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Vaccini

Seychelles aperte solo ai vaccinati

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Le Seychelles hanno riaperto ai turisti di tutto il mondo, ma solo a coloro che hanno ricevuto due dosi del vaccino COVID-19.

 

Secondo il giornale britannico Telegraph «i visitatori devono fornire un certificato autentico della propria autorità sanitaria nazionale che provi la vaccinazione».

 

Grazie a tale certificato vaccinale, al turista potrebbe esser risparmiata la quarantena all’arrivo nel Paese dell’Oceano Indiano.

 

Lo stato insulare è costituito da un arcipelago di 115 isole situate al largo della costa orientale dell’Africa e, riporta sempre il Telegraph,  mira a diventare il primo a livello mondiale a vaccinare l’intera popolazione di età superiore ai 18 anni.

«I visitatori devono fornire un certificato autentico della propria autorità sanitaria nazionale che provi la vaccinazione»

 

Del tema del passaporto vaccinale Renovatio 21 scrive da mesi. Il problema vero è che tale documento non sarà solo necessario per viaggiare in aereo in Paesi «compatibili» secondo la nuova «geopolitica del vaccino» (quelli col vaccino Pfizer potranno entrare in Russia? E quelli col vaccino russo potranno entrare in Europa?); il fronte più disperante è quello interno, con l’obbligo, in via di sviluppo in Israele, di circolare con un passaporto sanitario per vedersi consentiti gli spostamenti nella vita quotidiana.

 

 

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Genetica

Siero mRNA contaminato dal DNA, ricercatori in allarme. Il vaccino è l’alba dell’era umanoide?

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Scienziati e ricercatori lanciano l’allarme sulla possibile presenza di frammenti di DNA nei vaccini COVID.

 

Phillip Buckhaults, esperto di genomica del cancro e professore presso l’Università della Carolina del Sud, ha testimoniato davanti a una commissione per gli affari medici del Senato della Carolina del Sud affermando che il vaccino mRNA è contaminato da miliardi di minuscoli frammenti di DNA.

 

Buckhaults, che ha un dottorato in biochimica e biologia molecolare, ha affermato che «esiste un rischio molto reale» che questi frammenti di DNA estraneo possano inserirsi nel genoma di una persona e diventare un «elemento permanente della cellula».

 

Il genetista statunitense ha dichiarato che si potrebbe trattare di un meccanismo plausibile che potrebbe «causare alcuni degli effetti collaterali rari ma gravi come la morte per arresto cardiaco» nelle persone che hanno effettuato la vaccinazione con il siero genico sperimentale.

 

«Buckhaults non è un allarmista ed è stato riluttante a rendere pubbliche le sue scoperte per paura di spaventare la gente» scrive il Brownstone Institute. «Lui stesso è stato vaccinato tre volte con il vaccino COVID della Pfizer e lo ha consigliato a parenti e amici. Ha descritto la tecnologia della piattaforma mRNA come “rivoluzionaria” e ha affermato che il vaccino ha salvato molte vite».

 

«Sono un vero fan di questa piattaforma», ha detto Buckhaults al Senato. «Penso che abbia il potenziale per curare i tumori, credo davvero che questa piattaforma sia rivoluzionaria. Nel corso della tua vita, ci saranno vaccini mRNA contro gli antigeni del tuo unico cancro. Ma devono risolvere questo problema».

 

Il ricercatore si è detto molto preoccupato per il «rischio teorico molto reale di cancro futuro in alcune persone, a seconda di dove questo pezzo estraneo di DNA finisce nel genoma, può interrompere un gene soppressore del tumore o attivare un oncogene».

 

«Sono un po’ allarmato per la presenza di questo DNA nel vaccino… Il DNA è un dispositivo di memorizzazione delle informazioni di lunga durata. È ciò con cui sei nato, con cui morirai e lo trasmetterai ai tuoi figli… Quindi le alterazioni del DNA… beh, rimangono», ha detto.

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Buckhaults ritiene che i vaccini siano stati distribuiti in buona fede, ma dato il panico e l’urgenza della crisi, «sono state prese molte scorciatoie».

 

Lo scienziato ha quindi spiegato come sono stati utilizzati due diversi processi di produzione per produrre il vaccino mRNA. La produzione iniziale del vaccino COVID ha utilizzato un metodo chiamato reazione a catena della polimerasi (PCR) per amplificare il modello di DNA che è stato poi utilizzato per la produzione dell’mRNA.

 

Questo metodo, chiamato PROCESSO 1, può essere utilizzato per realizzare un prodotto di mRNA altamente puro.

 

Tuttavia, al fine di potenziare il processo di distribuzione su larga scala del vaccino alla popolazione per la fornitura di «autorizzazione di emergenza», il produttore del vaccino è passato a un metodo diverso – PROCESSO 2 – per amplificare l’mRNA.

 

PROCESSO 2 utilizzava batteri per produrre grandi quantità di «plasmide di DNA» (istruzioni circolari del DNA), che sarebbe stato utilizzato per produrre l’mRNA. Quindi, il prodotto finale conteneva sia DNA plasmidico che mRNA.

 

Il passaggio dal PROCESSO 1 al PROCESSO 2, alla fine, ha provocato la contaminazione del vaccino.

 

Il produttore del vaccino ha provato ad affrontare il problema aggiungendo un enzima (la DNAsi) per tagliare il plasmide in milioni di minuscoli frammenti. Tuttavia il Buckhaults sostiene che ciò peggiora la situazione perché più frammenti si hanno, maggiore è la possibilità che uno dei frammenti si inserisca nel genoma e distrugga un gene vitale.

 

«Li hanno fatti a pezzi per cercare di farli andare via, ma in realtà hanno aumentato il rischio di modificazione del genoma nel processo», ha spiegato.

 

«Non penso che ci sia stato qualcosa di nefasto qui, penso solo che sia stata una specie di stupida svista», ha aggiunto. «Semplicemente non hanno pensato al rischio della modificazione del genoma… non è poi così costoso aggiungere un altro processo per eliminarlo».

 

Un’indagine del BMJ ha rilevato che i lotti di vaccino derivati ​​da PROCESS 2 hanno dimostrato di avere un’integrità dell’mRNA sostanzialmente inferiore e alcuni affermano che questi vaccini sono stati associati a maggiori eventi avversi.

 

La ricerca di Buckhaults non è un’eccezione. L’esperto di genomica Kevin McKernan aveva segnalato la contaminazione del DNA plasmidico nei vaccini bivalenti COVID-19, in quantità che superavano di gran lunga il limite di sicurezza fissato dall’ente regolatorio del farmaco statunitense FDA.

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Buckhaults ha affermato che le persone vaccinate devono essere sottoposte a test per vedere se parte del DNA estraneo si è integrato nel genoma delle loro cellule staminali. Questo è facilmente rilevabile perché il DNA estraneo ha una firma unica. «Lascia un biglietto da visita», ha detto lo scienziato. «Non è molto costoso fare questo tipo di test», ha aggiunto

 

«Non farò di nuovo il vaccino a meno che non riceva un lotto e scopra che è privo di DNA”, ha dichiarato, dicendo che gli piacerebbe analizzare il nuovo booster appena raccomandato in USA a tutti i cittadini dai 6 mesi di età in su. Il costo per l’analisi di una fiala è di 100 dollari di reagenti e tre ore di lavoro, ha detto.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel marzo 2022 ricercatori svedesi dell’Università di Lund avevano scritto in un paper«Intracellular Reverse Transcription of Pfizer BioNTech COVID-19 mRNA Vaccine BNT162b2 In Vitro in Human Liver Cell Line» («Trascrizione inversa intracellulare del vaccino COVID-19 mRNA Pfizer-Biontech in linee cellulari di fegato umano in vitro») – in cui illustravano che l’RNA messaggero (mRNA) del vaccino COVID-19 di Pfizer è in grado di entrare nelle cellule del fegato umano e viene convertito in DNA.

 

Il video del cardiologo texano Peter McCullough che spiegava l’ipotesi degli scienziati svedesi era stato sottotitolato da Renovatio 21 e pubblicato su YouTube, ma la piattaforma ha rimosso il video e assegnato uno strike, cioè minacciato di espellerci dal sito in caso vi fossero altre «violazioni» di questo tipo.

 

Abbiamo caricato il video su Twitter, dove sembra che resista ancora.

 

 

Da notare come l’ente per il controllo delle epidemie USA, il noto CDC, aveva nella lista delle bufale sul COVID il fatto «Il materiale genetico fornito dai vaccini mRNA non entra mai nel nucleo delle tue cellule». L’affermazione, che parrebbe sempre più tragicamente smentita, campeggiava sulla pagina del suo sito web chiamata «Leggende e fatti sui vaccini COVID-19».

 

Il tema ha un’importanza capitale all’interno ad una prospettiva sempre più discussa: la modifica della linea germinale umana sulla modifica della quale, come riportato da Renovatio 21, bioeticisti e scienziati stanno discutendo in merito ai bambini bioingegnerizzati con il CRISPR.

 

Tuttavia, senza passare dall’eugenetica in provetta, una modifica genetica della linea germinale umana è già stata innestata, miliardi di volte, grazie ai sieri genici sperimentali mRNA forzati sulla popolazione mondiale durante il biennio pandemico.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Regno Unito ha già approvato ufficialmente la prospettiva della modifica della linea germinale umana.

 

Riguardo alla modifica della struttura genetica l’umanità, è in corso una vera campagna di manipolazione mondiale, visibile chiaramente dalle posizioni assunte nei convegni mondiali sull’editing del genoma umano.

 

Il fine di tutto questo  è, chiaramente, una società basata sulla genetica, o meglio, sull’eugenetica.

 

C’è da chiedersi: se il codice genetico dei vaccini si sta tramandando di padre in figlio… significa che sta emergendo una nuova razza umana?

 

Il vaccino è l’alba di un’era umanoide?

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Reazioni avverse

Miocardite post-vaccino: anni dopo, alcuni ancora non sono guariti

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La testata americana Epoch Times riporta due casi, uno in Israele e uno negli USA, di giovani che hanno sperimentato la miocardite dopo aver assunto il vaccino mRNA, e che dopo anni dopo non sono ancora a posto con la salute.   «Ho continuato a soffrire di dolori al petto sul lato destro, e poi ho dolori di tipo neuropatico nella zona del collo e delle spalle», ha detto a Epoch Times il dottor Adam Hirschfeld, 36 anni, chirurgo ortopedico, tra i primi ad aver fatto il vaccino in America. «Ce l’ho quando mi sveglio, ed è lì quando vado a dormire».   Tre giorni dopo la seconda iniezione, il dottor Hirschfeld ha avvertito fastidio al petto e intorpidimento al braccio sinistro. Una risonanza magnetica cardiaca ha confermato l’evidenza di infiammazione del cuore. Al dottor Hirschfeld furono quindi prescritti medicinali e fu dimesso due giorni dopo.   Da allora il dottor Hirschfeld è stato sottoposto a circa una dozzina di elettrocardiogrammi, un’altra mezza dozzina di ecocardiogrammi e una risonanza magnetica cardiaca di follow-up.   «Sono passato dall’essere completamente sano, senza problemi, senza farmaci, a vedere 10 medici diversi in un batter d’occhio», ha detto alla testata americana il dottor Hirschfeld. La sofferenza colpisce il medico fisicamente e mentalmente. «Avere dolori al petto ogni giorno per due anni e mezzo è molto sconcertante».   Jacob Cohen – nome fittizio – è un ragazzo israeliano che nel 2021, messo sottopressione dai militari e dalla madre, si è vaccinato, anche se non voleva perché riteneva che, essendo disponibili da troppo poco tempo, i sieri non fossero sicuri. Dopo essersi opposto, le restrizioni impostegli, e i suoi comandanti militari nell’esercito dello Stato Ebraico, lo hanno convinto a fissare un appuntamento per la vaccinazione, chiedendo pure alla madre di intercedere.   «Mi hanno detto: “Andiamo. È tua madre. Sta piangendo. È preoccupata. Cosa non faresti per lei?” (…) Non volevo fare il vaccino. Non ci credevo», ha detto il Cohen. Ma voleva accontentare sua madre. «Farei qualsiasi cosa per lei».   Da notare che le autorità militari israeliane punivano i non vaccinati con azioni che vanno dalla privazione del congedo all’obbligo di indossare un giubbotto speciale e di isolarli nei loro alloggi.   Due settimane dopo la prima iniezione, alle 3 del mattino, il ragazzo si è svegliato in preda ad un dolore fortissimo. «Mi sentivo come se il mio cuore stesse cercando di uscire dal petto… Non ho mai sentito qualcosa del genere».   In ospedale, il ragazzo è stato messo in quarantena, in quanto non completamente vaccinato.  Qui dice di aver cominciato a sperimentare flashback della sua vita, «come se stessi morendo» racconta a ET.   I medici gli hanno quindi diagnosticato perimiocardite, o infiammazione del muscolo cardiaco e del tessuto attorno al cuore. Hanno aggiunto che è stato fortunato: se fosse arrivato poco più tardi, avrebbero dovuto fare un intervento a cuore aperto.   Dimesso dopo tre giorni, gli sono state date pillole da prendere ogni giorno, e la proibizione di svolgere attività fisica per almeno sei mesi.   Sei mesi dopo aver lasciato l’ospedale, la risonanza magnetica del giovane ha mostrato risultati preoccupanti. Il suo cuore non si era ancora ripreso. I medici hanno reagito prescrivendo altre pillole. L’esercito lo ha congedato perché incapace di prestare servizio. Gli allenamenti, il calcio che gli piaceva praticare, sono divenuti ricordi lontani.   I primi casi di miocardite dopo la vaccinazione contro il COVID-19 sono stati segnalati a ridosso della partenza del programma di vaccinazione universale, nel gennaio 2021. Erano trascorse solo poche settimane da quando le autorità avevano autorizzato e raccomandato le vaccinazioni per ampie fasce della popolazione, tra cui molte persone giovani e sane.   Inizialmente, le autorità hanno nascosto al pubblico le segnalazioni di miocardite. Israele per primo ha riconosciuto che esisteva un probabile legame tra i vaccini e l’infiammazione. Gli Stati Uniti hanno finalmente seguito nel giugno 2021, quando i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno affermato che esisteva una «probabile associazione». La correlazione è riportata anche dall’ente italiano del controllo del farmaco, l’AIFA.   Anche dopo che l’associazione fu resa pubblica, funzionari e molti esperti affermarono che i casi di miocardite erano lievi. La maggior parte dei pazienti sono stati ricoverati in ospedale, hanno riconosciuto le autorità, ma hanno affermato che i pazienti potrebbero aspettarsi di riprendersi senza cure e con il riposo.   La miocardite è «rara e lieve», aveva detto la dottoressa Rochelle Walensky, all’epoca direttrice del CDC, al seguitissimo programma TV statunitense «Good Morning America»​​il 24 giugno 2021. La Walensky aveva pure affermato che i casi erano «autolimitati» o non richiedevano cure per essere risolti.   Il dottor Jeremy Faust, redattore capo di MedPage Today e insegnante alla Harvard Medical School, due giorni dopo su Twitter descrisse i casi come «troponinemia autolimitata», ovvero livelli elevati di troponina che si sarebbero risolti da soli. La troponina è una proteina nel cuore che è un indicatore di danno cardiaco.   «Il comitato per la sicurezza dell’EMA (PRAC) ha valutato i dati aggiornati sul rischio noto di miocardite e pericardite in seguito alla vaccinazione con i vaccini COVID-19 Comirnaty e Spikevax che includevano due ampi studi epidemiologici europei» scrive il sito dell’AIFA. «Sulla base dei dati esaminati, il PRAC ha stabilito che il rischio per entrambi questi eventi è complessivamente “molto raro”, il che significa che può essere colpita fino a una persona su 10.000 vaccinata (…) La miocardite e la pericardite possono svilupparsi entro pochi giorni dalla vaccinazione e la maggior parte dei casi si sono manifestati entro 14 giorni. Sono stati osservati più spesso dopo la seconda somministrazione (…) I dati disponibili suggeriscono che il decorso della miocardite e della pericardite dopo la vaccinazione non è diverso dalla miocardite o dalla pericardite nella popolazione generale».   I casi riportati nell’articolo di Epoch Times tendono aneddoticamente a dire che il problema, tuttavia, non si risolve velocemente, né si risolve da solo.   «Queste storie rafforzano il crescente numero di prove che hanno scoperto che una parte significativa di persone che soffrono di miocardite indotta da vaccino rimangono colpite per mesi o anni, se sopravvivono» scrive il quotidiano statunitense. «Ricercatori statunitensi che hanno seguito 15 bambini ricoverati in ospedale con miocardite dopo la vaccinazione contro il COVID-19 hanno rivelato il 10 agosto 2021 che quattro dei pazienti presentavano “sintomi persistenti”. Altri ricercatori statunitensi hanno annunciato il 1° novembre 2021 che sette dei 54 giovani pazienti che hanno sofferto di miocardite dopo la vaccinazione presentavano ancora sintomi, incluso dolore toracico».   Quasi la metà dei pazienti con miocardite che hanno risposto a un sondaggio del governo degli Stati Uniti ha affermato che mesi dopo la vaccinazione contro il COVID-19, continuavano a manifestare sintomi, incluso dolore toracico, hanno affermato i ricercatori governativi il 21 settembre 2022. Nel frattempo, il 35% di 28 giovani pazienti con miocardite seguiti almeno 61 giorni dopo la vaccinazione contro il COVID-19 hanno riportato sintomi persistenti come mancanza di respiro, hanno affermato i ricercatori di Hong Kong il 23 settembre 2022.   «Sebbene la miocardite post-vaccinazione COVID-19 abbia una prognosi favorevole e sia considerata curabile, può lasciare anomalie nel miocardio, come osservato in questo caso; potrebbe quindi essere prematuro dichiararla una complicanza con buona prognosi», hanno affermato i ricercatori giapponesi. nel 2022.   «Dati più recenti hanno dimostrato che alcuni pazienti non si sono ancora ripresi» scrive ET. «Ciò include il 23% delle 60 persone che hanno dichiarato al CDC che almeno un anno dopo la diagnosi di miocardite, soffrivano ancora di dolore al petto».   Cicatrici cardiache sono state rilevate nelle risonanze magnetiche cardiache condotte da sette a otto mesi dopo la diagnosi di miocardite, hanno detto ricercatori israeliani il 23 marzo 2022. Ricercatori statunitensi hanno descritto risultati simili in uno studio pubblicato nello stesso periodo. Altri ricercatori statunitensi che hanno analizzato 15 adolescenti almeno 76 giorni dopo la loro dimissione da un ospedale hanno riscontrato un persistente aumento tardivo del gadolinio nell’80% dei pazienti.   Come riportato da Renovatio 21, i dati dell’esercito americano confermano il picco con l’introduzione del siero COVID. Già due anni fa uno studio sull’esercito americano confermava l’infiammazione cardiaca legata ai vaccini COVID. I dati  tratti Defense Medical Epidemiology Database (DMED) pubblicati a marzo indicavano che le diagnosi della forma di infiammazione del cuore erano aumentate del 130,5% nel 2021 rispetto alla media degli anni dal 2016 al 2020.   La miocardite, che alcuni ritengono che in forma migliore può essere causata anche dall’infezione di COVID-19, è una malattia che può portare alla morte. Casi certificati di morti per miocardite da vaccino mRNA si sono avuti sia tra giovani che tra bambini piccoli.   La consapevolezza del ruolo del vaccino nella possibile manifestazione di questa malattia cardiaca, specie nei giovaniè diffusa presso praticamente tutte le istituzioni sanitarie dei Paesi del mondo.   Disturbo fino a poco fa abbastanza raro, abbiamo visto incredibili tentativi di normalizzare la miocardite infantile con spot a cartoni animati.   Come riportato da Renovatio 21, la miocardite nello sport è oramai un fenomeno impossibile da ignorare.    
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Epidemie

L’RNA virale può persistere per 2 anni dopo il COVID-19: studio

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Un nuovo studio potrebbe spiegare perché alcune persone che contraggono il COVID-19 non tornano mai alla normalità e sperimentano invece nuove condizioni mediche come malattie cardiovascolari, disfunzioni della coagulazione, attivazione di virus latenti, diabete mellito o quello che è noto come «Long COVID» dopo l’infezione di  SARS-CoV-2. Lo riporta Epoch Times.

 

In un recente studio preliminare pubblicato su medRxiv, i ricercatori hanno condotto il primo studio di imaging con tomografia a emissione di positroni (PET) sull’attivazione delle cellule T in individui che in precedenza si erano ripresi da COVID-19 e hanno scoperto che l’infezione da SARS-CoV-2 può provocare un’attivazione persistente delle cellule T in una varietà di tessuti corporei per anni dopo i sintomi iniziali.

 

Anche nei casi clinicamente lievi di COVID-19, questo fenomeno potrebbe spiegare i cambiamenti sistemici osservati nel sistema immunitario e in quelli con sintomi COVID di lunga durata.

 

Va segnalato, ad ogni modo, la maggior parte dei partecipanti era stata vaccinata e lo studio non ha indagato il legame tra l’esistenza dell’RNA virale e la vaccinazione.

 

Per effettuare lo studio, i ricercatori hanno condotto scansioni PET di tutto il corpo di 24 partecipanti che erano stati precedentemente infettati da SARS-CoV-2 e guariti dall’infezione acuta in momenti che vanno da 27 a 910 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi di COVID-19.

 

Una scansione PET è un test di imaging che utilizza un farmaco radioattivo chiamato tracciante per valutare la funzione metabolica o biochimica di tessuti e organi e può rivelare un’attività metabolica sia normale che anormale. Il tracciante viene solitamente iniettato nella mano o nella vena del braccio e si raccoglie in aree del corpo con livelli più elevati di attività metabolica o biochimica, che possono rivelare la sede della malattia.

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Utilizzando un nuovo agente radiofarmaceutico che rileva molecole specifiche associate a un tipo di globuli bianchi chiamati linfociti T, i ricercatori hanno scoperto che l’assorbimento del tracciante era significativamente più elevato nei partecipanti alla fase post-acuta di COVID-19 rispetto ai controlli pre-pandemia nel tronco cerebrale, nella colonna vertebrale midollo osseo, tessuto linfoide nasofaringeo e ilare, tessuti cardiopolmonari e parete intestinale.

 

Tra maschi e femmine, i partecipanti maschi tendevano ad avere un assorbimento maggiore nelle tonsille faringee, nella parete rettale e nel tessuto linfoide ilare rispetto ai partecipanti femmine.

 

I ricercatori hanno specificatamente identificato l’RNA cellulare del SARS-CoV-2 nei tessuti intestinali di tutti i partecipanti con sintomi da Long COVID che si erano sottoposti a biopsia in assenza di reinfenzione, con un range da 158 a 676 giorni dopo essersi inizialmente ammalati di COVID.

 

Ciò suggerisce che la persistenza del virus nel tessuto potrebbe essere associata a problemi immunologici a lungo termine.

 

Sebbene l’assorbimento del tracciante in alcuni tessuti sembrasse diminuire con il tempo, i livelli rimanevano comunque elevati rispetto al gruppo di controllo di volontari sani pre-pandemia.

 

«Questi dati estendono in modo significativo le osservazioni precedenti di una risposta immunitaria cellulare duratura e disfunzionale alla SARS-CoV-2 e suggeriscono che l’infezione da SARS-CoV-2 potrebbe portare a un nuovo stato stazionario immunologico negli anni successivi a COVID-19», scrivono i ricercatori.

 

I risultati hanno mostrato un «assorbimento leggermente più elevato» dell’agente nel midollo spinale, nei linfonodi ilari e nella parete del colon/retto nei soggetti con sintomi COVID prolungati.

 

Nei partecipanti con COVID lungo che hanno riportato cinque o più sintomi al momento dell’imaging, i ricercatori hanno osservato livelli più elevati di marcatori infiammatori, «comprese le proteine ​​coinvolte nelle risposte immunitarie, nella segnalazione delle chemochine, nelle risposte infiammatorie e nello sviluppo del sistema nervoso».

 

Rispetto sia ai controlli pre-pandemia che ai partecipanti che avevano avuto il COVID-19 e si erano completamente ripresi, le persone con Long COVID hanno mostrato una maggiore attivazione delle cellule T nel midollo spinale e nella parete intestinale.

I ricercatori attribuiscono i loro risultati all’infezione da SARS-CoV-2, sebbene tutti i partecipanti tranne uno avessero ricevuto almeno una vaccinazione COVID-19 prima dell’imaging PET.

 

Per ridurre al minimo l’impatto della vaccinazione sull’attivazione delle cellule T, l’imaging PET è stato eseguito a più di 60 giorni da qualsiasi dose di vaccino, ad eccezione di un partecipante che ha ricevuto una dose di vaccino di richiamo sei giorni prima dell’imaging. Sono stati esclusi gli altri che avevano fatto un vaccino COVID-19 entro quattro settimane dall’imaging, scrive Epoch Times.

 

I ricercatori hanno affermato che il loro studio presentava diversi altri limiti, tra cui dimensioni ridotte del campione, studi correlati limitati, varianti in evoluzione, lancio rapido e incoerente dei vaccini COVID-19, che hanno richiesto loro di modificare i protocolli di imaging, utilizzando individui pre-pandemici come controlli e l’estrema difficoltà di trovare persone che non fossero mai state infettate dal SARS-CoV-2.

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«In sintesi, i nostri risultati forniscono prove provocatorie dell’attivazione del sistema immunitario a lungo termine in diversi tessuti specifici in seguito all’infezione da SARS-CoV-2, compresi quelli che presentano sintomi COVID lunghi», concludono i ricercatori. «Abbiamo identificato che la persistenza del SARS-CoV-2 è un potenziale motore di questo stato immunitario attivato e mostriamo che l’RNA del SARS-CoV-2 può persistere nel tessuto intestinale per quasi 2 anni dopo l’infezione iniziale».

 

Come riportato da Renovatio 21, già un anno fa la stampa mainstream aveva cominciato ad ammettere che forse «i vaccini potrebbero non prevenire molti sintomi del Long COVID, come ha scritto il Washington Post.

 

Nella primavere 2022 il professor Harald Matthes dell’ospedale di Berlino Charité aveva dichiarato di aver registrato 40 volte più «effetti collaterali gravi» delle vaccinazioni contro il COVID -19 rispetto a quanto riconosciuto da fonti ufficiali tedesche.

 

Matthes aveva delle strutture che sarebbero chiamate a curare i pazienti con complicazioni vaccinali: «Abbiamo già diversi ambulatori speciali per il trattamento delle conseguenze a lungo termine della malattia COVID», spiega il prof. Matthes. «Molti quadri clinici noti da “Long COVID” corrispondono a quelli che si verificano come effetti collaterali della vaccinazione».

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