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Musica J-Pop e abusi sessuali: scandalo a Tokyo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Johnny and Associates – una delle maggiori agenzie dei cantanti del J-pop – è stata travolta dalle accuse contro il suo fondatore (scomparso nel 2019) che nel corso di decenni avrebbe molestato centinaia di giovani artisti. Una vicenda tenuta nascosta per molto tempo nonostante le prime denunce fossero affiorate nel 1999. L’inadeguatezza delle misure per la protezione delle vittime in Giappone.
In Giappone uno scandalo legato a molestie sessuali in un’importante agenzia di talenti nel mondo della musica e dello spettacolo sta facendo emergere tutte le difficoltà della società giapponese a fare i conti davvero con questa piaga.
Durante una conferenza stampa tenutasi lo scorso 7 settembre, Julie K. Fujishima ha annunciato le sue dimissioni abbandonando il ruolo di presidente della Johnny and Associates e ammettendo per la prima volta la veridicità dietro le accuse di molestie sessuali mosse contro Johnny Kitagawa, fondatore della società nonché suo zio, scomparso nel 2019.
Fondata nel 1962, la Johnny and Associates è una delle maggiori agenzie di talenti del Giappone: prepara e promuove giovani star di sesso maschile ed è stata l’artefice della nascita di gruppi del calibro di SMAP, TOKIO e Arashi, che contano fan in tutto il continente asiatico.
Dallo scorso marzo, tuttavia, si trova nell’occhio del ciclone a causa delle accuse di molestie sessuali mosse da diversi idol che negli anni hanno avuto a che fare con Johnny Kitagawa.
Le prime accuse in realtà risalgono al 1999, quando a rilanciarle fu il tabloid Shukan Bunshun. Solo quest’anno, però, in seguito a un documentario prodotto dalla BBC e a ulteriori denunce da parte delle sue vittime, la vicenda ha ricevuto l’attenzione che meritava, suscitando sdegno tra la popolazione giapponese.
A maggio l’agenzia aveva nominato un team di esperti per portare avanti un’indagine indipendente. Questo studio, dopo aver intervistato 41 persone, ha stabilito che Johnny Kitagawa ha iniziato ad abusare sessualmente di ragazzi negli anni ’50 e, dopo l’inaugurazione dell’agenzia, dagli anni ’70 agli anni 2010.
Il numero dei ragazzi e dei giovani uomini che hanno subito abusi e molestie sessuali potrebbe superare le diverse centinaia, con denunce di sesso orale o situazioni in cui si intrufolava nei loro letti di notte.
Proprio a maggio, a seguito delle conclusioni degli esperti, Fujishima si scusò per la prima volta, negando però di essere a conoscenza dei crimini dello zio. Ora, a seguito di una nuova denuncia pubblica di un’altra star – Kauan Okamoto – ha deciso di dare le dimissioni.
Il caso dei Johnny’s juniors ha messo in luce non solo le misure inadeguate destinate alla protezione delle persone vittime di abusi sessuali in Giappone ma anche la cultura di omertà che circonda i casi di abusi sessuali. Nonostante le denunce circolassero da più di vent’anni le agenzie di informazione locali hanno fallito nel fare luce sulla vicenda, complici il potere detenuto dall’agenzia di Kitagawa e una cultura che rende difficile per le vittime farsi avanti e denunciare.
Alle vittime che denunciano viene spesso chiesto dalle autorità di «riprodurre» l’atto, rendendo la denuncia una seconda violenza.
Uno studio statistico del 2014 stimava in meno del 5% in Giappone gli individui che dopo aver subito violenze e abusi sessuali sceglierebbero poi di denunciare. Una percentuale che si riduce ulteriormente per i minori e le persone LGBTQ+.
Di fronte allo scandalo legato alla Johnny and Associates, il Giappone ora ha annunciato nuove misure per contrastare le molestie e gli abusi sessuali su minori, dichiarando che da settembre avrebbe fatto partire una linea di emergenza dedicata alle vittime di crimini sessuali di sesso maschile.
La vicenda ha catturato anche l’attenzione delle Nazioni Unite, che hanno esortato non solo la Johnny and Associates ma anche le altre agenzie di intrattenimento a portare avanti «indagini trasparenti e legittime con scadenze precise».
In particolare Damilola Olawuyi, presidente del gruppo di lavoro dell’ONU su imprese e diritti umani, si è recato in Giappone a luglio per confrontarsi con funzionari del governo.
Le sue dichiarazioni sono state accolte positivamente da diverse vittime che si sono fatte avanti per condividere la loro esperienza.
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Microsoft vuole bandire le donne formose dai videogiuochi?
Il colosso tecnologico statunitense Microsoft scoraggia l’utilizzo di figure femminili eccessivamente formose nei videogiochi, secondo le linee guida aggiornate pubblicate martedì dalla società.
Nell’ambito della sua iniziativa di inclusività, Microsoft ha offerto agli sviluppatori un elenco di domande da considerare mentre lavorano sui loro prodotti per verificare se stanno rafforzando eventuali stereotipi di genere negativi.
La guida, denominata «Azione per l’inclusione del prodotto: aiutare i clienti a sentirsi visti», include vari stereotipi che il gigante dei giochi ritiene sia meglio tralasciare.
Secondo la guida, i progettisti di giochi dovrebbero verificare se non stanno introducendo inutilmente barriere di genere e dovrebbero assicurarsi di creare personaggi femminili giocabili che siano uguali in abilità e capacità ai loro coetanei maschi, e dotarli di abiti e armature adatti ai compiti.
«Hanno proporzioni corporee esagerate?» chiede la linea guida.
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I personaggi femminili svolgono un ruolo significativo nell’industria dei giochi e sono diventati i preferiti dai fan nel corso degli anni. Il capostipite della genìa è sicuramente Lara Croft, protagonista della fortunata serie Tomb Raider, che iniziò a spopolare negli anni Novanta sulla piattaforma della Playstation 1.
Il personaggio aveva come caratteristica fisica incontrovertibile seni straripanti, che la grafica dell’epoca rendeva grottescamente attraverso poligoni piramidali. Secondo un meme che circola su internet, tale grafica potrebbe essere alla base dell’enigmatico, estremista design della nuova automobile di Tesla, il Cybertruckko.
tesla cybertruck is just ps1 lara croft boobs pic.twitter.com/W6BXuGzMRq
— scene celebrity (@whackkat) May 12, 2021
Di recente è emerso che esistono società di consulenza che portano le case produttrici di videogiochi a inserire elementi politicamente corretti nelle loro storie: più personaggi non-bianchi, gay, trans, più lotta agli stereotipi maschili – un vasto programma nel mondo dell’intrattenimento giovanile.
In un recente videogioco sono arrivati a dipingere una criminale parafemminista uccidere Batman.
L’incredibile sviluppo, lesivo non solo delle passioni dei fan ma propriamente del valore dell’IP (la proprietà intellettuale; i personaggi di film, fumetti e videogiochi questo sono, in termini legali ed economici) è stato letto come una dichiarazione di guerra del sentire comune, con l’esecuzione del Batmanno come chiaro emblema del patriarcato e della concezione del crimine come qualcosa da punire.
Sorveglia e punire: non l’agenda portata avanti negli USA dai procuratori distrettuali eletti con finanziamenti di George Soros, nelle cui città, oramai zombificate, ora governa il caos sanguinario e il disordine più tossico.
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No al Jazz. Sì al Dark Jazz
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