Civiltà
Prepararsi. Confessioni e consigli
Volevo pubblicare qualcosa già a fine gennaio, non lo ho fatto perché – forse ora posso ammetterlo – mi vergognavo.
Ho cominciato a fare scorte, cioè a prepararmi per un periodo completamente fuori dall’ordinario, un mese e mezzo fa. Certo, non ho cominciato con lo stesso ritmo di tre-quattro settimane fa, quando ho fatto, svenandomi, i carichi finali.
Ho continuato, da gennaio a febbraio, a lavorare, a fare conferenze, eventi, incontri. Ho resistito all’idea di stivare subito la quantità che reputo giusta (diciamo, un mese di scorte) perché una parte di me ci pensava giorno e notte, ma chiunque intorno a me mi trascinava verso il contrario. Mi limitavo a prendere, ad ogni spesa, una dose omeopatica di cibo di preparazione.
Si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19
Poi, per fortuna, ho ascoltato solo me stesso, e ho completato la scorta. Almeno da quel punto di vista ora ho sistemato: e non è poco, in un mondo dove ad uscire di casa si rischia una denuncia, o un’infezione che può uccidere te o i tuoi cari.
Ho cominciato a scrivere del Coronavirus a gennaio, e lo ho preso sul serio perché all’epoca avevo preso sul serio H5N1 (qualcuno lo ricorda? io sì). Ma tutto fuori mi tirava da un’altra parte. I lavori vanno avanti, i bambini devono andare a scuola, le istituzioni fischiettano…
Puoi conoscere La Collina dei conigli, lo stupendo racconto con il coniglio che prevede la fine della sua conigliera ma viene preso per scemo, e quindi deve partire con pochi altri simili per salvarsi e continuare la società coniglia. Si tratta con evidenza della riedizione di miti ancestrali. Cassandra, Noè… ma anche questa storia – anche il mito – non ti aiutano a vincere il rumore di fondo del mondo moderno, la cui funzione precipua è, appunto, uccidere i miti.
Lo stigma sociale del resto è grande: sei un paranoico, sei uno strano. Diventerai, negli anni a venire, uno che citeremo nelle barzellette. Tu e le tue teorie: finché ce le racconti nei libri, a cena, alle conferenze, va bene. Ma dai, è cultura che hai, è intrattenimento che ci offri: non riguarda la nostra vita reale.
Ora però vedo che si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19.
Lo stigma dei prepper (come chiamano in america quelli convinti dell’imminenza dell’apocalisse e che accumulano cibo a lunga conservazione e armi – queste ultime non consentite in Italia) non è sparito del tutto. Il prepping era associato alle sette religiose, alle «milizie» della destra americana, cose così. Tuttavia negli ultimi anni esso è balzato su un’altra nicchia, sociopoliticamente opposta: i ricchi.
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane. I paperoni hanno tutti un piano di fuga in caso di fine del mondo. Ci sono agenzie specializzate in un pacchetto completo, per cui ti prelevano in elicottero ovunque tu sia, e ti portano subito su una barca per lasciare la terraferma in preda al caos. Ci sono ex hangar sotterranei che ospitavano i missili balistici riconvertiti ora in apocalittici condomini di lusso.
Peter Thiel, un investitore filosofo che ammiro molto (quello che, dando i primi 500.000 dollari a Facebook ha fatto il più grande investimento che si ricordi), da un decennio si è perfino procurato la cittadinanza neozelandese. La terra dei Kiwi è talmente lontana che forse l’apocalisse si dimentica di arrivare fin lì, o arriva tardi: e se hai una casa isolata nel verde, con l’acqua e gli animali, sei in teoria a posto. In teoria.
Il fatto che l’oculata élite miliardaria (in ispecie quella che ha fatto i soldi con la tecnologia e la finanza) spenda i suoi danari su questa prospettiva la dice già di per sé lunghissima su tante cose: sui loro meriti, sulla totale mancanza di collante tra i vertici della società e chi vi sta sotto. L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro.
L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro
Ho letto qualche anno fa una testimonianza grottesca, spiazzante. Un signore esperto di temi di sopravvivenza, invitato a parlare ad un simposio di ricconi, raccontava di aver ricevuto una domanda precisa: quando anche il danaro perde il suo valore, come faccio a ottenere ubbidienza dai miei sottoposti (dal mio cameriere, dall’autista, dal bodyguard, dall’amante)? La risposta che i miliardari per lo più davano a se stessi si incentrava su collari in grado di dare delle scosse elettriche a comando, e chiedevano conferma all’esperto.
La questione della preparazione al collasso sociale, quindi, non riguarda più solo gli spostati – riguarda anche chi tiene in mano qualche filo (economico e quindi politico) della nostra vita.
Eh sì che si tratta di un istinto così radicato in me. Penso ai nonni, ai bisnonni, ai trisavoli – al granaio. A quell’accumulo nascosto che ti consente di superare l’inverno, come un animale letargico. E forse anche più di un inverno: magari riesci pure a sopravvivere ad un anno senza estate, come accadde nel 1816 – sì, lo abbiamo avuto, 203 anni prima di Greta Thunberg.
Ora rischiamo di passare chiusi in casa un anno senza estate, pur avendo, a differenza del 1816, l’estate. Per questo il granaio è ancora più importante. Perché ad impazzire non è la natura, o almeno non solo. Ad impazzire potrebbero essere gli uomini.
Confessioni
Poi ho visto che perfino Technology Review, la rivista di divulgazione del MIT di cui sono felice abbonato, ne ha parlato con franchezza.
Sono un lettore accanito di Antonio Regalado, il reporter scientifico delle questioni lifescience (le tecnologie legate alle scienze della vita), e da cui – per posizioni bioetiche – credo di essere lontano anni luce. Ho quindi visto con sorpresa quando ha pubblicato l’articolo «How to prepare for the coronavirus like a pro», «Come prepararsi al Coronavirus da professionista».
«Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi»
Si scopre così che il prepping, con il fenomeno che gli americani chiamano trickle down (effetto a cascata) sta filtrando giù dall’élite verso anche la classe intellettuale. «Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi, incluso me», dice.
Rispetto all’abituale ottimismo che il MIT squaderna al mondo a piene mani, il quadro che offre Regalado è piuttosto fosco. «Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile».
«Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile»
«Quanti giorni di cibo ha la tua città? Quante macchine di ventilazione extra ci sono nel tuo ospedale più vicino? Potrebbe essere meno di quanto pensi. Un mese fa, immagazzinare qualsiasi cosa a Boston sarebbe sembrato un po’ folle per qualcuno come me, lontano dal centro dell’epidemia di coronavirus che si diffonde in Cina. Quando ho iniziato ad accumulare tute protettive, guanti sterili e sacchi di patate, non ho fatto pubblicità. Sarei sembrato quello strano, paranoico».
Benvenuto nel club, Antonio.
I Centri statunitensi per il controllo delle malattie hanno avvertito che una «perturbazione significativa» della vita americana è inevitabile e il dipartimento sanitario delle Hawaii ha consigliato alle persone di avere due settimane di forniture di emergenza a casa. Il mercato azionario è in caduta libera. Anche il vice presidente dell’Iran è malato.
«Mentre parlavo con i miei contatti – molti di loro scienziati, fondatori di startup e investitori che seguivano da vicino le tendenze tecnologiche – ho sentito storie di persone che affittano chalet in luoghi remoti e altri che hanno liquidato interamente i loro portafogli azionari».
Uno dei casi più interessanti è quello di Jamie Heywood un imprenditore sanitario e cofondatore di PatientsLikeMe. Egli, dice Regalado, «mi ha detto che è sempre pronto a sopravvivere per un lungo periodo senza risorse esterne. Ora ha aggiunto alcuni nuovi materiali, come le maschere respiratorie. Ha a casa quella che è fondamentalmente un’unità di terapia intensiva a bassa tecnologia. Se qualcuno nella sua famiglia si ammala, vuole essere in grado di prendersi cura di loro, nel caso in cui gli ospedali siano sopraffatti».
Il signor Heywood, che si scopre aver lavorato al CDC (il controverso centro statale per le malattie infettive americano), aveva previsto quello che la sanità italiana (e la politica, e tutti noi, e per decenni) ha mancato di vedere: le terapie intensive sono il punto debole della società. Si è fatto una T.I. privata, in grado di curare i suoi cari senza passare per il disordine in cui possono cadere gli ospedali, o le liste della morte utilitaristica che decidono che tua madre muore perché è arrivato un paziente più giovane e sano.
«La mia ipotesi è che tutti i membri della mia famiglia avranno questo virus ad un certo punto, ma penso che io possa ritardarlo. Il valore del ritardo può essere sostanziale, per la società e per me».
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente»
La polemica per i respiratori in libera vendita su Alibaba, esauriti o scambiati a prezzi folli, assume un’altra luce. Sappiamo chi può averli comprati: coloro che hanno intuito ancora tempo fa cosa stava succedendo.
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente» afferma Heywood, preoccupato per quali significative interruzioni della catena di approvvigionamento possa significare per «una società con solo settimane di cibo sugli scaffali».
Poi parla del suo periodo presso il CDC: «la cosa con cui sono venuto via è una domanda sull’equilibrio tra efficienza, capitalismo, che porta la capacità di archiviazione il più vicino possibile allo zero e rende le reti di consegna il più sottili possibile. Funziona bene in un ambiente stabile. Ma che dire durante un’interruzione di tutto? Immagina che Amazon arrivi a Natale senza preparazione. Questa è una pandemia».
La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più
In due parole: anche quelli che lavoravano alle prospettive pandemiche nelle istituzioni, quelli intelligenti, quelli benestanti e non catastrofisti, quelli che in Italia voterebbero PD vi confessano spudoratamente: preparatevi. La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più.
Consigli
È oramai tardi, tuttavia ci permettiamo di darvi qualche consiglio, perché non lo è troppo: dall’Arizona e da Nuova York mi arrivano foto di amici che ritraggono scaffali vuoti, in Italia c’è ancora un po’ di disponibilità.
App per la spesa: se potete evitare di muovervi da casa, meglio
Amazon funziona ancora, così come – mi dicono – le app di alcune catene della GDO. Se potete evitare di muovervi da casa, meglio. Accertatevi che possano consegnarvi grosse quantità di merce. Grosse può significare: diversi carrelli.
Pensateci: anche se i supermercati non dovessero chiudere totalmente (come da prospettiva dell’hardcore prepper), potrebbe comunque divenire sempre più difficile, o sgradevole, andare a fare la spesa.
Procediamo con la lista, è semplice. Il cuore della scorta:
Un mese di cibo a lunga conservazione:
- Un mese di cibo a lunga conservazione: cibo in scatola, soprattutto, minestroni, legumi, etc. Nei supermercati italiani abbiamo i pacchi da 5kg di pasta, non costano molto di più di €5. Lo stesso dicasi per il riso, ci sono i pacchi da 5kg, ma ne possono esistere anche da 10kg e ne ho visto sacchi di juta da 20kg. Le conserve di pomodoro già 2 settimane fa cominciavano a scarseggiare, esistono le latte maxi da diversi chili: attenzione, però, una volta che le aprite, dovete consumarle. L’olio in casa non deve mancare. Se siete di quelli che panificano, con la farina ricordatevi il lievito e gli altri ingredienti. Frutta secca. Nocciole, arachidi: non vanno a male e sono calorimetricamente potentissime, in un momento difficile possono essere molto utili. Molti stanno mettendo carne in freezer, non è sbagliato, tuttavia nello scenario in cui manchi la luce (anche temporaneamente) sarebbe un carico perso: a molti fa schifo, ma la Simmenthal è una soluzione, e non è ancora troppo considerata dal consumatore italiano. Personalmente, da produttore domestico di Biltong (specialità sudafricana), ho essicato vari chili di carne. Lo stesso discorso consideratelo per i surgelati in generale. Latte Zymil, a lunghissima conservazione. Biscotti secchi a volontà, per i panificati, privilegiate. Se avete bambini, gli omogeneizzati non dimenticateveli, il latte in polvere di determinate marche già ad inizio della crisi cominciava temporaneamente a non esserci. Se nella vostra zona l’acqua pubblica non è un granché, procedete a prendere casse e casse di acqua minerale, facendo attenzione perché è economica ma voluminosa e difficile da portare fuori dal supermercato insieme al resto della scorta.
Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine
- Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine: le farmacie al momento sono aperte, ma se mai dovessero chiudere per un mese se avete qualche cosa di fondamentale per la vostra salute prescritto dal medico (insulina, etc.) dovete trovare il modo di fare scorta. Gli antibiotici, medicinale che non posso amare, possono essere utili in situazioni avverse in mancanza di supporto diretto. Se avete a cuore l’uso di integratori parafarmaceutici, prendetene multipli di quello che prendereste normalmente.
Carta per pulire
- Carta per pulire: la carta igienica, negli USA, è sparita subito. Anche gli altri tipi di carta da pulire (fazzoletti, panni, etc.) vanno accumulati ed usati in casa con parsimonia. Considerate che in caso di raffreddore, carta per l’igiene umana potrebbe essere usata in modo massivo. Chi ha bambini ricordi i pannolini (tanti). Le donne facciano un pensiero su quegli scaffali indicati pudicamente nei supermercati come «igiene periodica».
Disinfettante
- Disinfettante: la prima cosa che nell’ilarità collettiva è scomparsa è l’amuchina. Oltre all’alcol disinfettante, o all’aceto, qualcuno ha fatto scorte di vodka in funzione non inebriante ma antisettica. Anche qui, Worst Case Scenario. Non me la sento di riderne. Al massimo ne sorrideremo alla fine di tutto, quando la si potrà usare con un cocktail spettacolare, magari con l’azoto liquido (scrivo così ma non so se giocherò mai più con l’azoto liquido).
Carburante
- Carburante: se avete delle taniche, riempitele. Per il resto, fate il pieno il prima possibile, e il più spesso possibile.
Ci sono aggiunte a piacere alla lista. C’è chi ha aggiunto quantità di vitamina C (io ho con me polvere di acido ascorbico, più diversi barattoli di integratori di minerali e di vitamine varie comprati all’ingrosso). C’è chi necessita di rasoi. C’è chi aggiunge le trappole per topi: servono a proteggere la scorta in certi ambienti.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa
Se volete comprare un elettrodomestico – i negozi di elettronica sono aperti – non posso che consigliare che una macchina per il sottovuoto, Oramai se ne trovano anche sui €50. Negli anni ne ho distribuite alle varie regioni della famiglia. Vi può aiutare a conservare il cibo, ed è utilissima per avanzi e frattaglie. Se la comprate, ricordatevi di comprare anche i sacchetti, della dimensione e della quantità giusta.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile. Già prima che si creassero le code – che capite bene che, almeno quelle, ho evitato – nei primi giorni di crisi era percepibile un certo nervosismo tra i clienti (una corsia è stretta e non assicura il metro di distanza richiesto), e la possibilità che esso degeneri è concreta. Parimenti, il metro di distanza non crea solo le code in entrata, crea code anche in uscita: la fila in cassa diviene più lunga, finisce tra gli scaffali, causando ancora più disordine.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile
Il consiglio che diamo quindi è trovare un supermercato che apre prestissimo (alle 8:00 o prima), come quelli che con una funzione tipo ingrosso servono anche le attività di ristorazione. A quell’ora c’è decisamente meno gente, soprattutto se ne scegliete uno raggiungibile solo con la macchina, fuori dall’area cittadina – certo, se esso non è quello pià prossimo andarci vi espone al rischio che ad un eventuale controllo vi chiedano «perché non è andato vicino a casa sua».
Portate con voi già i sacchetti da casa, ma non imbustate in cassa: dovete minimizzare il tempo di permanenza in un luogo dove l’infezione potrebbe avvenire, o dove comunque la tensione sale e qualcuno potrebbe uscire dal seminato.
Parcheggiate lontano dall’entrata
Parimenti, la quantità di cose che comprerete riempirà lo scivolo della cassa, quindi quello che dovete fare è mettere tutto subito nel carrello, sul cui gancio vanno appesi alcuni sacchetti (di quelli solidi, chiaro) che avrete portato da casa riempiti dei prodotti. Quello che non imbustate nei sacchetti appesi, lo imbusterete in macchina: parcheggiatela lontano dall’entrata, nelle file più remote dove in genere non c’è nessuno. Là, con il bagagliaio aperto, avrete tutto il tempo per insacchettare con calma e con raziocinio.
Pagate con la plastica
Cercate di pagare con la plastica.
Non è consentito fare la spesa in due, lo sapete. Questo è un problema perché un carrello non potrebbe bastarvi. Negli esercizi che lo hanno, prendete uno di quei carrelli bassi, tipo montacarichi. Soprattutto l’acqua minerale e la carta igienica portano via tantissimo spazio. In caso, prendete sia un carrello che quei carrellini tipo trolley, o le sporte. Sarete goffi a vedersi, ma non gliene frega niente a nessuno, e siete pure mascherati (e mi raccomando, guantati).
C’è un capitolo che manca: quello della difesa personale.
Il collasso sociale è possibile: prima gli ospedali, poi i supermercati, e solo dopo le prime irruzioni nelle abitazioni private
Chi mi segue sa come la penso: il collasso sociale è possibile, e con le rivolte simultanee nelle carceri e le bande che si picchiano in strada a Milano la parte più ferale ha fatto capire che sta odorando la debolezza dello Stato in questo momento. Dovrebbero collassare (predizione: prima a Napoli e al Sud, a Roma, forse a Milano) prima gli ospedali, quindi esserci disordini nei supermercati, e solo poi esserci le prime irruzioni nelle abitazioni private.
La casa è un tabù – se qualcuno ci sta dentro. Qualcuno che vi entra in casa lo fa a grande rischio: di beccarsi tanti anni di gabbio, ma anche di trovare qualcuno dentro che si difende. Questo non è detto che lo sappiano tutti, specialmente quando lo Stato che ti mette il gabbio arriva a perdere il controllo e i cittadini paiono degli animali in gabbia spaventati.
Nel caso, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari
Nella milionata di africani che abbiamo importato a nostre spese, sicuramente c’è qualcuno che una situazione di collasso dello Stato sa cos’è, perché magari proveniente da società in collasso permanente, dove le razzie dei villaggi non sono ricordi lontani.
Che ad ogni modo le prime bande ad agglutinarsi per il pillage siano africane, nordafricane o molisane (la regione meno positiva al C19 in Italia), pochissimo importa.
In Italia non abbiamo gli stupendi emendamenti della Costituzione americana, quindi nessuna arma in libera vendita. In Italia la giustizia poi ha dimostrato spesso di avere una sua idea della legittima difesa. Ciò detto, non posso fare che consigliare quello che sto dicendo a tutti coloro che me lo chiedono: nel caso succedesse, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari.
Non ho molto altro da aggiungere.
Fatelo subito prima che chiudano del tutto i supermercati
Posso dire che, anche per motivi fisici e spirituali, ma soprattutto per esperimento strategico funzionale al momento, in questi giorni sto digiunando. Sto riabituando il corpo, e lo spirito, alla privazione, perché quello che ci dipingono ora, anche nel post-C19, è un mondo in crash economico, nel quale chissà come sarà mangiare, uscire, viaggiare in aereo, far vacanza. Tutte cose che chissà se torneranno. Tutte cose di cui, da anni, ho imparato a fare a meno.
Il digiuno ha come effetto principale la lucidità. Ho scritto quindi queste righe al massimo della precisione fisiologica della mia mente. Sicuramente però qualcosa mi sarà sfuggito: capiterà anche a voi, e come me dovrete tornare al supermercato a comprare.
Fatelo subito prima che lo chiudano del tutto, però.
Roberto Dal Bosco
Civiltà
Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana
Circola da ieri in rete l’indignazione per il nuovo spot pubblicitario di un noto marchio di patatine.
La storia è raccontata con il linguaggio tipico della pubblicità TV: mentre sullo sfondo odiamo la melodia dell’Ave Maria di Schubert, vediamo un gruppo di novizie di un convento che si allinea per ricevere la comunione dalle mani del parroco. Tuttavia, la prima a ricevere l’ostia consacrata si ritrova a masticare una patatina. Scopriamo quindi una suora ai margini del gruppo fa lo stesso direttamente dalla busta.
In pratica, una suora ha sostituito la Santa Eucarestia con delle patatine fritte prodotto industrialmente. La voce fuori capo è di una femmina che con voce languida dice «Il divino quotidiano».
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Il canale YouTube della casa di produzione specializzata in pubblicità, che sul sito dice di essere il marchio di una società a responsabilità limitata con sede in una località termale austriaca, ha caricato il video ieri. Al momento è ancora visibile.
È segnato il nome del regista, Dario Piana, che spiega il linguaggio classico, qualcuno direbbe un po’ antiquato, del filmato: si tratta di uno dei più grandi nomi della pubblicità TV italiana, certo forse conosciuto poco oltre la cerchia dei pubblicitari milanesi e della loro filiera, uno specialista ultrasettantenne con decenni di esperienza fatti negli anni d’oro dell’ascesa delle réclame nelle TV berlusconiane, una firma-garanzia vista per qualche ragione come il pinnacolo cui aspirare per chi vuole fare uno spottone per un’aziendona.
La pubblicità, scrivono i giornali, sarebbe visibile nei canali social dell’azienda, che ricordiamo è nota per aver fatto in passato spot con l’attore pornografico Rocco Siffredi, e polemiche per lo slogan scelto per la campagna pubblicitaria – «la patata tira».
Era inevitabile che i cattolici si incazzassero. Ha chiesto l’immediata sospensione dello spot che «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti» una sigla chiamata AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione), che mai avevamo sentito prima e che dicono sia di ispirazione cattolica.
Secondo l’associazione dei catto-ascoltatori cui sarebbe oltraggioso «banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata», e si potrebbe parlare di un vero ricorso alla blasfemia: «strappare un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità», dicono.
«Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?».
Notiamo che siamo davanti ad una posizione moderata. Quanto mostrato è gravissimo: perché la Santa Eucarestia è il centro della religione cristiana, o meglio è Cristo stesso, è Dio stesso.
L’Eucarestia è il miracolo fondamentale della fede cattolica. Insultare la Santa Comunione è offendere la Fede, e direttamente Dio in persona. Quei cattolici che credono si tratti di un atto perfettamente equivalente alla bestemmia, ragionano con logica basica, inevitabile.
Non per scandalizzarci, tuttavia, che scriviamo, aggiungendosi a quanti ora si battono il petto. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di avvocati denunciò un cantante del concerto dei sindacati – quello del 1° maggio, dove ora si tifa per armi ucraine e vaccini – per aver simulato l’atto di consacrazione dell’Eucarestia con un preservativo – grande provocazione, davvero… se poi un giorno ci spiegano pure perché uno deve rivendicare felice di coprirsi la parte più sensibile del suo corpo con un pezzo di gomma sintetica che per soprammercato lo sterilizza). Non sappiamo quanta strada abbia fatto quella denunzia…
Non è la blasfemia ad essere rilevante qui, ma il come possa, contro ogni logica, essere prodotta. Perché c’è un grosso problema in tutta la storiella dello spot raccontato.
La trama è palesemente incongrua ed irreale, per il motivo semplice che prima di venire data ai fedeli, l’eucarestia viene consacrata. Che vuol dire, perfino nel rito postconciliare, innalzata dal sacerdote che pronuncia le formule necessarie a che avvenga la transustanziazione. Cioè: il prete della finzione pubblicitaria, avrebbe dovuto accorgersi che stava consacrando delle patatine. E nel caso il sacerdote fosse orbo od ubriaco, se ne sarebbero accorti i chierichetti, i fedeli, tutti.
In pratica: chi ha scritto e girato e mandato in giro lo spot, sembra ignorare come funziona una Messa, come funziona la Comunione. Ciò potrebbe includere una discreta quantità di persone che vanno dai geniali pubblicitari che l’hanno pensata, ai committenti che l’hanno accettata, ai produttori, al regista, alle maestranze presenti, agli attori, ai montatori, all’ufficio marketing dell’azienda, etc. Tanta gente. Nessuno a cui sia venuto il dubbio: ma non è che questa storia della pisside piena di patatine non tiene? Non è che qualcuno si può accorgere di questo errore narrativo gigantesco – quello che in gergo cinematografico è chiamato «buco di sceneggiatura»?
Qui, secondo noi, sta il vero scandalo. La società è talmente decristianizzata che pure nella blasfemia non c’è conoscenza della tradizione cattolica che si va a negare, o deridere, o anche solo a criticare. Non hanno idea di come sia fatta, eppure vogliono usare la chiesa cattolica e le sue forme, ci si avvicinano appena possono – un fenomeno che appare chiaro anche nel mondo LGBT, dove alla prima fessura che si apre gli attivisti omotransessualisti si ficcano nelle cattedrali, come visto nel caso di San Patrizio a Nuova York usato per le celebrazioni blasfeme di un transessuale argentino.
Va detto che gli LGBT, tuttavia, hanno in qualche modo presente cosa sia la chiesa, e questo spiega perché ne sono ossessionati. I pubblicitari, invece, non è detto che lo sappiano.
Quindi se non sanno quello che fanno, ci si chiede se si può parlare davvero di intenzioni blasfeme. Ma di questo non ci importa. Rileva realizzare come blasfema sia l’intera società post-cristiana dove, in mancanza di fede e pure di conoscenza basilare, cose come questa posson saltar fuori.
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La causa dell’abisso di bestemmia, sciatteria ed ignoranza in cui è caduta la società umana ha un nome ed un cognome: si chiama Concilio Vaticano II, la più grande catastrofe vissuta dall’umanità negli ultimi secoli, l’alterazione profonda del sistema operativo spirituale e personale di miliardi di persone, con conseguente sabotaggio dell’intera civiltà.
Prima del Concilio, lo scandalo dello spottino patatino era impensabile: non solo perché la gente non avrebbe mai accettato un’offesa del genere, non solo perché non gli sceneggiatori nemmeno l’avrebbero concepita, ma perché quasi tutti erano stati almeno una volta a Messa, e sapevano che l’Ostia, prima di essere distribuita, va consacrata pubblicamente (cosa perfino evidente nel nuovo rito, dove si fa ad populum, cioè rivolti ai fedeli).
Lo scandalo vero, dunque, non è la pubblicità blasfema, ma il Concilio che ci ha portato dove siamo ora, dove l’attacco a Dio pare scritto nel codice stesso dello Stato moderno.
E quindi: cari cattolici, cari telespettatori, cari cittadini sincero-democratici, cari democristiani, cari post-cristiani, avete voluto il Paese laico, adesso beccatevi la patatina ignorante, e tutta la sua filiera di lavoratori intellettuali strapagati.
Avete voluto detronizzare Cristo al punto da accostare il suo corpo ad una patata fritta, al punto da dimenticare perfino il rito centrale degli ultimi millenni; adesso proseguite pure con la cancellazione delle statue con donne che allattano e le vacanze scolastiche pel Ramadan.
Blasfemie a parte, lo scandalo è qui: nella decadenza del consorzio umano, nella caduta della civiltà cristiana.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube
Civiltà
«Vediamo i sommi sacerdoti prostrarsi dinanzi agli idoli infernali del Nuovo Ordine Mondiale»: omelia di mons. Viganò nella Domenica di Pasqua
ADHUC TECUM SUM
Omelia nella Domenica di Pasqua
Resurrexi, et adhuc tecum sum. Sono risorto, e sono ancora con te.
Salmo 138
Hæc dies, quam fecit dominus. Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Sono le parole che la divina Liturgia ripeterà durante tutta l’Ottava di Pasqua, per celebrare la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, trionfatore della morte. Permettetemi tuttavia di fare un passo indietro, al Sabato Santo, ossia al momento in cui le spoglie del Salvatore giacciono nel Sepolcro senza vita e la Sua anima scende negl’inferi per liberare dal Limbo coloro che morirono sotto l’Antica Legge aspettando il Messia promesso. Una settimana fa il Signore era acclamato Re d’Israele ed entrava trionfalmente in Gerusalemme. Pochi giorni dopo, appena celebrata la Pasqua ebraica, le guardie del tempio Lo arrestavano e con un processo farsa convincevano l’autorità imperiale a metterLo a morte per esserSi proclamato Dio. Abbiamo accompagnato il Signore nel pretorio; abbiamo assistito alla fuga dei Discepoli, alla latitanza degli Apostoli, al rinnegamento di Pietro; Lo abbiamo visto flagellare e coronare di spine; Lo abbiamo visto esposto agli insulti e agli sputi della folla sobillata dal Sinedrio; Lo abbiamo seguito lungo la via che porta al Calvario; abbiamo contemplato la Sua crocifissione, ascoltato le Sue parole sulla Croce, udito il grido con cui spirava; abbiamo visto oscurarsi il cielo, tremare la terra, strapparsi il velo del Tempio; abbiamo pianto con le Pie Donne e San Giovanni la Sua Morte e la deposizione dalla Croce; abbiamo infine osservato la pietra sepolcrale chiudere la Sua tomba e la guarnigione delle guardie del tempio sorvegliare che nessuno vi si avvicinasse per rubarne il corpo e dire che Egli era risorto dai morti. Tutto era già scritto, profetato, annunciato.Sostieni Renovatio 21
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Civiltà
Putin: le élite occidentali si oppongono a tutti i popoli della Russia
Il presidente russo Vladimir Putin ha messo in guardia dai tentativi occidentali di seminare divisione fra le genti russe e dai tentativi di frammentare il suo territorio secondo linee etniche. Lo riporta il sito governativo RT.
Intervenendo alla sessione plenaria del Consiglio internazionale del popolo russo, Putin ha lanciato un appassionato appello alla solidarietà tra i diversi popoli del Paese. Tali sforzi mirano non solo a danneggiare il popolo russo stesso, ma contro tutti i gruppi che compongono il paese, ha dichiarato Putin.
«La russofobia e altre forme di razzismo e neonazismo sono diventate quasi l’ideologia ufficiale delle élite dominanti occidentali. Sono diretti non solo contro i russi, ma contro tutti i popoli della Russia: tartari, ceceni, avari, tuvini, baschiri, buriati, yakuti, osseti, ebrei, ingusci, mari, altaiani. Siamo tanti, non li nominerò tutti adesso, ma, ripeto, questo è diretto contro tutti i popoli della Russia», ha dichiarato il Presidente.
«L’Occidente non ha bisogno di un Paese così grande e multinazionale come la Russia», ha continuato il presidente, aggiungendo che la diversità e l’unità della Russia «semplicemente non si adattano alla logica dei razzisti e dei colonizzatori occidentali».
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Ecco perché, secondo Putin, l’Occidente ha iniziato a suonare «la vecchia melodia» di chiamare la Russia una «prigione di nazioni», descrivendo il popolo russo come «schiavi» e arrivando addirittura a chiedere la «decolonizzazione» della Russia.
«Abbiamo già sentito tutto questo», ha detto, aggiungendo che ciò che gli oppositori della Russia vogliono veramente è smembrare e saccheggiare il paese, se non con la forza, almeno seminando discordia all’interno dei suoi confini.
Putin ha continuato avvertendo che qualsiasi interferenza esterna o provocazione volta a provocare conflitti etnici o religiosi nel Paese sarà considerata un «atto aggressivo» e un tentativo di utilizzare ancora una volta il terrorismo e l’estremismo come strumento per combattere la Russia.
«Reagiremo di conseguenza», ha dichiarato.
Il presidente ha sottolineato che l’attuale lotta della Russia per la sovranità e la giustizia è «senza esagerazione» di «natura di liberazione nazionale» perché è una lotta per la sicurezza e il benessere dei suoi cittadini.
Putin ha anche osservato che il popolo russo, come già fatto in passato, è diventato ancora una volta un ostacolo per coloro che lottano per il dominio globale e cercano di portare avanti la loro «eccezionalità».
«Oggi lottiamo non solo per la libertà della Russia, ma per la libertà del mondo intero», ha detto il presidente, precisando che Mosca è ora «in prima linea nella creazione di un ordine mondiale più equo» e che «senza un governo sovrano, una Russia forte, non è possibile alcun ordine mondiale duraturo e stabile».
Come riportato da Renovatio 21, all’ultima edizione del Club Valdai Putin aveva tenuto un denso discorso dove lasciava intendere una concezione della Russia come Stato-civiltà.
Riguardo alle élite occidentali, parlando di forniture di gas, il presidente russo aveva lamentato due mesi fa la mancanza di «persone intelligenti». Considerando le bollette, è davvero difficile dargli qui torto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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