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Geopolitica

Lukashenko: la Russia avrebbe dovuto lanciare l’operazione ucraina nel 2014. «L’Occidente sta preparando un golpe in Bielorussia»

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Il conflitto in Ucraina è iniziato anni fa e «l’unico errore» commesso da Russia e Bielorussia è stato non risolvere prima la questione, ha dichiarato giovedì il presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

 

Parlando a una riunione dei capi della sicurezza della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), Lukashenko ha affermato che il conflitto in Ucraina è iniziato anche prima del colpo di stato di Maidan del 2014 a Kiev, che ha estromesso il presidente democraticamente eletto del paese, Viktor Yanukovich.

 

«Sono assolutamente d’accordo con il presidente Putin quando afferma che non siamo stati noi a iniziare questa guerra. Non è nemmeno iniziato nel 2014. È iniziato molto prima del 2014. Abbiamo visto tutto quello che è successo qui: il colpo di stato “marrone” che ha avuto luogo e in cosa è stata portata l’Ucraina», ha dichiarato il presidente bielorusso.

 

Le ostilità erano destinate a scoppiare prima o poi, ha affermato il leader di Minsk, aggiungendo che anche se Mosca non avesse lanciato la sua operazione militare un anno fa, sarebbe stata comunque inevitabile, ma a condizioni ancora peggiori per Russia e Bielorussia.

 

«L’ unico errore» commesso dai due paesi è stato quello di continuare i loro sforzi per risolvere il conflitto attraverso la diplomazia, piuttosto che avviare prima un’azione militare, ha insistito Lukashenko. «Tutto stava portando a questo. Probabilmente l’unico errore che abbiamo commesso è stato non aver risolto questo problema nel 2014-2015, quando l’Ucraina non aveva né un esercito né determinazione».

 

Secondo Lukashenko, l’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj – così come i suoi predecessori Petr Poroshenko e Yanukovich – di fatto non ha fatto nulla per garantire una «esistenza pacifica» ai cittadini del Paese. Essi «non volevano la guerra», ma a quanto pare vi sono stati spinti, ha affermato Lukashenko, aggiungendo che i sostenitori occidentali di Kiev hanno ammesso apertamente di aver utilizzato gli sforzi diplomatici prolungati per risolvere la crisi semplicemente come un ripiego per armare e addestrare l’esercito ucraino.

 

«Hanno francamente ammesso di aver fatto di tutto per preparare l’Ucraina a una guerra con la Russia», ha affermato il Lukashenko, riferendosi alle osservazioni dell’ex cancelliere tedesco Angela Merkel e dell’ex presidente francese François Hollande. Entrambe le figure hanno affermato che gli accordi di Minsk, firmati nel 2014 e nel 2015 come presunta tabella di marcia per la pace nell’ex Donbass ucraino, erano un mezzo per guadagnare tempo per rafforzare le forze ucraine.

 

Lukashenko ha poi affermato che i Paesi occidentali insieme all’Ucraina stanno preparando un «violento cambio di regime», cioè un colpo di stato in Bielorussia. Il presidente bielorusso ha insistito sul fatto che le forze di sicurezza di Minsk sono preparate alla minaccia e non lasceranno che uno scenario del genere si materializzi.

 

«In Polonia, Lituania e, purtroppo, Ucraina, vengono addestrati membri illegali di gruppi armati» ha continuato Lukashenko. Gli agenti, secondo Lukashenko, intendono creare «cellule estremiste dormienti» in Bielorussia.

 

Il presidente ha citato le recenti operazioni congiunte con le forze di sicurezza russe, durante le quali sarebbero stati sequestrati esplosivi. «Questo fatto significa che non ci lasceranno soli», ha predetto.

 

Lukashenko ha affermato che i cittadini bielorussi contrari al suo governo stanno combattendo per l’Ucraina e stanno acquisendo esperienza di combattimento sul fronte.

 

A differenza delle proteste del 2020, l’Occidente sta ora sollecitando l’opposizione del Paese a impegnarsi in atti di violenza armata e sta finanziando tali attività, ha elaborato Lukashenko, avvertendo gli altri Stati membri della CSI che potrebbero incontrare minacce simili in futuro e chiedendo una maggiore cooperazione in materia di sicurezza.

 

Apparendo sul canale televisivo polacco Polsat alla fine del mese scorso, il generale in pensione Waldemar Skrzypczak ha invitato le autorità di Varsavia a «prepararsi per una rivolta in Bielorussia», insistendo sul fatto che ciò «accadrà», riporta RT.

 

«Dobbiamo essere pronti a sostenere le truppe che effettueranno l’operazione contro Lukashenko. Abbiamo motivi per aiutarli, proprio come aiutiamo l’Ucraina», ha affermato il generale, ex viceministro della difesa polacco per gli armamenti.

 

Commentando le osservazioni del generale, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha osservato che la Russia ha l’obbligo di garantire la sicurezza della Bielorussia, «cosa che faremo di fronte a minacce così evidenti».

 

 

 

 

 

Immagine di Homoatrox via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

 

 

 

 

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Geopolitica

Il consigliere di Zelens’kyj: Kiev pronta a colloqui di pace con la Russia a condizioni «giuste»

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Kiev è pronta per i negoziati di pace con Mosca a condizioni «giuste», ha detto venerdì il principale collaboratore di Volodymyr Zelens’kyj, Mykhailo Podolyak, in un’intervista a un canale televisivo ucraino. Ha tuttavia affermato che la Russia non è pronta per un accordo.

 

L’alto funzionario ha sottolineato che l’Ucraina sta cercando ciò che considera negoziati efficaci che porterebbero non a un congelamento delle ostilità ma alla fine del conflitto. Ha chiesto di aumentare la pressione internazionale sulla Russia e di potenziare le capacità militari dell’Ucraina per raggiungere l’obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, il Podolyak ha dichiarato all’Associated Press che vede un accordo di pace con la Russia come un «patto col diavolo», aggiungendo che il congelamento del conflitto consentirebbe a Mosca di apportare le correzioni necessarie e modernizzare le sue forze.

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All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che i colloqui di pace sono attualmente impossibili a causa di una serie di questioni che devono prima essere risolte, tra cui lo status di Zelensky e la legislazione ucraina, firmata da Zelens’kyj nel 2022, che vieta i negoziati tra Kiev e l’attuale leadership di Mosca.

 

Peskov ha ribadito che il Cremlino considera nulla la legittimità di Zelensky come capo di stato, poiché il suo mandato è terminato a maggio e le elezioni non si sono tenute a causa della legge marziale. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato in precedenza che lo status di Zelensky è importante per quanto riguarda un potenziale trattato di pace, poiché qualsiasi documento vincolante dovrebbe essere firmato da autorità legittime.

 

Il portavoce ha anche sottolineato che, nonostante le recenti dichiarazioni, la parte ucraina, così come i suoi sostenitori occidentali, restano restii ad avviare colloqui con la Russia.

 

Zelensky ha recentemente affermato che Kiev vuole porre fine al conflitto «il prima possibile», preferibilmente «entro la fine di quest’anno». Ha sollevato la possibilità di tenere un secondo vertice come un modo per raggiungere questo obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che i segnali inviati da Zelensky sulla volontà dell’Ucraina di riprendere i colloqui di pace con Mosca non sono credibili.

 

Il primo summit, ospitato dalla Svizzera, si è concentrato su elementi della «formula di pace» di Kiev, che richiede a Mosca di ritirare le sue truppe da tutti i territori rivendicati dall’Ucraina. Mosca ha liquidato il piano come distaccato dalla realtà.

 

In questi due anni di conflitto il personaggio si è fatto notare per commenti problematici.

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Come riportato da Renovatio 21, consigliere di Zelens’kyj mesi fa aveva dichiarato che la «massima uccisione dei russi» è il fine della guerra in corso. A settembre aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».

 

Il consigliere presidenziale aveva definito la proposta di pace tra Russi e Ucraina avanzata dall’ex presidente francese Nicholas Sarkozy come «criminale» accusando il marito di Carla Bruni di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra».

 

Lo scorso novembre il Podolyak in un’intervista alla stazione televisiva ucraina Canale 24 aveva dichiarato che Kiev deve impadronirsi di tutti i territori perduti dalla Russia, compresa la penisola di Crimea, altrimenti rischia di scomparire dalla mappa del mondo.

 

In passato il Podoyak si è scagliato contro il capo di SpaceX Elon Musk, che nel suo racconto ha «favorito il male» negando all’Ucraina l’uso dei satelliti Starlink – che Musk ha fornito a Kiev gratuitamente – per attaccare la Crimea con i droni.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak esternato attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court.

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Cina

La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina

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I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il ​​portavoce del ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.   A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all’inizio di questo mese in un summit della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come «un decisivo facilitatore della guerra della Russia contro l’Ucraina», liquidando il documento come «pieno di bugie e pregiudizi».   «Gli alleati della NATO guidati dagli USA continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di scaricare la colpa sulla Cina», ha detto il Zhang, che ha continuato accusando il blocco atlantico di istigare conflitti in tutto il mondo.   «Dall’Ucraina all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri in queste regioni e nei loro popoli», ha affermato il Zhango, ribadendo che Pechino «promuove attivamente i colloqui di pace» tra Mosca e Kiev.

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Pechino ha ripetutamente respinto le accuse secondo cui sta aiutando Mosca a eludere le sanzioni e sta aiutando l’industria della difesa russa. Nel febbraio 2023, la Cina ha proposto una tabella di marcia in 12 punti per la pace e da allora ha compiuto sforzi per mediare il conflitto durante i successivi incontri con funzionari russi e ucraini.   La Russia ha citato la continua espansione della NATO verso est e la sua cooperazione militare con Kiev come una delle cause profonde del conflitto. Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che l’Ucraina deve diventare un paese neutrale e abbandonare il suo piano di entrare nella NATO affinché qualsiasi potenziale negoziato di pace abbia successo.   Il Cremlino ha anche affermato che «inondare» l’Ucraina di armi occidentali porterà solo a un’ulteriore escalation, ma alla fine non fermerà l’esercito russo.   Già poche settimane fa il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva ribadito che NATO è una minaccia per la pace e la stabilità globali a causa della sua «radicata mentalità da Guerra Fredda e dei suoi pregiudizi ideologici», affermando che la NATO è un «prodotto della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo».   Nonostante sostenga  di essere un’organizzazione regionale e difensiva, il blocco ha continuato a «espandere il suo potere oltre i confini, sfondare le zone di difesa e provocare scontri», aveva quindi aggiunto il Lin in un incontro con la stampa.   Come riportato da Renovatio 21, la NATO per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg aveva dichiarato la Cina come il futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino.   La Cina ha ricambiato attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina di recente ha attaccato anche il G7, trasformato, secondo il portavoce degli Esteri cinesi Lin, in uno strumento dell’egemonia globale USA.

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Geopolitica

«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin

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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.

 

Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.

 

Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.

 

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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.

 

La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».

 

Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.

 

Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.

 

Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.

 

L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.

 

«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».

 

Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.

 

Poi  nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.

 

Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.

 

La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.

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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.

 

Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».

 

Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.

 

Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».

 

La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.

 

Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.

 

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