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Jeffrey Epstein affermava di essere una spia israeliana: documenti da un processo in corso

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Jeffrey Epstein si sarebbe vantato di essere un agente del Mossad proprio come Robert Maxwell, il padre di Ghislaine Maxwell, secondo le accuse mosse da un’ex fidanzata che ora sta facendo causa ai suoi eredi. Lo riporta il giornale britannico Daily Mail.

 

Epstein lavorò come finanziere e socializzò per anni con persone ricche e famose, presentandole a dozzine di giovani donne – alcune delle quali all’epoca minorenni – e facendole volare sulla sua isola privata nei Caraibi.

 

La donna californiana che ha intentato la causa è stata identificata solo con l’espressione americano per l’anonimato giudiziario «Jane Doe 200». Ha affermato di aver incontrato Epstein a Los Angeles nel 2000 e di essere diventata la sua ragazza, finché lui non l’ha violentata violentemente alla fine del 2001.

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«Nonostante avessero una relazione impegnata e spesso trascorressero insieme quasi 24 ore su 24, ciò che Epstein faceva per lavoro non era chiaro», si legge nella causa, depositata presso il tribunale federale di Manhattan all’inizio di questa settimana.

 

Secondo la querelante, sia Epstein che Maxwell suggerirono fortemente che fosse un agente dell’Intelligence israeliana e la avvertirono che «non era bello essere nemico di Epstein». Epstein era «non solo estremamente ricco ma anche sospettosamente ben collegato, più di tutti gli altri uomini potenti con i quali frequentava», affermerebbe la causa in corso.

Dopo che Epstein l’ha «stuprata con violenza» a Nuova York, la donna ha cercato di lasciarlo, ma lui ha continuato a contattarla e le ha offerto «un’opportunità irripetibile» per entrare in contatto con figure potenti. Ha detto di aver partecipato all’evento «puramente per motivi di lavoro».

 

Ha anche affermato che denunciare lo stupro avrebbe comportato il rischio di «gravi danni fisici o morte» perché considerava Epstein «un agente del Mossad con alcuni dei contatti più unici al mondo».

 

Negli anni Duemila l’Epstein era stato originariamente arrestato per abusi sessuali su minori, ma gli era stato concesso un patteggiamento sorprendentemente indulgente. Durante il clamore scattato nel 2019 con il nuovo arresto di Epstein, alcuni media hanno riferito che ai pubblici ministeri era stato detto che Epstein «apparteneva all’Intelligence», ma non hanno voluto dire quale agenzia.

 

Robert Maxwell, nato da una famiglia di ebrei boemi come Jan Ludvik Hyman Binyamin Hoch, ha cercato a lungo di smentire qualsiasi affermazione secondo cui fosse un agente del Mossad. Morì nel 1991, annegando al largo delle coste della Spagna mentre si trovava, coperto dai debiti e dagli scandali, a trascorrere qualche giorno nel suo panfilo, chiamato Lady Ghislaine.

 

La strana sparizione del Maxwell fece nascere voci secondo cui fosse stato assassinato o suicidato. Ad ogni modo, al Maxwell fu organizzato un funerale da eroe a Gerusalemme, a cui parteciparono ex capi del Mossad e la leadership dello stato di Israele.

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La giornalista investigativa americana Julie K. Brown, che ha a lungo seguito la storia del traffico sessuale di Epstein, una volta ha dichiarato al Times of Israel che «non era al di là del regno delle possibilità» che il finanziere avesse legami con l’intelligence israeliana, perché «Robert Maxwell aveva sicuramente quel genere di connessioni».

 

Anni fa il giornalista Premio Pulitzer Sy Hersh nel suo libro The Sampson Option scrisse che Maxwell avrebbe agito come «spia atomica» per conto dello Stato Ebraico, trattando segreti sulle armi nucleari.

 

Come riportato da Renovatio 21, le connessioni tra Epstein e Maxwell i servizi segreti israeliani hanno tenuto banco negli ulti mesi grazie a file resi pubblici a inizio gennaio. Rivelazioni dell’anno scorso mostravano con Epstein incontrasse, oltre a personaggi pubblici come Woody Allen, Noam Chomsky e membri della famigli Rothschild, anche il futuro capo della CIA William Burns e, notoriamente, l’ex premier israeliano Ehud Barak, spesse volte suo ospite.

 

Epstein, 66 anni, è morto in una cella del carcere di Manhattan nell’agosto 2019 mentre era in attesa del processo con l’accusa di traffico sessuale. Le autorità hanno ufficialmente classificato la sua morte come suicidio, ma da allora le voci su una morte per omicidio sono continuate. Il fratello di Epstein a inizio anno aveva mostrato foto dell’autopsia che proverebbero che l’uomo non si sarebbe di fatto ucciso.

 

La sua ex fidanzata e collaboratrice di lunga data, Ghislaine Maxwell, è stata condannata nel 2022 a 20 anni dietro le sbarre per traffico sessuale minorile. In prigione, la Maxwell dice di aver «ritrovato la fede del defunto padre», ed è assistita da un’organizzazione ebraica che si occupa dei carcerati con assistenza spirituale ed alimentare.

 

Anche se alcune delle vittime sono state identificate per nome, l’elenco dei clienti rimane confidenziale. Ciclicamente escono notizie sull’imminente uscita della lista – come tre mesi fa, quando dissero che tutti i visitatori della pedo-isola sarebbero stati individuati dai dati dei loro cellulari – per poi finire in un nulla di fatto.

 

Come riportato da Renovatio 21, il candidato presidente Donald J. Trump ha dichiarato che una volta eletto pubblicherà tutti i segreti su Epstein, la morte di John Kennedy e pure sull’11 settembre.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; modificata

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Giornale londinese ipotizza l’assassinio di Putin

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Il quotidiano londinese Daily Express ha pubblicato un articolo intitolato «Vladimir Putin è “un morto che cammina”»   Il pezzo dal titolo inquietante veniva stampato nelle ore in cui Mosca chiariva che i colloqui di pace di Istanbul erano udan considerare seriamente.   «Si stanno moltiplicando le speculazioni sul fatto che la presa del potere del leader russo Vladimir Putin possa indebolirsi, con gli esperti che prevedono che il suo regno potrebbe concludersi con un assassinio a causa del disastroso conflitto in Ucraina» scrive l’articolo. «Gli osservatori hanno notato che la notevole riluttanza di Putin a interagire direttamente con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj, soprattutto per i colloqui di pace in Turchia, sottolinea le sue apparenti preoccupazioni».

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«L’Intelligence occidentale ora considera il potenziale tentativo di assassinio di Putin non solo come una voce, ma come una minaccia imminente» continua il pezzo che raccoglierebbe il parere di «esperti» del settore. Ma chi sono questi osservatori ed esperti di intelligence?   Il colonnello Hamish de Bretton-Gordon, ex comandante del Reggimento Congiunto Chimico, Biologico, Radiologico e Nucleare britannico (in pratica l’omologo del russo Igor Kirillov, effettivamente ucciso in un attentato lo scorso dicembre), spiega che «ci sono analisti, persone che ne sanno più di me, che credono che Putin sia ormai un morto che cammina, una forza esaurita la cui guerra in Ucraina ne decreterà la fine».   Il motivo per cui non si è presentato a Istanbul è che crede di «poter essere in pericolo o essere arrestato per crimini di guerra». «Putin non può continuare a guadagnare tempo e il suo bluff è stato brillantemente smascherato dalla sfida di Zelensky di incontrarlo di persona in Turchia».  
  Bruce Jones, citato come uno dei massimi esperti di Intelligence e dinamiche militari russe, ha osservato che «in Russia le cose non finiscono mai democraticamente e la situazione è brutta per Putin. Ha fatto uccidere persone per anni e alcuni dei suoi militari sono già stati trattati in questo modo: sa come vanno queste cose per un leader a Mosca che non prende buone decisioni. Quindi probabilmente ha ragione a essere paranoico».   Il colonnello Richard Kemp, ex comandante delle forze britanniche in Afghanistan, ha offerto una visione più pragmatica: «ci sono molte persone che vorrebbero che Putin venisse eliminato. Ma il suo sistema di sicurezza è così stretto che ci si chiede seriamente se ciò sia fattibile e credo che per il momento sia improbabile.   EIRN riporta anche le parole di un ex ufficiale dell’intelligence britannica, il cui nome non è stato reso noto, che ha dichiarato al Mirro che «Putin è una persona molto menomata. Ma ci sono dubbi sul fatto che la sua morte possa servire a qualcosa».

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Lo sminuire il presidente Putin, magari inventandosi cicliche malattie degenerative e mortali immaginarie, è oramai una chiara skill delle stampa (e quindi probabilmente dell’Intelligence) britannica.   La volontà di etichettare come patologico la condizione del presidente russo ha portato tre anni fa all’indecenza giornalistica della «rabbia di Roid»: i giornali londinesi avevano scritto che Putin soffriva di «roid rage», fenomeno aneddotico che riguarderebbe il comportamento talvolta iroso di chi assume steroidi (abbreviati in inglese nella parola «roid»). I giornalisti italiani riportarono invece di una inaudita «rabbia di Roid», come se «roid» fosse un eminente scienziato che ha dato il nome alla sindrome, come Down, Alzheimer, Cushing, etc.   Come riportato da Renovatio 21, non sono mancate anche storie gustose sull’uso da parte di Putin di un sosia.  

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine ingrandita.  
 
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Netanyahu nomina il nuovo dell’Intelligence israeliana anche se il tribunale aveva bloccato il licenziamento del predecessore

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Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu sta portando avanti la sostituzione del capo licenziato dell’Agenzia per la sicurezza israeliana (il celebre Shin Bet), Ronen Bar, nonostante un’ingiunzione temporanea contro il licenziamento emessa dalla corte suprema del Paese.

 

Netanyahu ha nominato il viceammiraglio in pensione Eli Sharvit, ex capo della Marina israeliana, come nuovo capo della sicurezza. L’ufficio del primo ministro ha affermato che Sharvit è stato scelto dopo «aver condotto interviste approfondite con sette candidati meritevoli».

 

L’ammiraglio Sharvit ha prestato servizio nelle forze armate israeliane per 36 anni e ha guidato «la difesa marittima delle acque territoriali e condotto complesse operazioni contro Hamas, Hezbollah e Iran».

 

 

Il gabinetto di Netanyahu aveva approvato il licenziamento di Bar il 31 marzo, motivandolo con la «persistente sfiducia personale e professionale» nei suoi confronti e con la sua leadership nell’agenzia di sicurezza. Il licenziamento di un capo dello Shin Bet è stato un fatto senza precedenti nella storia dello Stato di Israele e ha scatenato massicce proteste di piazza, considerate anche le altre controverse decisioni di Netanyahu relative alla ripresa della guerra a Gaza.

 

I critici sostengono che il licenziamento di Bar sia un tentativo motivato politicamente per proteggere Netanyahu dalle indagini, dato che lo Shin Bet e la polizia hanno indagato su presunti legami illeciti tra due collaboratori di Netanyahu e il Qatar.

 

Anche il procuratore generale Gali Baharav Miara è nel mirino, poiché Netanyahu sta cercando di farla licenziare. Ha anche avvertito che il licenziamento del capo dello Shin Bet pone un conflitto di interessi.

 

Nel frattempola stampa israeliana ha riferito che anche l’ufficio del procuratore generale sta facendo pressione su Netanyahu. «Il procuratore generale Gali Baharav-Miara ordina alla polizia di convocare il primo ministro Benjamin Netanyahu per testimoniare nell’inchiesta in corso sui suoi collaboratori per i loro presunti legami illeciti con il Qatar», secondo Channel 12. «La testimonianza di Netanyahu sarebbe resa in quanto persona a conoscenza della vicenda e non come sospettato in questa fase».

 

 

 

 

Quanto a Bar, anche lui ha descritto il suo licenziamento come motivato in ultima analisi dagli «interessi personali» di Netanyahu.

 

In una lettera aveva fortemente suggerito che i problemi che hanno portato ai fallimenti della sicurezza del 7 ottobre provenissero dall’alto. «Una politica di silenzio aveva permesso ad Hamas di subire un massiccio rafforzamento militare» aveva detto in merito alla fase preparatoria dell’attacco terroristico nel sud di Israele.

 

Netanyahu ha a sua volta incolpato Bar per i massicci fallimenti della sicurezza.

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Immagini di U.S. Embassy Jerusalem via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Come gli USA di Biden hanno partecipato alla guerra ucraina: rivelazioni del New York Times

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Secondo un’inchiesta del New York Times, l’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden era molto più coinvolta nel sostenere la lotta dell’Ucraina contro la Russia di quanto precedentemente riconosciuto, sottolineando che l’Intelligence di Washington era indispensabile per le operazioni militari di Kiev.   Il lungo reportage pubblicato sabato offre un’analisi approfondita di una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev per contrastare la Russia.   Mentre il Pentagono ha fornito all’Ucraina decine di miliardi di dollari in aiuti militari, ha anche fornito informazioni di Intelligence cruciali che hanno consentito a Kiev di attaccare i centri di comando e controllo russi e altri obiettivi di alto valore a partire dalla metà del 2022, ha affermato il quotidiano neoeboraceno.  
  Secondo l’articolo, il cuore di questa partnership risiede nella base dell’esercito americano a Wiesbaden, in Germania, dove ufficiali americani e ucraini stabiliscono quotidianamente le priorità di attacco che, a quanto si dice, chiamano «punti di interesse», per paura di apparire troppo provocatori.   Ufficiali americani e ucraini hanno pianificato insieme importanti controffensive e lanciato grandi attacchi ad alta precisione a lungo raggio, utilizzando armi fornite dall’Occidente sulla Crimea russa, ha affermato il NYT. Gli attacchi con missili forniti dall’Occidente hanno causato vittime civili, con un attacco ATACMS su una spiaggia di Sebastopoli nel giugno 2024 che ha ucciso quattro persone e ferito più di 150.   Gli Stati Uniti hanno inoltre inviato in Ucraina decine di consiglieri militari, ad alcuni dei quali è stato consentito di viaggiare vicino alla linea del fronte.   Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani nel territorio russo riconosciuto a livello internazionale, per anni considerato una «linea rossa». Washington ha fornito a Kiev i dati di puntamento per gli attacchi.   Un funzionario dell’Intelligence europea è rimasto scioccato dal livello di coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto, dichiarando al Times: «Ora fanno parte della catena di morte».   Tuttavia, la cooperazione è stata a volte precaria a causa di disaccordi su strategia e obiettivi, soprattutto in vista della fallita controffensiva dell’Ucraina nel settore meridionale del fronte nell’estate del 2023.   I funzionari americani avrebbero ritenuto gli ucraini troppo ambiziosi e sprezzanti nei confronti dei consigli strategici. Gli ucraini hanno accusato gli americani di essere eccessivamente cauti. Durante la controffensiva del 2023, la leadership ucraina era divisa tra obiettivi contrastanti: perseguire un assalto verso Melitopol’ e difendere Bakhmut. Ciò avrebbe minato la strategia unificata sviluppata a Wiesbaden. «Mentre gli americani si concentravano su obiettivi misurati e raggiungibili, vedevano gli ucraini costantemente alla ricerca della grande vittoria, del premio luminoso e splendente», si legge nel reportaggio.

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Secondo il giornale di Nuova York, dopo lo scoppio delle ostilità nel febbraio 2022, gli Stati Uniti e l’Ucraina si sono gradualmente mossi verso una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev nella lotta contro la Russia.   La testata neoeboracena ha osservato che la campagna di Washington a sostegno dell’Ucraina ha raggiunto una portata tale da diventare «una rivincita in una lunga storia di guerre per procura tra Stati Uniti e Russia: il Vietnam negli anni Sessanta, l’Afghanistan negli anni ’80, la Siria tre decenni dopo».  
  Mentre all’inizio del conflitto l’amministrazione Biden aveva promesso che gli Stati Uniti non avrebbero «messo gli stivali a terra» in Ucraina, la cooperazione a Wiesbaden ha finito per portare ad un allentamento di questo divieto, sostiene il reportage.   Sotto la guida di Biden, gli Stati Uniti «autorizzarono operazioni clandestine» e «consiglieri militari americani furono inviati a Kiev e in seguito autorizzati ad avvicinarsi ai combattimenti», scrive il NYT, stimandone il numero nell’ordine delle decine.   Con l’avanzare del conflitto, l’amministrazione Biden ha gradualmente allentato le restrizioni autoimposte sulla fornitura di armi a Kiev, in particolare missili a lungo raggio. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani in territorio russo riconosciuto a livello internazionale, fornendo al contempo a Kiev i dati di targeting pertinenti.   Pur descrivendo la cooperazione come un’«arma segreta» nell’arsenale di Kiev, il NYT ha osservato che l’accordo ora «è in bilico sul filo del rasoio», poiché il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta spingendo per i colloqui con la Russia e cercando di porre fine al conflitto.   «Per gli ucraini, gli auspici non sono incoraggianti (…) il presidente americano ha ingiustamente incolpato gli ucraini di aver iniziato la guerra, li ha spinti a rinunciare a gran parte della loro ricchezza mineraria e ha chiesto loro di accettare un cessate il fuoco senza la promessa di concrete garanzie di sicurezza americane», conclude l’articolo, aggiungendo che Trump ha già iniziato a ridurre alcuni elementi della partnership.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
     
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