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Trump grazia Ross Ulbricht, trafficante del Dark Web ed eroe del bitcoin

Il neopresidente americano Donald Trump ha graziato Ross Ulbricht, ergastolano noto come creatore della piattaforma di vendite di prodotti illegali del Dark Web Silk Road.
Trump aveva promesso in campagna elettorale che lo avrebbe liberato subito durante la sua partecipazione alla convention del Partito Libertario, di cui moltissimi esponenti sono fan di Ulbricht, considerato una sorta di eroe martire del Bitcoin.
«Se voterete per me, il primo giorno commuterò la condanna di Ross Ulbricht in una condanna a pena detentiva scontata», aveva detto Trump durante un discorso ai libertari. «Ha già scontato 11 anni, lo riporteremo a casa».
“On day one, I will commute the sentence of Ross Ulbricht.”
— Trump pic.twitter.com/k9WV5i7lf5
— Alan ₿ Watts ⚡️ (@alanbwt) January 21, 2025
Ulbricht ha già passato 11 anni in carcere, dopo un processo che avrebbe rivelato, secondo alcuni, come il ragazzo sia stato «incastrato» dagli inquirenti o comunque punito con una pena eccessiva. Una petizione sul sito freeross.org che chiede clemenza per Ulbricht ha raccolto oltre 600.000 firme dalla sua incarcerazione.
«Ho appena chiamato la madre di Ross William Ulbricht per farle sapere che, in suo onore e in quello del Movimento Libertario, che mi ha sostenuto così fermamente, ho avuto il piacere di firmare un perdono totale e incondizionato per suo figlio Ross» ha scritto il presidente su Truth social. «La feccia che ha lavorato per farlo condannare erano gli stessi lunatici che erano coinvolti nell’attuale uso del governo come arma contro di me».
«Gli hanno dato due ergastoli, più 40 anni. Ridicolo!»
L’Ulbricht rappresenta da tempo un tema di interesse per i libertari, molti dei quali sono ostinati nella convinzione che la sua condanna fosse perversamente sproporzionata rispetto alla sua condotta effettiva. Non solo: Silk Road e Ulbricht, molto in anticipo sui tempi, operavano solo con Bitcoin, cosa che ha reso il ragazzo una sorta di proto-eroe dell’adozione delle criptovalute, al punto di essere considerato come uno dei primi veri usi materiali continuativi delle criptomonete nella storia.
President Trump just promised that on day one he’ll pardon Ross William Ulbricht.
Trump ended his speech at the Libertarian National Convention by receiving a standing round of applause.
His appearance tonight was a great step forward towards unity. pic.twitter.com/LkkcPKeLtw
— Paul A. Szypula 🇺🇸 (@Bubblebathgirl) May 26, 2024
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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa le autorità del governo degli Stati Uniti ha iniziato a liquidare circa 51.352 bitcoin sequestrati nel caso di Ross Ulbricht – Silk Road. Secondo i documenti depositati in tribunale, il 14 marzo i funzionari hanno venduto circa 9.861 bitcoin per oltre 215 milioni di dollari. Del bottino sequestrato a Ulbricht rimarrebbero quindi circa 41.491 bitcoin.
Il mercato virtuale Silk Road, chiuso da 10 anni, originariamente consentiva agli utenti di acquistare e vendere merci illecite, tra cui armi e informazioni sulle carte di credito rubate, nonché, soprattutto, droghe di ogni tipo.
Le indagini furono intricate, e ricche di comportamenti controversi da parte delle autorità, che arrivarono a simulare l’assassinio di un collaboratore di Ulbricht per incastrarlo.
Vi è sempre stato un certo mistero sulla enorme quantità di bitcoin accumulati da Ulbricht negli anni.
Nel 2015 un ex poliziotto sotto copertura è stato condannato a sei anni e mezzo di carcere per aver ricevuto da Silk Road 700.000 dollari in bitcoin. L’agente, che faceva parte dell’indagine della Drug Enforcement Administration (DEA) su Silk Road si è dichiarato colpevole di estorsione, riciclaggio di denaro e ostruzione alla giustizia.
L’agente DEA si atteggiava a spacciatore di droga con legami con sicari per stabilire un contatto con il fondatore di Silk Road. Una volta raggiuntolo, l’agente gli aveva venduto informazioni sulle indagini.
Parallelamente è stato portato davanti al giudice anche un ex agente dei Servizi Segreti USA (il dipartimento che si occupa della sicurezza dei presidenti) connesso alla vicenda. Dal 2013 Ulbricht sta scontando due ergastoli senza possibilità di libertà condizionale.
Non è chiaro l’effetto sul mercato di questa enorme vendita governativa di bitcoin.
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È stata avanzata tuttavia la teoria che il governo USA possa aver comprato una grande quantità di bitcoin lo scorso gennaio quando, per la prima volta dopo l’11 settembre, l’intero traffico aereo fu sospeso: stessa cosa accaduta settimane prima nelle Filippine e poi in Canada. Per alcuni si sarebbe potuto trattare di un attacco cibernetico ransomware, per il quale – come avviene altrove – è stato pagato il riscatto richiesto in bitcoin.
Di fatto, in quelle ore, il prezzo del bitcoin era salito di molto.
Come riportato da Renovatio 21, molte figure principali del bitcoin in questi tempi fanno una brutta fine: in galera per crack record, braccati in Montenegro o affogati nell’Oceano. Banchi cripto e criptovalute intere stanno saltando.
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Google chiude il sito Messa in Latino. Contro il totalitarismo web, sarebbe ora di finirla con i blog

Il sito Messa in Latino è stato rimosso dalla piattaforma che lo ospitava, Blogger, che è di proprietà di Google.
Il sito, noto come MiL, era nato nel 2007 all’altezza del Summorum Pontificum di Benedetto XVI, il motu proprio secondo cui, in teoria, veniva «liberata» la messa tradizionale nel mondo. Il blog era molto trafficato (si parla di un milione di visite solo lo scorso mese!) da chi si interessava della Messa in rito antico e non di rado conteneva succose rivelazioni riguardo le meccaniche interne della gerarchia a Roma e nelle diocesi.
La notizia della chiusura del sito è rimbalzata sui giornali e anche al di là dell’Atlantico: a parlarne è anche LifeSiteNews. Secondo quanto riportato in una email inviata da blogger.com si informavano i redattori di Messa in Latino che il sito era stato chiuso con effetto immediato. MiL aveva qualcosa come 22.000 post, un vero tesoro di testimonianza degli ultimi 20 anni di post-concilio.
«Spiacenti, il blog all’indirizzo lamessainlatino.blogspot.com è stato rimosso» è la scritta che appare se si digita l’URL del sito.
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Il Giornale riporta che ora «proprietari del blog hanno reagito rivolgendosi ad uno studio legale ed inviando una diffida per lamentare quella che hanno definito “l’inopinata e soprattutto immotivata soppressione dello stesso” ed hanno richiamato il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione in merito al diritto alla libera manifestazione del pensiero».
I motivi della chiusura ad oggi restano, come quasi sempre accade, oscuri.
«Il team di Blogger non ha fornito dettagli su possibili violazioni della politica. Tuttavia, MIL ha suggerito che l’azienda di proprietà di Google avesse sollevato obiezioni ad alcuni post che promuovevano la dottrina cattolica e mettevano in guardia dai pericoli della Massoneria» scrive l’inviato di LifeSitea Roma Michale Haynes. In rete circolano varie altre speculazioni su quale contenuto possa aver fatto scattare la censura: questa o quell’intervista, questo o quell’articolo, quel commento, etc.
Tuttavia, nessuna di queste ipotesi è credibile: è quello che Renovatio 21, che di piattaforme e censure se ne intende, ha imparato in tanti anni di colpi ricevuti, anche in tribunale. L’amara realtà, valida per chiunque sui social, è che non sai mai davvero per cosa ti abbiano censurato.
Si tratta, invero, di una situazione del tutto simile a quella de Il Processo di Franz Kafka: si viene processati e condannati ma non si sa nemmeno per quale accusa. Appellarsi è impossibile, e non vi è – a meno di non passare per gli avvocati, anche lì con tanta fatica, nessun volto umano con cui parlare, talvolta nemmeno una email generica a cui rivolgersi.
Come abbiamo tante volte ripetuto su queste pagine, i social in questo modo altro non fanno che fungere da grande prefigurazione della società totalitaria del futuro prossimo, dove il cittadino diviene «utente» che non ha più diritti, ma gode di «accessi» revocabili a comando dall’alto, con lo Stato a divenire piattaforma in una società controllata e regolata in modo macchinale.
Il fenomeno di rimuginare riguardo alla censura inflitta può arrivare a livelli di paranoia – tante volte lo abbiamo visto anche con grandi figure americane, sparite improvvisamente da YouTube (un’altra mega-piattaforma di Google) o perfino da Amazon, dove abbiamo visto sparire negli anni – cioè essere cancellati, come non fossero mai esistiti – i libri dello psicanalista della terapia riparativa per omosessuali Joseph Nicolosi, i testi di E. Michael Jones o, più di recente, i libri del pensatore russo Alessandro Dugin.
L’unica realtà possibile, è il consiglio spassionato di Renovatio 21 a MiL e a tutti, è quella di andare avanti comunque, tenendo a mente una serie di cose.
In primis, il modello hub and spoke: immaginate che la vostra operazione sia una ruota, ebbene non dovete concentrarvi sui raggi, ma sul mozzo, sul centro della ruota, e da lì procedere verso i raggi (i social, etc.). Il sito, quindi, non può appoggiarsi su una piattaforma straniera, soprattutto se del giro della Silicon Valley compromessa non solo con la cultura wokista, ma soprattutto con lo Stato Profondo USA. È necessario farsi un sito proprio, con un hosting provider fuori dal giro – nemmeno quello, sappiamo, è abbastanza, ma con i backup (in teoria, anche qui: sempre in teoria) in caso di chiusura si può riaprire rapidamente da un’altra parte. Basarsi sul sito, e non sui social o su piattaforme che rendono tutto più facile, non solo è arduo, ma garantisce meno traffico: eppure, la via più corta ti espone alla devastazione che conosciamo.
In secundis, cercare di solidificare la propria posizione, mettendo di mezzo corpi intermedi: come sapete, qui abbiamo penato non poco, e da poco ottenuto, lo status di testata registrata in tribunale – e guai a chi gli scappa di chiamare ancora «blog» Renovatio 21 (Sua Eccellenza, la perdoniamo). Chiaramente, nemmeno questo mette a riparo dalla censura – lo abbiamo visto in pandemia, dove venivano oscurate testate tradizionali antiche e pure dell’establishment, e lo vedremo ancora grazie all’Unione Europea – tuttavia mettere di mezzo corpi intermedi dello Stato e delle sue corporazioni potrebbe, in qualche modo, aiutare.
Farla finita con i blog, i profili Instagram, le pagine Facebook, i canali Telegram e Youtube. E aprire testate giornalistiche sic et simpliciter: sfruttiamo a possibile schermatura la pletora di Stato (leggi, sindacati, ordini, ministeri, tribunali) che esse comportano. No alla bloggheria; sì alla burocrazia.
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Sono solo le nostre indicazioni, basate sulla realtà vissuta nel travaglio di questi lustri. Non è escluso che la cosa si risolva al volo: è successo così anche a Chiesaepostconcilio, altra realtà molto conosciuta sparita dai radar qualche settimana fa, per poi ricomparire d’improvviso. Anche quello è un sito, anzi proprio un sedicente blog, che è rimasto appoggiato per decenni, senza evoluzione di sorta, ad una piattaforma aliena. Comodo, perfino gratuito: ma esiziale.
È facile che in questi casi, la censura sia scattata, più che per contenuti, per segnalazioni a ripetizione: tenete a mente che vi sono orde, specie di certuni orientamenti, fortemente organizzate, e pagate per esserlo, e per agire nella delazione online e pure IRL, cioè nella vita reale. A volte la segnalazione genera la censura, ma infine non attacca del tutto, perché l’argomento è considerato di importanza secondaria (la religione, per essi, lo è: «oppio dei popoli» diceva uno dei loro maestri di ingegneria sociale materialista) e non c’è volontà di rischiarsela in Paesi con leggi dove sopravvivono, malomodo, barlumi di libertà di parola con copertura costituzionale. Non è stato il nostro caso…
Non abbiamo una ricetta magica per evitare il bavaglio, ma possiamo dire che ci siamo, purtroppo, passati. Ai ragazzi di MiL possiamo dire che capiamo il senso di sgomento abissale nel vedere tutto il proprio lavoro – che coincide, in alcuni pensieri, con la propria vita, e forse pure, visto il significato storico, sociale e morale di quel che si fa, qualcosa di più – disintegrato con un click da un’autorità invisibile ed oscura.
Lo ribadiamo: si tratta solo di un’antemprima della società futura, dove saremo valutati, premiati e puniti per i nostri pensieri, e nemmeno quelli scritti o detti, ma quelli del nostro foro interiore, come nei progetti di interfaccia cervello-macchina di Klaus Schwab e compagni.
Forza, avanti. Mica ci si può fermare quando ti distruggono tutto. No?
«Si Deus pro nobis, quis contra nos?» (Rm 8, 31)
Roberto Dal Bosco
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Immagine di Andrewgardner1 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0). Immagine modificata
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