Bioetica
Africano in carcere per presunta mutilazione genitale delle figlie. E invece per la circoncisione?
A Piacenza è finito in carcere un africano accusato di aver sottoposto ad infibulazione le due figlie mentre le aveva portate nel suo Paese di origine durante le vacanze.
L’uomo, un religioso – che presumiamo musulmano senza averne certezza, visto i giornali sono tenuti per dovere deontologico imposto a essere criptici sugli immigrati, lo sappiamo – è stato arrestato al rientro dall’Africa. A denunciarlo, scrive il Corriere della Sera, sarebbe stata la moglie: «Mio marito ha fatto una cosa orribile».
Segue la giusta condanna del segretario nazionale dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia: «Pratica barbara e tribale»
L’infibulazione è un atto mostruoso. Il clitoride viene asportato assieme alle piccole labbra e a porzioni delle grandi labbra della vagina tramite cauterizzazione, per poi cucire la vulva lasciando però un piccolo buco per l’orina e il flusso mestruale.
Come è possibile stracciarsi le vesti per l’orrore dell’infibulazione senza mai poter discutere, neanche per un secondo, sul tema della circoncisione?
Si ritiene che lo scopo di questa pratica aberrante sia l’impedimento dei rapporti sessuali, che potranno avvenire solo dopo una «defibulazione» che può essere praticata dallo sposo dopo il matrimonio.
Gli effetti dell’infibulazione vanno al di là della pura violenza sul corpo della donna. Nei decenni scorsi qualcuno è arrivato a ipotizzare una correlazione tra la pratica dell’infibulazione e l’altissimo tasso dell’AIDS in Africa: rendendo in rapporti sessuali più difficili – con minor lubrificazione degli organi genitali delle donne cui di fatto è stato tolto il piacere sessuale – si creano più facilmente ferite e quindi scambio di sangue nella coppia. Altri più concretamente dicono che la trasmissione dell’HIV avviene anche perché si usano spesso gli stessi strumenti chirurgici per molte operazioni di infibulazione.
Purtroppo essa non è rara. Secondo l’UNICEF in Egitto, dove pure sarebbe proibita, tra l’85% e il 95% delle donne sono state infibulate, mentre la Somalia raggiunge percentuali del 98%, guadagnandosi l’appellativo di pays des femmes cousues, «Paese delle donne cucite».
Si tratta di una piaga che va combattuta con tutta la forza di cui disponiamo, almeno nel nostro Paese, dove essa è vietata dalla legge 7/2006 (dai 4 ai 12 anni di carcere). Le bambine vanno protette da questa maledizione sanguinaria ed assurda.
E i bambini? I maschietti. Ad un certo punto bisognerà pur chiederselo
Che differenza c’è tra infibulazione e circoncisione?
Ambedue sono mutilazioni genitali. Ambedue hanno origini tribali, religiose. Ambedue non prevedono il consenso. Ambedue amputano irreversibilmente dei bambini, che cresceranno segnati nelle parti anatomiche deputate alla sessualità.
Che differenza c’è tra infibulazione e circoncisione?
A differenza dell’infibulazione, la circoncisione, fondamentale rito per i bambini ebrei (Brit Milah: «patto del taglio»), gode di uno fortunato status in molti Paesi del mondo. In Italia nessuna legge la proibisce, anzi, vi sono progetti affinché se ne possa usufruire presso la sanità pubblica. Come riportato in passato da Renovatio 21, grazie alla legge 101 del 1989 che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane, i maschi di religione ebraica e musulmana possono usufruire di alcuni progetti «clinico-culturali» ed essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.
Della circoncisione come mutilazione genitale, quindi, nessuno vuole discutere. Anzi, nessuno ne sa nulla, nemmeno i soloni di Bioetica e Religione.
Tempo addietro ci siamo resi conto che l’ignoranza sull’argomento è totale perfino presso gli addetti ai lavori. Abbiamo visto organizzare conferenze sull’infibulazione da persone che si dicono «esperte» ma che ignoravano che con la circoncisione un numero enorme di terminazioni nervose vengono recise, rendendo le future esperienze sessuali del nascituro diverse da coloro che invece il prepuzio lo hanno conservato: in una trasmissione volgare presso la radio di Confindustria è capito di sentire un cittadino israeliano ammettere che il piacere forse può essere minore, ma ciò, diceva tutto soddisfatto, permette di guadagnare in longevità del rapporto sessuale. (Si tratta di temi e valori altissimi che gli organi di informazione dei padroni del vapore italiano si sentono di diffondere, anche prima di proporre la siringa obbligatoria per tutti i loro dipendenti)
Davanti ad una comparazione tra le due pratiche, gli «esperti» di bioetica dell’infibulazione spesso si inalberano perché davvero – incredibile – mai è venuto loro in mente di mettere sullo stesso piano infibulazione e circoncisione. Che motivi può avere una tale cecità?
Innanzitutto, l’ignavia. Mica possiamo pretendere che gli operai del discorso si rendano conto di cosa succede nel mondo, anche perché se lo facessero alcuni di loro potrebbero rischiare lo stipendio. Mica possiamo pretendere che siano coraggiosi, o anche solo intelligenti.
Ambedue sono mutilazioni genitali. Ambedue hanno origini tribali, religiose. Ambedue non prevedono il consenso. Ambedue amputano irreversibilmente dei bambini, che cresceranno segnati nelle parti anatomiche deputate alla sessualità
Poi deve esserci la paura di essere etichettati come antisemiti. Esporre dubbi etici sulla circoncisione, pensano alcuni, rischia di attirarci addosso le ire delle comunità ebraiche, che piuttosto lestamente ti possono appioppare addosso la «stella gialla» dell’antisemitismo, un marchio infamantissimo di cui è praticamente impossibile liberarsi. Non rileva che il problema della circoncisione non riguarda solo gli ebrei, ma anche i musulmani e, più vicini ancora, gli americani, che circoncidono infanti come non ci fosse un domani; il 90% dei maschi statunitensi ha subito la mutilazione del prepuzio, una cifra «somala».
In terzo luogo, alla base della spirale del silenzio sulla circoncisione c’è la vera e propria ignoranza. Abbiamo visto con mano che, per esempio, quando a questi esperti di infibulazione si chiede se sanno perché in USA la circoncisione sia così popolare, non rispondono.
Non sanno che alla base vi è l’inerzia di un allucinante pensiero medico ottocentesco, quello per cui tramite il taglio del prepuzio il ragazzo sarebbe divenuto più casto, non più incline alla masturbazione. Di fatto, tagliando una delle parti del corpo umano più innervate, e quindi più sensibili, un effetto di alterazione della sessualità forse pure lo ottenevano, anche giammai quello che desideravano.
A portare avanti ossessivamente questo pensiero, e con grandi mezzi, vi era il dottore nutrizionista, nonché businessman e cultore dell’eugenetica, John Harvey Kellogg (1852-1943).
Alla base della circoncisione in USA vi è l’inerzia di un allucinante pensiero medico ottocentesco, quello per cui tramite il taglio del prepuzio il ragazzo sarebbe divenuto più casto, non più incline alla masturbazione
Kellogg è l’inventore dei deliziosi cereali che una grande parte della popolazione mondiale consuma ogni giorno. Egli ingegnò questo alimento per gli stessi motivi per cui raccomandò e diffuse la circoncisione: per combattere la masturbazione. Per Kellogg il consumo matutino dei corn flakes aveva un effetto «anafrodisiaco» che scoraggiava la sessualità impura.
Era inoltre un grande fan del vestirsi solo di bianco (da capo a piedi, non aveva coloro indosso) e dei clisteri, con i quali diceva bisognava pulire la flora intestinale, un nemico di veleni come il tè, il caffè e il cioccolato e un «razzista scientifico» che scoraggiava il mescolamento tra le razze.
Kellogg dedicò gli ultimi tre decenni della sua esistenza alla promozione dell’eugenetica, fondando la Race Betterment Foundation, («Fondazione per il miglioramento della razza»), e organizzando diverse conferenze nazionali sul miglioramento della razza.
Tentò quindi di creare un vero e proprio «registro eugenetico», dicendosi favorevole alla sterilizzazione delle «persone mentalmente difettose», promuovendo un’agenda eugenetica mentre lavorava al Consiglio della sanità del Michigan e aiutando a emanare l’autorizzazione a sterilizzare quelle persone ritenute «mentalmente difettose» nelle leggi statali durante il suo mandato.
Ora, per quanto vogliamo andare avanti con questo stupido strabismo?
Fuori dalle religioni monoteiste non-cristiane, queste sono le basi sanitarie e culturali della circoncisione, questi sono i personaggi che l’hanno spacciata per «scienza», e imposta, grazie all’inerzia della massa, a centinaia di milioni di poveri bambini. Vi ricorda qualcosa, questa situazione?
Ora, per quanto vogliamo andare avanti con questo stupido strabismo?
Come è possibile stracciarsi le vesti per l’orrore dell’infibulazione senza mai poter discutere, neanche per un secondo, sul tema della circoncisione?
Bioetica
In Nuova Zelanda i bambini vengono lasciati morire se nascono vivi dopo gli aborti
I dati governativi hanno confermato che in Nuova Zelanda i bambini nascono vivi dopo un tentativo di aborto almeno una volta al mese e, come prassi, muoiono senza ricevere assistenza medica. Lo riporta LifeSite.
L’aborto in terra neozelandese è legale su richiesta fino alla 20ª settimana di gravidanza e viene spesso praticato anche oltre, se un medico ne autorizza la necessità per motivi di «salute».
«Family First New Zealand ha riferito di aver ottenuto dati governativi dopo una richiesta ufficiale, scoprendo che i feti sopravvivono regolarmente ai tentativi di aborto», ha riportato Live Action News. «Dal 2020, 80 tentativi di aborto hanno portato a nascite vive, anche se il numero reale potrebbe essere superiore, poiché alcuni distretti non hanno fornito queste informazioni. Le sopravvissute all’aborto avevano una gestazione compresa tra le 20 e le 30 settimane e non hanno ricevuto cure salvavita».
Il rapporto ha inoltre rilevato che l’assistenza medica veniva concessa solo ai neonati desiderati dai genitori: «È preoccupante che il distretto di Te Tai Tokerau abbia affermato che l’assistenza di sostegno vitale è presa in considerazione solo per i “neonati desiderati a 22 settimane + 5 giorni”. A Waikato, c’è la discrezionalità dei genitori di accettare o meno la rianimazione». Canterbury aveva precedentemente consigliato che il «neonato venga avvolto in una coperta e tenuto in braccio fino al decesso».
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Casi specifici di questo protocollo sono emersi in passato. Nel 2021, Gript ha riferito che «un bambino sano sarebbe nato vivo dopo un aborto tardivo fallito ed è stato lasciato morire in un ospedale neozelandese», aggiungendo che «il bambino è stato lasciato ansimare per due ore mentre gli operatori sanitari si rifiutavano di intervenire, prima di morire». Uno studente di medicina, profondamente traumatizzato dall’aver assistito alla morte del bambino, ha affermato che la madre era incinta da oltre 21 settimane.
«Non faremmo mai una cosa del genere a un animale. Ero inorridita», ha detto la studentessa, che usa lo pseudonimo Nicola. «Non abbiamo dato potere a questa donna lasciando che suo figlio soffrisse e morisse in quel modo. Quando ha lasciato l’ospedale, aveva ancora bisogno di sostegno e aiuto per la sua situazione. Tutto quello che abbiamo fatto è stato porre fine alla vita del suo bambino in modo prolungato e crudele. È davvero vile e disgustoso che un essere umano venga trattato in quel modo».
L’anno precedente, il parlamentare Simon O’Connor aveva proposto un emendamento al disegno di legge sull’aborto del Primo Ministro Jacinda Ardern, che imponeva l’obbligo di assistenza ai bambini sopravvissuti a un tentativo di aborto. Il governo, inclusa la stessa Ardern, si oppose all’emendamento. «Ci è stato detto che il mio emendamento non era necessario, eppure eccoci qui in una situazione con un bambino nato vivo, lasciato morire da solo – ed è semplicemente orribile», ha detto O’Connor.
«Non siamo sorpresi da questi dati [del governo], ma sono comunque davvero scioccanti. Che il nascituro sia alla 15ª, 20ª, 30ª o 40ª settimana di gravidanza, lotterà naturalmente per la propria vita», ha affermato Bob McCoskrie, CEO di Family First New Zealand. «Questo è il nostro istinto umano. Dovremmo proteggere la vita dei bambini innocenti che sopravvivono ai tentativi di aborto. Dovremmo chiarire con estrema chiarezza che questo è un obbligo per i professionisti sanitari». McCroskie ha osservato che ora ci sono dati governativi che confermano ciò che i pro-life sostengono da tempo: che a volte i bambini sopravvivono agli aborti.
Il ministro della Salute e del Lavoro Andrew Little aveva precedentemente respinto queste affermazioni, affermando: «vorrei vedere i dati scientifici sulla nascita di un bambino dopo un aborto». McCroskie ha risposto: «Ecco le prove. Non si tratta di politica, si tratta di avere un cuore». Ha ragione. Ci sono persino alcune sopravvissute all’aborto che sono sopravvissute per raccontare le loro storie, per l’industria dell’aborto, quelle che se l’erano cavata».
Il caso che viene in mente a tutti è quello di Gianna Jessen, abortita ma sopravvissuta anche se con una vita con la paralisi cerebrale. Si tratta con probabilità di una delle migliori speaker pro-life al mondo.
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Il segreto più orribile dell’industria dell’aborto, scrive LSN, è che i bambini nascono regolarmente vivi dopo tentativi di aborto e vengono lasciati morire dai medici che hanno appena tentato di ucciderli. Ci sono esempi frequenti e documentati di questo tipo solo negli ultimi anni in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Canada e in Irlanda, dove l’aborto è legale solo dal 2019.
Come riportato da Renovatio21, a inizio anno la Camera USA aveva approvato la legge per proteggere i bambini nativi vivi dopo l’aborto.
Come riportato da Renovatio 21, anche l’eutanasia galoppa alla grande in Nuova Zelanda, dove è stata approvata per referendum. In un impeto di creatività, tre anni fa si cominciò a parlare nel Paese di possibilità di eutanatizzare i pazienti COVID.
Ricordiamo che si tratta del Paese dei lockdown draconiani, inflitti anche per un solo caso di positività, sotto l’imperio della premier Jacinda Andern, allevata dal World Economic Forum e pronta a progettare una «società a due livelli» (vaccinati e non vaccinati), a chiedere ai propri cittadini di non chiacchierare col vicino (per evitare i contagi), a istigare la delazione dei dissidenti politici ora etichettati come «terroristi», a proibire del tutto il tabacco, e a garantire in lockdown il diritto di fare orge da 25 persone a chi avesse acquisito il diritto pandemico ad uscire di casa.
Come riportato da Renovatio 21, il Parlamento neozelandese ha concesso lo status di persona a una montagna, proprio come in precedenza lo aveva concesso ad un fiume e a un pezzo di terra: cose che sono quindi tecnicamente più protette dallo Stato di un feto umano.
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Bioetica
JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura
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Bioetica
Il Quebecco si muove per riconoscere il «diritto» all’aborto nella proposta di costituzione
Il Quebecco ha proposto una legge per sancire un apparente «diritto» all’aborto nella bozza di costituzione della provincia canadese.
Il 9 ottobre, l’Assemblea nazionale del Quebecco ha presentato il disegno di legge n. 1, Legge costituzionale del 2025 sul Quebec, che mira a stabilire una costituzione per il Quebec che dia priorità ai valori della provincia, tra cui la cosiddetta «libertà» di aborto.
«Ora dobbiamo andare oltre», ha dichiarato il primo ministro François Legault all’Assemblea Nazionale. «Il Quebecco ha scelto di restare in Canada, ma ha anche scelto di affermare il suo carattere nazionale e distintivo».
«È giunto il momento di affermare, in modo chiaro, l’esistenza costituzionale della nazione del Quebecco», ha proseguito. «La Costituzione riunirà tutte le nostre regole, tutti i nostri valori fondamentali in un’unica legge. Diventerà la legge di tutte le leggi».
La proposta di legge costituzionale comprende diversi emendamenti contrari alla vita, tra cui l’inserimento delle leggi sull’aborto e sull’eutanasia nella costituzione provinciale. La legge è stata approvata con 71 voti favorevoli e 30 contrari. «Lo Stato protegge la libertà delle donne di abortire», promette l’articolo numero 29.
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Il Quebecco ha recentemente confermato il suo sostegno all’aborto quando la Corte superiore provinciale ha stabilito che le “zone bolla” delle strutture per l’aborto sono incostituzionali, ma «giustificate».
Attualmente, la legge del Quebec impedisce l’attività di advocacy pro-life entro un raggio di 50 metri da qualsiasi struttura o sede di un’attività che offre di eseguire il feticidio. Tra le attività vietate rientrano anche scoraggiare una donna dall’aborto od offrire risorse alternative per aiutare la madre a tenere il bambino.
Inoltre, la legge promette di prendere di mira i malati e gli anziani attraverso l’eutanasia. La legge si impegna a garantire che «qualsiasi persona le cui condizioni lo richiedano abbia il diritto di ricevere cure di fine vita», un termine che include il ricorso all’eutanasia. Da notare come l’anno scorso era emerso uno studio sul Quebecco che rivelava che più di uno su dieci bambini abortiti nel secondo trimestre nasce vivo, ma solo il 10% sopravvive più di tre ore.
Allo stesso tempo, il Quebecco, una provincia notoriamente liberale, ha il tasso più alto di suicidio assistito in Canada.
La provincia ha registrato un aumento del 17% dei decessi per eutanasia nel 2023 rispetto al 2022, con il programma che ha causato la morte di 5.686 persone. Questa cifra elevata rappresenta un impressionante 7,3% di tutti i decessi nella provincia, collocando il Québec in cima alla lista a livello mondiale. Di conseguenza, si è avuto anche il rivoltante record per la predazione degli organi, con la triplicazione dei trapianti da vittime di eutanasia.
Come riportato da Renovatio 21, ad agosto l’Ordine dei medici del Quebecco ha dichiarato che l’eutanasia è un «trattamento appropriato» per i bambini nati con gravi problemi di salute. L’eutanasia per i neonati era stata sostenuta dai medici quebecchesi ancora tre anni fa, mentre è discussa apertamente l’eliminazione eutanatica dei malati di demenza.
Gli sforzi quebecchesi si iscrivono in un contesto globale in cui, come per un silenzioso ordine dipanato in tutta la Terra, vari Paesi a trazione progressista sta cercando di costituzionalizzare l’aborto, sulla scorta di quanto fatto da Emanuele Macron in Francia due anni fa.
Come riportato da Renovatio 21, anche il governo spagnuolo sta lavorando per sancire il diritto al feticidio nella Costituzione.
Un anno fa a Brusselle è stato approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta Europea. L’anno precedente gli eurodeputati avevano chiesto che il feticidio divenisse «diritto fondamentale».
Altri Paesi non marciano nella stessa direzione, Cinque giorni fa il Parlamento Olandese ha respinto una risoluzione che dichiarava l’aborto come «diritto umano», idea alla base di tanti progetti di enti transnazionali
Due mesi fa la Repubblica Domenicana ha riconfermato il divieto totale di aborto.
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