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Geopolitica

La «lista nera» ucraina celebra la morte di Berlusconi: «liquidato»

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Il famigerato che funge da database di presunti nemici dello Stato ucraino si è rallegrato lunedì per la morte di Silvio Berlusconi, dopo averlo bollato come un alleato degli «occupanti russi», e segnalandolo ora che è morto come «liquidato».

 

«Myrotvorets» (letteralmente, «il costruttore di pace») ha accusato Berlusconi di essere «un complice degli invasori fascisti russi e dei terroristi» nei loro «crimini contro l’Ucraina», in particolare per il suo incontro con il presidente russo Vladimir Putin a Yalta, in Crimea, nel 2015. Quell’anno infatti Berlusconi, unico leader europeo a farlo, raggiunse nella penisola l’amico russo, compiendo quindi una storica passeggiata pubblica insieme tra una folla festante.

 

Quella volta si mosse perfino la magistratura ucraina: Silvio e Vladimir aprirono una bottiglia di cherry datata 1775, e ne bevvero. La Procura ucraina aprì quindi un’inchiesta penale a carico della direttrice della rinomata cantina vinicola con l’accusa gravissima di appropriazione indebita e spreco dei beni dello Stato – cioè dello Stato ucraino che però da un anno non controllava più la Crimea.

 

Lunedì, dopo la notizia della scomparsa di Berlusconi, Myrotvorets ha messo uno striscione lampeggiante sopra la sua voce, ha barrato il suo ritratto con le solite lettere rosse: «likvidovan», cioè «liquidato». Berlusconi sarebbe poi segnato come «autoliquidato il 12 giugno 2023».

 

Secondo quanto scrive il sito russo RT, Myrotvorets sarebbe nato da un’idea di Anton Gerashchenko, che attualmente è consigliere del ministero dell’Interno ucraino. Come posizione, il sito web elenca Varsavia, Polonia e Langley, Virginia, il quartier generale della CIA, e non è chiaro se si tratti di uno scherzo da troll.

 

Il sito è stato istituito nel dicembre 2014, apparentemente da attivisti privati, per nominare e svergognare i «nemici dell’Ucraina», pubblicando le informazioni personali delle persone prese di mira da Kiev, tra cui il giornalista Oles Buzina, assassinato nell’aprile 2015.

 

Mirotvorets ha anche segnalato, con la consueta scritta «liquidato», l’uccisione della giornalista russa Darja Dugina, nell’agosto 2022. Kiev ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’autobomba che è costata la vita alla figlia dell’eminente filosofo e scrittore Aleksandr Dugin, tuttavia secondo quanto riferito i funzionari dell’Intelligence statunitense ritengono che «parti» del governo ucraino erano responsabili.

 

Nel corso degli anni, il sito web Myrotvorets ha inserito nella lista nera politici e personaggi pubblici occidentali di alto profilo, tra cui il presidente croato Zoran Milanovic, il primo ministro ungherese Viktor Orban (che intercettazioni emerse sulla stampa americana mostrano essere un obiettivo del regime Zelens’kyj), il segretario di Stato statunitense in pensione Henry Kissinger e il Pink Floyd Roger Waters, nonché Al Bano e Toto Cotugno, nonché, per un breve periodo, Elon Musk.

 

Come riportato da Renovatio 21, quando fu trovato Oleksij Kovaljov – parlamentare di opposizione alla Verkhovna Rada (il Parlamento di Kiev) –  assassinato nella sua casa, la sua voce nel sito Myrotvorets ha apposto sulla foto segnaletica il bollino «likvidovan», ossia «liquidato».

 

Sebbene gli Stati Uniti e il Regno Unito siano i sostenitori più importanti dell’Ucraina, Myrotvorets non ha avuto remore a inserire nella lista nera Keir Simmons, un cittadino britannico che lavora per la statunitense NBC News, per aver visitato la Crimea all’inizio di quest’anno. Londra e Washington non hanno protestato per l’inserimento. Anche molti altri giornalisti indipendenti sono stati inseriti nella lista nera.

 

La lista dei «pacificatori» comprendeva anche Vladen Tatarskij, giornalista russo ucciso da una bomba mentre si trovava ad una presentazione di un caffè  San Pietroburgo. Nella lista ci è anche il nome di Zakhar Prilepin, ferito da un attentato che ha ucciso il suo amico autista, e pure quello di Konstantin Malofeev, un editore sfuggito da un’autobomba trovata in tempo dalle forza di sicurezza russe.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’unico a muoversi contro la «kill list» ucraina, è stato il candidato presidente Robert F. Kennedy jr.

 

Il «crimine» di Berlusconi agli occhi di Kiev è stato quello di aver incolpato il presidente ucraino Zelens’kyj dell’escalation del conflitto Russia-Ucraina e di aver ripetutamente chiesto un cessate il fuoco.

 

Negli ultimi mesi della sua vita, l’opposizione alla guerra contro la Russia era stata ripetuta con forza da Berlusconi dentro e fuori della politica, dentro e fuori degli ospedali, arrivando a dichiarare che «siamo in guerra anche noi perché gli mandiamo le armi».

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente russo Vladimir Putin ha reagito alla morte di Berlusconi definendolo «un vero amico», un vero patriota italiano e una figura di statura globale che ha aiutato l’Italia a rafforzarsi nel mondo e che ha stretto migliori legami tra Roma e Mosca, e quindi – aggiungiamo noi – tra Mosca e il mondo.

 

 

 

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Geopolitica

La pazza teoria: Trump e Khamenei sono d’accordo?

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Una vertiginosa speculazione corre in queste ore in rete, e oltre: il presidente americano Trump e l’ayatollah Khamenei avrebbero, in sostanza, una sorta di accordo.

 

Per cui, corollario di questa pazza teoria, quello che staremmo vedendo non sarebbe altro che quello che il gergo politico americano chiama kabuki, che possiamo tradurre con «teatrino». E per soprammercato, dicono gli osservatori, non sarebbe nemmeno la prima volta che ciò accade tra Trump e Teheran.

 

La speculazione su questo paradossale scenario parte infatti dall’uccisione da parte degli Stati Uniti del leader militare iraniano Qasem Soleimani nel 2020 e dall’attacco di risposta dell’Iran, che secondo il presidente Trump è stato essenzialmente un atto di guerra.

 

In un’intervista rilasciata alla Fox News nel 2020, Trump aveva affermato che il regime iraniano aveva fatto sapere agli Stati Uniti che avrebbero colpito una determinata area «al di fuori del perimetro» per far sembrare che stessero reagendo all’attacco di Soleimani, quando in realtà era tutto uno spettacolo.

 

«Ci hanno fatto sapere: “non muovetevi. Vi dovremo colpire psicologicamente”. Sapevamo che non avrebbero colpito all’interno del forte e i media stavano dicendo, e ora lo rivelo», aveva dichiarato Trump all’epoca, spiegando che l’Iran stava semplicemente cercando di «mostrare forza» ai soggetti più intransigenti al suo interno, puntando intenzionalmente i missili dove non avrebbero danneggiato le truppe statunitensi e implorando Trump: «per favore, non attaccateci. Non vi colpiremo».

 


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Come noto, gli attacchi USA non hanno prodotto vittime, e sembrerebbe pure non vi siano vere fughe di radiazioni.

 

A portare avanti la teoria dell’accordo sostanziale Washington-Teheran è un commentatore molto noto sul social X, Lord Bebo.

 

Tenendo conto della dichiarazione di Trump del 2020, Lord Bebo ha scritto un riassunto come possibile spiegazione i raid di sabato:

 

  • 1) Gli impianti nucleari iraniani sono stati evacuati e le attrezzature sono state spostate con giorni di anticipo.

 

  • 2) Gli Stati Uniti hanno annunciato pubblicamente e reso visibili i prossimi attacchi. Abbiamo visto tutti i bombardieri muoversi sul posto e la copertura mediatica che prevedeva l’attacco.

 

  • 3) Gli Stati Uniti hanno quindi colpito un impianto nucleare iraniano vuoto, poiché gli iraniani lo sapevano e lo avevano evacuato.

 

  • 4) I satelliti statunitensi hanno mostrato l’evacuazione delle strutture da parte degli iraniani, quindi gli americani sapevano che le strutture erano vuote e non operative.

 

  • 5) Gli Stati Uniti e l’Iran avevano tenuto dei colloqui segreti in Oman pochi giorni prima, ma nessuno sa cosa fosse stato concordato.

 

  • 6) Trump ha sostanzialmente spiegato che un accordo del genere era già stato concluso in precedenza.

 

  • 7) L’unica conclusione logica è che l’Iran e gli Stati Uniti abbiano stretto un accordo segreto per porre fine alla guerra. – Gli Stati Uniti colpiscono le strutture vuote – L’Iran reagirà ma mancherà il bersaglio.

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«Basta aspettare la risposta dell’Iran. Non le parole, ma la reazione fisica» scrive il Bebo. «Se non è troppo dura con le vittime, ma sembra grande… ho ragione. P.S.: È un’osservazione geopolitica che ho fatto. Potrei sbagliarmi. La gente deve capire che i governi non ci dicono la verità il più delle volte e che non tutto è come sembra. Le autorità hanno bisogno del consenso, quindi ti fanno degli spettacoli».

 

«Non arrabbiatevi. Consideratelo solo come un possibile scenario. Non sono qui per ripetere i discorsi dei media tradizionali di nessun paese, qui hai la sfumata posizione intermedia che ritengo giusta».

 

L’idea potrebbe trovare qualche conferma in notizie che escono dall’area.

 

Una fonte politica iraniana di alto rango avrebbe dichiarato all’agenzia di stampa della Penisola Arabica Amwaj Media che il team di Trump «avrebbe dato preavviso dei bombardamenti di siti nucleari e ha insistito sul fatto che fossero intesi come «un caso isolato».

 

Vi sarebbero insomma segnali del fatto che Trump voglia ripetere quanto accaduto nel gennaio 2020 con l’uccisione di Soleimani e la simbolica rappresaglia iraniana

 

Così si spiegherebbe lo strano, roboante videomessaggio delle scorse ore, che sembrava una dichiarazione di un conflitto finito piuttosto che di una guerra cominciata. In questo senso andrebbero pure letti i riferimenti continui ad Israele, sul quale pure Trump, in un inedito per un presidente USA, aveva invocato la protezione di Dio prima che addirittura per gli Stati Uniti.

 

Proprio Israele potrebbe essere l’oggetto di tutto il kabuki. Si tratta di una manovra per, nel medio termine, sbarazzarsi di Netanyahu, che continuerà a domandare istericamente altri attacchi ficcandosi in un vicolo cieco?

 

È noto come, nemmeno tanto dietro le quinte, Bibi non goda della simpatia di Trump. Probabilmente, il premier dello Stato Giudaico ha esaurito il credito anche presso altre capitali: è possibile pensare che anche Mosca sia un po’ stanca del personaggio, divenuto ancora più problematico da quando si è attorniato dalla gang messianca sionista (definizione del giornale israeliano Haaretz) che governa con lui e di cui lui oramai fa parte.

 

E Netanyahu, dicono in vari, è obbligato alla guerra (alle guerre) per altri motivi, non nobilissimi: lo aspettano, qualora perdesse l’incarico di premier, alcuni processi: questa è quantomeno la percezione che hanno molti suoi oppositori, che prima del 7 ottobre 2023, ricorderete, riempivano le città israeliane con oceaniche manifestazioni di protesta.

 

A questo punto tutto è possibile: sorprende vedere un politico della Florida (cioè, uno degli Stati dove l’elettorato ebreo conta di più), saltare sopra la pazza idea dello scontro solo simbolico con Teheran: Matt Gaetz, che forse ha qualche sassolino nella scarpa da quando lo hanno silurato come ministro della Giustizia USA (Attorney General), va oltre e in queste ore arriva a parlare di un Medio Oriente senza atomiche… comprese quelle di Israele.

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Avete letto bene: il giovane ex deputato floridiano chiede la fine del programma nucleare militare (segreto, illegale) dello Stato degli ebrei.

 

Ciò potrebbe rappresentare qualcosa di enorme: la castrazione atomica di Israele, una prospettiva semplicemente inimmaginabile. Toccare l’atomo dello Stato Ebraico può avere conseguenze incredibili. Alcuni sostengono che i Kennedy siano morti proprio per questo, perché si opponevano all’Israele nucleare.

 

Tuttavia, si tratta certamente, come per ogni progetto di disarmo atomico, di una prospettiva di pace. E Trump, ha detto varie volte, vuole che la pace sia il suo vero lascito.

 

C’è da credergli? C’è da pensare che stia davvero operando, nell’iperaruranio del dealmaker, con mosse di tale sofisticazione?

 

Adesso non possiamo dirlo.

 

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Vance si oppone al coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra tra Iran e Israele

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Il vicepresidente statunitense J.D. Vance non sostiene il coinvolgimento del suo Paese nel conflitto tra Israele e Iran, Lo riporta l’agenzia riferito Reuters, che cita due fonti informate.   Un articolo della Reuters che rivelava la sua posizione è stato pubblicato sabato, poche ore prima che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ordinasse di attaccare i siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed Esfahan.   Secondo le fonti, Vance ha espresso chiaramente la sua opinione durante una telefonata «tesa» tra Trump, il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu e altri alti funzionari di Washington e lo Stato Ebraico, tenutasi giovedì.

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Secondo quanto riportato, Netanyahu e i suoi collaboratori hanno sfruttato lo scambio di battute per cercare di convincere il presidente degli Stati Uniti a rinunciare alla scadenza di due settimane concessa a Teheran per raggiungere un accordo sul programma nucleare del Paese e a prendere immediatamente parte agli attacchi israeliani contro l’Iran.   Gli israeliani hanno sostenuto che esiste solo una finestra di opportunità limitata per utilizzare le bombe americane anti-bunker contro la struttura iraniana di Fordow, profondamente interrata.   Nel corso della telefonata, il vicepresidente, veterano della guerra in Iraq ha «respinto» le richieste dello Stato Giudaico, insistendo sul fatto che Washington «non dovrebbe essere direttamente coinvolta» nel conflitto, hanno affermato le fonti.   La sua preoccupazione sarebbe che «gli israeliani avrebbero trascinato il paese in guerra», hanno aggiunto.   Vance è apparso accanto a Trump quando il presidente ha pronunciato un discorso televisivo dalla Casa Bianca, in cui ha annunciato l’attacco statunitense e ha affermato che i siti nucleari iraniani sono stati «completamente e totalmente distrutti». Teheran ha affermato che gli attacchi non hanno causato danni gravi.   In seguito, gli utenti dei social media hanno condiviso degli screenshot del vicepresidente scattati durante l’evento, descrivendo la sua espressione facciale come «confusa» e «per niente felice».   Più tardi, domenica, Vance ha rilasciato un’intervista a «Meet the Press» della NBC News, affermando che «non vogliamo la guerra con l’Iran. Vogliamo la pace, ma la vogliamo nel contesto in cui non abbiano un programma di armi nucleari».   Se Teheran si asterrà dall’attaccare le truppe statunitensi in Medio Oriente per rappresaglia e abbandonerà una volta per tutte il suo «programma di armi nucleari, allora penso che il presidente sia stato molto chiaro: potremo avere buoni rapporti con gli iraniani. Potremo avere una situazione pacifica in quella regione del mondo», ha sostenuto JD.   Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha dichiarato domenica che gli Stati Uniti non hanno la possibilità di sfuggire a «dure risposte» da parte di Teheran per il suo «attacco militare illegale contro gli impianti nucleari pacifici» in Iran. I Pasdaran hanno dichiarato di aver già individuato le località in cui sono di stanza gli aerei che hanno preso parte agli attacchi.

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Putin dice che Israele è «quasi un Paese russofono» e che l’Iran ha «diritto all’energia nucleare pacifica»

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Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato come la numerosa popolazione russofona di Israele sia uno dei fattori chiave nell’approccio di Mosca all’attuale conflitto in Medio Oriente, nonché la presenza della popolazione musulmana russa e i rapporti tradizionalmente amichevoli con il mondo islamico.

 

Intervenendo giovedì alla sessione plenaria del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), Putin ha affermato che coloro che mettono in discussione l’impegno della Russia nei confronti dei suoi partner sono «provocatori» che cercano di fomentare discordia. Il presidente russo ha sottolineato la complessità del conflitto Iran-Israele, mettendo in guardia contro aspettative di alleanze uniformi.

 

«Ogni conflitto è unico», ha affermato, sottolineando le complesse relazioni della Russia nella regione.

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Putin ha sottolineato la presenza di quasi 2 milioni di residenti russofoni in Israele. «Oggi è quasi un paese russofono. E, senza dubbio, ne teniamo sempre conto nella storia contemporanea della Russia», ha affermato il vertice del Cremlino, sottolineando le relazioni «amichevoli, fiduciose e alleate» della Russia con il mondo arabo e islamico, che includono il 15% della popolazione russa e la partecipazione come osservatore all’Organizzazione per la cooperazione islamica.

 

Putin ha ribadito il sostegno della Russia al diritto dell’Iran a un programma nucleare pacifico, sottolineando che tale sostegno non è meramente retorico, ma dimostrato attraverso una cooperazione concreta.

 

«Difendiamo il diritto dell’Iran all’energia nucleare pacifica non solo a parole, ma con i fatti», ha affermato. «Nonostante la complessità della situazione che circonda l’Iran, abbiamo costruito un reattore nucleare a Bushehr… E nonostante tutte le sfide e i rischi, continuiamo questo lavoro».

 

Putin ha respinto le critiche secondo cui la Russia avrebbe dovuto fare di più per sostenere l’Iran. «Iniziare qualche tipo di operazione di combattimento, è così?», ha chiesto.

 

«Abbiamo già in corso operazioni di combattimento contro coloro che consideriamo oppositori delle idee che difendiamo e che rappresentano una minaccia per la Federazione Russa», ha affermato, aggiungendo che questi oppositori sono «molto indietro rispetto alla linea del fronte» e sono «fondamentalmente le stesse forze, nel caso dell’Iran e della Russia».

 

Secondo il Cremlino, Putin ha un «quadro completo» della situazione, essendo uno dei pochi leader ad aver parlato direttamente con i leader di Israele, Iran e Stati Uniti da quando il conflitto è scoppiato la scorsa settimana.

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Mercoledì, in una sessione di domande e risposte a tarda notte, Putin ha detto ai giornalisti che Mosca ha proposto a tutte le parti diverse soluzioni di compromesso, suggerendo che un accordo dovrebbe includere garanzie di sicurezza reciproche, proteggendo sia il diritto dell’Iran alla tecnologia nucleare pacifica sia il diritto di Israele alla sicurezza.

 

Pur ribadendo il suo sostegno agli interessi legittimi dell’Iran, Putin ha chiarito venerdì che la Russia non intende svolgere il ruolo di mediatore nel conflitto Iran-Israele.

 

«Stiamo semplicemente offrendo idee. Se queste proposte dovessero trovare riscontro in entrambe le nazioni, ne saremmo lieti», ha detto, aggiungendo di vedere potenziali «punti di contatto» tra Teheran e lo Stato .

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

 

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