Spirito
Mons. Viganò, omelia per il mercoledì delle ceneri 2023
Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò.
IN CINERE ET CILICIO
Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, in capite jejunii.
Omnipotens sempiterne Deus,
qui Ninivitis, in cinere et cilicio pænitentibus,
indulgentiæ tuæ remedia præstitisti:
concede propitius; ut sic eos imitemur habitu,
quatenus veniæ prosequamur obtentu.
Or. IV in benedictione Cinerum
Vi è una sola cosa che muove a compassione il Signore, dinanzi alla moltitudine dei nostri peccati: la penitenza. Quella penitenza sincera che conferma nell’atteggiamento esteriore il vero pentimento per le colpe commesse, l’intenzione di non più compierle, la volontà di ripararle e soprattutto il dolore per aver con queste offeso la divina Maestà.
In cinere et cilicio, con la cenere e con il cilicio, ossia con quella stoffa ispida e pungente proveniente dalla Cilicia, tessuta di pelo di capra o di crini di cavallo, che era usata come veste dai soldati romani e che rappresenta l’abito spirituale e materiale del penitente.
La divina Liturgia di questo giorno era anticamente riservata ai pubblici peccatori, ai quali era imposto un periodo di penitenza sino al Giovedì Santo, nel quale il Vescovo impartiva loro l’assoluzione.
Ecce ejicimini vos hodie a liminibus sanctæ matris Ecclesiæ propter peccata, et scelera vestra, sicut Adam primus homo ejectus est de paradiso propter transgressionem suam. Vi scacciamo fuori dal recinto di santa madre Chiesa a causa dei vostri peccati e delitti, come fu scacciato fuori dal Paradiso il primo uomo Adamo a causa della sua trasgressione. (Pont. Rom., De expulsione publice Pœnitentium). Così intimava il Vescovo nel commovente rito descritto nel Pontificale Romano, prima di rivolgere loro un’esortazione a non disperare della misericordia del Signore, impegnandosi con il digiuno, la preghiera, i pellegrinaggi, le elemosine e le altre opere buone a conseguire i frutti di una vera penitenza.
Terminato questo monito paterno e severo, i penitenti inginocchiati a piedi scalzi sul sagrato si vedevano chiudere le porte della Cattedrale, dove il Vescovo celebrava i divini Misteri. Quaranta giorni dopo, il Giovedì Santo, essi sarebbero tornati dinanzi a quelle porte con le medesime vesti dimesse, in ginocchio, tenendo una candela spenta in mano. State in silentio: audientes audite, avrebbe intimato loro l’Arcidiacono. E avrebbe proseguito, rivolto al Vescovo a nome dei pubblici penitenti, ricordando le loro opere di riparazione. Lavant aquæ, lavant lachrimæ. Poi per tre volte il Vescovo avrebbe intonato l’antifona Venite e li avrebbe accolti in chiesa, dove essi si sarebbero gettati commossi ai suoi piedi, prostrati et flentes.
A questo punto l’Arcidiacono avrebbe detto: Ripristina in essi, apostolico Pontefice, ciò che le seduzioni del demonio hanno corrotto; per i meriti delle tue preghiere e per mezzo della grazia della riconciliazione, rendi questi uomini vicini a Dio, affinché coloro che prima si vergognavano dei propri peccati, ora si rallegrino di piacere al Signore nella terra dei viventi, dopo aver sconfitto l’autore della propria rovina (Pont. Rom., De reconciliatione Pœnitentium).
Ho voluto soffermarmi su questo rito antichissimo – e che vi esorto a leggere e meditare per la vostra edificazione – allo scopo di farvi comprendere come la giusta severità della Chiesa non sia mai disgiunta dalla sua materna misericordia, sull’esempio del Signore. Se essa negasse che vi siano delle colpe da espiare, verrebbe meno alla giustizia; se illudesse i peccatori di poter meritare il perdono senza sincero pentimento, offenderebbe la misericordia di Dio e mancherebbe alla carità. E invece essa non cessa di ricordarci che siamo figli dell’ira, a causa del peccato di Adamo, dei nostri peccati, di quelli dei nostri fratelli e di quelli pubblici – oggi esecrandi – delle nazioni.
La Santa Chiesa ci ricorda la penitenza di Adamo ed Eva, la redenzione iniziata in quel medesimo paradiso con la maledizione del Serpente e l’annuncio del protoevangelo: Porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: Ella ti schiaccerà il capo, e tu Le insidierai il calcagno (Gen 3, 15).
La Santa Chiesa ci mostra le molteplici occasioni in cui sotto l’Antica Legge i nostri padri nuovamente peccarono, e nuovamente ottennero misericordia presso Dio grazie alla penitenza: l’esempio degli abitanti di Ninive è richiamato anche nelle orazioni e nei testi della benedizione delle Sacre Ceneri. Ci mostra – specialmente nella liturgia della Quaresima, della Settimana di Passione e della Settimana Santa – l’obbedienza del Figlio di Dio alla volontà del Padre, per compiere l’opera mirabile della Redenzione portata a termine sul legno della Croce.
Ci propone l’esempio dei Santi penitenti, ci addita la necessità del pentimento e della conversione, ci istruisce con la mirabile pedagogia dei sacri riti a comprendere la gravità del peccato, l’enormità dell’offesa alla Maestà divina, l’infinità dei meriti del Sacrificio di Nostro Signore che essa rinnova sui nostri altari.
Quella porta che si muove lenta e pesante sui cardini per chiudersi ai penitenti lasciandoli lontani dall’altare non è sorda crudeltà, ma sofferta severità di una madre che non cessa di pregare per loro, che li attende fiduciosa di vederli pentiti e consapevoli del sommo Bene di cui le loro colpe li hanno privati.
Per lo stesso motivo, dalla Settimana di Passione e fino alla Veglia pasquale, le croci e le immagini sacre nelle chiese sono velate, per ricordarci la nostra indegnità di peccatori e il silenzio di Dio, un silenzio che sperimentò anche Nostro Signore nell’orto del Getsemani e sulla Croce, e che similmente provarono i mistici nei tormenti spirituali della Notte oscura.
Dov’è finito tutto questo? Perché proprio nel momento in cui il mondo aveva maggior bisogno di esser richiamato alla fedeltà a Cristo, la liturgia della Chiesa è stata spogliata dei suoi simboli più pedagogicamente efficaci? Perché è stato abolito il rito dell’espulsione dei pubblici penitenti, e con esso quello della loro riconciliazione?
E ancora: perché i Pastori non ci parlano più del peccato originale, della via della Croce, della necessità della penitenza?
Perché la giustizia divina è taciuta o negata, mentre si stravolge e vanifica la misericordia di Dio, quasi ne avessimo diritto a prescindere dalla nostra contrizione?
Perché sentiamo dire che l’Assoluzione non va negata a nessuno, quando il pentimento – come insegna il Concilio di Trento – è materia inscindibile del Sacramento, assieme alla confessione dei propri peccati e alla soddisfazione della penitenza?
Perché si tace la meditazione della Morte, l’ineluttabilità del Giudizio, la realtà dell’Inferno per i dannati e del Paradiso per gli eletti?
Perché un orgoglio luciferino ha portato a costruire un idolo al posto del vero Dio.
Cosa c’è di più consolante di sapere che le nostre innumerevoli infedeltà, anche le più gravi, possono essere perdonate se solo ci riconosciamo con umiltà colpevoli e bisognosi della misericordia di Dio, che ha dato il Suo Figlio unigenito per salvarci e renderci beati per l’eternità?
È il mysterium iniquitatis, cari figli. Il mistero dell’iniquità, di come essa sia permessa da Dio per temprarci e renderci meritevoli del premio eterno; di come essa possa apparire trionfante nella sua oscena arroganza, mentre il Bene opera nel silenzio e senza strepito; di come essa riesca a sedurre gli uomini con false promesse, facendo loro dimenticare l’orrore del peccato, la mostruosità del renderci responsabili di ogni patimento subito dal Salvatore, di ogni sputo, ogni percossa, ogni colpo di flagello, ogni ferita, ogni spina, ogni goccia del Suo preziosissimo Sangue, ogni Sua lacrima, e soprattutto di ogni dolore spirituale causato all’Uomo-Dio dalla nostra ingratitudine. Responsabili di ogni sofferenza della Sua santissima Madre, il cui Cuore Immacolato è trafitto da spade acuminate, unendoLa alla Passione del Suo divin Figlio.
Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta! (Gio 3, 2), annuncia il profeta Giona. I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua; uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo» (Gio 3, 5-9).
Ancora quaranta giorni: questo monito vale anche per noi, forse più di quanto non valesse per i Niniviti.
Vale per questo mondo corrotto e ribelle, che ha tolto la corona regale a Cristo per farvi regnare Satana, omicida sin dal principio.
Vale per le nazioni un tempo cattoliche, in cui l’orrore dell’aborto, dell’eutanasia, della manipolazione genetica, della perversione dei costumi grida vendetta al Cielo.
Vale per la Chiesa, infestata da falsi pastori e da mercenari, resisi servi e complici del Principe di questo mondo, e che considerano nemici i fedeli loro affidati.
Vale per ciascuno di noi, che dinanzi a questa sovversione universale crediamo di poterci sottrarre al combattimento cercando riparo nella confortevole prospettiva dell’intervento miracoloso di Dio, o fingendo di poter convivere con i Suoi nemici, accettando i loro ricatti a patto che ci lascino i nostri piccoli spazi in cui celebrare la Messa tridentina.
Ancora quaranta giorni: è il tempo che ci separa dal paventato documento «pontificio» con cui l’autorità di Pietro, istituita per preservare l’unità della Fede nel vincolo della Carità, verrà nuovamente usata per accusare di scisma chi non vorrà piegarsi a nuove, illecite restrizioni di ciò che per duemila anni è stato il più prezioso tesoro della Chiesa e il più tremendo baluardo contro gli eretici: il Santo Sacrificio della Messa; e colui che lacera la veste inconsutile di Cristo diffondendo eresie e scandali cercherà di bandire dal sacro recinto chi rimane fedele al Signore.
Ancora quaranta giorni: è il tempo propizio nel quale ciascuno di noi, nel segreto della sua camera, potrà pregare, digiunare, fare penitenza, donare elemosine e compiere opere buone per espiare le proprie colpe, per riparare ai peccati pubblici delle nazioni, per implorare la Maestà divina di non abbandonare la Sua eredità, la Santa Chiesa, all’obbrobrio di essere dominata dalle nazioni (Gio 2, 12).
Con queste disposizioni, cari figli, non occorrerà ricordarvi la legge dell’astinenza e del digiuno, perché saprete accumulare quei tesori spirituali che nessun potere terreno potrà sottrarvi, e che saranno la migliore preparazione alla celebrazione della Pasqua che ci attende alla fine del percorso quaresimale.
In cinere et cilicio: la cenere sia segno della vanità del mondo, dell’illusorietà delle sue promesse, dell’inesorabilità della morte temporale; il cilicio pungente che i soldati usavano per le vesti ci sproni alla buona battaglia, come ci esorta la preghiera conclusiva della Benedizione delle Ceneri: Concede nobis, Domine, præsidia militiæ christianæ sanctis inchoare jejuniis: ut contra spiritales nequitias pugnaturi, continentiæ muniamur auxiliis.
Concedi a noi, Signore, di iniziare con santi digiuni le difese della milizia cristiana, affinché siamo muniti della protezione della continenza, dovendo combattere contro nemici spirituali.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
22 Febbraio MMXXIII
Feria IV Cinerum
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.
Gender
Papa Leone nomina il vescovo che ha celebrato la «Messa LGBT» con una drag queen
Papa Leone XIV ha nominato un vescovo ausiliare di San Diego che ha celebrato una messa dell’orgoglio LGBT con la scritta «Tutti sono benvenuti» – durante la quale è stato permesso di parlare a un’attivista drag queen – come nuovo vescovo di Monterey, in California. Lo riporta LifeSite.
Il vescovo Ramon Bejarano ha celebrato la messa domenicale del 13 luglio, organizzata dal «Ministero LGBTQ» della parrocchia di St. John e con il pieno appoggio della diocesi di San Diego, guidata dal vescovo Michael Pham, una delle prime nomine episcopali di Papa Leone XIV.
«Mi scuso per il dolore e l’angoscia che io e la Chiesa abbiamo causato a molti di voi», avrebbe detto monsignor Bejarano in un sermone del 2024, durante la Messa di «Tutti benvenuti», nella stessa parrocchia. «Mi scuso per la stigmatizzazione e il trauma che abbiamo causato ad altri, perché abbiamo detto loro che non sono apprezzati e che non sono degni dell’amore di Dio. Ci sono molti altri là fuori che si sentono rifiutati e svalutati».
Il caso era già stato illustrato da Renovatio 21 lo scorso luglio.
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La parrocchia di St. John è anche nota per aver celebrato numerose Messe del «pride» nel corso degli anni, come quella del 2017 per commemorare il 20° anniversario del documento «Always Our Children» della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti del 1997, che sottolineava l’«importanza» che i genitori accettassero l’attrazione per lo stesso sesso nei loro figli. Anche Murray-Ramirez ha partecipato alla Messa del 2017.
Il Bejarano è stato anche tra i 68 vescovi americani che nel 2021 hanno firmato una lettera chiedendo alla Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti (USCCB) di porre fine alle discussioni sul divieto di ricevere la Santa Comunione all’allora presidente Joe Biden e ad altri politici cattolici pro-aborto.
La drag queen «Nicole» Murray-Ramirez , ex membro del consiglio direttivo del potente colosso della lobby LGBTQ+ Human Rights Campaign, ha ringraziato il vescovo Bejarano per il suo lavoro di «difesa» della «comunità LGBTQ».
Murray-Ramirez ha scritto ampiamente in un post su Facebook quanto sia stato un onore per lui parlare durante la messa e ha elogiato Bejarano.
«Il sermone del vescovo è stato molto potente e si è concentrato sul fatto che Dio ama TUTTI noi così come siamo», ha scritto Murray-Ramirez.
In base al racconto di Murray-Ramirez, sembra che Bejarano abbia omesso qualsiasi riferimento all’insegnamento della Chiesa sul «matrimonio» tra persone dello stesso sesso.
«Ho avuto l’onore di essere invitato a parlare ed è stato meraviglioso vedere e sentire la meritata e fragorosa ovazione che ha ricevuto il vescovo Bajarano quando l’ho sinceramente ringraziato a nome di tutti noi per aver difeso non solo la COMUNITÀ LGBTQ ma anche gli immigrati clandestini e i rifugiati», ha continuato Murray-Ramirez.
Le foto pubblicate da Murray-Ramirez durante la messa su Facebook mostrano la «drag queen» in posa per una foto e benedetta da Bejarano. Alla messa pro-LGBT ha partecipato anche il sindaco di San Diego, Todd Gloria, apertamente omosessuale e nominalmente cattolico, che ha posato per una foto con il vescovo.
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Spirito
Sacerdote USA: il cardinale Fernandez «dovrebbe essere licenziato» da Leone per i testi «pornografici»
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Spirito
Leone nominerà un alleato del cardinale Cupich per sostituire Dolan come arcivescovo di Nuova York
Secondo articoli di stampa, Leone XIV starebbe per nominare il vescovo Ronald A. Hicks, stretto alleato del cardinale eterodosso Blase Cupich, come prossimo arcivescovo di Nuova York, in sostituzione del cardinale Timothy Dolan. Lo riporta LifeSite.
La voce, riportata per la prima volta dal quotidiano di sinistra in lingua spagnuola Religión Digital, suggerisce che Leone XIV dovrebbe nominare ufficialmente Hicks, l’attuale vescovo di Joliet, Illinois, come successore del cardinale Dolan già martedì 16 dicembre. Monsignor Hicks, 58 anni, ha profondi legami col Cupich, avendo servito sotto di lui per anni nell’arcidiocesi di Chicago ed essendo stato persino consacrato vescovo dal cardinale, che è diventato famoso per contraddire l’insegnamento della Chiesa sul «matrimonio» tra persone dello stesso sesso e sull’ideologia di genere, minimizzando l’aborto e la sua ferma opposizione alla tradizione cattolica.
Lo Hicks è stato ordinato sacerdote nell’arcidiocesi di Chicago nel 1994 e ha trascorso gran parte del suo sacerdozio ricoprendo incarichi all’interno dell’arcidiocesi. È stato nominato vicario generale da Cupich nel 2015, ricoprendo tale incarico fino alla sua consacrazione a vescovo ausiliare da parte del cardinale nel 2018.
Lo Hicks è stato nominato vescovo di Joliet da papa Francesco nel 2020 e, nel 2024, è diventato presidente del Comitato per il clero, la vita consacrata e le vocazioni della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti (USCCB).
Nel 2021, Hicks, insieme a Cupich, è stato tra i 68 vescovi che hanno firmato una lettera chiedendo alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti di abbandonare la questione del divieto di ricevere l’Eucaristia ai politici pro-aborto. Nel 2024, è stato tra i vescovi dell’Illinois che hanno vietato alle parrocchie della sua diocesi di promuovere una petizione per un quesito consultivo statale volto a richiedere legalmente il consenso dei genitori per interventi medici come l’aborto e il «cambiamento di sesso» per i minori.
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Il monsignore è stato notevolmente silenzioso anche quando Cupich ha pianificato di onorare il senatore radicalmente pro-aborto Dick Durbin con un riconoscimento alla carriera all’inizio di quest’anno. Il vescovo di Joliet, tuttavia, si è espresso sulla questione dell’immigrazione. A novembre, dopo che la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha pubblicato il suo primo «messaggio speciale» in oltre un decennio, denunciando la deportazione di massa di immigrati clandestini da parte dell’amministrazione Trump, Hicks ha rilasciato una dichiarazione in cui sottolineava che il messaggio «potente e unitario» affermava la «solidarietà del vescovo con tutti i nostri fratelli e sorelle (immigrati)».
Vale la pena notare che il cardinale Dolan ha appena compiuto 75 anni a febbraio e, sebbene la Chiesa richieda ai vescovi di presentare le dimissioni a quell’età, è consuetudine consentire ai cardinali di continuare a svolgere il loro ruolo fino al raggiungimento degli 80 anni. Il fatto che papa Leone abbia accettato ora le dimissioni di Dolan sembrerebbe indicare che il Pontefice non è soddisfatto della sua leadership.
L’arcivescovo neoeboraceno è stato duramente criticato dalla sinistra americana per aver ripetutamente espresso sostegno al presidente Donald Trump e, negli ultimi mesi, per aver definito il defunto attivista conservatore Charlie Kirk un «San Paolo dei giorni nostri».
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D’altro canto, il porporato di Nuova York ha permesso che nell’arcidiocesi venissero celebrate diverse «messe dell’orgoglio» sacrileghe e pro-LGBT, come gli osceni funerali di un attivista transessuale, arricchita di elementi blasfemi al punto da chiedere subito una messa di riparazione.
Cosa tristemente nota, è stato il gran maresciallo della parata di San Patrizio del 2015, la prima a cui ha permesso la partecipazione di un gruppo di attivisti omosessuali.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il Dolano aveva solennemente dichiarato che il Ramadan è come il Mercoledì delle Ceneri.
Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Cupich era stato criticato mesi fa per aver ignorato che il massacratore della scuola cattolica in Minnesota di pochi mesi fa era transessuale.
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Immagine di MTF-GR via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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