, laddove è utilizzata – come in Israele – di essere in grado di portare il concetto di apartheid a nuovi livelli possibili solo nel XXI secolo.

 

In pratica, il regime londinese, lungi dall’affrontare il problema di decenni di invasione migratoria che ha importato forse otto milioni di immigrati dal 2001, ha annunciato senza tanti problemi che ora si procederà con la tirannia digitale.

 

 

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Nella dichiarazione trasmessa il 1° agosto, il neopremier laburista aveva incolpato una «piccola minoranza di senza cervello» dei disordini, giurando di introdurre una «capacità nazionale» di sorveglianza di massa in risposta, minacciando al contempo la censura e l’azione penale contro le aziende di social media.

 

«Le azioni di una piccola e insensata minoranza nella nostra società», ha detto lo Starmer, lo porteranno a «stabilire una capacità nazionale, tra le forze di polizia… Intelligence condivisa… più ampia diffusione della tecnologia di riconoscimento facciale».

 

Vengono citate anche, senza specificare, «azioni preventive». Nel messaggio era contenuta anche una minaccia, velata ma molto diretta, a Elon Musk per il suo social media X: «i disordini violenti chiaramente istigati online, sono pure un crimine». Sappiamo che la disfida diretta tra Musk – che prevede una guerra civile in Gran Bretagna – e il premier britannico è già partita, e alcuni ora temono per un attacco, anche violento, contro il magnate della Tesla.

 

Il lettore riconosce il procedimento dialettico, «hegeliano» – tesi, antitesi, sintesi – già usata in passato a fini di istituzione di sistemi di controllo. Il terrorismo, secondo un retropensiero diffuso, proprio a questo serve: pensiamo all’11 settembre, che consentì la creazione di apparati di sorveglianza sulla stessa popolazione americana, e su qualsiasi altra, e venne usato come grottesco casus belli contro due Paesi che di fatto non avevano fornito un solo attentatore alla strage (venivano, in massima parte, dall’Arabia Saudita…)

 

Non è tutto: altri puntini vanno a collegarsi. Mentre lo Starmerro annunziava una nuova unità di polizia per reprimere i disordini violenti, un consigliere del governo del Regno Unito ha chiesto l’introduzione di lockdown «in stile COVID» per reprimere la rabbia nazionale per l’illegalità creata dalle migrazioni di massa e da un regime apertamente ostile a coloro che devono subirne le conseguenze.

 

Come abbiamo visto tante volte su Renovatio 21, che ha adottato pienamente il concetto, il termine «anarco-tirannia» si applica a un sistema di governo che terrorizza la propria popolazione con il disordine per giustificare repressioni volte ad aumentare il proprio potere.

 

Questo termine sembra adattarsi all’immagine della Gran Bretagna starmeriana, dove si aggiunte, tuttavia, la grande cifra del potere nel XXI secolo come nelle ricette del World Economic Forum: la sorveglianza totale, il controllo biopolitico di tutta la popolazione.

 

La ONG britannica per le libertà civili Big Brother Watch ha avvertito che l’uso esteso del riconoscimento facciale «minaccia piuttosto che proteggere la democrazia», ​​poiché «trasforma il pubblico in carte d’identità ambulanti». In un comunicato stampa, il gruppo, che si batte contro l’autoritarismo tecnologico strisciante come esemplificato nel romanzo distopico 1984, ha affermato in un comunicato stampa del 1° agosto che «l’allarmante promessa fatta oggi dal primo ministro di introdurre il riconoscimento facciale, in un’apparente risposta ai recenti disordini, è una promessa di saccheggiare risorse vitali della polizia per una sorveglianza di massa che minaccia anziché proteggere la democrazia».

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Silkie Carlo, direttrice di Big Brother Watch, ha spiegato che la tecnologia è vietata in Europa e potrebbe essere illegale anche nel Regno Unito. «Questa sorveglianza AI trasforma i membri del pubblico in carte d’identità ambulanti, è pericolosamente imprecisa e non ha alcuna base legale esplicita nel Regno Unito. Sebbene sia comune in Russia e Cina, il riconoscimento facciale in tempo reale è vietato in Europa» ha spiegato la Carlo.

 

Domenica 4 agosto lo Starmer ha ripetuto la sua minaccia di reprimere i «teppisti di estrema destra», affermando che «tutta la forza della legge» sarebbe stata applicata a coloro che erano coinvolti – sia online che di persona – nei disordini innescati dagli orribili omicidi e resi possibili da anni di politica governativa globalista liberale.

 

In una delle due domande concesse ai giornalisti, era stato suggerito al premier britannico che la politica governativa e l’omicidio scandaloso in sé potrebbero spiegare il «motivo» dietro i disordini civili a livello nazionale. Starmer ha risposto, semplicemente, «non importa».

 

Il premier ha invece giurato di «proteggere i musulmani… e coloro che sono attaccati per il colore della loro pelle e la loro fede», cancellando ogni contesto, eccetto il razzismo, per i motivi degli indignati. «Questa non è una protesta”, ha detto. “È un teppismo violento organizzato, e non ha posto nelle nostre strade o online».

 

Come ha scritto LifeSite, condannando fermamente gli attacchi ai «luoghi di culto» – cioè alle moschee – non ha detto nulla delle 150 chiese che sono state bruciate nel Regno Unito tra il 2017 e il 2022. Il primo ministro che si dice «violenza … dei teppisti di estrema destra», ha recentemente promesso tre miliardi di sterline all’anno all’Ucraina (dove abbondano rune e svastiche, assai: chiedete al predecessore Boris Johnson) e ha dichiarato nell’ottobre 2023 che Israele «ha il diritto» di tagliare le forniture di cibo e acqua a Gaza nel suo genocidio in corso. Ha negato di averlo detto in seguito, nonostante sia stato registrato mentre lo faceva.

 

Nonostante ampie proteste della popolazione, anche e soprattutto musulmana, Finora il governo Starmer non ha sospeso le vendite di armi a Israele.

 

Come ha sottolineato un commentatore su X, lo Stato che denuncia la violenza contro se stesso ha «creato un virus, iniettato veleno nelle persone, diviso le società… distrutto l’economia mentre allo stesso tempo la derubava», affermando che queste sono «le stesse persone che stanno… permettendo che il vostro Paese venga invaso e stanno facendo del loro meglio per scatenare la Terza Guerra Mondiale».

 

Ci dimentichiamo forse da dove viene il personaggio. Lo Starmer, diventato primo ministro da una manciata di settimane, in passato ha dichiarato la sua preferenza «per Davos» (cioè, per il World Economic Forum) rispetto a Westminster, segnalando chiaramente la sua preferenza per l’ordine globalista rispetto alla sovranità nazionale e alla democrazia del Parlamento britannico.

 

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Westminster, cioè il luogo della democrazia britannica, dice lo Starmerro intervistato, «ha più restrizioni». Quello a cui aspira anche lui, con evidenza, è la possibilità di riformare l’umanità a livello globale. Si tratta di un’ammissione incredibile. Essa sola dovrebbe aver impedito al personaggio di divenire inquilino del civico 10 di Downing Street.

 

L’ affluenza minima da record alle elezioni generali del 4 luglio ha visto il Partito Laburista ottenere una schiacciante maggioranza con oltre 400 seggi, con il minor numero di voti ottenuti in 84 anni. Nel suo primo discorso da primo ministro del 5 luglio, Starmer ha promesso di porre fine al «caos» in Gran Bretagna e ha assicurato alla nazione che il suo governo avrebbe ricostruito la fiducia del pubblico con le sue azioni, non con le sue parole.

 

Starmer ha fatto due discorsi pubblici in seguito all’uccisione di massa di bambini da parte del figlio di immigrati ruandesi. L’indignazione segue settimane di segnalazioni di crimini commessi dai migranti, dopo decenni di stupri organizzati di bambini britannici «su scala industriale» da parte di «gang di adescamento» composte da immigrati.

 

Nel 2015, la parlamentare laburista di Rotherham Sarah Champion ha affermato che fino a un milione – sì, un milione – di minori potrebbero essere stati stuprati da bande sessuali composte in gran parte da immigrati. L’ultimo rapporto di gennaio 2024 sullo scandalo nazionale afferma che i bambini sono stati «lasciati in balia» degli stupratori, che sono liberi di scorrazzare ed indulgere ancora nelle loro gozzoviglie sadiche e criminali.

 

Uno dei motivi del silenzio del primo ministro sul disastro immigrazionista è la sua complicità risalente.

 

Nel 2003, Starmer è stato l’avvocato che ha agito per garantire il diritto automatico a denaro gratuito, cibo e sistemazione in hotel per un gruppo di migranti illegali. Ventuno anni dopo, si stima che siano arrivati ​​in Gran Bretagna sette milioni di immigrati. Con i livelli di migrazione alle stelle, si prevede che la popolazione del Regno Unito salirà a quasi 80 milioni entro il 2046, aggiungendo 16 milioni nei prossimi 20 anni, in gran parte a causa dell’immigrazione.

 

Sorprendentemente, Starmer ha utilizzato il suo secondo discorso alla nazione per dire che «le persone in questo Paese hanno il diritto di essere al sicuro», mentre la nazione è sconvolta dalla rabbia per il fatto che i loro figli possono essere uccisi in qualsiasi momento nel caos che lui ha contribuito a creare.

 

Bisogna a questo punto ricordare la figura di un altro avvocato attivista divenuto poi premier laburista: Tony Blair.

 

Come riportato da Renovatio 21, Blair – per un momento considerato perfino come successore di Klaus Schwab a Davos – oggi gira il mondo per perorare la causa dell’ID digitale, da applicarsi in ogni modo possibile e sotto qualsiasi condizioni. In passato Blair – che ha ancora qualche problema a causa del suo supporto della guerra ingiusta all’Iraq, ma che chiede ancora una guerra, contro la Russia, anche nucleare se necessario – ha sfruttato la pandemia come motivazione per domandare l’implementazione di questo sistema di biosorveglianza globale: voleva, senza infingimenti, i passaporti vaccinali elettronici.

 

Ora vediamo che, dopo il COVID, una nuova emergenza sembra poter essere utilizzata allo scopo di istituire tale controllo biopolitico. «Dovremmo muoverci mentre il mondo si sta muovendo verso l’identità digitale», ha affermato alla conferenza del Tony Blair Institute for Global Change, affermando che l’identità digitale era un modo per «controllare l’immigrazione».

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Come sa il lettore, anche la «crisi ambientale» viene usata allo stesso modo, così da riconvertire di fatto lo Stato in modo da trasformarlo in una «piattaforma», dove il cittadino non è più latore di diritti, ma «utente» a cui sono assegnati, a discrezione del potere, degli «accessi». Il green pass altro non era che la prova generale di questa radicale trasformazione politica di tutto l’Occidente. Le monete digitali da Banca di Stato (CBDC), che sono in arrivo come l’euro digitale, completeranno l’opera: il potere avrà, oltre che la sorveglianza sulle attività del cittadino, anche il controllo dei suoi consumi, al punto da poterne inibire gli acquisti, financo facendolo morire di fame.

 

E quindi, l’immigrazione non è solo un grande programma di sostituzione della popolazione, come da imperativo calergista. No, il caos che essa produce porta giocoforza all’instaurazione di strumenti di sorveglianza totale, con gli Stati che si avocano, dietro la scusa dell’emergenza, persino poteri di psicopolizia.

 

L’immigrazione massiva non solo altera la popolazione, ma sovverte la democrazia, riformulando del tutto il concetto di Stato, lo stato di diritto, il contratto sociale, etc. – tutto per portare l’umanità verso una governance digitale globale guidata dall’Intelligenza Artificiale.

 

Una situazione che sembra davvero quella descritta nel libro dell’Apocalisse.

 

«E le fu dato di far guerra ai santi e vincerli; e le fu data autorità sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. 8 E l’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro di vita dell’agnello sgozzato, fin dalla fondazione del mondo» (Ap, 13, 6-8)

 

«E sedusse gli abitanti della terra con portenti che le fu dato d’operare al cospetto della bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’effigie alla bestia che ha la piaga della spada e ha ripreso vita.  E le fu dato di dar spirito all’effigie della bestia, sì che l’effigie della bestia parlasse, e di far che quanti non avessero adorato l’effigie della bestia fossero uccisi. E farà che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, ricevano un marchio nella loro mano destra o sulla lor fronte, e che nessuno possa comprare o vendere, se non chi ha il marchio, il nome della bestia o il numero del suo nome». (Ap, 13, 14-17)

 

San Giovanni parla di governo mondiale e di statue che parlano, e della popolazione tutta che ne viene sottomessa.

 

Direi che ci siamo.

 

Roberto Dal Bosco

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Milei a Davos bombarda il wokismo

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Giovedì 23 gennaio 2025, il presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha tenuto un discorso al Forum di Davos che ha lasciato senza parole la maggior parte dei partecipanti. Per mezz’ora si è impegnato in una critica feroce e sistematica al wokismo, accusando in particolare il Forum stesso di averlo favorito e sviluppato.   Secondo diversi giornalisti presenti, la tensione era palpabile quando Javier Milei si è avvicinato al microfono per parlare davanti a un pubblico di boss multinazionali, banchieri, miliardari, leader politici e il crème dell’intellighenzia attiva in tutto il mondo. L’organizzazione aveva annunciato circa 3.000 ospiti.   Già l’anno scorso il discorso del presidente argentino aveva più o meno sbalordito il pubblico. Ma quest’anno, in attesa dell’intervento di Donald Trump in videoconferenza, i potenti di questo mondo hanno cominciato a vedere svanire la loro stella. Bisogna ammettere che non rimasero delusi, rimproverati e scagliati l’uno contro l’altro da un Milei che li accusava di essere gli attori della decadenza dell’Occidente.   Colui che è stato soprannominato «il leone» per via dei suoi capelli, si è innanzitutto congratulato con se stesso di non essere più solo contro «l’assoluta egemonia globale della sinistra nella politica, nelle istituzioni educative, nei media, negli organismi sovranazionali o nei forum come Davos», citando gli «alleati», Elon Musk, Giorgia Meloni, Victor Orban, Benjamin Netanyahu e Donald Trump.   Tutto il suo intervento è stato incentrato sullo smantellamento «dell’edificio ideologico del wokismo malsano», accusando «forum come questo che sono stati protagonisti e promotori della sinistra agenda del wokismo che tanto male sta facendo all’Occidente». Anche se non si può essere d’accordo con alcuni elementi della sua analisi, essa rimane veramente rilevante su molti punti.

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Un cambiamento storico

Il presidente argentino vede l’emergere di un «tempo in cui si riscrivono le regole» perché le formule in vigore – che accusa di essere socialiste – da decenni sono esaurite. Ma per questo bisogna liberarsi del «virus mentale dell’ideologia sveglia», che ha «colonizzato le istituzioni più importanti del mondo», partiti, Stati, organizzazioni globali, ONG, università, media.   Javier Milei ritiene che il successo dell’Occidente sia dovuto «alla convergenza dei valori fondamentali, il rispetto della vita, della libertà e della proprietà, che ha reso possibile il libero scambio, la libertà di espressione, la libertà di religione e gli altri pilastri della civiltà occidentale. Ma nel corso del XX secolo questi principi furono traditi dal socialismo».   Ciò ha utilizzato il potere dello Stato per distribuire la ricchezza creata dal capitalismo. «La loro giustificazione era l’idea sinistra, ingiusta e aberrante di giustizia sociale», aggiunge. Alla base del sistema c’è il presupposto che l’uguaglianza davanti alla legge non è sufficiente, perché ci sono ingiustizie che devono essere corrette, una miniera d’oro per i burocrati che aspirano all’onnipotenza.   È ben interpretata l’analisi che segue: «dai diritti negativi alla vita, alla libertà e alla proprietà siamo passati a un’infinità di diritti positivi. L’istruzione, poi l’alloggio, e poi cose irrisorie come l’accesso a Internet, il calcio televisivo, il teatro, i trattamenti di bellezza e una miriade di altri desideri trasformati in diritti umani fondamentali, diritti che, ovviamente, qualcuno deve pagare. E che può essere garantita solo dall’espansione infinita dello Stato aberrante».

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Wokismo e sue ripercussioni

Poi «il leone» espone la sua visione del wokismo: un regime di pensiero unico, sostenuto da varie istituzioni con l’obiettivo di criminalizzare il dissenso, sostenere il femminismo, la diversità, l’inclusione, l’uguaglianza, l’immigrazione, «l’aborto, l’ambientalismo, l’ideologia di genere, (… ) tanti capi di una stessa creatura il cui scopo è giustificare l’avanzata dello Stato mediante la distorsione delle nobili cause».   Poi attacca queste manifestazioni wokiste, a cominciare dal «femminismo radicale», che «è una distorsione del concetto di uguaglianza e, anche nella sua versione più benevola, è ridondante». Attacca il termine «femminicidio», che provoca uno squilibrio nella legge.   Passa al «sinistro ambientalismo radicale e alla bandiera del cambiamento climatico». Spiega: «Preservare il nostro pianeta per le generazioni future è una questione di buon senso: nessuno vuole vivere in una discarica». Ma, aggiunge, il wokismo è passato a un ambientalismo fanatico dove l’essere umano è un cancro da eliminare.   Egli osserva che «non è un caso che queste stesse persone siano i principali promotori dell’agenda dell’aborto sanguinoso e omicida, un’agenda concepita sulla base della premessa malthusiana che la sovrappopolazione distruggerà la terra», un principio che è stato adottato in tale contesto misura in cui la questione della popolazione divenne problematica.

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Prosegue con la questione del genere: «da questi forum promuovono l’agenda LGBT, volendo imporci che le donne sono uomini e gli uomini sono donne se è così che si percepiscono», citando alcuni casi di risultati aberranti o mostruosi di questa ideologia. Aggiungendo che «causano danni irreversibili ai bambini sani».   Sottolinea che «se accadesse che la loro famiglia non fosse d’accordo, ci sarebbero sempre agenti statali pronti a intervenire in nome di quello che chiamano l’interesse superiore del bambino». Conclude: «gli scandalosi esperimenti condotti in nome di questa ideologia criminale saranno condannati e paragonati a quelli avvenuti nei periodi più bui della nostra storia».   Prosegue denigrando «l’eterno vittimismo sempre pronto a lanciare accuse di omofobia o transfobia e altre invenzioni il cui unico scopo è cercare di mettere a tacere coloro che denunciano questo scandalo di cui sono complici le autorità nazionali e internazionali».   Sempre in nome del wokismo «il merito è stato escluso dalla dottrina della diversità, che implica una regressione verso i sistemi nobiliari di un tempo. Inventiamo quote per tutte le minoranze che i politici possano immaginare, il che non fa altro che danneggiare l’eccellenza di queste istituzioni».   Il wokismo «ha distorto la causa dell’immigrazione», perché «essendo l’Occidente la presunta causa di tutti i mali della storia, deve riscattarsi aprendo le sue frontiere al mondo intero, il che si traduce necessariamente in una colonizzazione all’indietro, che è simile ad un suicidio collettivo».   Accusa inoltre il wokismo di cercare di «cogliere il nostro futuro» perché «occupando le cattedre delle università più prestigiose del mondo, forma le élite dei nostri paesi a mettere in discussione e negare la cultura, le idee e i valori che ci hanno reso grandi , danneggiando così ulteriormente il nostro tessuto sociale».   Poi si rivolge ai suoi ascoltatori: «Tutte queste aberrazioni (…) sono, purtroppo, le convinzioni che istituzioni come questa promuovono da quarant’anni. Nessuno qui può affermare di essere innocente. Per decenni hanno venerato un’ideologia sinistra e omicida come se fosse un vitello d’oro e hanno mosso cielo e terra per imporla all’umanità».   Infine, critica la visione moderna dello Stato-partito: «le funzioni dello Stato dovrebbero limitarsi alla difesa dei diritti alla vita, alla libertà e alla proprietà. Qualsiasi altra funzione che lo Stato assumesse andrebbe a scapito della sua missione fondamentale e porterebbe inesorabilmente al Leviatano onnipresente di cui tutti soffriamo oggi». E conclude con un appello a tutti i leader mondiali affinché si allontanino dallo scenario degli ultimi quarant’anni.   Ancora una volta alcuni elementi di questo discorso possono essere contestati, ma la visione generale del wokismo e la sua profonda influenza sugli Stati, sugli organismi internazionali o sulla cultura, è colpita dal buon senso.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Mons. Viganò: Bergoglio e Davos hanno la stessa agenda

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Renovatio 21 pubblica il testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò comparso su X. Il prelato lombardo ha parlato varie volte della cupola del WEF e del suo ruolo nell’ora presente. Sui rapporti evidenti tra Davos, dove pure si sono celebrati rituali amazzonici non così diversi da quelli promossi dal gesuita, e il papato bergogliano Renovatio 21 ha pubblicato più articoli.

 

Il Forum di Davos ha un piano di dissoluzione sociale ben preciso, di matrice esplicitamente anticristica, e quindi antiumana e anticattolica.

 

Per questo, insieme alla distruzione dell’economia, dell’agricoltura e dell’allevamento, il WEF persegue con accanita ostinazione anche la distruzione della famiglia e della Religione, considerate un ostacolo ai propri obiettivi.

 

L’ideologia woke, LGBTQ+ e gender sono lo strumento principale per indottrinare le future generazioni a un mondo senza maschi e senza femmine, senza padre né madre, senza Fede e senza Morale. I giovani non devono avere alcun ideale, alcuno scopo, se non il perseguimento delle più aberranti perversioni e l’appagamento di piaceri degradanti che il Sistema fornisce loro.

 

 


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Ogni deviazione in materia di Fede e di Morale promossa da Jorge Mario Bergoglio corrisponde all’attuazione di un preciso programma dettato dall’agenda woke.

 

Questa è la prova che sul Soglio di Pietro non siede un Papa ma un emissario dell’élite globalista, che ha come missione la distruzione della Chiesa Cattolica, esattamente come quasi tutti i leader occidentali devono distruggere le Nazioni che governano. Tutti sono legati tra loro dall’appartenenza al World Economic Forum.

 

Sarah Kate Ellis è CEO del GLAAD, una potente lobby eversiva LGBTQ+ che interferisce nei governi e nelle istituzioni per imporre l’accettazione sociale del vizio e della perversione. Non a caso è ospite del Forum di Davos, al quale prendono parte governi e società globaliste, compresa la chiesa bergogliana.

 

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Sentire la Ellis elogiare Bergoglio dovrebbe far gelare il sangue nelle vene di ogni Cattolico, ad iniziare dai Vescovi. È come se un’associazione di piromani si complimentasse con il capo dei pompieri per come impedisce di spegnere gli incendi. E invece i Vescovi continuano a fingere di non vedere e di non capire – chi per pavidità, chi per ricatto, chi per interesse – che Bergoglio è un usurpatore del Soglio Pontificio, considerandolo solo un po’ troppo progressista.

 

In questa loro folle viltà, in questo loro tradimento essi si rendono complici dei peggiori nemici della Chiesa di Cristo.

 

Per porre fine alla tirannide del WEF, l’Amministrazione Trump – inaugurata sotto i migliori auspici – dovrà colpire in modo incisivo ed efficace tutte le sue ramificazioni nelle istituzioni pubbliche, compresa la chiesa bergogliana.

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«Chiesa parallela e contraffatta»: Mel Gibson cita Viganò nel podcast più seguito della Terra. Poi parla di Pachamama, medicina e sacrifici umani

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Joe Rogan, il podcaster più seguito del pianeta, ha avuto come ospite ieri l’attore e regista cattolico Mel Gibson. La conversazione, della durata di più di due ore, è stata ricchissima di spunti altissimi e talvolta piuttosto sorprendenti, impressionanti.   L’intera intervista è segnata da un continuo ritorno alle questioni spirituali, non solo per l’annuncio di Gibson della preparazione di un film chiamato La Resurrezione di Cristo che abbraccia un racconto che va dalla caduta degli angeli ribelli sino a Nostro Signore risorto – un seguito ideale della sua Passione di Cristo, con il quale, ha detto il cineasta, vuole ambiziosamente rispondere alla domanda sul perché il regno del Bene e il regno delle Tenebre si contendano l’anima dell’umanità, umanità che è imperfetta.   Gibson, che mentre partecipava al podcast sapeva che la sua casa di Los Angeles stava andando in cenere nel grande incendio in corso, ha parlato della sua spiritualità cristiana non risparmiando dettagli, e confessando il suo essere «imperfetto», al punto di dichiararsi, «come risaputo, alcolizzato dalla nascita» e di essere stato aiutato da Dio a uscire dai suoi momenti bui.  

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Va subito sottolineata la citazione che Gibson ha fatto di monsignor Carlo Maria Viganò e del discorso sulla chiesa attuale «parallela» e «contraffatta».   «Non aderisco alla chiesa postconciliare» ha detto Gibson, ottenendo dal Rogan una richiesta di spiegazioni. Mel, noto sedevacantista come lo era il padre Hutton Gibson, ha con molta cautela cominciato a spiegare dinanzi a milioni e milioni di utenti il problema di quello che ha chiamato «l’evento», cioè il Concilio Vaticano II, e ancora prima quello dell’elezione di Giovanni XXIII.   Gibson ha quindi parlato della fumata bianca che si era avuta durante quel conclave, subito seguita da una fumata nera: una probabile allusione ai discorsi sulla «Tesi Siri», secondo la quale a quel conclave (e forse non solo a quello), sarebbe stato eletto papa il cardinale arcivescovo di Genova, il tradizionalista Giuseppe Siri, che non sarebbe però arrivato al Soglio per minacce indicibili.   Gibson ha quindi proseguito spiegando ad un scandalizzato Rogan – che, nato in ambiente cattolico italo-irlandese, si è sempre dichiarato ateo e non si è mai tirato indietro rispetto a colpire la chiesa – la questione della Pachamama, mostrando immagini di un evento con la Pachamama del 2019.   «Abbiamo un papa che ha portato un idolo sudamericano in chiesa per adorarlo» ha detto Gibson.   «Davvero?» ha replicato Rogan apparentemente sbalordito, al che Gibson rispose: «Sì, la Pachamama».   Rogan ha chiesto a Gibson di chiarire cosa fosse la Pachamama, dicendo di non averne mai sentito parlare, e Gibson ha spiegato che si tratta di una «divinità sudamericana».   «Perché avrebbe dovuto farlo?» ha chiesto ancora uno sconcertato Rogan. «Bella domanda. Ma lo ha fatto» ha risposto gentilmente il Gibson.

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Alla domanda dell’intervistatore se Bergoglio avesse spiegato perché ha permesso che si verificasse l’evento Pachamama, Gibson ha menzionato la storia di indifferentismo religioso di Francesco, promuovendo il concetto che «tutte le religioni sono buone l’una quanto l’altra».   «Se questa è la sua tesi» ha detto Gibson prima che Rogan lo interrompesse, «allora non dovrebbe essere il papa».   «Come puoi essere il papa se dici “tutte le religioni sono ugualmente buone?”», si è chiesto l’ateo Rogan ad alta voce.   Il divo ha quindi usato apertamente e ripetutamente il termine «apostasia», che l’intervistatore pare aver capito, sottolineando che di mezzo ci sarebbe il Primo Comandamento che proibisce di adorare falsi dei.   «Sì, è il numero uno nella hit-list mosaica , ha risposto Gibson, riferendosi ai Dieci Comandamenti dati a Mosè.

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Gibson e Rogan anno parlato degli scandali di pedofilia nella Chiesa, con il podcaster corretto dal divo quando ha detto che questo papa, che gli sembra «progressista», non aveva coperto gli abusi come Ratzinger.   Gibson ha poi parlato di medicina, raccontando di tanti suoi malanni, della frequentazione di un medico guaritore cinese (approvato da un suo consulente spirituale, un gesuita «tradizionalista») e di altri rimedi farmacologici – ha usato il termina «allopatico» – e della censura che si abbatte su di essi.   Gibson era già stato da Rogan anni addietro assieme ad un dottore esperto per parlare dei benefici delle cellule staminali – non fetali, ovviamente – alle quali aveva sottoposto il padre Hutton negli ultimi anni prima che morisse, con esiti molto positivi, come, ha rivelato nel caso della sua spalla. La figura del padre è tornata spesso nell’intervista: Gibson ha ricordato le sue numerose vittorie a Jeopardy! il Lascia o raddoppia della TV americana di una volta. «Aveva una memoria quasi-fotografica» ha detto l’attore del padre, «mentre io ho una memoria pornografica».   Mel ha raccontato che il padre era stato in guerra nel Pacifico e aveva preso la malaria, guarendo poi con l’idrossiclorochina. Il discorso ha aperto la stura ad una serie di discorsi sui farmaci, posti con delicatezza, sull’ivermectina e pure su altre sostanze ora usate totalmente off label contro il cancro a stadio avanzato.     Il regista ha confessato di aver preso il Remdesivir – controverso farmaco anti-COVID approvato in USA – e di essere stato male per mesi. Ha quindi detto di aver letto il libro di Robert Kennedy jr. su Anthony Fauci, scatenando una conversazione, ripresa più volte, sull’incontrovertibile malvagità del personaggio, con riferimenti ai danni fatti da Fauci ai tempi dell’AIDS.   Il cineasta è sembrato, sia pure forse nervoso, molto cauto e dosato nella conversazione – come un uomo che sa molto di più di quello che dice, e fa la cortesia all’ospite di non essere troppo diretto e brutale, arrivando a dare suggerimenti di libri di storia, di cui ha dimostrato di essere un famelico lettore, e perfino di testi per smettere di fumare.

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Tutta l’intervista, in realtà è sembrata una danza del cattolico Gibson attorno all’ateo Joe Rogan, che è sembrato a tratti capire il gioco e lasciarsi trasportare senza fare resistenza, persino quando Gibson ha rifiutato fermamente l’idea dell’evoluzione di Darwin, e soprattutto quando gli ha mostrato il mistero della Sacra Sindone di Torino.   Degno di nota il riferimento al film capolavoro di Gibson Apocalypto, che Rogan ha detto di essere grandioso e di averlo rivisto di recente. Gibson ha spiegato la genesi del film, per poi entrare in un discorso articolato sul collasso della civiltà, e dichiarare che i sacrifici umani visti nella pellicola sono presenti ancora nella nostra società non differentemente da quella dei maya.   «Il sacrificio umano è vivo e vegeto» ha scandito Gibson, con Rogan che ha detto, che sì, ha solo cambiato forma, alludendo alle morti indotte dalla medicina. Qualcuno può aver avvertito che il non detto, che vibrava giocoforza dentro il cattolico Gibson, era l’aborto, che epperò non è stato spalmato in faccia al già liberal, sedicente abortista Rogan. I due hanno quindi convenuto in un’idea della guerra come sacrificio umano della gioventù.     Si esce dalle due ore di ascolto del podcast grati sino ad essere un po’ frastornati: la comprensione della catastrofe della chiesa conciliare, la comprensione del disastro della medicina moderna, la comprensione della Necrocultura, la comprensione del ritorno del sacrificio umano non solo solo temi che potete trovare su Renovatio 21: sono questioni che sono ad un passo dal divenire mainstream.   Se non è questo un momento per essere speranzosi, quale lo sarà?   Roberto Dal Bosco

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Immagine screenshot da YouTube  
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