Persecuzioni
Proiettili di gomma contro le chiese protestanti indipendenti vietnamite
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Y Hung Ayun della chiesa domestica di Tara Puor la scorsa domenica è rimasto vittima di un agguato: due uomini con il volto coperto lo hanno colpito al ginocchio. Le Chiese indipendenti in Vietnam, non approvate dal governo, sono sovegliate dalle autorità che confiscano Bibbie e beni. A settembre minacciato anche Y Pho Eban, 57 anni, del villaggio Cue: «Non ci è permesso riunirci”.
«Mi hanno attaccato per avvertirmi che dovrei ritirarmi e tornare alla Chiesa evangelica del Vietnam [approvata dal governo]». Sono le parole condivise con Radio Free Asia dal pastore Y Hung Ayun, 62 anni, mostrando il livido sul ginocchio causato dai proiettili di gomma, che l’hanno colpito nel villaggio di Tara Puor, nella provincia vietnamita di Dak Lak, domenica 1 dicembre.
Il religioso appartenente alla minoranza etnica Ê-đê sovrintende la chiesa domestica del villaggio. È stato vittima di un agguato mentre tornava a casa: due uomini con il volto coperto l’hanno accostato, uno dei due ha estratto una pistola e gli ha sparato due volte con proiettili di gomma al ginocchio sinistro e poi si sono allontanati.
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Non è una novità che le autorità sorveglino da vicino le chiese indipendenti, intimidendo pastori e fedeli. Tra le molestie risultano interruzioni e limitazioni delle attività religiose, confisca di Bibbie, telefoni cellulari, computer e contanti, come spiega la sezione dedicata al Vietnam del rapporto del 2024 della Commissione degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale.
Alla violenza non è seguita una denuncia alla polizia locale. Y Hung ha detto di non aver riportato l’accaduto, anche se il giorno dopo l’attacco gli agenti locali sono passati da casa sua per «fargli visita», ma lui non c’era. Il pastore in passato aveva scontato nove anni di carcere per «aver minato la politica di solidarietà nazionale».
Dopo aver completato la libertà vigilata, nel 2017 ha partecipato a un corso di formazione per diventare pastore. Da allora, è stato monitorato da vicino dalle forze dell’ordine che hanno installato telecamere di sicurezza per sorvegliare la sua casa e gli hanno chiesto di avvisarli quando si allontana per lunghi viaggi, riporta sempre Radio Free Asia.
Un episodio simili è capitato anche lo scorso 25 settembre a un altro pastore, Y Pho Eban, 57 anni, guida di una chiesa indipendente nel villaggio di Cue. Venne colpito alla gamba il mentre tagliava l’erba nel suo campo di caffè. Il pastore è caduto a terra, senza sapere chi gli avesse sparato. L’attacco gli ha lasciato una ferita sanguinante: un buco profondo nella gamba che ha danneggiato anche le ossa. La famiglia di Y Pho lo ha mandato in ospedale per permettere a un medico di rimuovere il proiettile e curare la ferita, ma non riesce ancora a camminare.
Anche Y Pho ha detto di non aver denunciato l’incidente alle autorità locali. «Mi odiano perché curo il culto di una chiesa domestica, che loro vietano assolutamente», ha detto a Radio Free Asia. «Hanno detto che non ci è permesso riunirci. Ogni volta che mi convocano alla sede del comune, minacciano me e la mia famiglia». Y Pho ha detto di credere che gli abbiano sparato perché è il leader di una chiesa protestante indipendente con 200 seguaci nel suo villaggio.
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Y Quynh Bdap, 32 anni, figlio del pastore di Cue e fondatore del gruppo Montagnards Stand for Justice, è stato processato in contumacia da un tribunale vietnamita a gennaio in relazione all’attacco del giugno 2023 a due uffici governativi nella provincia di Dak Lak che ha causato nove morti. Ha negato di essere coinvolto nell’incidente.
Il Vietnam ha chiesto alla vicina Thailandia di estradare l’attivista, nonostante il timore che possa subire torture o la morte in caso di rimpatrio.
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Immagine da AsiaNews
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Persecuzioni
La Turchia espelle i cristiani perché minacciano la sicurezza nazionale
In Turchia i cristiani vengono espulsi dal Paese con l’accusa di rappresentare una «minaccia alla sicurezza nazionale». Lo riporta LifeSite.
Durante la conferenza sui diritti umani tenutasi a Varsavia il 13 ottobre, Lidia Rieder, esperta legale di Alliance Defending Freedom International, ha denunciato che i cristiani sono nel mirino del governo turco. «Classificare i pacifici residenti cristiani come “minacce alla sicurezza” è un evidente abuso del diritto e un attacco alla libertà religiosa», ha dichiarato le Rieder. «Quando i governi manipolano i sistemi amministrativi o di immigrazione per escludere le persone solo per la loro fede, ciò compromette lo stato di diritto e i principi di tolleranza e coesistenza pacifica che l’OSCE è stata creata per difendere».
La popolazione turca è composta per circa il 99% da musulmani, con meno dell’1% di cristiani. Sotto il governo autoritario di destra di Recep Erdogan, la Turchia riveste un ruolo geopolitico chiave grazie alla sua posizione strategica tra Europa e Medio Oriente. Sebbene membro della NATO, mantiene stretti legami con paesi musulmani come Qatar e Azerbaigian, che di recente, con il supporto di armi turche, hanno costretto oltre 100.000 cristiani a fuggire dal Nagorno-Karabakh verso l’Armenia.
Un comunicato di ADF ha riportato che dal 2020 «più di 200 lavoratori cristiani stranieri e le loro famiglie, circa 350 persone, sono stati espulsi dalla Turchia, molti dei quali residenti da decenni». Il ministero degli Interni ha assegnato a questi individui «codici di sicurezza» come N-82 e G-87, vietandone il rientro e classificandoli come minacce alla sicurezza nazionale.
Un rapporto del 2024 della Freedom of Belief Initiative ha confermato le conclusioni di ADF, indicando i cristiani come la minoranza religiosa più perseguitata in Turchia, con oltre 50 episodi di violenza contro di loro dal 2020.
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Interpellata da Fox News Digital, l’ambasciata turca a Washington ha rimandato a una dichiarazione del Centro per il Contrasto alla Disinformazione del Paese, che il 15 ottobre ha respinto le accuse di Rieder, definendole «infondate e parte di una campagna di disinformazione deliberata». «Il rispetto delle fedi e il pluralismo sono elementi essenziali dell’ordine democratico del nostro Paese», si legge. «La Turchia, come ogni Stato sovrano, può adottare decisioni amministrative sui cittadini stranieri per vari motivi, come violazioni dei visti, disturbi dell’ordine pubblico o mancanza di permessi legali».
Rieder ha citato il caso Wiest contro Turchia, che sarà esaminato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il caso riguarda Kenneth Wiest, un cristiano americano residente legalmente in Turchia per oltre trent’anni, a cui è stato negato il rientro nel 2019 senza prove di illeciti.
«I divieti di ingresso e le espulsioni sono sempre più usati per silenziare i lavoratori cristiani stranieri, mentre la formazione teologica rimane fortemente limitata», ha affermato ADF. «Ai seminari protestanti è negato lo status legale, l’educazione biblica è vietata, mentre i corsi di teologia islamica sono permessi sotto supervisione statale. Anche le proprietà ecclesiastiche subiscono restrizioni ingiuste, con comunità come quella protestante di Bursa costrette ad abbandonare luoghi di culto storici».
Come riportato da Renovatio 21, in questi anni la Turchia è stata teatro di attacchi contro chiese, come quello nel quartiere Sariyer di Costantinopoli, ascritto all’ISIS. Vi è inoltre il fenomeno di cristiani uccisi in storie su dispute su terreni. La persecuzione anticristiana è parimenti alimentata dall’islam e dal nazionalismo turco.
Bombe turche hanno distrutto una chiesa assira nel Nord-Est della Siria tre anni fa. Altri luoghi sacri cristiani, come Santa Sofia (convertita all’Islam alla presenza dell’Erdogano) e Chora (dove sono stati coperti affreschi e mosaici, e dove persino il museo diviene luogo di culto musulmano) a Costantinopoli e la cattedrale di Ani sono divenute moschee.
All’inizio di questa settimana, l’organizzazione Aiuto alla Chiesa che Soffre ha pubblicato il rapporto 2025 sulla persecuzione religiosa globale, evidenziando che 5,4 sugli 8 miliardi di persone del pianeta subiscono discriminazioni per le loro convinzioni religiose. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha espresso preoccupazione martedì, affermando che «uomini e donne meritano ovunque libertà da ogni forma di coercizione in materia di fede».
Come riportato da Renovatio 21, il Parolin ha negato che in Nigeria vi sia in atto una persecuzione di cristiani: quello nigeriano «non è un conflitto religioso, è più un conflitto di tipo sociale, per esempio tra gli allevatori e gli agricoltori», ha dichiarato il segretario di Stato Vaticano, suscitando gli strali di monsignor Carlo Maria Viganò.
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Immagine dalla chiesa di Santa Irene, Costantinopoli
Immagine di Carole Raddato via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Persecuzioni
Ultras rumeni espongono lo striscione «Difendiamo i cristiani nigeriani» durante le qualificazioni ai Mondiali
La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse. Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.‘Defend Nigerian Christians’ Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l
— Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
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