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Il vaccino Curevac è fatto con cellule-mostro

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Torna ciclicamente il tema del CureVac, il primo vaccino a RNA targato UE.

 

A giugno i media parlavano di flop: l’efficacia, dissero, era appena del 47%.

 

Ad agosto ecco la resurrezione: «Dopo quella cocente bocciatura, che ha molto pesato anche in termini di visibilità internazionale – scrive il giornale dei vescovi Avvenire – l’azienda tedesca, nel frattempo affiancata dal colosso farmaceutico britannico GSK, non ha buttato la spugna».

 

Ecco che con la cavalleria della Glaxo a dare manforte, nel modello animale, il vaccino «CV2CoV» ha dimostrato di indurre reazioni «molto simili all’ampiezza delle risposte immunitarie osservate dopo l’infezione da SARS-CoV-2».

 

Così che puntuali arrivano anche le grida di gioia dei catto-vaccinisti: il CureVac, ci dicono, non è fatto con linee cellulari derivanti da aborto – come la quasi totalità degli altri vaccini COVID, compreso quello russo.

 

Ecco, finalmente, il «vaccino etico»: evviva. Possiamo vaccinare il deltoide cattolico senza più temere di commettere peccato, anche se, come ci hanno ripetuto, peccato non è, perché quegli aborti sono lontani nel tempo (abbiamo appreso il peccato ha una scadenza, come lo yogurt), è una cooperazione indiretta, anzi è il «pallido riflesso» della Crocefissione di Nostro Signore, etc.

 

Niente linea cellulare HEK-293 (la più gettonata, ultimamente): i test di conferma in laboratorio sono stati fatti con le cellule HeLa.

 

Il problema è che, benché non vi sia la provenienza da un feto abortito, la linea cellulare HeLa è, per chi ne conosce la storia, leggermente problematica.

 

Anzi: problematica in una maniera mostruosa.

 

HeLa è  la linea cellulare umana più antica e più comunemente usata, ottenuta dal cancro alla cervice di una signora afroamericana morta nel 1951

HeLa è  la linea cellulare umana più antica e più comunemente usata.

 

HeLa significa «Henrietta Lacks», una trentunenne afroamericana di cinque figli, morta di cancro il 4 ottobre 1951. I dottori, senza informare né lei né i famigli, estrassero il tessuto del suo cancro alla cervice.

 

Gli scienziati erano in cerca di cellule che potessero durare a lungo per permettere esperimenti. Le linee cellulari create fino a quel momento duravano pochi giorni. Si scoprì invece che le cellule del cancro all’apparato riproduttivo di questa signora nera erano prolifiche e durature come nient’altro osservato prima.

 

Invece che morire, il dottor Otto Gey, capo del laboratorio di coltura dei tessuti, scoprì che queste cellule in 20-24 ore raddoppiavano.

 

Gey creò così la prima linea cellulare della storia umana, e, per amore della scienza,  la diede in girò ad altri laboratori che chiedevano. Più tardi le cellule sarebbero state anche vendute, tuttavia nessun brevetto fu depositato.

 

Nessuno sapeva dell’origine delle cellule e a chi lo chiedeva era detto che la sigla HeLa corrispondeva al nome scandinavo «Helen Larson». I molti figli della signora Lacks non seppero nulla per decenni, non vennero né informati né consultati.

 

Le cellula HeLa sono dette «immortali»: se vi sono le condizioni, esse si moltiplicano indefinitamente – creano in pratica un organismo che non muore mai.

 

Le Hela «sono state continuamente utilizzate per la ricerca su cancro, AIDS, effetti di radiazioni e sostanze tossiche, mappatura genetica e innumerevoli altre ricerche scientifiche»

Le HeLa sono le prime cellule umane ad essere state clonate (1953). Da allora  «sono state continuamente utilizzate per la ricerca su cancro, AIDS, effetti di radiazioni e sostanze tossiche, mappatura genetica e innumerevoli altre ricerche scientifiche». Secondo la scrittrice Rebecca Skloot, autrice del libro (poi divenuto film) La vita immortale di Henrietta Lacks, entro il 2009 «più di 60.000 articoli scientifici era stato pubblicato sulla ricerca effettuata su HeLa e quel numero stava aumentando costantemente a un ritmo di oltre 300 articoli ogni mese».

 

Negli anni ’60, le cellule HeLa furono inviate al satellite sovietico «Sputnik-6» e alle missioni spaziali umane per determinare gli effetti a lungo termine dei viaggi spaziali sulle cellule e sui tessuti viventi. Gli scienziati hanno scoperto che le cellule HeLa si dividono ancora più rapidamente in assenza di gravità

 

Le cellule HeLa sarebbero state testate anche in esperimenti di esplosione atomica.

 

Anche per i vaccini, il contributo non è stato minore. Le HeLa sono state usate da Jonas Salk negli anni Cinquanta per testare il primo vaccino antipolio e negli anni Ottanta per la creazione di vaccini anti-papillomavirus (HPV)

Le HeLa sono state spedite nello spazio, Le HeLa sono state testate con le armi atomiche

 

L’uso delle HeLa nello studio del cancro è stato massiccio, e ha prodotto (come diremo più avanti) problemi che potevano scaturire in tensioni internazionali tra le potenze nucleari.

 

Quando Nixon dichiarò la sua «guerra al cancro» (uno sforzo di politica sanitaria e di ricerca per sconfiggere i tumori definitivamente) si ebbe da parte sovietica la chiara volontà di collaborare. Si trattava di un atto di civiltà non indifferente.

 

Tuttavia, la cooperazione internazionale venne stravolta dalle cellule HeLa.

 

Gli scienziati avevano infatti cominciato a notare che le altre linee cellulari si comportavano in modo strano. Talvolta, comparivano in esse geni tipici degli esseri umani di colore: e si trattava invece di linee cellulari ottenute magari da bianchi.

 

Un numero incredibile di linee cellulari sono state contaminate dalle HeLa, che, dotate di un’aggressività mai vista prima, sostituivano le altre linee cellulari con le quali venivano, magari anche solo fortuitamente, a contatto

Si scoprì così che un numero incredibile di linee cellulari erano state contaminate dalle HeLa, che, dotate di un’aggressività mai vista prima, sostituivano le altre linee cellulari con le quali venivano, magari anche solo fortuitamente, a contatto.

 

In pratica, molti scienziati pensavano di star sperimentando su una data linea cellulare; invece si trattava della HeLa, che aveva invaso e colonizzato tutti i vetrini possibili.

 

Nel 2016 si parlava di almeno 488 linee cellulari contaminate da HeLa. Nel 2017 la lista ne contava 757. Secondo alcuni, si tratterebbe di un 10%-20% del numero totale.

La contaminazione delle cellule HeLa, quando scoperta, divenne un problema diffuso in tutto il mondo, interessando anche i laboratori di molti importanti medici, scienziati e ricercatori, tra cui Jonas Salk. Si scoprì che anche i laboratori più segreti, con reparti posti sottoterra dove entrano solo scienziati militari bardati di tute da contenimento, avevano oramai vetrini che contenevano colture HeLa invece delle linee desiderate.

Il biologo evoluzionista Van Valen diceva che si doveva considerare le HeLa come una nuova specie di essere vivente

Questa catastrofe scientifica di fatto fece deragliare per sempre il progetto di Nixon di sconfiggere il cancro: i dati raccolti in tutti quegli esperimenti (costati miliardi del contribuente) erano da buttare.

 

Anche i sovietici, scoprirono con estrema sorpresa, erano stati colpiti. Perfino nelle loro strutture più segrete (quelle dove magari preparavano anche armi biologiche) HeLa era riuscita ad arrivare. Bastava, del resto, un breve contatto con un vetrino di cellule HeLa, o di cellule ritenute di un certo tipo ma divenute nel frattempo HeLa, per permettere a questo cancro di conquistare tutto lo spazio che gli si metteva a disposizione.

 

I russi, nella tipica paranoia da Guerra Fredda, non potevano non pensare ad un fregatura rifilata loro dagli USA, che prima chiedono collaborazione, e poi distruggono anni di ricerca sovietica infettando tutti i loro laboratori (anche quelli di cui non si dovrebbe conoscere l’esistenza!) con queste cellule mostruose. Poteva sembrare, di fatto, un atto ostile, una raffinata operazione di Intelligence e di guerra biologica. Non lo era. Le HeLa erano solo un Frankenstein uscito dalle provette degli apprendisti stregoni.

 

Se abbiamo chiamato le HeLa «cellule mostruose» non è solo per usare una iperbole per descrivere la loro aggressività o la loro genetica – invece dei 46 tipici degli esseri umani, hanno 76-80 cromosomi.

 

Infatti, qualcuno ha pensato di chiedere che le HeLa siano considerate dalla scienza come una nuova categoria di essere vivente vera e propria.

 

A questo punto, la domanda, radicale, che ci poniamo è sulla liceità non delle linee cellulari da feto abortito, ma delle linee cellulari in generale

Il biologo evoluzionista Leigh Van Valen nel 1991 scrisse che con le HeLa eravamo davanti alla creazione contemporanea di una nuova specie, a cui si poteva dare il nome Helacyton gartleri. Stanley Gartler è il nome del biologo molecolare che van Valen sosteneva avesse più di ogni altro scoperto «l’incredibile successo di questa specie».

 

Van Valen diceva che si doveva considerare le HeLa come una nuova specie di essere vivente in quanto:

 

  • Vi è incompatibilità cromosomica delle cellule HeLa con l’uomo.

 

  • Le cellule HeLa hanno una loro nicchia ecologia.

 

  • Hanno capacità di persistere ed espandersi ben oltre i desideri degli esseri umani che le coltivano.

 

  • HeLa può essere definita una specie in quanto possiede un proprio cariotipo (patrimonio genetico) clonale.

 

Ci troviamo insomma a una linea cellulare che pare, più che un’invenzione biotecnologica, un mostro vero e proprio, che deriva da un crimine (l’asporto e lo studio di una parte di un essere umano, senza il suo consenso) e che ha dimostrato di poter vivere indefinitamente rovinando i piani degli uomini.

 

Quanto ancora possiamo berci la storia dell’impossibilità del progresso medico senza l’abominio biologico conclamato?

A questo punto, la domanda, radicale, che ci poniamo è sulla liceità non delle linee cellulari da feto abortito, ma delle linee cellulari in generale.

 

La prima linea cellulare prodotta ha distrutto anni di ricerca, creato tensioni globali, umiliato il corpo e la memoria di una povera signora.

 

Possiamo gioire del fatto che i vaccini siano ancora prodotti appoggiandosi su queste cellule-mostro?

 

Quanto ancora possiamo berci la storia dell’impossibilità del progresso medico senza l’abominio biologico conclamato?

 

 

 

 

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Vaccini fatti con aborti. Ricordiamolo ancora una volta

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I vaccini e l’aborto sono strettamente legati. Dobbiamo ricordarlo sempre.

 

Si tratta di una delle prime battaglie di Renovatio 21, che precede di diversi anni la pandemia: prima che vi fosse il COVID e il siero mRNA, c’era l’obbligo dei vaccini pediatrici, anche quelli macchiati dall’uso di linee cellulari da feti abortiti, cioè da esseri umani innocenti sacrificati.

 

Ne abbiamo parlato tanto, e in ogni modo: articoli, conferenze, convegni. Ci è costato: le prime segnalazioni da parte di enti stranieri contro Renovatio 21 partirono prima del coronavirus, molto prima che i ban sui social fossero la norma. Dicevano che quella dei vaccini fatti con gli aborti era una falsità, e, incredibile, pareva ci credessero davvero – nonostante il bugiardino scrivesse MRC-5 o WI-38 o HEK-293, etc.

 

All’ammucchiata negazionista aderì ufficialmente, casualmente a ridosso della legge che toglieva ai bimbi non vaccinati la possibilità di frequentare l’asilo (con catastrofi famigliari-professionali conseguenti), anche il Vaticano bergogliano, che sapendo che dire la menzogna è peccato, optò per una teologia del peccato-yogurt: la nota congiunta uscita da vari enti ecclesiastici nel luglio 2017 diceva che sì, è vero, quei vaccini sono fatti con gli aborti, ma si tratta di aborti «lontani nel tempo»… in pratica, il peccato connessovi è scaduto, come un latticino uscito dal frigo. L’omicidio dell’innocente va teologicamente in prescrizione: abbiamo visto anche questa.

 

Abbiamo in ogni modo tentato di combattere, da subito, questo abominio: perché ci sembrava qualcosa di mostruoso, o ancora di più, di rivelatore. Volevano che i bambini fossero macchiati, sottopelle (tatuati, sarebbe da dire, ma i tattoo non sconvolgono il sistema immunitario), con materia che proviene dall’assassino dei loro simili. E senza quel marchio, nessun accesso, nesso diritto, multe, derisione, accuse, stigma sociale. Il mondo avrebbe imparato presto che quello era solo il test drive per quanto sarebbe successo con il virus cinese e il conseguente ribaltamento della società (non più uno stato di diritto, ma uno Stato cui sei sottomesso, verso cui non hai potere, e da cui puoi sperare solo concessioni, «accessi»).

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Renovatio 21 aveva organizzato nel marzo 2019 a Roma un convegno internazionale, «Fede, Scienza e Coscienza», tutto incentrato sul problema delle linee cellulare dei feti abortiti.

 

Grazie al lavoro inesausto di Cristiano Lugli, riuscimmo a far arrivare a Roma lo scienziato che più di ogni altro ha studiato il tema della presenza di materiale cellulare di feto abortito nei vaccini e i suoi effetti deleteri sulla salute dei bambini, la dottoressa Theresa Deisher, una rinomata ricercatrice con tanti paper e brevetti realizzati nella sua carriera nella scienza biomedica. Il suo intervento al convegno di Roma è ancora visibile sul nostro canale YouTube – finché dura.

 

Siamo stati felici di rivedere la dottoressa Deisher ripetere questa incontrovertibile realtà – i vaccini sono fatti con gli aborti esistono e sono fra noi  – in un video di Highwire, la testata di Del Bigtree, giornalista sodale di Robert F. Kennedy jr. Abbiamo pensato di sottotitolarlo, e di dividerlo in parti, per renderlo più fruibile online.

 

L’intervista è strutturata con domande e risposte. Molte cose fondamentali della questione – cose per le quali il mainstream normaloide della massa vaccina si tappa le orecchie e inizia ad urlare per non sentire – sono spiegate benissimo, e molto sinteticamente.

 

 

Cosa esattamente c’è in un vaccino?

«Un vaccino è costituito da un virus. Il virus è una lunga catena di acido nucleico. E l’acido nucleico è ciò che costituisce il nostro DNA e RNA. È troppo lungo da fare in provetta. Così noi imitiamo il modo che ha la natura di propagare e far crescere un virus e infettiamo le cellule».

 

È vero che ci sono feti abortiti nei vaccini?

«Quello che c’è nel prodotto finale, quando utilizziamo cellule che sono state create da un feto abortito, sono frammenti di DNA fetale umano e detriti cellulari. E a livelli abbastanza alti».

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Come fanno gli scienziati a procurarsi il tessuto fetale?

«Esistono società di procurement che lavorano fianco a fianco con gli abortisti, tipicamente nello stesso edificio».

 

«Quello che succede è che il cuore entra effettivamente in condizione di contrattura. È una volta che ciò accade, non è possibile ricavarne dati validi. Non puoi ottenere cellule che funzioneranno. Quindi il tessuto diventa davvero inutile. Deve essere espulso e messo in conservante che ferma il cuore entro 2 minuti».

 

«Il bambino deve nascere vivo o altrimenti non potranno prendere il cuore velocemente e inserirlo correttamente nella soluzione bloccante, in modo che possano conservarlo per l’elaborazione».

 

 

I feti sono ancora vivi dopo l’estrazione?

«Beh, un feto nato intatto è sicuramente morto quando gli strappano via il cuore. Non gli viene somministrato alcun anestetico. Non farei mai una cosa del genere ad un topo o ad un ratto».

 

«Non sarei sorpresa se in un futuro non così lontano potremo ottenere dei numeri concreti che mostrano come gli aborti vengano ritardati sempre di più, in modo che gli scienziati e le società di procurement possono ottenere un tessuto migliore e più a termine».

 

I feti sono ancora usati per fare i vaccini? Molti dicono che hanno fermato questa pratica negli anni Settanta?

«Non è una vecchia tecnica, alcune delle linee cellulari che utilizzano per la produzione di vaccini sono state realizzate negli anni Settanta. Stanno iniziando a deteriorarsi. Quindi in realtà è necessario creare nuove linee cellulari per sostituirle».

 

«Ogni giorno, bambini abortiti vengono predati e sfruttati per la ricerca biomedica, e la pratica continua perché chiudiamo gli occhi sull’etica dei vaccini… per le persone che non condividono il nostro orientamento morale non c’è alcuna differenza tra un aborto effettuato nel 1970 e l’aborto fatto ieri».

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Usare cellule fetali umane nei vaccini è pericoloso?

«Sappiamo con certezza che i livelli di DNA di questi vaccini che entrano nel flusso sanguigno dei nostri bambini talvolta superano 100 volte i livelli di DNA fetale che, è stato dimostrato, attivano in modo massiccio la risposta immunitaria, causando il rilascio generale di citochine, e le citochine sono tossine. E stiamo dando ai bambini concentrazione da 10 a 100 volte più elevate. Sappiamo assolutamente che il recettore TLR9 si attiva».

 

«Le aziende farmaceutiche non hanno mai misurato il rilascio di citochine. E non hanno mai misurato un livello così acuto di risposta autoimmune».

 

 

Cosa possono fare i genitori per informarsi sui rischi del vaccinare i propri figli?

«Come minimo, leggete un po’ il foglietto illustrativo, e vedrai gli effetti collaterali riconosciuti. Ciò potrebbe accadere al tuo sanissimo, normalissimo bambino».

 

«Fai una valutazione del rischio: tuo figlio è a rischio di questa malattia? Se dovesse contrarla, quali sono le conseguenze di contrarre questa malattia? È così tremendo, oppure possiamo gestirlo bene dal punto di vista medico in modo che nostro figlio stia bene?

 

Come i genitori dovrebbero parlarne ai pediatri?

«Vorrei incoraggiare tutti i genitori a chiedere al proprio medico come l’immunità è causata da un vaccino. E se il tuo medico non ti parla dei recettori Toll-like, allora anche il tuo medico non sa nulla riguardo all’immunità, riguardo alla virologia, che è vaccinologia, oppure non ti sta dicendo la verità».

 

«Dovresti chiamare un dottore che sappia di cosa si sta parlando. O che ti dice la verità».

 

 

Sono parole giuste, e incontrovertibili.

 

Riguardo al tema di aborto e vaccini, e sempre bene, ogni tanto, ricordarci questo abominio, richiamare alla mente l’aberrazione biologica e morale a cui vogliono sottomettere noi e la nostra prole.

 

Noi dimentichiamo mai l’orrore in cui siamo immersi. E la battaglia che dobbiamo fare per uscirne.

 

Grazie, dottoressa Deisher.

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Linee cellulari

La famiglia di Henrietta Lack si accorda con un’azienda di biotecnologie per i profitti della linea cellulare

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Della linea cellulare HeLa Renovatio 21 ha trattato in diversi articoli. Con le cellule HeLa vengono prodotti, ancora oggi, vaccini – anche per il COVID, come nel caso del CureVac. Secondo alcuni, la pervasività di tali cellule è tale da aver rovinato gli sforzi dell’amministrazione Nixon nella sua «guerra contro il cancro»: le cellule HeLa avevano di fatto contaminato e divorato tutte le altre linee cellulari, persino quelle nascoste in laboratori segreti – arrivando perfino nelle strutture nascoste dell’Unione Sovietica, con relative paure di incidenti diplomatici da Guerra Fredda. Le caratteristiche della linea cellulare hanno portato alcuni ricercatori a chiedere alla scienza di classificare le cellule HeLa come nuova tipologia di essere vivente.     In una risoluzione storica che sottolinea le complesse questioni etiche che circondano la ricerca medica e il profitto, la famiglia di Henrietta Lacks, le cui cellule hanno alimentato progressi medici rivoluzionari per decenni, ha raggiunto un accordo con la società di biotecnologie Thermo Fisher Scientific.   La famiglia Lacks aveva accusato l’azienda di capitalizzare sulle sue cellule, note come HeLa, senza ottenere il loro consenso.   Henrietta Lacks, una madre afroamericana di cinque figli, ha inconsapevolmente contribuito a un’eredità medica senza precedenti quando, nel 1951, i medici del Johns Hopkins Hospital hanno prelevato un campione delle sue cellule tumorali cervicali a sua insaputa o senza il suo permesso.   Le cellule, un’anomalia unica, sono state le prime a riprodursi con successo al di fuori del corpo umano, spingendo la ricerca medica in un territorio inesplorato. Queste cellule hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di vaccini per la poliomielite e il coronavirus, nonché trattamenti per disturbi tra cui il cancro, il morbo di Parkinson e l’influenza.   Tuttavia, la famiglia Lacks rimase all’oscuro dell’impatto monumentale delle celle di Henrietta per più di due decenni. La causa, intentata nel 2021 presso un tribunale distrettuale degli Stati Uniti nel Maryland, accusava Thermo Fisher Scientific di trarre profitto dalla linea cellulare HeLa trascurando di risarcire la famiglia o di chiedere la loro approvazione. I termini dell’accordo sono stati mantenuti riservati.   In una dichiarazione congiunta, Thermo Fisher Scientific e il team legale della famiglia Lacks hanno annunciato l’accordo e hanno indicato che non offriranno ulteriori commenti in merito. Gli esperti legali prevedono che questo caso potrebbe costituire un precedente per future azioni legali volte ad affrontare le complessità della bioetica e dei diritti di proprietà intellettuale.   L’avvocato della famiglia, Chris Ayers, ha accennato alla possibilità di azioni legali simili in futuro, evidenziando le mosse per ritenere le società responsabili per aver tratto profitto da controversie storiche ed etiche.   Le cellule HeLa, che sono state utilizzate in oltre 110.000 pubblicazioni scientifiche, hanno fornito ai ricercatori gli strumenti per comprendere meglio le malattie e sviluppare trattamenti salvavita. Tuttavia, questo trionfo scientifico ha anche suscitato discussioni sulla necessità di trasparenza, consenso informato ed equo compenso nel campo della ricerca medica.     Michael Cook       Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.           Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia      
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Vescovo rimosso per non aver ceduto all’idolatria del vaccino

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Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questo articolo del dottor Paolo Gulisano.

 

 

In una Chiesa in cui l’eresia sta dilagando tra i pastori, può capitare che un bravo vescovo, fedele alla dottrina della Chiesa e sostenitore del diritto alla vita, subisca la rimozione dalla sua carica da parte di Roma.

 

Cos’ha fatto di male? Ha forse messo in discussione il celibato dei sacerdoti? Ha benedetto coppie gay? Ha detto che non sappiamo cosa abbia in realtà detto Gesù perché ai suoi tempi non c’erano registrazioni?

 

No di certo. La sua colpa è stata quella di non aver appoggiato, negli scorsi due anni, la campagna vaccinale COVID.

 

Il sito pro life americano LifeSiteNews, che ha seguito attentamente la vicenda, anche perché il vescovo in questione è un grande difensore della vita umana, ne ha raccontato nei giorni scorsi la storia.

 

I fatti vedono come protagonista monsignor Daniel Fernández Torres, portoricano, allontanato dalla sua diocesi di Arecibo.

 

La decisione di Bergoglio di rimuoverlo improvvisamente dalla guida della sua diocesi sarebbe stata dovuta in gran parte alla difesa da parte del vescovo delle obiezioni di coscienza nei confronti dei vaccini.

 

Il delegato apostolico di Porto Rico (uno Stato di fatto associato agi Stati Uniti, una sorta di protettorato) ne ha chiesto le dimissioni dopo che il vescovo Fernández Torres si è rifiutato di firmare una lettera emessa dalla conferenza episcopale dell’isola che annunciava un severo obbligo di vaccinazione per sacerdoti e dipendenti delle diocesi.

 

La lettera imponeva anche che all’interno delle chiese ci fosse, durante le Messe, una divisione tra fedeli vaccinati e non vaccinati, una vera e propria segregazione di questi ultimi. Questa lettera era nelle intenzioni dell’episcopato portoricano una decisa e pronta risposta alla sollecitazione venuta dal Vaticano, secondo la quale vaccinarsi sarebbe un «dovere morale», il celebre «atto d’amore» di cui ha parlato Bergoglio.

 

Giorni prima il vescovo Fernández Torres aveva rilasciato una dichiarazione in cui difendeva il diritto di rifiutare la vaccinazione sulla base della coscienza e insisteva sul fatto che «è possibile per un fedele cattolico fare obiezione di coscienza alla presunta natura obbligatoria del vaccino COVID-19».

 

La sua lettera rifletteva le posizioni di numerosi altri presuli e la stessa nota dottrinale del Vaticano sui vaccini COVID, in cui si afferma che «la vaccinazione non è, di regola, un obbligo morale e che, quindi, deve essere volontaria».

 

Il suo sostegno ai diritti di coscienza trovava fondamento anche nel fatto che tutti i vaccini COVID approvati per l’uso negli Stati Uniti erano stati sviluppati o testati con linee cellulari derivate da bambini abortiti.

 

Quella che era una legittima richiesta di tutelare la libertà di coscienza è però sembrata una grave «insubordinazione» al papa, ed è diventata il pretesto per far fuori il vescovo non allineato.

 

Sembra da alcune fonti, riportate da LifeSiteNews, che il più attivo tra i confratelli nell’episcopato a chiedere la testa del vescovo di Arecibo sia stato l’arcivescovo González Nieves, noto per le sue posizioni ultra-progressiste in materia morale e apertamente pro LGBTQI.

 

L’arcivescovo chiamò in suo supporto il cardinale di Chicago Cupich, anch’egli noto per le sue posizioni alla tedesca, chiedendogli una sorta di «visita apostolica» per poi riferire autorevolmente a chi di dovere su quel vescovo «no vax».

 

Il risultato non si fece attendere: monsignor Torres fu immediatamente e immotivatamente rimosso, e al suo posto venne insediato da Bergoglio monsignor Alberto Arturo Figueroa Morales, fino a quel momento vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Juan, nonché braccio destro di González Nieves.

 

Il vescovo Torres ha rotto mesi di silenzio con una dichiarazione di qualche giorno fa. «Sento ancora la stessa perplessità che ho provato quando mi è stato chiesto improvvisamente di dimettermi e quando, in modo frettoloso, è stata eseguita la rimozione», ha scritto in una lettera indirizzata a «tutti coloro che mi hanno accompagnato spiritualmente».

 

«Dopo un anno, ribadisco esattamente le stesse parole della dichiarazione pubblica che ho fatto il 9 marzo 2022», ha aggiunto. Nella sua dichiarazione del marzo 2022 il vescovo di Arecibo ha denunciato l’allontanamento da parte di papa Francesco definendolo «un’azione totalmente ingiusta».

 

«Nessun processo è stato fatto contro di me – disse allora – né sono stato formalmente accusato di nulla, ma semplicemente un giorno il delegato apostolico mi ha comunicato verbalmente che Roma mi chiedeva le dimissioni».

 

«Sono stato informato che non avevo commesso alcun crimine ma che presumibilmente non ero stato obbediente al papa né ero stato in sufficiente comunione con i miei fratelli vescovi di Porto Rico», ha spiegato ancora il presule.

 

In effetti, in alcune sue dichiarazioni l’arcivescovo Roberto González Nieves di San Juan aveva affermato che il vescovo Fernández Torres era stato rimosso per presunta “insubordinazione al Papa” ma senza alcuna accusa formale.

 

In realtà non c’è traccia di disobbedienza all’autorità del Sommo Pontefice. Forse di monsignor Torres dava fastidio che il suo seminario fosse fiorente di vocazioni, e che la sua diocesi fosse ricca di iniziative di apostolato con grande beneficio per i fedeli. In seguito al suo licenziamento ci sono state petizioni, raccolte di migliaia di firme, ma Roma non ha riservato loro alcun segno di attenzione.

 

La lettera del vescovo sottolinea il suo dolore per essere stato deposto dalla propria sede, ma esorta i cattolici oltraggiati dagli scandali nella Chiesa a «pregare e avere fiducia».

 

«Quando sono entrato in seminario nel 1990, l’ho fatto pieno di speranza e convinto che Dio mi avesse chiamato a servire la Chiesa per il resto della mia vita».

 

Fernández Torres è stato per anni l’unico prelato cattolico dell’isola che si è battuto regolarmente per la vita, la famiglia e la libertà religiosa, un punto di riferimento morale per l’intero Paese. «Grazie ai lui è stata raggiunta un’unità di intenti per la protezione della vita umana, della famiglia naturale e dei diritti umani fondamentali dell’essere umano», ha detto la senatrice Joanne Rodríguez Veve.

 

Monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata (Argentina), in un duro comunicato di denuncia sulla rimozione, definisce Torres «un uomo di Dio, fedele alla grande Tradizione ecclesiale». Evidentemente, essere tale non è bastato. O forse è diventata una colpa.

 

La presunta insubordinazione alle direttive del Jefe Máximo, per non aver prestato culto a una nuova forma di idolatria, gli è costata cara.

 

 

Paolo Gulisano

 

 

 

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