Cina
La crescita economica cinese resta trainata dalle nuove infrastrutture
La Cina ha pubblicato il suo rapporto economico del terzo trimestre immediatamente dopo il Congresso del Partito e prima di quello degli Stati Uniti, ad esempio.
La crescita del PIL è stata segnalata al 3,9% negli ultimi 12 mesi. Un risultato chiaramente colpito dai lockdown COVID e dalle sanzioni e dal caos logistico globale.
Si tratta tuttavia di uno 0,5% in più rispetto alle attese degli esperti di Wall Street. Un numero che, come avviene da decenni, lascia le economie europee nelle polvere, soprattutto in questi ultimi anni di follia pandemica e di deindustrializzazione conclamata.
La produzione industriale sarebbe cresciuta del 6,3%; investimenti in immobilizzazioni del 5,9%, mostrando che le nuove infrastrutture saranno il driver di continuità dell’economia del Regno di Mezzo.
Le esportazioni sono cresciute del 5,7%, ma le importazioni solo dello 0,3%.
Le vendite di immobili sono diminuite, circa -15%. Gli investimenti nelle infrastrutture continuano a essere al centro dell’aumento della produttività e dell’aumento della domanda interna di nuove tecnologie.
«Questa è la forza che la Cina può utilizzare per centrare la sua risposta all’attacco del complesso militare-industriale statunitense per negargli i chip semiconduttori più avanzati» scrive EIRN. «La maggior parte delle applicazioni per questi chip più avanzati sono viste come militari e cyber-militari, tanto che l’amministrazione Biden è spinta a pensare che stia garantendo la superiorità militare degli Stati Uniti sulla Cina attraverso questo uso del potere semplicemente delle sanzioni finanziarie». Tuttavia «è più probabile che la Cina mantenga il proprio sviluppo industriale di nanochip in base alle richieste delle sue nuove infrastrutture, dell’esplorazione spaziale e dell’energia da fissione e fusione».
Come riportato da Renovatio 21, alcuni analisti hanno ritenuto che, cementato il potere autocratico di Xi Jinpingo con il 20° congresso del Partito Comunista Cinese, le possibilità di invasione di Taiwan possono aumentare. Come ripetiamo su questo sito, l’invasione di Formosa metterebbe sotto scacco l’intera economia mondiale basata in buona parte su prodotti che utilizzano microchip prodotti sull’isola. Secondo alcuni, tuttavia, il cosiddetto «scudo del microchip» di Taipei sarebbe al capolinea.
La crisi immobiliare e dei mutui, una vera e propria bolla che è scoppiata forse solo in parte, avviluppa la Repubblica Popolare da diversi mesi.
La Cina ha appena stabilito di fermare la grottesca rivendita di gas russo agli europei. Per paura dei blackout, visti lo scorso inverno, la Cina ha ordinato anche un aumento dell’uso di carbone a scopo di produzione energetica.
Come sa il lettore di Renovatio 21, è in corso una faida finanziaria tutta Occidentale attorno a Xi e alla Cina. Contro il presidente cinese si è ora schierato apertamente anche George Soros, forse arrivato alla sua ultima battaglia: detronizzare lo Jinpingo.
Soros e il megafondo BlackRock starebbero combattendo su suolo cinese una intricata battaglia.
Finanza e bolle economiche a parte, bisogna ricordare che la Cina da anni affronta anche una crisi agricola crescente, di cui epperò si parla poco.
Cina
Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.
Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.
I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.
In una comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.
Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.
I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.
Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.
I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.
Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.
La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.
Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.
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Cina
La Cina accusata di aver sequenziato il DNA tibetano e uiguro per rifornire il mercato dei trapianti di organi
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Cina
In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo
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Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.
Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.
Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)
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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.
La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.
In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.
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Immagine di LUMUMBA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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