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Geopolitica

L’Arabia Saudita è interessata ad entrare a far parte dei BRICS

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«Il principe ereditario Mohammed bin Salman ha espresso il desiderio dell’Arabia Saudita di far parte dei BRICS», ha affermato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa al termine della sua visita di stato nel Regno dal 15 al 16 ottobre, dove ha incontrato il principe ereditario Mohammed bin Salman, considerato il vertice de facto del regno wahabita, anche se ufficialmente riveste «solo» la carica di Primo Ministro.

 

Il rapporto è stato redatto dalla South African Broadcasting  il 16 ottobre. Il presidente Ramaphosa ha continuato dicendo che «le Nazioni BRICS si incontreranno in un vertice il prossimo anno sotto la presidenza del Sud Africa. E la questione sarà al vaglio».

 

Il Summit BRICS 2023 e la riunione annuale separata dei ministri degli Esteri BRICS non sono ancora stati programmati. Saranno prese in considerazione anche le domande formali di adesione presentate da Argentina e Iran.

 

L’appartenenza saudita ai BRICS avrebbe un significato speciale in termini di piano BRICS per lo sviluppo di una nuova valuta di riserva globale, dato che la forza del dollaro è in parte derivata dal suo ruolo dominante nel mercato petrolifero internazionale.

 

La mossa saudita arriva durante le ostilità verbali senza precedenti tra Biden e i sauditi che si sono manifestate soprattutto nella settimana terminata il 15 ottobre.

 

Quando l’OPEC+ non ha seguito i desideri di Biden per un aumento della produzione di petrolio, ma ha invece implementato un taglio di 2 milioni di barili al giorno , Biden ha risposto tramite un’intervista alla CNN, dicendo che «ci saranno alcune conseguenze per quello che hanno fatto con la Russia».

 

Il ministero degli Esteri saudita è tornato con una lunga dichiarazione respingendo l’interpretazione di Biden. Il ministro della Difesa Khalid bin Salman ha affermato che i leader sauditi sono rimasti «sbalorditi» dalle accuse statunitensi.

 

«A chiunque metta in discussione l’esistenza di questo Paese e di questo regno, [noi diciamo] tutti noi siamo progetti di jihad e martirio. Questo è il mio messaggio per chiunque pensi di poterci minacciare», ha detto in un video pubblicato su Twitter il principe Saud al-Shaalan.

 


Un’Arabia saudita che aderisce ai BRICS rappresenterebbe un cambio di fase epocale per l’economia e la geopolitica del pianeta.

 

I membri del Congresso democratico USA stanno ora preparando una legislazione per tagliare gli aiuti militari ai sauditi.

 

Nel frattempo, i funzionari statunitensi non sono stati invitati alla conferenza sugli investimenti sauditi alla fine di questo mese. La visita di stato del presidente Ramaphosa era prevista per ottenere investimenti sauditi in cambio di prodotti sudafricani, compresi i prodotti agricoli.

 

Finora i sauditi hanno concordato investimenti per 15 miliardi di dollari e sono stati firmati 17 memorandum d’intesa. Gli investimenti riguardano l’industria mineraria, l’agricoltura, i trasporti, la sicurezza e le energie rinnovabili.

 

l ministro degli investimenti saudita Khalid Al Falih ha parlato di «accelerare il ritmo» delle loro reciproche relazioni economiche.

 

Vi sono stati diversi segni importanti negli ultimi tempi riguardo al rapporto tra gli USA e la casa Saud, la quale, ricordiamo, ha la sua incolumità garantita dal 1945 quando il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e il re Abdulaziz dell’Arabia Saudita, si incontrarono su una nave sul Grande Lago Amaro nel Canale di Suez e si accordarono sul petrolio e il dollaro.

 

Il viaggio di tre mesi fa di Biden in Arabia saudita si è rivelato assai fallimentare, con conseguente aumento dei pezzi del petrolio al ritorno del presidente a mani vuote.

 

Come riportato da Renovatio 21, Il principe saudita Al Walid, ultramiliardario del regno (ed ex socio di Berlusconi), con una mossa che confonde il mainstream occidentale, ha investito più di mezzo miliardo in Russia pochi giorni prima della guerra.

 

La scorsa settimana il mentore e confidente di Mohammed Bin Salman, il sovrano di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed Al Nahyan,
la settimana scorsa era a Mosca a colloquio con Vladimir Putin.

 

Il rischio è quello, già segnalato dai sauditi, di poter sganciare il petrolio dal dollaro e guardare, per esempio, allo Yuan della Repubblica Popolare Cinese, che è, ricordiamolo, membro dei BRICS.

 

Questo sarebbe l’inzio di un processo altamente distruttivo per l’economia e americana: la de-dollarizzazione.

 

Renovatio 21 pubblicava ancora un anno fa un’analisi intitolata «Biden ha perso l’Arabia Saudita?»

 

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

 

 

 

 

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Geopolitica

Il consigliere di Zelens’kyj: Kiev pronta a colloqui di pace con la Russia a condizioni «giuste»

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Kiev è pronta per i negoziati di pace con Mosca a condizioni «giuste», ha detto venerdì il principale collaboratore di Volodymyr Zelens’kyj, Mykhailo Podolyak, in un’intervista a un canale televisivo ucraino. Ha tuttavia affermato che la Russia non è pronta per un accordo.

 

L’alto funzionario ha sottolineato che l’Ucraina sta cercando ciò che considera negoziati efficaci che porterebbero non a un congelamento delle ostilità ma alla fine del conflitto. Ha chiesto di aumentare la pressione internazionale sulla Russia e di potenziare le capacità militari dell’Ucraina per raggiungere l’obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, il Podolyak ha dichiarato all’Associated Press che vede un accordo di pace con la Russia come un «patto col diavolo», aggiungendo che il congelamento del conflitto consentirebbe a Mosca di apportare le correzioni necessarie e modernizzare le sue forze.

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All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che i colloqui di pace sono attualmente impossibili a causa di una serie di questioni che devono prima essere risolte, tra cui lo status di Zelensky e la legislazione ucraina, firmata da Zelens’kyj nel 2022, che vieta i negoziati tra Kiev e l’attuale leadership di Mosca.

 

Peskov ha ribadito che il Cremlino considera nulla la legittimità di Zelensky come capo di stato, poiché il suo mandato è terminato a maggio e le elezioni non si sono tenute a causa della legge marziale. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato in precedenza che lo status di Zelensky è importante per quanto riguarda un potenziale trattato di pace, poiché qualsiasi documento vincolante dovrebbe essere firmato da autorità legittime.

 

Il portavoce ha anche sottolineato che, nonostante le recenti dichiarazioni, la parte ucraina, così come i suoi sostenitori occidentali, restano restii ad avviare colloqui con la Russia.

 

Zelensky ha recentemente affermato che Kiev vuole porre fine al conflitto «il prima possibile», preferibilmente «entro la fine di quest’anno». Ha sollevato la possibilità di tenere un secondo vertice come un modo per raggiungere questo obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che i segnali inviati da Zelensky sulla volontà dell’Ucraina di riprendere i colloqui di pace con Mosca non sono credibili.

 

Il primo summit, ospitato dalla Svizzera, si è concentrato su elementi della «formula di pace» di Kiev, che richiede a Mosca di ritirare le sue truppe da tutti i territori rivendicati dall’Ucraina. Mosca ha liquidato il piano come distaccato dalla realtà.

 

In questi due anni di conflitto il personaggio si è fatto notare per commenti problematici.

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Come riportato da Renovatio 21, consigliere di Zelens’kyj mesi fa aveva dichiarato che la «massima uccisione dei russi» è il fine della guerra in corso. A settembre aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».

 

Il consigliere presidenziale aveva definito la proposta di pace tra Russi e Ucraina avanzata dall’ex presidente francese Nicholas Sarkozy come «criminale» accusando il marito di Carla Bruni di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra».

 

Lo scorso novembre il Podolyak in un’intervista alla stazione televisiva ucraina Canale 24 aveva dichiarato che Kiev deve impadronirsi di tutti i territori perduti dalla Russia, compresa la penisola di Crimea, altrimenti rischia di scomparire dalla mappa del mondo.

 

In passato il Podoyak si è scagliato contro il capo di SpaceX Elon Musk, che nel suo racconto ha «favorito il male» negando all’Ucraina l’uso dei satelliti Starlink – che Musk ha fornito a Kiev gratuitamente – per attaccare la Crimea con i droni.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak esternato attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court.

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Cina

La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina

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I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il ​​portavoce del ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.   A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all’inizio di questo mese in un summit della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come «un decisivo facilitatore della guerra della Russia contro l’Ucraina», liquidando il documento come «pieno di bugie e pregiudizi».   «Gli alleati della NATO guidati dagli USA continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di scaricare la colpa sulla Cina», ha detto il Zhang, che ha continuato accusando il blocco atlantico di istigare conflitti in tutto il mondo.   «Dall’Ucraina all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri in queste regioni e nei loro popoli», ha affermato il Zhango, ribadendo che Pechino «promuove attivamente i colloqui di pace» tra Mosca e Kiev.

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Pechino ha ripetutamente respinto le accuse secondo cui sta aiutando Mosca a eludere le sanzioni e sta aiutando l’industria della difesa russa. Nel febbraio 2023, la Cina ha proposto una tabella di marcia in 12 punti per la pace e da allora ha compiuto sforzi per mediare il conflitto durante i successivi incontri con funzionari russi e ucraini.   La Russia ha citato la continua espansione della NATO verso est e la sua cooperazione militare con Kiev come una delle cause profonde del conflitto. Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che l’Ucraina deve diventare un paese neutrale e abbandonare il suo piano di entrare nella NATO affinché qualsiasi potenziale negoziato di pace abbia successo.   Il Cremlino ha anche affermato che «inondare» l’Ucraina di armi occidentali porterà solo a un’ulteriore escalation, ma alla fine non fermerà l’esercito russo.   Già poche settimane fa il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva ribadito che NATO è una minaccia per la pace e la stabilità globali a causa della sua «radicata mentalità da Guerra Fredda e dei suoi pregiudizi ideologici», affermando che la NATO è un «prodotto della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo».   Nonostante sostenga  di essere un’organizzazione regionale e difensiva, il blocco ha continuato a «espandere il suo potere oltre i confini, sfondare le zone di difesa e provocare scontri», aveva quindi aggiunto il Lin in un incontro con la stampa.   Come riportato da Renovatio 21, la NATO per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg aveva dichiarato la Cina come il futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino.   La Cina ha ricambiato attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina di recente ha attaccato anche il G7, trasformato, secondo il portavoce degli Esteri cinesi Lin, in uno strumento dell’egemonia globale USA.

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Geopolitica

«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin

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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.

 

Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.

 

Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.

 

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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.

 

La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».

 

Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.

 

Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.

 

Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.

 

L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.

 

«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».

 

Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.

 

Poi  nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.

 

Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.

 

La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.

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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.

 

Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».

 

Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.

 

Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».

 

La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.

 

Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.

 

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