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Epstein, Maxwell, Blinken e i servizi segreti israeliani: le connessioni ignorate dagli ultimi file

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I cosiddetti Epstein Files sono stati resi pubblici mercoledì, con una prima serie di documenti seguita ieri, giovedì 4 gennaio.

 

Come nota il denso articolo di Frank Wright apparso su LifeSiteNews, nei documenti sono menzionati politici e personaggi pubblici, tra cui l’ex presidente Bill Clinton e celebrità di Hollywood come Leonardo DiCaprio, insieme ad Alan Dershowitz, il principe del foro che era, oltre che ex avvocato di O.J. Simpson e del conte Von Bulow, anche di Epstein. Dershowitz ora sostiene con forza la propria innocenza, dicendo che le accuse costituiscono un attacco antisemita e paragonando le vittime del finanziere pedofilo ad Hamas.

 

È stato a lungo ipotizzato che la lista dei clienti di Epstein fosse un mezzo per esercitare controllo su figure potenti attraverso il possesso di kompromat, ossia materiale compromettente. Alcuni osservatori, con sempre maggior insistenza, hanno suggerito collegamenti con i servizi segreti israeliani, il Mossad.

 

Nonostante le tensioni globali legate al supporto degli Stati Uniti a Israele, al momento non è stato menzionato alcun collegamento tra l’attuale governo americano e la presunta rete di ricatto di Epstein supportata da Israele – con un’eccezione, e pure di altissimo rango: il Segretario di Stato americano Antony Blinken.

 

Le indagini sulle attività sessuali di Epstein sono iniziate nel 2005 con l’accusa riguardante una 14enne molestata nella sua villa di Palm Beach, in Florida; per i quattordici anni successivi ha affrontato accuse di sesso con minorenni, ricevendo tuttavia un trattamento straordinariamente indulgente. Parimenti, va ricordata l’indulgenza di tutti i celebri e potenti – come il principe Andrea d’Inghilterra e, soprattutto, Bill Gates – che lo frequentarono dopo l’infamante condanna.

 

Nel 2008, gli era stata comminata una pena detentiva di 18 mesi, con permesso di lasciare la prigione durante il giorno. Le accuse federali contro l’uomo invece furono ritirate in base ad un accordo segreto.

 

Nel 2019, dopo anni di appelli alla giustizia, Epstein è stato portato in giudizio da donne come Virginia Giuffre per traffico sessuale minorile, coinvolgendo presumibilmente politici di alto livello, miliardari e celebrità.

 

Epstein sarebbe stato trovato morto nella sua cella il 10 agosto 2019, ma alcuni sostengono che il suicidio potrebbe non essere mai avvenuto, e che Epstein potrebbe essere stato ucciso o, addirittura, aver continuato a eludere la giustizia.

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La madame di Epstein, Ghislaine Maxwell, è stata incarcerata nel 2021 per il reclutamento di ragazze minorenni a favore del miliardario. Il 30 dicembre 2021, è stata condannata per «traffico sessuale, cospirazione e trasporto di minore per attività sessuale illegale».

 

Ghislaine Maxwell rappresenterebbe un legame tra gli USA e il servizio segreto israeliano, noto come Mossad. Suo padre, Robert Maxwell, annegò nel 1991 in seguito alle accuse di essere un agente del Mossad. Robert Maxwell possedeva un gruppo di giornali britannici e morì precipitando nell’oceano dal suo yacht, chiamato «Lady Ghislaine», al largo delle Isole Canarie il 5 novembre 1991.

 

Il collegamento con il Mossad è stato suggerito dal giornalista investigativo premio Pulitzer Seymour Hersh nel suo libro The Samson Option, che documenta i legami di Maxwell con l’intelligence israeliana. Maxwell citò in giudizio Hersh, e nel 1994, il Mirror Group pagò «danni sostanziali» a Hersh e si scusò per attacchi stampa che mettevano in dubbio il suo lavoro, il quale sosteneva legami tra Maxwell e il Mossad.

 

Maxwell ricevette un funerale da eroe da parte dello stato israeliano, con sepoltura sul Monte degli Ulivi alla presenza di vari capi dell’Intelligence. Alcuni sostengono che questo onore eccezionale sia stato concesso in cambio dell’aiuto di Maxwell nella cattura di Mordecai Vanunu, il quale aveva rivelato al mondo il programma segreto di armamento nucleare dello Stato Ebraico.

 

Ari Ben-Menashe, ex agente del Mossad, era la fonte delle accuse di Hersh. Menashe affermò che Maxwell ed Epstein lavoravano per l’Intelligence militare israeliana, producendo materiale per ricattare politici e celebrità. Nel libro del 2020, Epstein – Dead Men Tell No Tales, Menashe sostiene che Robert Maxwell presentò Epstein all’Intelligence militare israeliana, avviando così la collaborazione che coinvolse anche Ghislaine Maxwell nella produzione di materiale compromettente. Menashe, che è cittadino israeliano e canadese, dice che Maxwell ed Epstein non lavoravano direttamente per il Mossad, ma per l’Intelligence Militare israeliana

 

Secondo quanto riportato da Elizabeth Vos su Consortium News nel 2020, la documentazione e la copertura giornalistica su Epstein sembrano evitare deliberatamente di affrontare il coinvolgimento dei servizi segreti legato a Epstein. Un articolo del Daily Beast ha rivelato che Epstein aveva l’immunità federale a causa del suo presunto legame con l’Intelligence, come dichiarato dall’ex procuratore degli Stati Uniti per il distretto meridionale della Florida, Alex Acosta, che interrogato in seguito sulla questione disse: «Mi è stato detto che Epstein apparteneva all’Intelligence». Epstein quindi fu lasciato stare.

 

La giornalista indipendente Whitney Webb nei due volumi di One Nation Under Blackmail: The Sordid Union Between Intelligence and Organized Crime That Gave Rise to Jeffrey Epstein («Una nazione sotto ricatto: la sordida unione tra intelligence e criminalità organizzata che ha dato origine a Jeffrey Epstein
») ha esplorato i legami estesi di Epstein con l’Intelligence e con una rete criminale filo-israeliana negli Stati Uniti nota come Mega Group. La Webb suggerisce che la copertura mediatica su Epstein mirava a occultare questi collegamenti e a presentare Epstein come un mero gestore di tali operazioni, mentre le attività stesse starebbero ancora continuando.

 

All’uscita della serie di documentari Netflix sul caso Epstein – dove era dato ampio spazio alle vittime, ma nessuno ai risvolti che riguardano l’Intelligence – la Webb aveva dichiarato: «Penso che uno degli obiettivi di questo documentario [di Netflix] sia sostanzialmente quello di implicare che Epstein fosse il capo dell’operazione e che ora che è morto, tutta quell’attività sia cessata», ha detto. «Se si fossero presi la briga di esplorare il punto di vista dell’intelligence… diventerebbe chiaro che Epstein era in realtà solo più un manager di questo tipo di operazioni, [e] che queste attività continuano». Da notare come la serie Netflix coinvolgesse direttamente uno giallista bestsellerista come Robert Patterson.

 

Il coinvolgimento di Epstein e i suoi legami con l’Intelligence, secondo l’ex Mossad Menashe, avrebbero implicazioni sulla reputazione di Israele a livello globale. «È una storia molto brutta e capisco perché gli israeliani ne sono così preoccupati. Stanno iniziando a diventare un anatema per il mondo, e questo si aggiunge alla storia di Epstein».

 

Tuttavia, oltre a Israele, la storia di Epstein coinvolge anche il segretario di Stato americano Antony Blinken, il cui patrigno, Samuel Pisar, era, coincidenza, l’avvocato di Robert Maxwell: il padre di Ghislaine Maxwell. Blinken, in un discorso in Israele del 12 ottobre (a cinque giorni, cioè, dal massacro di Hamas), ha evidenziato il suo legame personale con l’ebraismo e la storia familiare legata all’Olocausto, invocando la figura del suo patrigno.

 

«Sono qui davanti a voi non solo come Segretario di Stato degli Stati Uniti, ma anche come ebreo» ha detto il vertice della diplomazia della superpotenza americana, con a fianco il premier Bibi Netanyahu. «Mio nonno, Maurice Blinken, è fuggito dai pogrom in Russia. Il mio patrigno, Samuel Pisar, è sopravvissuto ai campi di concentramento: Auschwitz, Dachau, Majdanek».

 

Blinken dimentica di citare mai il fatto che suo nonno Maurice fondò un gruppo di pressione sionista nell’America degli anni ’30. Ciò, secondo alcuni, spiegherebbe parte del suo sostegno incondizionato agli interessi israeliani.

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Il giornalista di The Greyzone Max Blumenthal in un video ha sollevato dubbi sull’idoneità di Blinken a svolgere un ruolo diplomatico, sottolineando la sua presunta parzialità nei confronti di Israele e le influenze ereditate dalla sua famiglia. Blumenthal suggerisce che Blinken potrebbe non essere adatto a mediare conflitti come quello in corso tra Israele e Palestina, o nei negoziati con la Russia, poiché sembra prendere posizioni personali anziché adottare un approccio bilanciato e razionale.

 

«Non è chiaro cosa Blinken stia mettendo al primo posto, ma suo nonno in realtà ha avviato un think tank negli anni ’30 per fare pressione a favore del movimento sionista in Palestina» ragiona Blumenthal. C’è da ricordare inoltre che Blinken omette il dettaglio che a salvare il patrigno sono stati… i soldati russi. Ciò mette in ulteriore cortocircuito l’atteggiamento di Blinken totalmente schiacciato sul sostegno militare dell’Ucraina, che ora i soldati russi li combatte.

 

Blinken «ha anche detto “ho una famiglia ucraina, ecco perché sostengo l’Ucraina”» afferma il giornalista di Greyzone. «Questo è l’opposto della diplomazia. È così pericoloso in questo momento. Abbiamo tutti gli ingredienti per la Terza Guerra Mondiale perché non pensiamo razionalmente, non guardiamo alla storia e ci rifiutiamo di considerare i bisogni di entrambe le parti».

 

Tornando al caso Epstein, Blumenthal afferma che Pisar potrebbe essere stata l’ultima persona a parlare con Robert Maxwell prima che venisse inghiottito dall’Oceano.

 

Il libro di Julie K. Brown del 2021, intitolato Perversion of Justice: The Jeffrey Epstein Story («Perversione della Giustizia: la storia di Jeffrey Epstein»), sembra corroborare i dubbi riguardanti la morte di Epstein. la Brown sostiene che esistano prove significative che indicano la possibilità che Epstein non si sia suicidato e che potrebbe, addirittura, essere ancora in vita.

 

In un articolo del Times of Israel del 2021, la Brown, la quale aveva iniziato a trattare il caso Epstein nel 2018, avrebbe dichiarato che né l’FBI né il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti l’hanno convinta della tesi del suicidio di Jeffrey Epstein.

 

La Brown evidenzia aspetti poco plausibili della presunta morte di Epstein, come il malfunzionamento improvviso delle telecamere di sicurezza e il presunto fatto che entrambe le guardie di Epstein si siano addormentate contemporaneamente. Secondo la scrittrice, tutto ciò sfida il buon senso e solleva interrogativi sul motivo per cui le autorità americane non rendono pubbliche le informazioni che possiedono sulla morte di Epstein.

 

La giornalista sottolinea anche il ruolo chiave dei Maxwell nel presentare Epstein a personalità di alto livello come Bill Clinton e il principe Andrea d’Inghilterra, nonché all’Intelligence israeliana. Questo coinvolgimento lo ha inserito in un affare di famiglia legato al patrigno di Antony Blinken.

 

Brown, che ha dedicato un anno alla ricerca sui crimini di Jeffrey Epstein, giunge a una conclusione che suscita riflessioni sull’omissione dell’intelligence e sui legami criminali di Epstein. Afferma che Epstein non agiva da solo e che c’era un’ampia rete criminale internazionale coinvolta nel traffico sessuale, simile a un’organizzazione criminale organizzata.

 

Questa rete sembra essere sopravvissuta alla morte sospetta di due dei suoi principali attori, indicando che il processo contro Ghislaine Maxwell non dovrebbe essere l’unica chiusura dell’inchiesta.

 

«Si trattava di un’organizzazione internazionale di traffico sessuale simile a una famiglia criminale organizzata, quindi non dovrebbe finire solo con il processo contro la Maxwell» scrive la Brown.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Maxwell in carcere ha adottato la «fede ebraica del defunto padre», ricevendo di conseguenza, con l’aiuto di un’organizzazione del movimento ebraico Chabad-Lubavitch, il beneficio di differenze nei pasti e nell’estensione del tempo libero.

 

Nel frattempo, il mondo è concentrato su personaggi oramai già «bruciati», come Bill Clinton – ora forse considerato sacrificabile anche per gli scontri fra fazioni interne al Partito Democratico USA allo sbando (c’è da capire cosa fare con la demenza senile di Biden) – con pure diverse rivelazioni che possono avere ramificazioni inquietanti.

 

È emerso che un altro dei nomi usciti dai nuovi file resi pubblici è quello di Bill Richardson, politico democratico già governatore del Nuovo Messico (lo Stato dove Epstein aveva un ranch che doveva servire da base per mettere al mondo dei figli surrogati dalle sue ninfette con il seme suo e dei geniali professori che aveva irretito – in pratica un programma eugenetico-apocalittico degno davvero di un cattivo di James Bond) è stato implicato nel caso Lewinsky.

 

L’enigmatico quadro trovato nella magione nuovaiorchese di Epstein, che raffigura Bill Clinton che indossa un vestito da donna, possibilmente quello macchiato al centro del caso Lewinsky, assume un significato nuovo.

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Netanyahu nomina il nuovo dell’Intelligence israeliana anche se il tribunale aveva bloccato il licenziamento del predecessore

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Il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu sta portando avanti la sostituzione del capo licenziato dell’Agenzia per la sicurezza israeliana (il celebre Shin Bet), Ronen Bar, nonostante un’ingiunzione temporanea contro il licenziamento emessa dalla corte suprema del Paese.   Netanyahu ha nominato il viceammiraglio in pensione Eli Sharvit, ex capo della Marina israeliana, come nuovo capo della sicurezza. L’ufficio del primo ministro ha affermato che Sharvit è stato scelto dopo «aver condotto interviste approfondite con sette candidati meritevoli».   L’ammiraglio Sharvit ha prestato servizio nelle forze armate israeliane per 36 anni e ha guidato «la difesa marittima delle acque territoriali e condotto complesse operazioni contro Hamas, Hezbollah e Iran».  
  Il gabinetto di Netanyahu aveva approvato il licenziamento di Bar il 31 marzo, motivandolo con la «persistente sfiducia personale e professionale» nei suoi confronti e con la sua leadership nell’agenzia di sicurezza. Il licenziamento di un capo dello Shin Bet è stato un fatto senza precedenti nella storia dello Stato di Israele e ha scatenato massicce proteste di piazza, considerate anche le altre controverse decisioni di Netanyahu relative alla ripresa della guerra a Gaza.   I critici sostengono che il licenziamento di Bar sia un tentativo motivato politicamente per proteggere Netanyahu dalle indagini, dato che lo Shin Bet e la polizia hanno indagato su presunti legami illeciti tra due collaboratori di Netanyahu e il Qatar.   Anche il procuratore generale Gali Baharav Miara è nel mirino, poiché Netanyahu sta cercando di farla licenziare. Ha anche avvertito che il licenziamento del capo dello Shin Bet pone un conflitto di interessi.   Nel frattempola stampa israeliana ha riferito che anche l’ufficio del procuratore generale sta facendo pressione su Netanyahu. «Il procuratore generale Gali Baharav-Miara ordina alla polizia di convocare il primo ministro Benjamin Netanyahu per testimoniare nell’inchiesta in corso sui suoi collaboratori per i loro presunti legami illeciti con il Qatar», secondo Channel 12. «La testimonianza di Netanyahu sarebbe resa in quanto persona a conoscenza della vicenda e non come sospettato in questa fase».    
    Quanto a Bar, anche lui ha descritto il suo licenziamento come motivato in ultima analisi dagli «interessi personali» di Netanyahu.   In una lettera aveva fortemente suggerito che i problemi che hanno portato ai fallimenti della sicurezza del 7 ottobre provenissero dall’alto. «Una politica di silenzio aveva permesso ad Hamas di subire un massiccio rafforzamento militare» aveva detto in merito alla fase preparatoria dell’attacco terroristico nel sud di Israele.   Netanyahu ha a sua volta incolpato Bar per i massicci fallimenti della sicurezza.

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Come gli USA di Biden hanno partecipato alla guerra ucraina: rivelazioni del New York Times

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Secondo un’inchiesta del New York Times, l’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden era molto più coinvolta nel sostenere la lotta dell’Ucraina contro la Russia di quanto precedentemente riconosciuto, sottolineando che l’Intelligence di Washington era indispensabile per le operazioni militari di Kiev.

 

Il lungo reportage pubblicato sabato offre un’analisi approfondita di una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev per contrastare la Russia.

 

Mentre il Pentagono ha fornito all’Ucraina decine di miliardi di dollari in aiuti militari, ha anche fornito informazioni di Intelligence cruciali che hanno consentito a Kiev di attaccare i centri di comando e controllo russi e altri obiettivi di alto valore a partire dalla metà del 2022, ha affermato il quotidiano neoeboraceno.

 

 

Secondo l’articolo, il cuore di questa partnership risiede nella base dell’esercito americano a Wiesbaden, in Germania, dove ufficiali americani e ucraini stabiliscono quotidianamente le priorità di attacco che, a quanto si dice, chiamano «punti di interesse», per paura di apparire troppo provocatori.

 

Ufficiali americani e ucraini hanno pianificato insieme importanti controffensive e lanciato grandi attacchi ad alta precisione a lungo raggio, utilizzando armi fornite dall’Occidente sulla Crimea russa, ha affermato il NYT. Gli attacchi con missili forniti dall’Occidente hanno causato vittime civili, con un attacco ATACMS su una spiaggia di Sebastopoli nel giugno 2024 che ha ucciso quattro persone e ferito più di 150.

 

Gli Stati Uniti hanno inoltre inviato in Ucraina decine di consiglieri militari, ad alcuni dei quali è stato consentito di viaggiare vicino alla linea del fronte.

 

Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani nel territorio russo riconosciuto a livello internazionale, per anni considerato una «linea rossa». Washington ha fornito a Kiev i dati di puntamento per gli attacchi.

 

Un funzionario dell’Intelligence europea è rimasto scioccato dal livello di coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto, dichiarando al Times: «Ora fanno parte della catena di morte».

 

Tuttavia, la cooperazione è stata a volte precaria a causa di disaccordi su strategia e obiettivi, soprattutto in vista della fallita controffensiva dell’Ucraina nel settore meridionale del fronte nell’estate del 2023.

 

I funzionari americani avrebbero ritenuto gli ucraini troppo ambiziosi e sprezzanti nei confronti dei consigli strategici. Gli ucraini hanno accusato gli americani di essere eccessivamente cauti. Durante la controffensiva del 2023, la leadership ucraina era divisa tra obiettivi contrastanti: perseguire un assalto verso Melitopol’ e difendere Bakhmut. Ciò avrebbe minato la strategia unificata sviluppata a Wiesbaden. «Mentre gli americani si concentravano su obiettivi misurati e raggiungibili, vedevano gli ucraini costantemente alla ricerca della grande vittoria, del premio luminoso e splendente», si legge nel reportaggio.

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Secondo il giornale di Nuova York, dopo lo scoppio delle ostilità nel febbraio 2022, gli Stati Uniti e l’Ucraina si sono gradualmente mossi verso una «straordinaria partnership di Intelligence, strategia, pianificazione e tecnologia» che è diventata «l’arma segreta» di Kiev nella lotta contro la Russia.

 

La testata neoeboracena ha osservato che la campagna di Washington a sostegno dell’Ucraina ha raggiunto una portata tale da diventare «una rivincita in una lunga storia di guerre per procura tra Stati Uniti e Russia: il Vietnam negli anni Sessanta, l’Afghanistan negli anni ’80, la Siria tre decenni dopo».

 

 

Mentre all’inizio del conflitto l’amministrazione Biden aveva promesso che gli Stati Uniti non avrebbero «messo gli stivali a terra» in Ucraina, la cooperazione a Wiesbaden ha finito per portare ad un allentamento di questo divieto, sostiene il reportage.

 

Sotto la guida di Biden, gli Stati Uniti «autorizzarono operazioni clandestine» e «consiglieri militari americani furono inviati a Kiev e in seguito autorizzati ad avvicinarsi ai combattimenti», scrive il NYT, stimandone il numero nell’ordine delle decine.

 

Con l’avanzare del conflitto, l’amministrazione Biden ha gradualmente allentato le restrizioni autoimposte sulla fornitura di armi a Kiev, in particolare missili a lungo raggio. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esteso i loro permessi per consentire all’Ucraina di effettuare attacchi limitati a lungo raggio utilizzando armi fornite dagli americani in territorio russo riconosciuto a livello internazionale, fornendo al contempo a Kiev i dati di targeting pertinenti.

 

Pur descrivendo la cooperazione come un’«arma segreta» nell’arsenale di Kiev, il NYT ha osservato che l’accordo ora «è in bilico sul filo del rasoio», poiché il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta spingendo per i colloqui con la Russia e cercando di porre fine al conflitto.

 

«Per gli ucraini, gli auspici non sono incoraggianti (…) il presidente americano ha ingiustamente incolpato gli ucraini di aver iniziato la guerra, li ha spinti a rinunciare a gran parte della loro ricchezza mineraria e ha chiesto loro di accettare un cessate il fuoco senza la promessa di concrete garanzie di sicurezza americane», conclude l’articolo, aggiungendo che Trump ha già iniziato a ridurre alcuni elementi della partnership.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

 

 

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Rapporto dell’Intelligence USA contro al-Jolani: «violenza e instabilità» in Siria

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Il Dipartimento di Intelligence Nazionale degli Stati Uniti ha riconosciuto, nella sua Valutazione annuale delle minacce del 2025, che le forze governative siriane sono responsabili dei massacri commessi contro le minoranze sulla costa siriana all’inizio di questo mese.   «La caduta del regime del presidente Bashar al-Assad per mano delle forze di opposizione guidate da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) – un gruppo precedentemente associato ad Al-Qaeda – ha creato le condizioni per una prolungata instabilità in Siria e potrebbe contribuire a una rinascita dell’ISIS e di altri gruppi terroristici islamici», osserva il rapporto dell’Intelligence USA, aggiungendo che «le forze governative ad interim guidate da HTS, insieme a elementi di Hurras al-Din e altri gruppi jihadisti, si sono impegnate in violenze ed esecuzioni extragiudiziali nella Siria nordoccidentale all’inizio di marzo 2025, prendendo di mira principalmente le minoranze religiose, provocando la morte di oltre 1.000 persone, tra cui civili alawiti e cristiani.   Il rapporto prosegue affermando che «alcuni gruppi jihadisti rimasti si rifiutano di fondersi nel ministero della Difesa di HTS e l’ISIS ha già manifestato la sua opposizione all’appello democratico di HTS e sta pianificando attacchi per indebolirne la governance».  
  Il documento sottolinea inoltre che il presidente siriano di transizione Ahmad al-Sharaa, che ha guidato HTS e il suo gruppo precursore, il Fronte al-Nusra, «afferma di essere disposto a collaborare con la serie di gruppi etno-settari della Siria per sviluppare un modello di governance inclusivo». Tuttavia, questi gruppi sono scettici sulle sue intenzioni, pertanto «le negoziazioni prolungate potrebbero trasformarsi in violenza».   I massacri sono avvenuti all’inizio di marzo nelle città costiere della Siria e nei paesi e villaggi circostanti, dopo una rivolta armata scatenata da militanti affiliati all’ex esercito siriano.   Nel corso di un’operazione di sicurezza su vasta scala per sedare la rivolta, il Dipartimento per le operazioni militari siriane, composto da numerose fazioni estremiste incorporate nel nuovo esercito del Paese, ha condotto una massiccia campagna di esecuzioni.   I militanti sono andati porta a porta uccidendo civili, tra cui donne e bambini. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), sono state uccise almeno 1.500 persone, la maggior parte delle quali alawiti.

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Le autorità siriane hanno promesso di aprire un’indagine sui massacri. Tuttavia, le uccisioni extragiudiziali perpetrate dalle forze governative sono continuate.   La scorsa settimana, il SOHR ha riferito che 72 persone sono state uccise in un arco di 24 ore da «gruppi armati affiliati alla Sicurezza generale e alle fazioni militari siriane» in diverse aree della Siria. Tre inviati europei hanno avvertito le autorità siriane durante un incontro a Damasco all’inizio di questo mese che il sostegno internazionale al paese sarebbe dipeso dalla «repressione» da parte del governo degli elementi estremisti, secondo l’agenzia Reuters.   «Gli abusi verificatisi negli ultimi giorni sono davvero intollerabili e i responsabili devono essere identificati e condannati. Non c’è assegno in bianco per le nuove autorità», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri francese all’agenzia di stampa quando gli è stato chiesto del messaggio trasmesso dagli inviati europei a Damasco.   «Abbiamo chiesto che si assuma la responsabilità. La punizione dovrebbe ricadere su coloro che hanno commesso i massacri. Le forze di sicurezza devono essere ripulite», ha affermato uno degli inviati.  
  Le forze di sicurezza e militari siriane sono dominate da membri di HTS (ex branca di Al-Qaeda in Siria) e da combattenti dell’Esercito nazionale siriano (SNA), un’organizzazione paramilitare turca costituita nel 2017.   È noto che i gruppi dell’SNA, integrati nell’esercito e nell’apparato di sicurezza siriano, annoverano tra le loro fila decine di ex combattenti e comandanti dell’ISIS.   Dopo la caduta del governo dell’ex presidente siriano Bashar al-Assad, l’anno scorso, gli Stati Uniti hanno rapidamente rimosso la taglia di 10 milioni di dollari su Jolani, che in precedenza era un membro dello Stato islamico dell’Iraq (ISI), il gruppo che si è trasformato nell’ISIS.   I cristiani sono tra le vittime dei massacri della nuova Siria in mano ai takfiri, definiti ridicolmente da Israele come «jihadisti educati». Cristiani e alawati sono oggi oggetto di stragi che qualcuno ha chiamato «neo-ottomane», perpetrate da forze armate nelle cui posizioni di rilievo sono stati nominati jihadisti da tutto il mondo. – basti pensare che il nuovo capo dell’Intelligence damascena è un uomo designato come terrorista dall’ONU.   Tra le poche voci levatesi in loro difesa, quella di monsignor Viganò.   Come riportato da Renovatio 21, al-Jolani ha firmato una nuova dichiarazione di una Costituzione provvisoria per la nuova Siria che rende chiaramente la legge islamica o sharia la nuova legge del Paese.

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata.      
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