Politica
Macron licenzia la ministro-scrittrice erotica che aveva posato su Playboy. Ma non per quello
Segretario di Stato per l’Economia Sociale e Solidale e la Vita Associativa Marlène Schiappa lascia il governo francese dopo oltre sei anni di carica, tra polemiche per la sua presunta cattiva gestione di un fondo pubblico creato per contrastare «l’estremismo».
La già ministro delegato del governo Castex avrebbe appreso del suo licenziamento durante una telefonata con il presidente Emmanuel Macron ieri pomeriggio.
«Abbiamo parlato a lungo, una trentina di minuti», ha detto a Le Monde. «Lui mi ha ringraziato per il mio impegno costante negli ultimi sette anni» ha detto riferendosi al presidente Macron.
La Schiappa aveva fatto notizia dopo aver posato per la copertina dell’edizione francese rivista Playboy lo scorso aprile.
Sebbene si trattasse di una foto vestita, sono piovute critiche sia dall’opposizione che dai compagni di partito: il primo ministro Elisabeth Borne ha rimproverato la decisione di Schiappa di rilasciare un’intervista alla rivista osé, definendola «per niente appropriata».
La terminazione del suo lavoro di governo tuttavia sembra essere legata allo scandalo sul Fonds Marianne, un fondo per sostenere economicamente le associazioni che combattono l’incitamento all’odio e il «separatismo» (cioè: l’idea, oramai divenuta oggetto di discussione, per cui i musulmani si potrebbero fare un loro Stato separato su territorio francese), soprattutto sui social network.
In qualità di Ministro Delegato alla Cittadinanza del precedente governo, la Schiappa aveva contribuito alla creazione del fondo, istituito dopo la decapitazione nel 2020 dell’insegnante di scuola parigina Samuel Paty.
Un’indagine mediatica della rivista Marianne e della televisione France 2 ha accusato Schiappa di aver reindirizzato oltre 2 milioni di euro di denaro pubblico a persone con cui aveva rapporti personali. I politici dell’opposizione l’hanno anche esortata a dimettersi dopo che l’ufficio del procuratore finanziario nazionale ha aperto un’indagine su diversi presunti reati, tra cui «appropriazione indebita di fondi pubblici per negligenza».
La ministra-Playboy ha negato ogni addebito, liquidando le affermazioni come «calunnia» e minacciando di «perseguire cause per diffamazione contro tutti coloro che formulano false accuse».
La Schiappa è scrittrice: ha pubblicato 36 libri, di cui 10 da quando è entrata nel governo, che firma con il suo nome o, nel caso dei libri erotici, con lo pseudonimo Marie Minelli, con cui ha pubblicato titoli come Osate avere successo nel vostro divorzio (2012), Osate i sexfriends (2013), Sesso, bugie e periferie calde (2014), Le brave ragazze non ingoiano (2014), 150 posti dove hai fatto sesso almeno una volta (2014), Come trasformare il tuo ragazzo in Brad Pitt in 30 giorni (2015), Osate l’orgasmo femminile (2019) nonché testi apparsi il libri collettanei come Osa 20 storie d’amore… e sesso (2013), Osa 20 storie di fatti sessuali (2015), Osa 20 storie di guardoni ed esibizionisti (2013), Osate 40 storie di natale erotiche (2014) .
Non si tratta nemmeno dell’unico membro dell’esecutivo parigino che scrive libri con scene a luci rosse.
Durante il dramma del rating del Paese declassato e delle continue proteste di piazza contro le riforme, il ministro delle finanze Bruno Le Maire ha trovato il tempo di pubblicare un romanzo chiamato Fugue americaine («Fuga americana»), dove il protagonista ha un rapporto sessuale con una donna cubana, descritto come segue:
«Lui le sollevò la t-shirt grigio chiaro per esibire i suoi seni: “hai visto come sono grossi oggi? Hai visto Oskar? (…) Mi diede la schiena; si gettò sul letto; mi mostrò il rigonfiamento bruno del suo ano “Vieni, Oskar? Sono dilatata come mai prima. E lui la prese urlando parole che la decenza più elementare mi proibiscono di consegnare a questa cronaca di un disastro annunciato».
Il passaggio osé è stato oggetto di innumeri irrisioni in rete, con molti che ammettono di non aver mai sentito prima l’espressione erotica «Je suis dilatée comme jamais», «sono dilatata come mai finora».
All’élite francese piacciono le zozzerie – non è il solo caso Strauss-Kahn a suggerirlo.
Come riportato da Renovatio 21, durante il lockdown furono segnalati locali segreti dove i membri dell’élite, tra cui vari VIP e ministri, si assembravano e circolavano in tranquillità senza mascherina.
Vi fu poi l’incredibile decreto del governo che, per timore dei contagi, chiudeva tutto, discoteche ovviamente comprese, ma lasciava aperti i club per scambisti.
Immagine di Nantilus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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