Pensiero
Rivolte e repressione in Gran Bretagna: il vero fine è l’entrata in uso della tirannia biopolitica totale

Dopo le proteste anti-immigrazione in Gran Bretagna, con la visione di una popolazione stremata dall’insicurezza e dal sistema a due livelli – protezione e favore agli stranieri, pugno di ferro sugli autoctoni – la scena la sta prendendo la repressione «casa per casa», letteralmente, anche di quanti hanno espresso online il loro dissenso.
Si tratta di psicopolizia vera e propria, e non c’è altro modo di definirla se non proprio l’espressione coniata da Giorgio Orwell. Il quale, ricordiamo, era inglese, e sembra proprio averla indovinata, magari pure con moderazione.
Di più: tutto quanto sta accadendo sembra convergere verso l’instaurazione di un mondo definibile come orwelliano. Stiamo vivendo, cioè, i prodromi del caricamento di un sistema di controllo totale sull’individuo, mille volte più pervasivo di quello descritto in 1984.
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Ciò avviene sotto gli occhi di tutti. Anzi, è il potere stesso a dichiararlo apertis verbis.
Nel suo messaggio di minaccia a chi protesta a seguito della strage di bambine perpetrato da un immigrato di seconda generazione, il nuovo primo ministro del Regno Unito Keir Starmer ha annunciato un’espansione della tecnologia di riconoscimento facciale e della censura online.
Dopo aver vinto le elezioni di luglio, Starmer aveva dichiarato: «il mio governo sarà una forza per il bene». Quattro settimane dopo, annuncia che il Paese sarà sottoposto alla più pervasiva tecnologia di biosorveglianza che si conosca, accusata, laddove è utilizzata – come in Israele – di essere in grado di portare il concetto di apartheid a nuovi livelli possibili solo nel XXI secolo.
In pratica, il regime londinese, lungi dall’affrontare il problema di decenni di invasione migratoria che ha importato forse otto milioni di immigrati dal 2001, ha annunciato senza tanti problemi che ora si procederà con la tirannia digitale.
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Nella dichiarazione trasmessa il 1° agosto, il neopremier laburista aveva incolpato una «piccola minoranza di senza cervello» dei disordini, giurando di introdurre una «capacità nazionale» di sorveglianza di massa in risposta, minacciando al contempo la censura e l’azione penale contro le aziende di social media.
«Le azioni di una piccola e insensata minoranza nella nostra società», ha detto lo Starmer, lo porteranno a «stabilire una capacità nazionale, tra le forze di polizia… Intelligence condivisa… più ampia diffusione della tecnologia di riconoscimento facciale».
Vengono citate anche, senza specificare, «azioni preventive». Nel messaggio era contenuta anche una minaccia, velata ma molto diretta, a Elon Musk per il suo social media X: «i disordini violenti chiaramente istigati online, sono pure un crimine». Sappiamo che la disfida diretta tra Musk – che prevede una guerra civile in Gran Bretagna – e il premier britannico è già partita, e alcuni ora temono per un attacco, anche violento, contro il magnate della Tesla.
Il lettore riconosce il procedimento dialettico, «hegeliano» – tesi, antitesi, sintesi – già usata in passato a fini di istituzione di sistemi di controllo. Il terrorismo, secondo un retropensiero diffuso, proprio a questo serve: pensiamo all’11 settembre, che consentì la creazione di apparati di sorveglianza sulla stessa popolazione americana, e su qualsiasi altra, e venne usato come grottesco casus belli contro due Paesi che di fatto non avevano fornito un solo attentatore alla strage (venivano, in massima parte, dall’Arabia Saudita…)
Non è tutto: altri puntini vanno a collegarsi. Mentre lo Starmerro annunziava una nuova unità di polizia per reprimere i disordini violenti, un consigliere del governo del Regno Unito ha chiesto l’introduzione di lockdown «in stile COVID» per reprimere la rabbia nazionale per l’illegalità creata dalle migrazioni di massa e da un regime apertamente ostile a coloro che devono subirne le conseguenze.
Come abbiamo visto tante volte su Renovatio 21, che ha adottato pienamente il concetto, il termine «anarco-tirannia» si applica a un sistema di governo che terrorizza la propria popolazione con il disordine per giustificare repressioni volte ad aumentare il proprio potere.
Questo termine sembra adattarsi all’immagine della Gran Bretagna starmeriana, dove si aggiunte, tuttavia, la grande cifra del potere nel XXI secolo come nelle ricette del World Economic Forum: la sorveglianza totale, il controllo biopolitico di tutta la popolazione.
La ONG britannica per le libertà civili Big Brother Watch ha avvertito che l’uso esteso del riconoscimento facciale «minaccia piuttosto che proteggere la democrazia», poiché «trasforma il pubblico in carte d’identità ambulanti». In un comunicato stampa, il gruppo, che si batte contro l’autoritarismo tecnologico strisciante come esemplificato nel romanzo distopico 1984, ha affermato in un comunicato stampa del 1° agosto che «l’allarmante promessa fatta oggi dal primo ministro di introdurre il riconoscimento facciale, in un’apparente risposta ai recenti disordini, è una promessa di saccheggiare risorse vitali della polizia per una sorveglianza di massa che minaccia anziché proteggere la democrazia».
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Silkie Carlo, direttrice di Big Brother Watch, ha spiegato che la tecnologia è vietata in Europa e potrebbe essere illegale anche nel Regno Unito. «Questa sorveglianza AI trasforma i membri del pubblico in carte d’identità ambulanti, è pericolosamente imprecisa e non ha alcuna base legale esplicita nel Regno Unito. Sebbene sia comune in Russia e Cina, il riconoscimento facciale in tempo reale è vietato in Europa» ha spiegato la Carlo.
Domenica 4 agosto lo Starmer ha ripetuto la sua minaccia di reprimere i «teppisti di estrema destra», affermando che «tutta la forza della legge» sarebbe stata applicata a coloro che erano coinvolti – sia online che di persona – nei disordini innescati dagli orribili omicidi e resi possibili da anni di politica governativa globalista liberale.
In una delle due domande concesse ai giornalisti, era stato suggerito al premier britannico che la politica governativa e l’omicidio scandaloso in sé potrebbero spiegare il «motivo» dietro i disordini civili a livello nazionale. Starmer ha risposto, semplicemente, «non importa».
Il premier ha invece giurato di «proteggere i musulmani… e coloro che sono attaccati per il colore della loro pelle e la loro fede», cancellando ogni contesto, eccetto il razzismo, per i motivi degli indignati. «Questa non è una protesta”, ha detto. “È un teppismo violento organizzato, e non ha posto nelle nostre strade o online».
Come ha scritto LifeSite, condannando fermamente gli attacchi ai «luoghi di culto» – cioè alle moschee – non ha detto nulla delle 150 chiese che sono state bruciate nel Regno Unito tra il 2017 e il 2022. Il primo ministro che si dice «violenza … dei teppisti di estrema destra», ha recentemente promesso tre miliardi di sterline all’anno all’Ucraina (dove abbondano rune e svastiche, assai: chiedete al predecessore Boris Johnson) e ha dichiarato nell’ottobre 2023 che Israele «ha il diritto» di tagliare le forniture di cibo e acqua a Gaza nel suo genocidio in corso. Ha negato di averlo detto in seguito, nonostante sia stato registrato mentre lo faceva.
Nonostante ampie proteste della popolazione, anche e soprattutto musulmana, Finora il governo Starmer non ha sospeso le vendite di armi a Israele.
Come ha sottolineato un commentatore su X, lo Stato che denuncia la violenza contro se stesso ha «creato un virus, iniettato veleno nelle persone, diviso le società… distrutto l’economia mentre allo stesso tempo la derubava», affermando che queste sono «le stesse persone che stanno… permettendo che il vostro Paese venga invaso e stanno facendo del loro meglio per scatenare la Terza Guerra Mondiale».
Ci dimentichiamo forse da dove viene il personaggio. Lo Starmer, diventato primo ministro da una manciata di settimane, in passato ha dichiarato la sua preferenza «per Davos» (cioè, per il World Economic Forum) rispetto a Westminster, segnalando chiaramente la sua preferenza per l’ordine globalista rispetto alla sovranità nazionale e alla democrazia del Parlamento britannico.
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Westminster, cioè il luogo della democrazia britannica, dice lo Starmerro intervistato, «ha più restrizioni». Quello a cui aspira anche lui, con evidenza, è la possibilità di riformare l’umanità a livello globale. Si tratta di un’ammissione incredibile. Essa sola dovrebbe aver impedito al personaggio di divenire inquilino del civico 10 di Downing Street.
L’ affluenza minima da record alle elezioni generali del 4 luglio ha visto il Partito Laburista ottenere una schiacciante maggioranza con oltre 400 seggi, con il minor numero di voti ottenuti in 84 anni. Nel suo primo discorso da primo ministro del 5 luglio, Starmer ha promesso di porre fine al «caos» in Gran Bretagna e ha assicurato alla nazione che il suo governo avrebbe ricostruito la fiducia del pubblico con le sue azioni, non con le sue parole.
Starmer ha fatto due discorsi pubblici in seguito all’uccisione di massa di bambini da parte del figlio di immigrati ruandesi. L’indignazione segue settimane di segnalazioni di crimini commessi dai migranti, dopo decenni di stupri organizzati di bambini britannici «su scala industriale» da parte di «gang di adescamento» composte da immigrati.
Nel 2015, la parlamentare laburista di Rotherham Sarah Champion ha affermato che fino a un milione – sì, un milione – di minori potrebbero essere stati stuprati da bande sessuali composte in gran parte da immigrati. L’ultimo rapporto di gennaio 2024 sullo scandalo nazionale afferma che i bambini sono stati «lasciati in balia» degli stupratori, che sono liberi di scorrazzare ed indulgere ancora nelle loro gozzoviglie sadiche e criminali.
Uno dei motivi del silenzio del primo ministro sul disastro immigrazionista è la sua complicità risalente.
Nel 2003, Starmer è stato l’avvocato che ha agito per garantire il diritto automatico a denaro gratuito, cibo e sistemazione in hotel per un gruppo di migranti illegali. Ventuno anni dopo, si stima che siano arrivati in Gran Bretagna sette milioni di immigrati. Con i livelli di migrazione alle stelle, si prevede che la popolazione del Regno Unito salirà a quasi 80 milioni entro il 2046, aggiungendo 16 milioni nei prossimi 20 anni, in gran parte a causa dell’immigrazione.
Sorprendentemente, Starmer ha utilizzato il suo secondo discorso alla nazione per dire che «le persone in questo Paese hanno il diritto di essere al sicuro», mentre la nazione è sconvolta dalla rabbia per il fatto che i loro figli possono essere uccisi in qualsiasi momento nel caos che lui ha contribuito a creare.
Bisogna a questo punto ricordare la figura di un altro avvocato attivista divenuto poi premier laburista: Tony Blair.
Come riportato da Renovatio 21, Blair – per un momento considerato perfino come successore di Klaus Schwab a Davos – oggi gira il mondo per perorare la causa dell’ID digitale, da applicarsi in ogni modo possibile e sotto qualsiasi condizioni. In passato Blair – che ha ancora qualche problema a causa del suo supporto della guerra ingiusta all’Iraq, ma che chiede ancora una guerra, contro la Russia, anche nucleare se necessario – ha sfruttato la pandemia come motivazione per domandare l’implementazione di questo sistema di biosorveglianza globale: voleva, senza infingimenti, i passaporti vaccinali elettronici.
Ora vediamo che, dopo il COVID, una nuova emergenza sembra poter essere utilizzata allo scopo di istituire tale controllo biopolitico. «Dovremmo muoverci mentre il mondo si sta muovendo verso l’identità digitale», ha affermato alla conferenza del Tony Blair Institute for Global Change, affermando che l’identità digitale era un modo per «controllare l’immigrazione».
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Come sa il lettore, anche la «crisi ambientale» viene usata allo stesso modo, così da riconvertire di fatto lo Stato in modo da trasformarlo in una «piattaforma», dove il cittadino non è più latore di diritti, ma «utente» a cui sono assegnati, a discrezione del potere, degli «accessi». Il green pass altro non era che la prova generale di questa radicale trasformazione politica di tutto l’Occidente. Le monete digitali da Banca di Stato (CBDC), che sono in arrivo come l’euro digitale, completeranno l’opera: il potere avrà, oltre che la sorveglianza sulle attività del cittadino, anche il controllo dei suoi consumi, al punto da poterne inibire gli acquisti, financo facendolo morire di fame.
E quindi, l’immigrazione non è solo un grande programma di sostituzione della popolazione, come da imperativo calergista. No, il caos che essa produce porta giocoforza all’instaurazione di strumenti di sorveglianza totale, con gli Stati che si avocano, dietro la scusa dell’emergenza, persino poteri di psicopolizia.
L’immigrazione massiva non solo altera la popolazione, ma sovverte la democrazia, riformulando del tutto il concetto di Stato, lo stato di diritto, il contratto sociale, etc. – tutto per portare l’umanità verso una governance digitale globale guidata dall’Intelligenza Artificiale.
Una situazione che sembra davvero quella descritta nel libro dell’Apocalisse.
«E le fu dato di far guerra ai santi e vincerli; e le fu data autorità sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. 8 E l’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro di vita dell’agnello sgozzato, fin dalla fondazione del mondo» (Ap, 13, 6-8)
«E sedusse gli abitanti della terra con portenti che le fu dato d’operare al cospetto della bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’effigie alla bestia che ha la piaga della spada e ha ripreso vita. E le fu dato di dar spirito all’effigie della bestia, sì che l’effigie della bestia parlasse, e di far che quanti non avessero adorato l’effigie della bestia fossero uccisi. E farà che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, ricevano un marchio nella loro mano destra o sulla lor fronte, e che nessuno possa comprare o vendere, se non chi ha il marchio, il nome della bestia o il numero del suo nome». (Ap, 13, 14-17)
San Giovanni parla di governo mondiale e di statue che parlano, e della popolazione tutta che ne viene sottomessa.
Direi che ci siamo.
Roberto Dal Bosco
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Il ritorno della diplomazia vaticana. A papa morto

President Trump sat down to meet privately with Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy in St. Peter’s Basilica in Vatican City this morning. pic.twitter.com/QChPiZRKzM
— The White House (@WhiteHouse) April 26, 2025
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Qualcuno dirà: la solita trovata, perfetta, di Trump. Optics. Look. PR – è comunicazione visuale, lui è un maestro, a partire dall’insistenza diacronica per il ciuffo sintetico, inconfondibile, immediato. Non saprei dire: l’ultima volta che aveva saputo ingenerare un’immagine di tale potenza forse Dio stesso gli aveva dato una mano: quando gli spararono e lui alzò il pugno al cielo col volto rigato di sangue e la bandiera USA che garriva sopra di lui. Il Vaticano quindi pare essere tornato, brevemente, estemporaneamente, involontariamente, il vero luogo della diplomazia, e della pace globale. Dio, la tradizione cattolica – quella per cui questa micrologica monarchia teocratica, per quanto acciaccata, è ancora nella mente e nel cuore di tutta l’umanità e dei suoi leader – lo hanno permesso. Una preghiera acciocché torni quel tempo dove il centro del mondo coincideva con il centro del suo spirito. Solo da lì si può ricostruire l’equilibro. Solo ricostruendo la Chiesa si potrà avere la vera pace. Make Vatican Great Again. Ma sul serio. Roberto Dal BoscoBehind Scenes, Vatican City—President Trump sat down to meet privately with Volodymyr Zelenskyy of Ukraine this morning in St. Peter’s Basilica… pic.twitter.com/zzC78AgbNh
— Dan Scavino (@Scavino47) April 26, 2025
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Pensiero
Buon San Marco: il leone per i nostri lettori, l’asino della favola di Angleton per tutti gli altri

Oggi, 25 aprile, auguriamo Buon San Marco a tutti i lettori. Come ogni anno.
I non veneti potrebbero non saperlo: la cosiddetta «Festa della liberazione» ha di fatto occupato l’antica festa dell’Evangelista del Leone. A dire il vero, anche molti veneti dell’entroterra oggi lo ignorano.
Meteo permettendo, auguriamo a chi ci legge di passare una splendida giornata con chi amano (la festa di San Marco, a Venezia, ha una tradizione romantica fatta di bócołi di rosa scambiata tra innamorati, una storia che tra origine dalla tragica leggenda di Tancredi che per sposare Maria partì a combattere i mori in Ispagna con Orlando: una tragedia che Romeo e Giulietta, levàteve) e con i famigliari e gli amici tutti. Vai di grigliate, vai di passeggiate, scampagnate, zainetto e picnicco – e pomiciate sotto l’albero per tanta giovenù dal cuor leggero.
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Sappiamo tuttavia che tanti nel nostro Paese ignorano la bellezza della Festa del Leone di San Marco perché ancora sotto l’incantesimo comu-repubblicano: festeggiano la «liberazione» dal male di tutti i mali, quel totalitarismo che spingeva il Paese ad una guerra per cui non era pronto, impediva la libertà di parola, obbligava alla vaccinazione causando morti, etc. (Se non vi fischiano le orecchie, non le avete, ma nemmeno gli occhi, la bocca, il naso).
L’inno alla partigianeria prosegue nonostante i partigiani siano oramai quasi tutti morti: come un tulku tibetano, un residuo spirituale vagante, o come un’accisa sulla benzina per il terremoto dell’Irpinia.
Ebbene, ci toccherà anche quest’anno il frusto rito del 25 aprile con la sua marcetta milanese dal luogo del sacrifizio regicida, che epperò nelle ultime edizioni è stato di grande intrattenimento: vedere sfilare falce e martello a fianco della Rosa dei Venti NATO, i sedicenti discendenti partigiani tra le bandiere ucronaziste (qualcuno non c’è stato – risuona ancora l’urlo del comunista rimasto tale: «Azovdimmerda!»).
A costoro vogliamo raccontare, tuttavia, di un altro leone, e dell’asino
È una favola da Fedro, I secolo d.C. Si intitola «Leo senex, Aper, Taurus et Asinus», ma per tutti è, semplicemente, la storia del «calcio dell’asino».
Defectus annis et desertus viribus
leo cum iaceret spiritum extremum trahens,
aper fulmineis spumans venit dentibus,
et vindicavit ictu veterem iniuriam.
infestis taurus mox confodit cornibus
hostile corpus. asinus, ut vidit ferum
inpune laedi, calcibus frontem extudit.
at ille exspirans «Fortis indigne tuli
mihi insultare: te. Naturae dedecus,
quod ferre certe cogor bis videor mori».
La nostra traduzione:
Avanti con gli anni e abbandonato dalle forze
il leone giaceva lì, esalando l’ultimo respiro,
Il cinghiale arrivò schiumando con denti fulminei,
e vendicò con un colpo una vecchia offesa.
Il toro feroce trafisse subito il corpo del nemico con le sue corna.
L’asino, quando vide la bestia selvaggia
ferita impunemente, tirò un calcio sulla fronte.
Il leone mortì. Ma prima disse: «Amaro fu l’assalto di quei forti.
Ma dopo il tuo, viltà della natura,
mi sembra di morire anche due volte»
La notissima favola, poi ripresa da La Fontaine, talvolta invece che il discorso del leone che muore amareggiato e umiliato, riporta il vanto dell’asino, che, essendo stato l’ultimo a colpire – un calcetto, e basta – rivendica di aver ucciso lui il re della foresta.
È una favola pure quella dei partigiani che vincono da soli il fascismo – quasi che gli angloamericani, con il loro saturation bombing che ha devastato le nostre città (case, chiese, basiliche, tutto), con le loro truppe sbarcate in massa sulle nostre coste, con le loro basi di occupazione militare che tutt’ora sono presenti nel territorio, non fossero mai esistiti.
La possiamo chiamare la favola di Angleton, da James Jesus Angleton (1917-1987), la «madre» della CIA, l’uomo che – cresciuto a Milano – organizzò la trama non solo dello sbarco alleato in Sicilia, per il quale, come noto, fece un patto con la mafia, finito – è la nostra ipotesi – con i fatti di Castelvetrano, dove nel 1944 ci era Roosevelt con tutto lo Stato maggiore USA e anni dopo Matteo Messina Denaro come tranquilissimo superlatitante.
No: Angleton gestì la guerra e il dopoguerra, creò la Repubblica (con il referendum) e la Democrazia Cristiana, con l’immissione del pensiero cattodemocratico (cioè è, anglo-sintetico) di Maritain, pensatore nutrito dalle università americane da cui Angleton proveniva all’interno di una panchina di uomini tenuti a bagnomaria dalla Chiesa, come De Gasperi, ma anche Andreotti etc.

James Jesus Angleton. Immmagine CC0 via Wikimedia
Angleton, detto anche Kingfisher («il martin pescatore», o, più in linea con i suoi interessi letterari, «il re pescatore»), è il vero «liberatore» dell’Italia e fondatore della Repubblica italiana: e nessuno, oggi, gli rende omaggio, nemmeno una parola per il suo animo sensibile di laureato in poesia, che scriveva lettera di ammirazione a Ezra Pound (mentre lo teneva in prigione…), che definiva la sua condizione di uomo a capo delle percezioni più importante del suo Paese (il controspionaggio) con un’espressione toccante e magnifica presa da T.S. Eliot: «il deserto degli specchi».
Il «deserto degli specchi», infine, lo fece impazzire: i russi, che avevano piantato talpe clamorose nei servizi occidentali, lavorarono per farlo diventare paranoide oltre ogni limite. Non una storia a lieto fine, a differenza della favola della guerra.
Più che al partigiano Johnny, noi italiani moderni dobbiamo tutto a James Jesus. Renovatio 21 lo ricorderà sempre. Anche quando l’Italia come la conosciamo potrebbe non esserci più.
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Dalla storia che stiamo raccontando, ad un certo punto, qualcuno potrebbe trarre conclusioni abissali: una repubblica fondata su un calcio dell’asino, è una repubblica asinina? Una società che gode nell’uccidere i leoni, a cosa somiglia? Uno Stato creato da asini calciatori, ha prodotto e continua a produrre asini e calciatori, fino a quale limite di sostenibilità?
Non rispondiamo: le fiabe sono per i bambini, gli adulti invece, proprio come la superspia che conosceva La terra desolata, dovrebbero leggere poesie e pensieri profondi.
Quindi: buon Angleton Day agli asini delle favole.
E le ali del Leone di San Marco per tutti i nostri lettori!
Roberto Dal Bosco
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