Alimentazione
I maiali bioingegnerizzati CRISPR entrano nella catena alimentare: approvazione FDA

La Food and Drug Administration (FDA), ente statunitense di regolamentazione di cibo e farmaci, questa settimana ha approvato l’immissione nella catena alimentare umana di maiali bioingegnerizzati con la nota tecnica di editing genetico CRISPR. Lo riporta il giornale del politecnico bostoniano MIT Technology Review.
L’approvazione FDA è stata data ad un’azienda britannica chiamata Genus, che anni fa ha iniziato a progettare maiali immuni ad n pericoloso virus respiratorio (letale per i suini) utilizzando la bioingegneria CRISPR.
I maiali CRISPR saranno tra i pochi animali geneticamente modificati commestibili. La lista è limitata perché produrli è costoso, devono superare ostacoli normativi e non sempre sono redditizi. Ad esempio, gli Stati Uniti hanno impiegato circa 20 anni per approvare un salmone transgenico, modificato con un gene per crescere più velocemente. Tuttavia, all’inizio del 2025, AquaBounty, il suo creatore, ha venduto tutti i suoi allevamenti ittici e contava solo quattro dipendenti, nessuno dei quali vendeva pesce.
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Da allor, scrive la testata del MIT, «le normative si sono allentate, soprattutto per quanto riguarda l’editing genetico, che interviene sul DNA di un animale anziché aggiungerne altri di un’altra specie, come nel caso del salmone e di molte colture OGM».
Il progetto, scrive Technology Review «è scientificamente simile al lavoro che ha portato alla nascita dei famigerati bambini CRISPR in Cina nel 2018» quando il biofisico He Jiankui ha modificato due gemelle per renderle resistenti all’HIV, tentando sempre di rimuovere un gene recettore quando erano solo embrioni in vitro.
Nel caso dei maiali molte delle obiezioni bioetiche sorte dalla comunità internazionale spariscono.
I maiali Genus possano rivelarsi l’animale geneticamente modificato più prezioso mai creato, il primo prodotto di successo CRISPR a raggiungere il sistema alimentare. Dopo l’approvazione, il valore delle azioni dell’azienda è aumentato di un paio di centinaia di milioni di dollari alla Borsa di Londra. Tuttavia, l’azienda sostiene che prima di arrivare agli scaffali dovrà passare ancora un po’ di tempo.
Vari scienziati e sostenitori della sicurezza alimentare mettono in discussione la sicurezza della tecnologia di modifica genetica — il CRISPR (brevi ripetizioni palindromiche regolarmente intervallate) — utilizzata dai ricercatori e sostenuta da investitori come Bill Gates, chiedendosi se i cibi prodotti dalla tecnologia siano davvero sicuri per il consumo umano.
Lo scorso luglio, il governo della Nuova Zelanda ha annunciato che nei prossimi tre mesi prenderà una decisione sulla revoca del divieto di ingegneria genetica degli alimentari. Polli CRISPR immuni all’aviaria sono stati creati ancora due anni fa.
Mentre stiamo per vedere l’arrivo sui nostri piatti di prosciutto CRISPR, pancetta CRISPR, costolette CRISPR (e ancora tanta roba: del maiale, anche quello Frankesteino, non si butta via nulla!) ricordiamo al lettore di Renovatio 21 gli allarmi degli scorsi anni per l’ingresso – già avvenuto, secondo alcuni – dell’mRNA nella catena alimentare, iniettato nel bestiame tramite vaccini veterinari.
Come riportato da Renovatio 21, l’allarme è arrivato al punto che un anno fa lo Stato del Tennesee ha approvato un disegno di di legge contro i vaccini mRNA negli alimenti.
L’uso estensivo del CRISPR sull’essere umano è oramai in rampa di lancio, con le ultime foglie di fico che stanno cadendo. A fine 2023 le autorità di regolamentazione del Regno Unito hanno approvato la prima terapia CRISPR per il trattamento delle malattie del sangue negli esseri umani. Renovatio 21 ricorda anche il caso del paziente della terapia genica sperimentale CRISPR per il colesterolo morto dopo il trattamento di editing genetico.
Nel frattempo, conosciamo i casi in cui il CRISPR è stato usato proprio sui maiali – umanizzandoli, cioè inserendo transgenicamente DNA umano – per ottenere organi da trapianto. Nella vicenda più nota, si apprese che il trapiantato con il cuore del maiale OGM morì proprio a causa di un virus suino. Il cuore dell’animale , è emerso, era stata anche imbottito di cocaina.
Esperimenti con xenotrapianti da maiale umanizzato sono stati effettuati con uomini in stato di morte cerebrale. La Cina, Paese che si spinge sempre più in là con la genetica, non solo crea maiali umanizzati (che ha utilizzato anche nella ricerca COVID), ma arriva pure a clonare suini roboticamente.
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Alimentazione
Le birre più popolari contengono sostanze chimiche tossiche PFAS

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Filtrazione della birra
Le birre – che in media sono costituite per circa il 90% da acqua – prodotte in contee con elevati livelli di PFAS nell’acqua potabile presentavano la contaminazione maggiore. Lo studio ha evidenziato che circa il 18% dei birrifici statunitensi si trova in codici postali in cui è nota la presenza di PFAS nell’acqua potabile. Sebbene non siano stati specificati i nomi dei birrifici, le birre prodotte nei birrifici della contea di Chatham, nella Carolina del Nord, della contea di Mecklenburg, nella Carolina del Nord, e della contea di Kent, nel Michigan, presentavano le concentrazioni più elevate di PFAS nei campioni analizzati. «Se l’acqua fornita non viene filtrata prima di essere distribuita ai clienti, come i birrifici, o se viene filtrata a livelli inferiori, le stesse tracce di PFAS si ritrovano nei prodotti della birra», ha affermato Jennifer Hoponick Redmon, autrice principale e direttrice senior per la salute ambientale e la qualità dell’acqua presso RTI International. I birrifici che filtrano solo gli agenti patogeni non eliminerebbero i PFAS, ha affermato. Negli Stati Uniti ci sono più di 9.000 birrifici, quindi i metodi di filtrazione variano. Chuck Skypeck, direttore dei progetti tecnici di produzione della birra per la Brewers Association, un gruppo no-profit che promuove i piccoli birrifici indipendenti degli Stati Uniti, ha affermato che l’Associazione ha informato i membri dei birrifici sulle normative dell’EPA in materia di acqua potabile e che è comune per i birrifici utilizzare la filtrazione a carbone attivo, detto anche carbone attivo, oppure l’osmosi inversa. Entrambi i metodi di filtrazione sono efficaci per rimuovere i PFAS: l’osmosi inversa ne rimuove circa il 94%, mentre il carbone attivo ne rimuove circa il 73%. «I birrifici che utilizzano pozzi privati monitorano la propria acqua secondo le normative dell’EPA», ha affermato Skypeck. «Mentre i birrifici che utilizzano fonti comunali o private ricevono report sulla qualità dell’acqua dal loro fornitore o effettuano analisi aggiuntive». I birrifici possono effettuare test per alcuni PFAS: ad esempio, LGC Group, con sede nel Regno Unito, offre analisi per 13 composti. Tuttavia, il costo dei test e del trattamento dei PFAS è «un onere eccessivo da sostenere» per la maggior parte dei piccoli birrifici, ha affermato Britton. «Ecco perché i piccoli birrifici non hanno ancora affrontato questo argomento, è semplicemente fuori dalla loro portata».Iscriviti al canale Telegram
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Alimentazione
Fame a Gaza: cibo ovunque ma nulla da mangiare

La fame incombe su Gaza ma gli aiuti alimentari sono lì a disposizione, a pochi metri dal confine, che è sbarrato.
«Il Programma Alimentare Mondiale afferma di essere pronto a inviare aiuti sufficienti a Gaza per sfamare l’intera popolazione di circa 2 milioni di persone per un massimo di due mesi. L’UNRWA, la principale agenzia delle Nazioni Unite a supporto dei palestinesi, ha dichiarato di avere quasi 3.000 camion pieni di aiuti in attesa di attraversare Gaza. Entrambe hanno bisogno che Israele revochi il suo blocco per far arrivare tali aiuti» sostiene un servizio della CNN.
Il servizio cita il dootor Ahmad Al-Farra, responsabile del reparto pediatrico del Complesso Medico Nasser di Gaza, che il 3 maggio aveva avvertito che «una catastrofe sanitaria imminente sta minacciando la vita di centinaia di migliaia di persone» nell’enclave. «Siamo di fronte al pericolo di una massiccia ondata di morti per malnutrizione se l’attuale crisi umanitaria continua senza essere affrontata».
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Quella mattina, secondo il dottor Munir Al-Barsh, Direttore Generale del Ministero della Salute di Gaza, Janan Saleh Al-Sakkafi, di due mesi, è morto per malnutrizione presso l’ospedale Al-Rantisi.
Il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, ha dichiarato la scorsa settimana: «finché i nostri ostaggi languiscono nei tunnel, non c’è assolutamente motivo che un solo grammo di cibo o di aiuti entri a Gaza».
L’amministrazione Netanyahu usa da oltre due mesi la negazione di cibo, medicine e aiuti umanitari come arma militare, l’ennesimo crimine di guerra.
La politica del blocco degli aiuti umanitari è risalente. L’anno passato mesi UE e Casa Bianca hanno condannato gli «estremisti israeliani» che bloccano e attaccano i convogli umanitari per Gaza.
Below is eyewitness footage of one aid convoy being attacked. Sent by Sapir Sluzker Amran, a peace activist who tried to stop the protests. She said those who attacked the convoy were mostly Israeli settlers. The border crossing was located at Tarqumiya in the occupied West Bank pic.twitter.com/5w9qrb9vtu
— Emmet Lyons (@EmmetlyonsCBS) May 14, 2024
Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno le forze israeliane aprirono il fuoco sulla folla di palestinesi in attesa degli aiuti alimentari, provocando una strage.
🇵🇸 #Palestine – 🇮🇱 #Israel: More than 100 Palestinian civilians were killed by the IDF in Gaza today after soldiers opened fire on a crowd of people surrounding a food aid truck. The trucks reportedly ran over civilians as they left the area, which one witness said accounted for… pic.twitter.com/EAZBvTrSz0
— POPULAR FRONT (@PopularFront_) February 29, 2024
Va considerata anche la morte di almeno 5 palestinesi di Gaza uccisi dagli aiuti USA lanciati dal cielo.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il ministro israeliano Smotrich aveva detto che permettere a due milioni di abitanti di Gaza di morire di fame «potrebbe essere morale».
Da più di un anno è emerso il tema dei bambini che stanno letteralmente morendo di fame a Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana un rapporto delle Nazioni Unite che monitora la situazione ha parlato di «fame catastrofica» rilevando che circa 300.000 persone nel Nord di Gaza vivono in condizioni di carestia.
Solo tre settimane fa il giornale israeliani Haaretz aveva chiesto in un editoriale che il mondo costringesse Israele di «smettere di affamare Gaza».
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Immagine di pubblico dominio CC0
Alimentazione
L’uso di antibiotici negli allevamenti intensivi è collegato a milioni di morti ogni anno

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Promesse di ridurre gli antimicrobici nell’agricoltura animale
I tagli al personale del CVM che lavorava sulla resistenza antimicrobica giungono in un momento in cui nazioni in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, hanno promesso di affrontare la crisi che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera una delle minacce più urgenti per la salute pubblica globale. Nel settembre 2024, durante una riunione delle Nazioni Unite a New York, alcuni Paesi, tra cui gli Stati Uniti, si sono impegnati a «sforzarsi di ridurre in modo significativo» gli antimicrobici utilizzati nell’agricoltura animale entro il 2030 per contribuire a contenere la resistenza antimicrobica. Tuttavia, a seguito delle resistenze degli Stati Uniti e di altri paesi produttori di carne, le nazioni non sono riuscite a concordare obiettivi specifici per ridurne l’uso. Secondo una ricerca, negli Stati Uniti ogni anno vengono venduti più antimicrobici per gli animali da allevamento che per gli esseri umani. Vengono utilizzati per curare gli animali malati e prevenire le malattie, e talvolta vengono somministrati di routine per evitare il rischio di infezioni. Le malattie possono diffondersi più rapidamente tra gli animali nei sistemi di allevamento intensivo, dove un gran numero di individui viene tenuto in spazi ristretti e l’igiene e il benessere possono essere scarsi. La FDA e il CVM hanno in corso diverse iniziative per gestire e monitorare meglio l’uso degli antimicrobici negli animali da allevamento. Tra queste rientrano le linee guida preliminari per incoraggiare i produttori di farmaci per uso veterinario a interrompere volontariamente l’uso continuo di antibiotici clinicamente importanti negli animali destinati all’alimentazione. Al momento dei licenziamenti, la FDA stava valutando i commenti di gruppi di interesse pubblico, dell’industria e di altri soggetti. Aveva quindi pianificato di finalizzare le linee guida in una data successiva, non specificata. La FDA era inoltre prossima a pubblicare le revisioni di un’altra serie di linee guida volontarie, che spiegano alle aziende farmaceutiche come valutare il rischio per la salute umana derivante dalla resistenza antimicrobica quando valutano la sicurezza di nuovi farmaci antimicrobici per gli animali. I sostenitori della riduzione degli antimicrobici negli animali da allevamento hanno criticato alcuni aspetti di entrambi i documenti guida, ma in generale sono stati considerati un passo nella giusta direzione. Ad esempio, le linee guida per stabilire limiti all’uso non sono state sufficienti a limitare l’uso a lungo termine, ma potrebbero comunque rappresentare un miglioramento rispetto alla situazione attuale, in cui alcuni farmaci possono essere utilizzati indefinitamente, afferma Steven Roach, che lavora su alimenti sicuri e sani presso il Food Animal Concerns Trust, o FACT, un gruppo di attivisti di Chicago, Illinois.Aiuta Renovatio 21
Raccolta di dati sull’uso di antimicrobici
Nel 2023, la Fondazione Reagan-Udall ha pubblicato i piani per una partnership pubblico-privata con l’industria per raccogliere volontariamente dati sull’uso di antimicrobici negli animali da allevamento. Il progetto è stato finanziato dalla FDA. Attualmente, la FDA raccoglie dati annuali sul volume di antimicrobici venduti per gli animali da allevamento. Ma questa è solo una misura approssimativa dei farmaci antimicrobici utilizzati. Un utilizzo accurato dei dati è fondamentale per poter valutare come e perché i farmaci vengono somministrati, affermano i gruppi di attivisti. I gruppi di interesse pubblico sollecitano da tempo la FDA affinché raccolga dati sull’uso degli antimicrobici, ma si oppongono alle proposte della FDA per un sistema volontario, che a loro dire potrebbero non fornire un quadro rappresentativo del settore. Le grandi aziende agricole industriali che potrebbero fare un uso eccessivo di antimicrobici avrebbero pochi incentivi a partecipare a un sistema volontario perché ciò le metterebbe in cattiva luce, scrive Madeleine Kleven, analista di FACT. Non è chiaro a che punto sia arrivata la FDA nella costruzione della partnership per la raccolta dati. Ma l’anno scorso, in una lettera al senatore statunitense Cory Booker (DN.J.), la FDA ha sottolineato di aver assegnato sovvenzioni alla Cornell University e alla Kansas State University, nonché a una società di consulenza, per avviare la raccolta dati. Roach teme che i tagli al personale ostacoleranno i progressi nella raccolta dati. Secondo lui, i tagli avranno un impatto sulla «capacità della FDA di portare a termine i propri compiti». Ma deCoriolis è scettico sul fatto che gli sforzi di raccolta volontaria dei dati produrranno informazioni o risultati utili, anche senza licenziamenti. «Tenere traccia di alcuni dati anonimizzati e volontari può essere utile in alcuni aspetti limitati. Ma finché non imporremo riduzioni negli allevamenti e non regoleremo i tipi di farmaci che possono essere utilizzati per ottenere i farmaci più importanti dagli allevamenti, tutto il resto che stiamo facendo sarà inutile», afferma. Nonostante le prospettive incerte, i sostenitori continuano a spingere per un cambiamento. Una lettera a Kennedy del 24 aprile, organizzata da Keep Antibiotics Working, una coalizione di gruppi di interesse pubblico, lo invita a interrompere l’uso routinario di antibiotici negli allevamenti intensivi. Chiede inoltre che stabilisca obiettivi nazionali per ridurne l’uso e monitorarne l’utilizzo nell’allevamento animale. In una dichiarazione allegata alla lettera, Sameer Patel, direttore del programma Antibiotic Stewardship presso l’Ann and Robert H. Lurie Children’s Hospital di Chicago, ha affermato: «le misure di buon senso per monitorare e ridurre l’uso eccessivo di antibiotici nella produzione alimentare sono fondamentali per garantire la sicurezza delle nostre scorte alimentari e dell’ambiente e proteggere la salute umana». Natasha Gilbert Pubblicato originariamente da US Right to Know Natasha Gilbert è una giornalista investigativa che si occupa di allevamento intensivo.-
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