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Spirito

Mons. Viganò, omelia per il mercoledì delle ceneri 2023

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Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò.

 

IN CINERE ET CILICIO

Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, in capite jejunii. 

 

 

Omnipotens sempiterne Deus, 

qui Ninivitis, in cinere et cilicio pænitentibus, 

indulgentiæ tuæ remedia præstitisti: 

concede propitius; ut sic eos imitemur habitu, 

quatenus veniæ prosequamur obtentu.

Or. IV in benedictione Cinerum

 

Vi è una sola cosa che muove a compassione il Signore, dinanzi alla moltitudine dei nostri peccati: la penitenza. Quella penitenza sincera che conferma nell’atteggiamento esteriore il vero pentimento per le colpe commesse, l’intenzione di non più compierle, la volontà di ripararle e soprattutto il dolore per aver con queste offeso la divina Maestà.

 

In cinere et cilicio, con la cenere e con il cilicio, ossia con quella stoffa ispida e pungente proveniente dalla Cilicia, tessuta di pelo di capra o di crini di cavallo, che era usata come veste dai soldati romani e che rappresenta l’abito spirituale e materiale del penitente. 

 

La divina Liturgia di questo giorno era anticamente riservata ai pubblici peccatori, ai quali era imposto un periodo di penitenza sino al Giovedì Santo, nel quale il Vescovo impartiva loro l’assoluzione.

 

Ecce ejicimini vos hodie a liminibus sanctæ matris Ecclesiæ propter peccata, et scelera vestra, sicut Adam primus homo ejectus est de paradiso propter transgressionem suam. Vi scacciamo fuori dal recinto di santa madre Chiesa a causa dei vostri peccati e delitti, come fu scacciato fuori dal Paradiso il primo uomo Adamo a causa della sua trasgressione. (Pont. Rom., De expulsione publice Pœnitentium). Così intimava il Vescovo nel commovente rito descritto nel Pontificale Romano, prima di rivolgere loro un’esortazione a non disperare della misericordia del Signore, impegnandosi con il digiuno, la preghiera, i pellegrinaggi, le elemosine e le altre opere buone a conseguire i frutti di una vera penitenza.

 

Terminato questo monito paterno e severo, i penitenti inginocchiati a piedi scalzi sul sagrato si vedevano chiudere le porte della Cattedrale, dove il Vescovo celebrava i divini Misteri. Quaranta giorni dopo, il Giovedì Santo, essi sarebbero tornati dinanzi a quelle porte con le medesime vesti dimesse, in ginocchio, tenendo una candela spenta in mano. State in silentio: audientes audite, avrebbe intimato loro l’Arcidiacono. E avrebbe proseguito, rivolto al Vescovo a nome dei pubblici penitenti, ricordando le loro opere di riparazione. Lavant aquæ, lavant lachrimæ. Poi per tre volte il Vescovo avrebbe intonato l’antifona Venite e li avrebbe accolti in chiesa, dove essi si sarebbero gettati commossi ai suoi piedi, prostrati et flentes.

 

A questo punto l’Arcidiacono avrebbe detto: Ripristina in essi, apostolico Pontefice, ciò che le seduzioni del demonio hanno corrotto; per i meriti delle tue preghiere e per mezzo della grazia della riconciliazione, rendi questi uomini vicini a Dio, affinché coloro che prima si vergognavano dei propri peccati, ora si rallegrino di piacere al Signore nella terra dei viventi, dopo aver sconfitto l’autore della propria rovina (Pont. Rom., De reconciliatione Pœnitentium). 

 

Ho voluto soffermarmi su questo rito antichissimo – e che vi esorto a leggere e meditare per la vostra edificazione – allo scopo di farvi comprendere come la giusta severità della Chiesa non sia mai disgiunta dalla sua materna misericordia, sull’esempio del Signore. Se essa negasse che vi siano delle colpe da espiare, verrebbe meno alla giustizia; se illudesse i peccatori di poter meritare il perdono senza sincero pentimento, offenderebbe la misericordia di Dio e mancherebbe alla carità. E invece essa non cessa di ricordarci che siamo figli dell’ira, a causa del peccato di Adamo, dei nostri peccati, di quelli dei nostri fratelli e di quelli pubblici – oggi esecrandi – delle nazioni.

 

La Santa Chiesa ci ricorda la penitenza di Adamo ed Eva, la redenzione iniziata in quel medesimo paradiso con la maledizione del Serpente e l’annuncio del protoevangelo: Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: Ella ti schiaccerà il capo, e tu Le insidierai il calcagno (Gen 3, 15).

 

La Santa Chiesa ci mostra le molteplici occasioni in cui sotto l’Antica Legge i nostri padri nuovamente peccarono, e nuovamente ottennero misericordia presso Dio grazie alla penitenza: l’esempio degli abitanti di Ninive è richiamato anche nelle orazioni e nei testi della benedizione delle Sacre Ceneri. Ci mostra – specialmente nella liturgia della Quaresima, della Settimana di Passione e della Settimana Santa – l’obbedienza del Figlio di Dio alla volontà del Padre, per compiere l’opera mirabile della Redenzione portata a termine sul legno della Croce.

 

Ci propone l’esempio dei Santi penitenti, ci addita la necessità del pentimento e della conversione, ci istruisce con la mirabile pedagogia dei sacri riti a comprendere la gravità del peccato, l’enormità dell’offesa alla Maestà divina, l’infinità dei meriti del Sacrificio di Nostro Signore che essa rinnova sui nostri altari. 

 

Quella porta che si muove lenta e pesante sui cardini per chiudersi ai penitenti lasciandoli lontani dall’altare non è sorda crudeltà, ma sofferta severità di una madre che non cessa di pregare per loro, che li attende fiduciosa di vederli pentiti e consapevoli del sommo Bene di cui le loro colpe li hanno privati.

 

Per lo stesso motivo, dalla Settimana di Passione e fino alla Veglia pasquale, le croci e le immagini sacre nelle chiese sono velate, per ricordarci la nostra indegnità di peccatori e il silenzio di Dio, un silenzio che sperimentò anche Nostro Signore nell’orto del Getsemani e sulla Croce, e che similmente provarono i mistici nei tormenti spirituali della Notte oscura. 

 

Dov’è finito tutto questo? Perché proprio nel momento in cui il mondo aveva maggior bisogno di esser richiamato alla fedeltà a Cristo, la liturgia della Chiesa è stata spogliata dei suoi simboli più pedagogicamente efficaci? Perché è stato abolito il rito dell’espulsione dei pubblici penitenti, e con esso quello della loro riconciliazione?

 

E ancora: perché i Pastori non ci parlano più del peccato originale, della via della Croce, della necessità della penitenza?

 

Perché la giustizia divina è taciuta o negata, mentre si stravolge e vanifica la misericordia di Dio, quasi ne avessimo diritto a prescindere dalla nostra contrizione?

 

Perché sentiamo dire che l’Assoluzione non va negata a nessuno, quando il pentimento – come insegna il Concilio di Trento – è materia inscindibile del Sacramento, assieme alla confessione dei propri peccati e alla soddisfazione della penitenza?

 

Perché si tace la meditazione della Morte, l’ineluttabilità del Giudizio, la realtà dell’Inferno per i dannati e del Paradiso per gli eletti? 

 

Perché un orgoglio luciferino ha portato a costruire un idolo al posto del vero Dio.

 

Cosa c’è di più consolante di sapere che le nostre innumerevoli infedeltà, anche le più gravi, possono essere perdonate se solo ci riconosciamo con umiltà colpevoli e bisognosi della misericordia di Dio, che ha dato il Suo Figlio unigenito per salvarci e renderci beati per l’eternità? 

 

È il mysterium iniquitatis, cari figli. Il mistero dell’iniquità, di come essa sia permessa da Dio per temprarci e renderci meritevoli del premio eterno; di come essa possa apparire trionfante nella sua oscena arroganza, mentre il Bene opera nel silenzio e senza strepito; di come essa riesca a sedurre gli uomini con false promesse, facendo loro dimenticare l’orrore del peccato, la mostruosità del renderci responsabili di ogni patimento subito dal Salvatore, di ogni sputo, ogni percossa, ogni colpo di flagello, ogni ferita, ogni spina, ogni goccia del Suo preziosissimo Sangue, ogni Sua lacrima, e soprattutto di ogni dolore spirituale causato all’Uomo-Dio dalla nostra ingratitudine. Responsabili di ogni sofferenza della Sua santissima Madre, il cui Cuore Immacolato è trafitto da spade acuminate, unendoLa alla Passione del Suo divin Figlio. 

 

Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta! (Gio 3, 2), annuncia il profeta Giona. I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua; uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo» (Gio 3, 5-9). 

 

Ancora quaranta giorni: questo monito vale anche per noi, forse più di quanto non valesse per i Niniviti.

 

Vale per questo mondo corrotto e ribelle, che ha tolto la corona regale a Cristo per farvi regnare Satana, omicida sin dal principio.

 

Vale per le nazioni un tempo cattoliche, in cui l’orrore dell’aborto, dell’eutanasia, della manipolazione genetica, della perversione dei costumi grida vendetta al Cielo.

 

Vale per la Chiesa, infestata da falsi pastori e da mercenari, resisi servi e complici del Principe di questo mondo, e che considerano nemici i fedeli loro affidati.

 

Vale per ciascuno di noi, che dinanzi a questa sovversione universale crediamo di poterci sottrarre al combattimento cercando riparo nella confortevole prospettiva dell’intervento miracoloso di Dio, o fingendo di poter convivere con i Suoi nemici, accettando i loro ricatti a patto che ci lascino i nostri piccoli spazi in cui celebrare la Messa tridentina.

 

Ancora quaranta giorni: è il tempo che ci separa dal paventato documento «pontificio» con cui l’autorità di Pietro, istituita per preservare l’unità della Fede nel vincolo della Carità, verrà nuovamente usata per accusare di scisma chi non vorrà piegarsi a nuove, illecite restrizioni di ciò che per duemila anni è stato il  più prezioso tesoro della Chiesa e il più tremendo baluardo contro gli eretici: il Santo Sacrificio della Messa; e colui che lacera la veste inconsutile di Cristo diffondendo eresie e scandali cercherà di bandire dal sacro recinto chi rimane fedele al Signore.

 

Ancora quaranta giorni: è il tempo propizio nel quale ciascuno di noi, nel segreto della sua camera, potrà pregare, digiunare, fare penitenza, donare elemosine e compiere opere buone per espiare le proprie colpe, per riparare ai peccati pubblici delle nazioni, per implorare la Maestà divina di non abbandonare la Sua eredità, la Santa Chiesa, all’obbrobrio di essere dominata dalle nazioni (Gio 2, 12). 

 

Con queste disposizioni, cari figli, non occorrerà ricordarvi la legge dell’astinenza e del digiuno, perché saprete accumulare quei tesori spirituali che nessun potere terreno potrà sottrarvi, e che saranno la migliore preparazione alla celebrazione della Pasqua che ci attende alla fine del percorso quaresimale. 

 

In cinere et cilicio: la cenere sia segno della vanità del mondo, dell’illusorietà delle sue promesse, dell’inesorabilità della morte temporale; il cilicio pungente che i soldati usavano per le vesti ci sproni alla buona battaglia, come ci esorta la preghiera conclusiva della Benedizione delle Ceneri: Concede nobis, Domine, præsidia militiæ christianæ sanctis inchoare jejuniis: ut contra spiritales nequitias pugnaturi, continentiæ muniamur auxiliis.

 

Concedi a noi, Signore, di iniziare con santi digiuni le difese della milizia cristiana, affinché siamo muniti della protezione della continenza, dovendo combattere contro nemici spirituali.

 

E così sia.

 

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

22 Febbraio MMXXIII

Feria IV Cinerum

 

 

 

 

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.

 

 

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Gender

Papa Francesco dice alla suora pro-LGBT che i transessuali «devono essere integrati nella società»

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Papa Francesco ha detto alla suor Jeannine Gramick, eterodossa e censurata dal Vaticano, che «le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società». Lo riporta LifeSiteNews.

 

I commenti del romano pontefice sono arrivati ​​in risposta a una lettera inviata da suor Gramick, in cui la religiosa pro-LGBT esprimeva la sua «tristezza e il mio disappunto per l’uso del concetto di “ideologia di genere”» nel documento recentemente pubblicato Dignitas infinita.

 

Pubblicata l’8 aprile, la dichiarazione vaticana Dignitas infinita critica la «teoria del gender». Citando la controversa enciclica Amoris Laetitia, l’autore della dichiarazione, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez – noto alle cronache, oltre che per encicliche contestate come la omosessualista Fiducia Supplicans, anche per libri di carattere erotico-spirituale come quelli sul bacio e sull’orgasmo – ha scritto che l’ideologia di genere «prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia».

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«La teoria del gender è che essa vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale», scrive la dichiarazione, aggiungendo che sono «da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna».

 

Significativamente, tuttavia, il documento non fa menzione dell’omosessualità.

 

Rivelando i dettagli della comunicazione del Papa con lei, suor Gramick ha sottolineato di aver scritto al pontefice per la prima volta dopo la pubblicazione di Dignitas Infinita. Affermando di essere stata «molto triste» fin dalla sua pubblicazione, Gramick ha affermato che la «sezione del documento sulla teoria del genere, che condanna “l’ideologia di genere”, sta danneggiando» le persone con confusione di genere.

 

La suora filo-omotransessualista ha rivelato quindi di aver scritto a Francis «per raccontargli la mia tristezza e la mia delusione per l’uso del concetto di «ideologia di genere».

 

«Ho scritto di nuovo al nostro amato papa, dicendogli che, sfortunatamente negli Stati Uniti (e in altre parti del mondo), “ideologia di genere” ha un significato diverso» scrive la religiosa. «Non significa annullare o non rispettare le differenze. È vero il contrario: chi usa quel termine non considera né rispetta la storia e l’esperienza di genere di una persona. Credo che le persone che usano il termine “ideologia di genere” molto probabilmente non hanno mai accompagnato persone transgender».

 

Secondo suor Gramick, cofondatrice del gruppo catto-LGBT «New Ways Ministry», il papa avrebbe risposto che «l’ideologia di genere è qualcosa di diverso dalle persone omosessuali o transessuali. L’ideologia di genere rende tutti uguali senza rispetto per la storia personale. Capisco la preoccupazione per quel paragrafo di Dignitas Infinita, ma non si riferisce alle persone transgender ma all’ideologia di genere, che annulla le differenze. Le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società».

 

Suor Gramick ha portato avanti la tesi, ritenuta da alcuni blasfema, secondo la quale Dio crea le persone con una differenza fondamentale nella loro identità fisica e in quella della loro anima, sostenendo che una persona confusa dal genere «si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».

 

«Le persone transgender non cancellano né negano le differenze sessuali o di genere. È proprio perché una persona transgender sa che esistono differenze di genere che si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».

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Suor Gramick, scrive LifeSite, «ha una lunga storia di dissenso dall’insegnamento cattolico sull’omosessualità e l’aborto ed è stato ufficialmente censurata da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger nel 1999 ma ha ignorato l’ordine». Recentemente la suora «ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe aiutare ad affermare gli individui che si identificano come transgender nella le loro identità sbagliate, suggerendo che Dio “intende” che tali persone abbraccino le loro tendenze disordinate e si presentino falsamente come il sesso opposto», secondo il sito prolife canadese.

 

«La Chiesa dovrebbe aiutare a rimuovere il dolore in modo che la persona possa diventare una cosa sola nella mente e nel corpo come Dio intende», ha detto la suora, accusando la Chiesa di imporre un «serio fardello» alle persone che hanno confusione riguardo al proprio sesso affermando la realtà della loro natura sessuata.

 

Nonostante la sua lunga storia di eterodossia e di sostegno a posizioni che contravvengono all’insegnamento cattolico, Gramick ha trovato negli ultimi anni il favore di Papa Francesco, ricevendo numerose lettere da lui a sostegno del suo gruppo pro-LGBT e del suo attivismo personale.

 

Durante l’incontro del Sinodo sulla sinodalità del 2023, è stata ricevuta dal Papa in un’udienza privata concessa a lei e ai suoi colleghi della New Ways Ministry, il gruppo che ha co-fondato nel 1977 con il sacerdote dissidente Robert Nugent. L’udienza papale è stata descritta come l’occasione per evidenziare una «nuova apertura» al lavoro della Gramick.

 

Nel 1999 il Prefetto della Congregazione della Fede cardinale Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, firmava la notifica sul caso di suor Gramick e di padre Nugent.

 

«La diffusione di errori ed ambiguità non è coerente con un atteggiamento cristiano di vero rispetto e compassione: le persone che stanno combattendo con l’omosessualità hanno, non meno di altre, il diritto di ricevere l’autentico insegnamento della Chiesa da coloro che li seguono pastoralmente», scriveva il documento co-firmato dall’allore Segretario della CDF Tarcisio Bertone.

 

«Le ambiguità e gli errori della posizione di padre Nugent e di suor Gramick hanno causato confusione fra i Cattolici ed hanno danneggiato la comunità della Chiesa. Per questi motivi a Suor Jeannine Gramick, SSND, ed a Padre Robert Nugent, SDS, è permanentemente vietata ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali ed essi non sono eleggibili, per un periodo indeterminato, ad alcun ufficio nei loro rispettivi Istituti religiosi.

 

«Penso che nel lungo termine… Papa Francesco stia gettando le basi per un cambiamento nella sessualità», aveva detto Gramick lo scorso autunno, in risposta a una domanda sulla possibilità di «un cambiamento sostanziale nell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità».

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I segni del favore di Bergoglio nei confronti dei transessuali si sono moltiplicati negli anni del suo enigmatico papato.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2015 il Dicastero aveva risposto negativamente alla stessa richiesta.

 

I segni di avvicinamento al transgenderismo, in effetti, si sono moltiplicati lungo tutto il papato bergogliano.

 

A fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale.

 

A Napoli, sempre nel 2015, il romano pontefice, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il pontefice ha incontrato dei trans in «pellegrinaggio» in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.

 

Come riportato da Renovatio 21l’ambasciata USA presso la Santa Sede sei mesi fa ha celebrato il «Transgender Day of Remembrance», il «giorno del ricordo transgender che offre un omaggio «a quelli della comunità transgender che sono stati assassinati a causa dell’odio». Durante il mese di giugno, l’ambasciata statunitense issò una grande bandiera omotransessualista – e immaginiamo abbiano fatto lo stesso anche all’ambasciata di Riyadh o di Islamabad. Ad ogni modo, non è noto se la Santa Sede abbia protestato.

 

Lo scorso novembre, in un segno ulteriore e sempre più definitivo, papa Francesco ha presieduto un pasto in Aula Paolo VI dove erano presenti anche «quarantaquattro individui transgender e quattro volontari» provenienti dalla parrocchia di Torvajanica (Roma), che da alcuni anni si dedica all’accoglienza e all’instaurazione di amicizia con queste persone.

 

 

L’agenzia Associated Press ha pubblicato un video dell’evento che seguiva i trans sin da quando sono saliti in pulmino. Il filmato si chiude con un’immagine della Basilica di San Pietro vista da via della Conciliazione e la scritta «Papa Francesco ha fatto dell’apertura alla comunità LGBTQ+ uno dei segni principali del suo papato».

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Fernandez aveva fatto un’ulteriore «apertura» magisteriale nei confronti dell’omotransessualismo firmando per Dicastero della Dottrina della Fede, assieme al pontefice un documento in cui apriva per i transgender la possibilità di fare da padrini (madrine, o quello che è) ai battesimi.

 

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Spirito

Il Vaticano riforma il suo sistema giudiziario

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Attraverso un nuovo motu proprio reso pubblico il 19 aprile 2024, il Sommo Pontefice ha modificato molte leggi che regolano l’ordinamento giudiziario della Santa Sede, armonizzandolo con il vicino ordinamento italiano. È questo un modo per trarre insegnamento da numerose questioni nate all’indomani del «processo del secolo», la cui onda d’urto continua a scuotere le mura del recinto leonino.   69 è il numero delle Lettere apostoliche in forma di motu proprio promulgate sotto l’attuale pontificato.   Questo atto giuridico è un motu proprio che, in sei articoli, modifica le norme giudiziarie dello Stato Pontificio. Il documento riguarda in parte l’attività dei magistrati ordinari fino ai 75 anni, e fino agli 80 anni per i giudici cardinali. Resta inoltre aperta la possibilità da parte del Sommo Pontefice di prolungare caso per caso il mandato dei magistrati, fissando modalità di remunerazione, di fine rapporto e di pensioni.   Altri provvedimenti hanno suscitato una reazione più forte da parte dei giuristi italiani, come quelli riguardanti la responsabilità civile dei magistrati o il potere conferito al Papa di intervenire nel corso di un processo nominando un vicepresidente o cessando dal servizio di un magistrato il quale, «per comprovata incapacità», non sarebbe più in grado di esercitare le sue funzioni.   D’ora in poi chi ritiene di aver subito un danno potrà avviare un procedimento giudiziario contro lo Stato della Città del Vaticano, che potrà a sua volta rivolgersi a un magistrato se sarà dimostrato che ha causato un danno.   Questo è un modo per allineare il sistema del microStato a quanto avviene in Italia, dove la responsabilità del magistrato è indiretta, per far sì che un cittadino non possa agire direttamente contro un giudice che gli ha fatto torto nel corso di un processo. Si tratta di una misura intesa a garantire la libertà, l’indipendenza e la tutela dei magistrati contro eventuali pressioni esterne.

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Per motivare questa evoluzione, Francesco evoca «gli anni di esperienza che hanno fatto sentire la necessità di una serie di cambiamenti». È difficile non vedere in ciò una scossa di terremoto provocata dal processo del secolo conclusosi provvisoriamente nel dicembre 2023. Provvisoriamente, perché, oltre alla Segreteria di Stato e all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), tutti gli altri attori, imputati e parti civili, hanno impugnato la decisione dei giudici.   Molti giuristi italiani sottolineano che l’attuale pontificato ha riscritto le regole quattro volte durante la fase istruttoria del recente grande processo, sia come modo per colmare un vuoto normativo per alcuni, sia come modo per il Romano Pontefice di mantenere il controllo sullo svolgimento del processo.   Inoltre, il Tribunale vaticano – che è stato teatro di diverse riforme negli ultimi anni – resta composto prevalentemente da avvocati e pubblici ministeri che hanno ricoperto o ricoprono incarichi in Italia e che, di conseguenza, non sempre hanno una perfetta conoscenza della normativa usi e consuetudini della Santa Sede, né del diritto della Chiesa.   In un contributo scritto dopo la sentenza, uno dei legali degli imputati nel processo del secolo, Cataldo Intrieri, ha denunciato le «contraddizioni» del sistema giudiziario vaticano e gli «esorbitanti poteri» concessi ai pubblici ministeri che, a suo dire, aveva portato ad una procedura giudiziaria «molto lontana dai criteri adottati in uno Stato di diritto».   È una critica che il nuovo motu proprio tenta forse di disarmare, anche se non è realistico pretendere dal papato – che resta nella sua essenza monarchico – una separazione assoluta dei poteri.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale

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Un noto giocatore di pallavolo francese ha annunciato che intende unirsi a una piccola e tradizionale comunità di canonici. Si tratta di Ludovic Duée, 32 anni, capitano della sua squadra vincitrice del campionato nazionale francese di pallavolo. Lo riporta LifeSiteNews.

 

Il Duée ha annunciato a Ouest France la sua intenzione di entrare a far parte dei Canonici Regolari della Madre di Dio, un istituto religioso maschile di diritto pontificio dedito alla liturgia latina. Il campione ha dichiarato che sta scegliendo tra la «vocazione e la professione».

 

Nei giorni scorsi, il pallavolista professionista capitano della sua squadra del Saint-Nazaire Volley-Ball Atlantique, ha vinto il titolo nazionale di pallavolo francese. Tuttavia la partita del campionato nazionale sarà anche l’ultima, secondo le sue stesse dichiarazioni ai media.

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Duée entrerà quest’anno tra i Canonici Regolari, dove trascorrerà i primi mesi come postulante. Con sede nel sud della Francia, la comunità relativamente giovane segue la Regola di Sant’Agostino e ha una spiritualità mariana basata su San Luigi Maria di Montfort e San Massimiliano Kolbe.

 

Cresciuto cattolico ma senza prestare molta attenzione alla sua fede da adolescente, Duée ha detto che vedeva Dio come qualcuno «con una pistola, pronto a colpirmi se mi fossi allontanato».

 

La sua scoperta dei Canonici è avvenuta durante gli anni di restrizioni legate al COVID-19, durante i quali è stato costretto a un periodo di riflessione più intensa. Dopo aver incontrato i Canonici, che erano vicini a dove viveva, la stella della pallavolo ha dichiarato che la sua percezione di Dio è cambiata. Ha abbandonato la sua idea di «un padre minaccioso che era lì per colpire», a favore di «un Dio amorevole».

 

«Ho scoperto che Dio mi amava e che aspettava solo una cosa, che anch’io lo amassi». Questa, ha detto, «è stata la base di questo viaggio».

 

Fondata nel 1971, la comunità conta circa 39 religiosi maschi, con un ramo femminile dell’ordine stabilito a circa 30 chilometri di distanza. I suoi membri sono dediti alla celebrazione della Messa tradizionale.

 

Dopo aver completato il postulato, presumendo che sia lui che la comunità esprimano un discernimento di continuazione, Duée vestirà l’abito ed entrerà nel noviziato che dura almeno un anno. I voti temporanei vengono emessi al termine del noviziato, ed è circa cinque anni dopo l’ingresso nella comunità e l’assunzione dell’abito che un membro prende i voti permanenti.

 

Gli stessi Canonici affermano che la loro vita spirituale «è quella della vita cristiana: appartenere a Cristo e vivere nella Chiesa. Ciò richiede naturalmente la devozione alla Beata Vergine, modello e Madre della Chiesa». Notano che nella loro comunità la devozione mariana si avvale in modo particolare della consacrazione a Maria.

 

In quanto canonici, i membri della comunità hanno il carisma speciale di vivere in comunità e di basarsi sulla loro chiesa particolare. La loro vita canonica è costruita sulla liturgia, vivendo una vita comune sia nel lavoro che nella preghiera, e nel loro apostolato.

 

«L’obiettivo è diventare prete. Rispondo a quella che considero una chiamata interiore», ha detto Duée. Ha descritto i Canonici come «molto dinamici e molto aperti al mondo, con un lato apostolico molto pronunciato».

 

In effetti, la giovane comunità ha attirato attorno a sé numerose famiglie e giovani, offrendo ritiri per uomini e donne, preparazione al matrimonio e un luogo in cui gli studenti possano trascorrere del tempo nello studio tranquillo e nella preghiera.

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Ai visitatori dell’abbazia viene anche offerta l’opportunità di prendere direzione spirituale con uno dei canonici, e i canonici vengono regolarmente visti guidare e prendere parte a vari pellegrinaggi agli antichi santuari in tutta la Francia.

 

I canonici vendono parte dei loro prodotti per sostenere la loro vita quotidiana, fanno affidamento sul sostegno dei donatori per i loro bisogni e per l’attuale restauro dell’abbazia stessa.

 

La cosiddetta Opus Mariæ fu fondata nella diocesi di Gap nel 1969 da Roger Péquigney. Nel 1988, i suoi membri abbracciarono lo stile di vita dei canonici regolari, che coniugava contemplazione e attività pastorali. L’8 maggio 1997, la comunità fu ufficialmente eretta come abbazia, seguendo la regola di sant’Agostino, e adottò il nome di «canonici regolari della Madre di Dio».

 

La comunità ha mantenuto la liturgia latina come definita nella riforma promulgata da papa Giovanni XXIII nel 1962.

 

Nel 2004, la comunità si trasferì a Lagrasse, nella diocesi di Carcassonne.

 

L’ordine ricevette l’approvazione della Santa Sede l’18 ottobre 2002 ed è sotto la giurisdizione della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei».

 

All’ordine è associato il ramo femminile delle canonichesse regolari della Madre di Dio, residenti nel monastero Mater Dei ad Azille.

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Caso di devozione da parte dei giovani francesi non compaiono nelle cronache, ma esistono eccome. Ne è prova una storia annessa al dramma di Annecy dello scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, quando un immigrato siriano si era messo ad accoltellare i passanti, tra cui dei bambini, in riva al lago, era intervenuto per fermarlo Henri d’Anselme, un giovane pellegrino che stava facendo un tour delle cattedrali francesi. Intervistato dalla tv di «informazione continua» BFM TV, un canale molto popolare in Francia, il ragazzo in 14 minuti di conversazione era riuscito ad inserire nel suo racconto dell’accaduto parole come «cattedrale», «cristianità», «Santa Vergine», «Cristo», «preghiera», «spirito cavalleresco».

 

 

Qualcosa sta accadendo all’ultima generazione, anche nella laicissima – cioè dominata da massoni – Francia.

 

Se a Parigi vi sono personaggi che parlano con nonchalance di guerra anche atomica, se al vertice potrebbero aver instaurato programmaticamente un abominio oscuro e indicibile, nelle valli e nelle campagne, nelle cittadine e perfino nelle isole lontane, un ritorno della purezza potrebbe manifestarsi – e trascinare rispedire l’élite malvagia all’Inferno.

 

E allora: vive la France. Dieu le Roi!

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Immagine di Mathieu MD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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