Cina
Il Pentagono: la Cina sta espandendo «rapidamente» il suo arsenale nucleare
Secondo un rapporto del Pentagono consegnato giovedì al Congresso, l’arsenale nucleare cinese sta crescendo più rapidamente di quanto previsto dagli Stati Uniti. L’informazione arriva mentre i legislatori di Washington insistono sul fatto che gli Stati Uniti devono essere preparati per guerre simultanee con Russia e Cina.
Nell’ultimo China Military Power Report, i funzionari militari hanno affermato che la Cina possedeva più di 500 testate nucleari operative a maggio, 100 in più rispetto all’anno prima.
Entro il 2030, continua il rapporto, la Cina avrà probabilmente oltre 1.000 testate operative. Mentre gli ultimi due China Military Power Reports indicavano il 2030 come l’anno in cui la Cina supererà la soglia delle 1.000 armi nucleari, i pianificatori del Pentagono in precedenza pensavano che ci sarebbe voluto più tempo perché la superpotenza asiatica raggiungesse quota 500.
«Nel prossimo decennio, la [Repubblica Popolare Cinese] continuerà a modernizzare, diversificare ed espandere rapidamente le sue forze nucleari», afferma il rapporto. «Rispetto agli sforzi di modernizzazione nucleare [dell’Esercito Popolare di Liberazione] di dieci anni fa, gli sforzi attuali sminuiscono i tentativi precedenti sia in termini di portata che di complessità».
Al di là della cifra nominale di 500 testate, i dettagli precisi del programma nucleare cinese sono più vaghi. Il rapporto del Pentagono rileva che Pechino «probabilmente» utilizzerà i suoi ultimi reattori a neutroni veloci per produrre il plutonio necessario per espandere il suo arsenale e «probabilmente completerà la costruzione dei suoi tre nuovi campi di silos di propellente solido nel 2022».
La Cina ha anche messo in campo nuovi missili balistici basati su silo e lanciati da sottomarini, gli ultimi dei quali possono raggiungere gli Stati Uniti continentali dalle acque cinesi, afferma il rapporto.
Le capacità nucleari della Cina sono ancora in ritardo rispetto a quelle di Stati Uniti e Russia. Gli Stati Uniti hanno 5.244 testate nucleari, mentre la Russia ha la più grande riserva mondiale con 5.899, secondo i dati pubblicati dallo Stockholm International Peace Research Institute a giugno.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha risposto venerdì al rapporto: «la Cina è fermamente impegnata in una strategia nucleare difensiva e ha sempre mantenuto le nostre capacità nucleari al livello minimo richiesto dalla sicurezza nazionale».
«Qualsiasi Paese, finché non usa o minaccia di usare armi nucleari contro la Cina, non ha nulla di cui preoccuparsi di essere minacciato dalle armi nucleari cinesi», ha aggiunto il Mao.
Sostieni Renovatio 21
Cina e India sono le uniche due potenze nucleari a mantenere la politica del «no first use» che impegna entrambe a utilizzare armi nucleari solo in caso di attacco.
A Washington, la Commissione del Congresso sulla postura strategica ha chiesto la scorsa settimana una massiccia espansione dell’arsenale nucleare degli Stati Uniti e della sua triade nucleare (missili balistici, sottomarini con capacità nucleare e bombardieri strategici) per gestire una potenziale guerra contro Russia e Cina.
Anche se la commissione non ha delineato come si sarebbe verificata questa ipotetica guerra, ha affermato che «potrebbe esserci un coordinamento definitivo tra [Russia e Cina] che ci porta a questa costruzione delle due guerre».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa era emerso che la Cina aveva costruito 119 silos missilistici in un deserto vicino alla città di Yumen, nel nord-ovest della Cina. Tali siti contengono le stesse caratteristiche osservate in altre strutture di lancio in grado di lanciare missili balistici con testata nucleare.
A fine 2022 l’ammiraglio Charles Richard, il comandante uscente del Comando Strategico degli Stati Uniti, aveva lasciato trasparire la sua preoccupazione riguardo il fatto che l’attuale costrutto di deterrenza nucleare degli Stati Uniti possa non funzionare sia contro la Russia che contro la Cina, che descrive come potenze nucleari «quasi pari» con cui gli Stati Uniti sono in concorrenza.
A inizio 2023, in una lettera al Congresso datata 26 gennaio, il generale Anthony Cotton, nuovo comandante del Comando Strategico degli Stati Uniti, aveva scritto che «il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali fissi e mobili in Cina supera il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali negli Stati Uniti».
«La Cina si sta rapidamente avvicinando alla parità con gli Stati Uniti», aveva affermato in un’udienza il presidente del Comitato per i servizi armati della Camera, il rappresentante Mike Rogers, secondo il Wall Street Journal. «Il Partito Comunista Cinese sta rapidamente espandendo la sua capacità nucleare. Hanno raddoppiato il loro numero di testate in soli due anni. Avevamo stimato che ci vorrebbero dieci anni per farlo».
Come noto, la Cina disporrebbe di tecnologia ipersonica, realizzata peraltro con l’aiuto di imprese e scienziati statunitensi, mentre gli USA non sono ancora arrivati al punto di poter schierare armi ipersoniche, che sarebbero però già disponibili ad una schiera di Paesi tradizionalmente ostili a Washington come Russia, Nord Corea, Iran.
Come riportato da Renovatio 21, ha destato impressione la notizia di esperimenti genetici cinesi che inserendo un gene di tardigrado in un embrione umano di fatto aprono la via alla creazione di supersoldati OGM radioresistenti, in grado, cioè, di sopravvivere alle radiazioni, con vantaggio non indifferente in condizioni di guerra nucleare.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Le Filippine vicine all’espulsione dei diplomatici cinesi
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Cina
Un treno di prodotti agricoli dallo Xinjiang a Salerno. Le ONG uigure: frutto di lavoro schiavo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Un viaggio di 10mila chilometri esaltato da Pechino come occasione di sviluppo (e di rivincita sull’uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative). Ma il cotone e i pomodori dello Xinjang sono al centro della «politica di alleviamento della povertà attraverso il trasferimento di manodopera», che secondo numerosi rapporti è una forma di lavoro forzato.
Un treno carico di prodotti agricoli partito da Urumqi, nella tormentata regione autonoma cinese dello Xinjiang, e destinato dopo 10mila chilometri di viaggio tra binari e trasbordi marittimi a raggiungere Salerno, in Italia.
Il nuovo viaggio bandiera della China-Europe Railway Express è partito il 29 aprile scorso dalla Cina, con ampia copertura mediatica da parte degli organi di stampa ufficiali di Pechino, che ne esaltano i benefici per l’economia dello Xinjiang.
Oltre a rilanciare le «potenzialità» di quella Belt and Road Initiative – la nuova «via della seta» di Xi Jinping – dai cui accordi pure il governo italiano dello scorso anno sarebbe uscito, annullando il memorandum sottoscritto da Roma e Pechino nel 2019 ma senza chiudere ad altre forme di cooperazione commerciale.
A restare sullo sfondo è però la questione del rispetto dei diritti umani nello Xinjiang, regione dove gli abusi nei confronti uiguri hanno spesso anche il volto del lavoro forzato utilizzato proprio nell’agricoltura. Ad evidenziarlo è una presa di posizione pubblica lanciata in queste ore da tre dei gruppi più attivi sulla salvaguardia dei diritti della popolazione musulmana dello Xinjiang: Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders. Insieme hanno scritto una lettera aperta all’ambasciatrice italiana a Washington, Mariangela Zappia, esprimendo preoccupazione per l’iniziativa e chiedendo un’indagine accurata sull’origine dei prodotti trasportati su quel treno.
«La moderna schiavitù del popolo uiguro e i continui crimini contro l’umanità – si legge nel documento – sono stati ampiamente documentati da organizzazioni internazionali, media indipendenti e organismi governativi. L’uso del lavoro forzato in qualsiasi forma viola i principi fondamentali dei diritti umani, tra cui il diritto alla libertà dalla schiavitù e dal lavoro forzato, come sancito da diverse convenzioni e trattati internazionali di cui l’Italia è parte».
L’iniziativa della China-Europe Railway Express è rilevante anche per il peso della Regione autonoma uigura dello Xinjiang nella produzione agricola cinese: coltiva l’85% del cotone del Paese, oltre il 70% dei pomodori (producendo fino al 90% del concentrato di pomodoro destinato all’esportazione), il 50% delle noci e il 28% dell’uva. Inoltre nella regione vi sono anche coltivazioni significative di grano, mais e altri cereali.
«Prove significative – scrivono Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders, citando rapporti specifici sull’agricoltura nello Xinjiang – rivelano che i trasferimenti di manodopera nella regione uigura avvengono in un contesto di coercizione senza precedenti, con la costante minaccia di rieducazione e internamento. Molti lavoratori indigeni non sono in grado di rifiutare o abbandonare volontariamente il lavoro nel settore agricolo, e quindi i programmi equivalgono al trasferimento forzato di popolazioni, al lavoro forzato, al traffico di esseri umani e alla riduzione in schiavitù».
Uno dei volti di questo sfruttamento oggi è anche quella che Pechino chiama la «politica di alleviamento della povertà attraverso il trasferimento di manodopera» (转移就业脱贫). Concretamente: migliaia di persone vengono formate e trasferite verso lavori agricoli stagionali, come appunto la raccolta di cotone o pomodori. Inserito nel quadro del più ampio programma di Xi Jinping per la riduzione mirata della povertà, è un sistema costruito su misura di contesti sociali pervasivamente coercitivi, caratterizzati dalla mancanza di libertà civiche, come è appunto quello dello Xinjiang.
«Come membro della comunità internazionale – concludono il loro appello Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders – l’Italia ha la responsabilità di garantire che le sue pratiche commerciali siano in linea con il suo impegno per i diritti umani e gli standard etici. Permettere che merci prodotte attraverso il lavoro forzato entrino nei suoi confini non solo condona queste gravi violazioni dei diritti umani, ma mina anche la credibilità della posizione dell’Italia sulla promozione e l’applicazione dei diritti umani. Esortiamo il governo italiano ad agire immediatamente per indagare sull’origine delle merci arrivate a Salerno e a mettere in atto misure per prevenire l’importazione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato».
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Xi ricorda il 25° anniversario delle atrocità NATO in Serbia. Noi rammentiamo altri misteri della globalizzazione anni ’90
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Cina2 settimane fa
Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare
-
Bioetica2 settimane fa
Medico argentino incarcerato per essersi rifiutato di praticare un aborto
-
Salute2 settimane fa
I malori della 18ª settimana 2024
-
Spirito2 settimane fa
Stati Uniti, un disegno di legge dichiara antisemita il Nuovo Testamento
-
Reazioni avverse1 settimana fa
Psicosi dopo il vaccino COVID: le rivelazioni di una revisione sistematica degli studi
-
Cancro1 settimana fa
Finestra di Overton mRNA e turbocancro: il pubblico è pronto per la verità sui vaccini COVID?
-
Geopolitica2 settimane fa
Macron dice che con l’Ucraina sconfitta i missili russi minacceranno la Francia. Crosetto parla di «spiralizzazione del conflitto»
-
Pensiero2 settimane fa
Verso il liberalismo omotransumanista. Tucker Carlson intervista Dugin