Economia
Il CEO di Volkswagen spinge per la fine della guerra, i negoziati di pace in Ucraina
Il capo del grande gruppo automobilistico tedesco Volkswagen ha chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente, un intervento che sfida la posizione assunta dai leader europei.
«Penso che dovremmo fare il possibile per fermare davvero questa guerra e tornare ai negoziati e tornare a provare ad aprire di nuovo il mondo», ha detto Herbert Diess al vertice Future of the Car del Financial Times.
«Penso che non dovremmo rinunciare ai mercati aperti e al libero scambio, e penso che non dovremmo rinunciare a negoziare e cercare di accontentarci».
Diess ha precedentemente avvertito che una guerra prolungata farebbe più danni alla Germania e all’Europa rispetto alla pandemia di COVID-19.
Il Diess non è il solo industriale tedesco a scagliarsi contro la follia dell’escalation ucraina, che danneggia l’Europa e la sua locomotiva, la Germania.
Poche settimane fa l’amministratore delegato di Bosch Stephan Hartung in un’intervista dell’8 aprile al quotidiano economico Handelsblatt ha asserito che la Germania non dovrebbe interrompere prematuramente l’acquisto di forniture di gas dalla Russia.
«Abbiamo bisogno di gas per la produzione… La stessa Bosch copre il 20% del proprio fabbisogno energetico con il gas. Quindi non abbiamo bisogno di grandi quantità, ma alcuni dei nostri fornitori sì».
Il mese scorso il ministro dell’economia della Baviera Hubert Aiwanger ha annunciato che senza il gas russo si prepara il licenziamento di almeno 220 mila lavoratori.
La carenza di energia ha fatto sì che fosse paralizzata parte del traffico ferroviario del Paese, bloccando i treni merci per privilegiare gli spostamenti dei pendolari.
La transizione ecologica fatta di energie rinnovabili è, al momento attuale, un fallimento: come riportato da Renovatio 21, in Germania non vi è nemmeno vento a sufficienza per far girare le pale eoliche.
Nel frattempo, la stampa tedesca impartisce ai cittadini istruzioni per lavarsi meno.
Lo stesso ministro delle finanze tedesco Robert Habeck ha parlato di un rischio rivolte nel caso l’importazione di gas russo dovesse interrompersi repentinamente.
Immagine di Andreas Praefcke via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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