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Intelligenza Artificiale

L’uso dell’Intelligenza Artificiale abbinato alle armi nucleari può portare alla catastrofe: parla l’alto ufficiale ONU

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Le capacità di ricognizione di sorveglianza dell’Intelligence abilitate dall’Intelligenza Artificiale potrebbero essere una fonte di escalation ed essere utilizzate per scopi di targeting e attacco in tempi di conflitto. È il timore un alto rappresentante delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo Izumi Nakamitsu.

 

L’uso dell’intelligenza artificiale (AI) nelle armi nucleari è estremamente pericoloso e può portare a conseguenze umanitarie catastrofiche, ha affermato Nakamitsu.

 

«L’Intelligenza Artificiale nelle funzioni relative alle armi, come la pre-delega per il lancio di armi che è l’uso di decisioni di forza, in particolare i sistemi di armi nucleari, è un concetto estremamente pericoloso che potrebbe portare a conseguenze umanitarie potenzialmente catastrofiche», ha detto Nakamitsu durante un incontro dell’Istituto delle Nazioni Unite per il Disarmo,

 

Nakamitsu ha messo in guardia dal seguire ciecamente la tecnologia e ha sottolineato che gli esseri umani dovrebbero rimanere quelli che determinano quando e come utilizzare l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico e non viceversa.

 

I principali leader del settore informatico sembrano condividere le preoccupazioni sull’intelligenza artificiale (AI) che sono state espresse da guru della tecnologia e studiosi.

 

Il 42% dei CEO intervistati al recente CEO Summit di Yale è convinto che l’intelligenza artificiale (AI) potrebbe potenzialmente distruggere l’umanità tra cinque o dieci anni. Durante l’evento semestrale tenuto dal Chief Executive Leadership Institute di Sonnenfeld è stato condotto un sondaggio per imprenditori, leader politici e studiosi. I risultati, condivisi da un rapporto dei media statunitensi dopo la conclusione dell’incontro virtuale, sono stati descritti come «piuttosto oscuri e allarmanti» dal professore di Yale Jeffrey Sonnenfeld.

 

Ben 119 amministratori delegati hanno risposto al sondaggio, tra cui il CEO di Coca-Cola James Quincy, il CEO di Walmart Doug McMillion, amministratori delegati dei media, leader di aziende IT come Zoom e Xerox, insieme ad altri capi di aziende farmaceutiche e manifatturiere.

 

Degli intervistati, il 34% ritiene che gli enormi progressi che la tecnologia dell’intelligenza artificiale sta compiendo potrebbero comportare la potenziale distruzione dell’umanità in dieci anni. Un numero minore di intervistati – l’8% – era dell’opinione che l’umanità potrebbe affrontare una tale minaccia esistenziale e uscirne perdente nei prossimi cinque anni.

 

Nonostante le centinaia di ricercatori di intelligenza artificiale e dirigenti tecnologici che hanno recentemente firmato un severo avvertimento che l’Intelligenza Artificiale era irta del rischio di estinzione dell’umanità, il 58% non sarebbe «preoccupato», poiché ciò potrebbe «non accadere mai».

 

In una domanda a parte, il 58% degli amministratori delegati intervistati ha insistito sul fatto che le preoccupazioni riguardanti l’IA non erano sopravvalutate, mentre il 42% era incline a respingere i tanto pubblicizzati avvertimenti di una potenziale catastrofe legata all’avanzata dell’IA sopravvalutata.

 

In precedenza, i leader e gli studiosi del settore dell’Intelligenza Artificiale hanno firmato una lettera aperta sollecitando rapidi passi per mitigare i rischi apparentemente collegati ad esso.

 

La lettera è stata firmata da alcuni dei più grandi attori del settore, con firmatari tra cui il CEO di OpenAI (azienda creatrice di ChatGPT) Sam Altman, Geoffrey Hinton, il «padrino dell’IA», Dan Hendrycks, direttore del Center for AI Safety, alti dirigenti di Microsoft e Google e Microsoft.

 

«Mitigare il rischio di estinzione dell’IA dovrebbe essere una priorità globale insieme ad altri rischi su scala sociale come le pandemie e la guerra nucleare», afferma la dichiarazione pubblicata il 30 maggio.

 

Dan Hendrycks ha postato un tweet dichiarando che la situazione «ricorda gli scienziati atomici che lanciano avvertimenti sulle stesse tecnologie che hanno creato».

 

L’attuale lettera aperta è stata preceduta da un messaggio di aprile, firmato dal CEO di Tesla Elon Musk e da una manciata di altre figure di spicco del settore, che chiedevano una pausa nella ricerca sull’IA.

 

Come riportato da Renovatio 21, a chiedere di fermare l’Intelligenza Artificiale è stato anche un gruppo di medici che hanno firmato un appello sulla prestigiosa rivista scientifica BMJ Global Health.

 

Un recente rapporto della banca d’affari Goldman Sachs calcola che l’IA potrebbe portare a breve a 300 milioni di disoccupati nel mondo.

 

Il Musk aveva dichiarato durante la sua recente intervista con Tucker Carlson che il fine di Google – nemmeno così occulto – è quello di creare un dio-Intelligenza Artificiale. Quando Musk ha ribattuto ad un entusiasta fondatore di Google Larry Page specificando i rischi dell’AI, il Page gli ha dato dello «specista», termine del gergo animalista che indica una persona che mette la specie umana sopra le altre.

 

L’idea che l’AI diventerà una sorta di dio circola da anni e investe direttamente personale di OpenAI come il capo scientifico e cofondatore Ilya Sutskever, il quale ha chiesto ai suoi followers  se le super-IA avanzate dovrebbero essere rese «profondamente obbedienti» ai loro creatori umani, o se questi algoritmi dovrebbero «amare veramente profondamente l’umanità». L’anno scorso, Sutskever affermò che «può darsi che le grandi reti neurali di oggi siano leggermente consapevoli».

 

Eliezer Yudkowsky, specialista nel tema dei pericoli delle IA, ha dichiarato che l’unica possibilità è una moratoria che preveda il bombardamento delle server farm dei Paesi che stanno sviluppando l’AGI, poiché se non si fermano le macchine «tutti sulla terra moriranno».

 

 

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Sacerdozio virtuale, errore reale

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«Father Justin» è stato «ridotto allo stato laicale» pochi giorni dopo l’inizio del suo ministero. Non per una storia di abusi, perché «Father Justin» è l’avatar digitale dato a un algoritmo. La vicenda d’oltreoceano potrebbe sembrare aneddotica se non mostrasse, implicitamente, i limiti dell’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli ambiti della fede e della pastorale cristiana.

 

Catholic Answers è un’associazione dedicata alla difesa della fede cattolica, con sede a El Cajon, California. Gli apologeti che la gestiscono hanno subito capito il vantaggio di investire nell’universo digitale, utilizzando le inesauribili risorse dell’intelligenza artificiale.

 

È così che è stato sviluppato un algoritmo chiamato Father Justin, ornato da un’immagine generata al computer, che lo rappresenta come un prete barbuto che indossa una talare, in altre parole una sequenza matematica adatta a rispondere alle domande degli internauti sulla fede e sull’insegnamento della Chiesa.

 

Ma il prete virtuale – o meglio i suoi ideatori, l’IA non produce, in termini di qualità dell’informazione, nulla che non sia in linea con il suo database – non ha seguito un percorso teologico tradizionale: così, Father Justin non vede nessun problema nel battezzare con «Gatorade», una bevanda energetica, quando solo l’acqua costituisce la materia valida per questo sacramento.

 

Quando un utente chiede la forma del sacramento della penitenza, il robot propone online una formula per l’assoluzione dei peccati, che sarebbe totalmente invalida, poiché l’assoluzione richiede la presenza fisica di un sacerdote validamente ordinato e con giurisdizione per compiere questo atto.

 

Tuttavia, a una richiesta diretta di essere ascoltato in confessione e assolto, Father Justin spiega: «anche se vorrei aiutarti, non sono in grado di amministrare il sacramento della riconciliazione con questo mezzo. È un sacramento che richiede un incontro personale. Ti incoraggio a trovare una chiesa cattolica e a parlare con un prete».

 

Di fronte allo scalpore suscitato da questa vicenda, Catholic Answers ha fatto marcia indietro rivestendo il buon Father Justin da laico e promettendo di correggere il suo «chatbot» – il programma informatico che simula ed elabora una conversazione umana, permettendo di interagire con gli utenti – in un senso più coerente con la fede e la moralità cattolica.

 

Catholic Answers avrà presto un bot affidabile? Possiamo dubitarne, perché un progetto del genere pone un problema: immaginare che un «chatbot» possa svolgere a pieno titolo il ruolo di catechista o di missionario non rivela forse una profonda incomprensione del modo in cui si trasmette la fede?

 

Se l’Intelligenza Artificiale può rendere accessibile una quantità impressionante di informazioni in tempi record, la nozione di «chatbot» nasconde un’ambiguità: quella di far credere alle persone in una reale interazione personale.

 

Quando un fedele, o una persona che cerca la verità, si avvicina alla Chiesa, ha diritto di ascoltare delle risposte trasmesse in un vero spirito di fede teologale e di prudenza soprannaturale che supera le capacità numeriche di un algoritmo, anche il più elaborato.

 

Di fronte alle critiche, Catholic Answers si è difesa in modo poco convincente: «Comprendiamo che alcuni non si sentano a proprio agio con l’intelligenza artificiale. Ma dato che esiste, ci sforziamo di metterlo al servizio del Regno di Dio». Un modo per evitare la radice del problema.

 

Perché gli strumenti fabbricati dall’uomo hanno uno scopo solo nella misura in cui facilitano la vita veramente umana, permettendo così di risparmiare tempo, non per essere pigri, ma per esercitare le nostre facoltà di conoscenza e le nostre virtù, ed elevare la nostra umanità.

 

In questo contesto, vogliamo affidare le capacità umane, come la comprensione, il giudizio, le relazioni umane e l’autonomia d’azione, ai software di Intelligenza Artificiale senza conoscere il valore reale di questi sistemi che pretendono di essere intelligenti e cognitivi?

 

Questa è la sfida etica dei prossimi anni riguardo all’Intelligenza Artificiale, e di cui Father Justin, questa volta, ha pagato il prezzo.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Anche i Marine stanno armando i robocani

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Il corpo dei Marines degli Stati Uniti sta sperimentando una nuova serie di robocani, che potenzialmente potrebbero essere dotati di sistemi d’arma a mira intelligente.   In particolare, il Comando delle Forze Speciali dei Marines (MARSOC) sta esaminando l’utilizzo di questi quadrupedi robotici (Q-UGV) sviluppati da Ghost Robotics per una varietà di compiti, inclusi la ricognizione e la sorveglianza. Si sta anche considerando la possibilità di equipaggiarli con armi per condurre attacchi a distanza, una pratica già sperimentata in passato dai Marines con cani robotici dotati di lanciarazzi.   Secondo quanto riportato da TWZ.com, MARSOC sta al momento testando due Q-UGV armati, che si basano sul sistema d’arma remoto SENTRY prodotto da Onyx Industries. Questo sistema è dotato di una tecnologia di visione digitale con intelligenza artificiale in grado di individuare e monitorare automaticamente persone, droni o veicoli, segnalando eventuali obiettivi a un operatore umano remoto.   Il sistema richiede comunque l’intervento umano per l’azione di fuoco, evitando quindi l’uso autonomo delle armi. Per lo meno al momento   In una dichiarazione rilasciata alla fonte, MARSOC ha specificato che l’impiego di sistemi d’arma è solo uno dei molteplici scopi per i quali questi robot sono stati progettati. Il comando ha poi assicurato di essere consapevole delle politiche del dipartimento della Difesa riguardanti le armi autonome e di rispettarle pienamente.

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Gli impieghi marziali dei robocani sono oramai lungi dall’essere un tabù.   I robocani hanno pattugliato le strade di Shanghai durante il colossale lockdown della primavera 2022, dove per sorvegliare e punire i 26 milioni di abitanti usarono, oltre agli androidi quadrupedi, anche droni che volevano tra i palazzi ripetendo frasi come «contieni la sete di libertà del tuo spirito».   Robocani sono utilizzati ai confini con il Messico. Tuttavia vi è polemica: c’è chi ritiene che il loro uso spaventa gli immigrati spingendoli verso sentieri dove poi incontrano la morte.   Come riportato da Renovatio 21, è emerso questo mese che le forze di difesa israeliane stanno utilizzando robocani nella loro operazione a Gaza.   Nel frattempo, le forze dell’ordine di varie città americane da tempo ne fanno incetta.   Come riportato da Renovatio 21Los Angeles, come Nuova York, hanno fornito le loro forze dell’ordine di robodogghi. Anche la vicina San Francisco ha persino preso in considerazione l’idea di consentire al suo dipartimento di polizia di utilizzare i robot dotati di forza letale in caso di emergenza.   Al Forum militare di Mosca dell’anno scorso di due mesi fa erano visibili robocani dotati di bazooka. Roboquadrupedi militari sono in produzione ovunque – pure in versione «telepatica». Lo scorso ottobre un robocane con lanciarazzi è stato testato dai soldati USA.   Come riportato da Renovatio 21, robocani lanciafiamme sono ora in vendita sul mercato a circa 9000 euro.

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Robot bipede picchiato nel bosco

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Un filmato emerso in rete mostra un robot bipede preso a bastonate in mezzo agli alberi, all’interno di una prova di resistenza da parte del produttore.

 

L’automa a due zampe P1 – sua sorta di «robogallina» – è prodotto dall’azienda cinese LimX Dynamics, che avrebbe condotto dei test nei boschi del Monte Tanglang, non lontano dalla città industriale di Shenzhen, sede della LimX.

 

Il video registra il momento in cui il robot affronta per la prima volta un ambiente così intricato, caratterizzato da pendii variabili, avvallamenti, sabbia, foglie, rocce, radici degli alberi, vegetazione e altre sfide impreviste.

 


L’intento era di educarlo attraverso l’addestramento basato sul rinforzo, permettendogli di imparare sul campo, mediante l’esperienza, a mantenere l’equilibrio sulle gambe senza cadere in modo catastrofico.

 

Come veduto in altre occasioni con robocani ed affini, gli ingegneri di LimX hanno anche scelto di esercitare – per scopi scientifici, certo – una certa violenza sul robot, colpendolo con un bastone all’altezza del ginocchio e spingendolo, al fine di testare l’efficacia del sistema di auto-bilanciamento e la capacità di rimanere in piedi in caso di spinte o impatti, anche su terreni accidentati.

 

Il robot P1 non è tuttavia l’unico su cui LimX Dynamics sta lavorando: sul sito aziendale ufficiale è possibile osservare un robot con quattro ruote denominato W-1, e il sempre presente androide chiamato CL-1, protagonista di un video in cui viene mostrato mentre corre e sale delle scale.

 


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È impossibile per il lettore sano di mente (o anche solo per il non vaccinato) fare a meno di pensare che tali creature artificiali saranno usate a breve per la caccia agli esseri umani.

 

Come ripetuto da Renovatio 21, in realtà ciò è già avvenuto ed avviene in plurime occasioni: abbiamo visto robocani pattugliare le strade deserte del grande lockdown di Shanghai 2022, robocani al confine tra Messico e USA, robocani israeliani in azione in queste stesse ore a Gaza.

 

Al contempo, non possiamo dimenticare che università cinesi hanno dimostrato la capacità di programmare stormi di microdroni-cacciatori – veri e propri slaughterbots – in grado di inseguire ed eliminare gli esseri umani anche nei boschi. Parimenti, ha impressionato parecchio l’esperimento di giovani ricercatori che hanno trasformato in poco tempo un mini-drone da poche diecine di euro in uno strumento di morte alimentato dall’Intelligenza Artificiale.

 

Non è possibile scordare anche i droni del sindaco di Messina Cateno De Luca, che durante il lockdown pandemico urlavano a chi stava fuori casa frasi giudicate da taluni come volgari.

 

Le cronache riportano che il De Luca avrebbe avuto un malore pochi giorni fa durante un comizio per le elezioni europee, dove presenta un listone con uno stuolo di altre forze politiche, tra cui alcune figure teoricamente legate alla «dissidenza» rispetto la catastrofe pandemica – così, dal no-vaxismo al dronismo, come se fossero stati improvvisamente resettati e riprogrammati, con robot.

 

Robot bipedi picchiati nei boschi in Cina, robot bipedi elettorali a caccia di voti in Italia. Va così.

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