Civiltà
Prepararsi. Confessioni e consigli
Volevo pubblicare qualcosa già a fine gennaio, non lo ho fatto perché – forse ora posso ammetterlo – mi vergognavo.
Ho cominciato a fare scorte, cioè a prepararmi per un periodo completamente fuori dall’ordinario, un mese e mezzo fa. Certo, non ho cominciato con lo stesso ritmo di tre-quattro settimane fa, quando ho fatto, svenandomi, i carichi finali.
Ho continuato, da gennaio a febbraio, a lavorare, a fare conferenze, eventi, incontri. Ho resistito all’idea di stivare subito la quantità che reputo giusta (diciamo, un mese di scorte) perché una parte di me ci pensava giorno e notte, ma chiunque intorno a me mi trascinava verso il contrario. Mi limitavo a prendere, ad ogni spesa, una dose omeopatica di cibo di preparazione.
Si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19
Poi, per fortuna, ho ascoltato solo me stesso, e ho completato la scorta. Almeno da quel punto di vista ora ho sistemato: e non è poco, in un mondo dove ad uscire di casa si rischia una denuncia, o un’infezione che può uccidere te o i tuoi cari.
Ho cominciato a scrivere del Coronavirus a gennaio, e lo ho preso sul serio perché all’epoca avevo preso sul serio H5N1 (qualcuno lo ricorda? io sì). Ma tutto fuori mi tirava da un’altra parte. I lavori vanno avanti, i bambini devono andare a scuola, le istituzioni fischiettano…
Puoi conoscere La Collina dei conigli, lo stupendo racconto con il coniglio che prevede la fine della sua conigliera ma viene preso per scemo, e quindi deve partire con pochi altri simili per salvarsi e continuare la società coniglia. Si tratta con evidenza della riedizione di miti ancestrali. Cassandra, Noè… ma anche questa storia – anche il mito – non ti aiutano a vincere il rumore di fondo del mondo moderno, la cui funzione precipua è, appunto, uccidere i miti.
Lo stigma sociale del resto è grande: sei un paranoico, sei uno strano. Diventerai, negli anni a venire, uno che citeremo nelle barzellette. Tu e le tue teorie: finché ce le racconti nei libri, a cena, alle conferenze, va bene. Ma dai, è cultura che hai, è intrattenimento che ci offri: non riguarda la nostra vita reale.
Ora però vedo che si stanno svegliando un po’ tutti. A quanti mi hanno dato retta nei primi giorni, ho risparmiato almeno la coda al supermercato. E forse anche (ma questo non lo sapremo mai) l’infezione del COVID-19.
Lo stigma dei prepper (come chiamano in america quelli convinti dell’imminenza dell’apocalisse e che accumulano cibo a lunga conservazione e armi – queste ultime non consentite in Italia) non è sparito del tutto. Il prepping era associato alle sette religiose, alle «milizie» della destra americana, cose così. Tuttavia negli ultimi anni esso è balzato su un’altra nicchia, sociopoliticamente opposta: i ricchi.
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane
Il prepping è diventato un fenomeno massivo per le élite miliardarie americane. I paperoni hanno tutti un piano di fuga in caso di fine del mondo. Ci sono agenzie specializzate in un pacchetto completo, per cui ti prelevano in elicottero ovunque tu sia, e ti portano subito su una barca per lasciare la terraferma in preda al caos. Ci sono ex hangar sotterranei che ospitavano i missili balistici riconvertiti ora in apocalittici condomini di lusso.
Peter Thiel, un investitore filosofo che ammiro molto (quello che, dando i primi 500.000 dollari a Facebook ha fatto il più grande investimento che si ricordi), da un decennio si è perfino procurato la cittadinanza neozelandese. La terra dei Kiwi è talmente lontana che forse l’apocalisse si dimentica di arrivare fin lì, o arriva tardi: e se hai una casa isolata nel verde, con l’acqua e gli animali, sei in teoria a posto. In teoria.
Il fatto che l’oculata élite miliardaria (in ispecie quella che ha fatto i soldi con la tecnologia e la finanza) spenda i suoi danari su questa prospettiva la dice già di per sé lunghissima su tante cose: sui loro meriti, sulla totale mancanza di collante tra i vertici della società e chi vi sta sotto. L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro.
L’élite ha capito il sistema e trova che sia fragile al punto da poter crollare da un momento all’altro
Ho letto qualche anno fa una testimonianza grottesca, spiazzante. Un signore esperto di temi di sopravvivenza, invitato a parlare ad un simposio di ricconi, raccontava di aver ricevuto una domanda precisa: quando anche il danaro perde il suo valore, come faccio a ottenere ubbidienza dai miei sottoposti (dal mio cameriere, dall’autista, dal bodyguard, dall’amante)? La risposta che i miliardari per lo più davano a se stessi si incentrava su collari in grado di dare delle scosse elettriche a comando, e chiedevano conferma all’esperto.
La questione della preparazione al collasso sociale, quindi, non riguarda più solo gli spostati – riguarda anche chi tiene in mano qualche filo (economico e quindi politico) della nostra vita.
Eh sì che si tratta di un istinto così radicato in me. Penso ai nonni, ai bisnonni, ai trisavoli – al granaio. A quell’accumulo nascosto che ti consente di superare l’inverno, come un animale letargico. E forse anche più di un inverno: magari riesci pure a sopravvivere ad un anno senza estate, come accadde nel 1816 – sì, lo abbiamo avuto, 203 anni prima di Greta Thunberg.
Ora rischiamo di passare chiusi in casa un anno senza estate, pur avendo, a differenza del 1816, l’estate. Per questo il granaio è ancora più importante. Perché ad impazzire non è la natura, o almeno non solo. Ad impazzire potrebbero essere gli uomini.
Confessioni
Poi ho visto che perfino Technology Review, la rivista di divulgazione del MIT di cui sono felice abbonato, ne ha parlato con franchezza.
Sono un lettore accanito di Antonio Regalado, il reporter scientifico delle questioni lifescience (le tecnologie legate alle scienze della vita), e da cui – per posizioni bioetiche – credo di essere lontano anni luce. Ho quindi visto con sorpresa quando ha pubblicato l’articolo «How to prepare for the coronavirus like a pro», «Come prepararsi al Coronavirus da professionista».
«Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi»
Si scopre così che il prepping, con il fenomeno che gli americani chiamano trickle down (effetto a cascata) sta filtrando giù dall’élite verso anche la classe intellettuale. «Alcune delle persone più intelligenti che conosco si stanno preparando per una crisi, incluso me», dice.
Rispetto all’abituale ottimismo che il MIT squaderna al mondo a piene mani, il quadro che offre Regalado è piuttosto fosco. «Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile».
«Il modo in cui un prepper vede le cose, la nostra società è efficiente ma anche fragile»
«Quanti giorni di cibo ha la tua città? Quante macchine di ventilazione extra ci sono nel tuo ospedale più vicino? Potrebbe essere meno di quanto pensi. Un mese fa, immagazzinare qualsiasi cosa a Boston sarebbe sembrato un po’ folle per qualcuno come me, lontano dal centro dell’epidemia di coronavirus che si diffonde in Cina. Quando ho iniziato ad accumulare tute protettive, guanti sterili e sacchi di patate, non ho fatto pubblicità. Sarei sembrato quello strano, paranoico».
Benvenuto nel club, Antonio.
I Centri statunitensi per il controllo delle malattie hanno avvertito che una «perturbazione significativa» della vita americana è inevitabile e il dipartimento sanitario delle Hawaii ha consigliato alle persone di avere due settimane di forniture di emergenza a casa. Il mercato azionario è in caduta libera. Anche il vice presidente dell’Iran è malato.
«Mentre parlavo con i miei contatti – molti di loro scienziati, fondatori di startup e investitori che seguivano da vicino le tendenze tecnologiche – ho sentito storie di persone che affittano chalet in luoghi remoti e altri che hanno liquidato interamente i loro portafogli azionari».
Uno dei casi più interessanti è quello di Jamie Heywood un imprenditore sanitario e cofondatore di PatientsLikeMe. Egli, dice Regalado, «mi ha detto che è sempre pronto a sopravvivere per un lungo periodo senza risorse esterne. Ora ha aggiunto alcuni nuovi materiali, come le maschere respiratorie. Ha a casa quella che è fondamentalmente un’unità di terapia intensiva a bassa tecnologia. Se qualcuno nella sua famiglia si ammala, vuole essere in grado di prendersi cura di loro, nel caso in cui gli ospedali siano sopraffatti».
Il signor Heywood, che si scopre aver lavorato al CDC (il controverso centro statale per le malattie infettive americano), aveva previsto quello che la sanità italiana (e la politica, e tutti noi, e per decenni) ha mancato di vedere: le terapie intensive sono il punto debole della società. Si è fatto una T.I. privata, in grado di curare i suoi cari senza passare per il disordine in cui possono cadere gli ospedali, o le liste della morte utilitaristica che decidono che tua madre muore perché è arrivato un paziente più giovane e sano.
«La mia ipotesi è che tutti i membri della mia famiglia avranno questo virus ad un certo punto, ma penso che io possa ritardarlo. Il valore del ritardo può essere sostanziale, per la società e per me».
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente»
La polemica per i respiratori in libera vendita su Alibaba, esauriti o scambiati a prezzi folli, assume un’altra luce. Sappiamo chi può averli comprati: coloro che hanno intuito ancora tempo fa cosa stava succedendo.
«La società just-in-time basata su Amazon è profondamente efficiente, ma molto non resistente» afferma Heywood, preoccupato per quali significative interruzioni della catena di approvvigionamento possa significare per «una società con solo settimane di cibo sugli scaffali».
Poi parla del suo periodo presso il CDC: «la cosa con cui sono venuto via è una domanda sull’equilibrio tra efficienza, capitalismo, che porta la capacità di archiviazione il più vicino possibile allo zero e rende le reti di consegna il più sottili possibile. Funziona bene in un ambiente stabile. Ma che dire durante un’interruzione di tutto? Immagina che Amazon arrivi a Natale senza preparazione. Questa è una pandemia».
La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più
In due parole: anche quelli che lavoravano alle prospettive pandemiche nelle istituzioni, quelli intelligenti, quelli benestanti e non catastrofisti, quelli che in Italia voterebbero PD vi confessano spudoratamente: preparatevi. La filiera di approvvigionamento sulla quale viviamo non è affidabile. Non più.
Consigli
È oramai tardi, tuttavia ci permettiamo di darvi qualche consiglio, perché non lo è troppo: dall’Arizona e da Nuova York mi arrivano foto di amici che ritraggono scaffali vuoti, in Italia c’è ancora un po’ di disponibilità.
App per la spesa: se potete evitare di muovervi da casa, meglio
Amazon funziona ancora, così come – mi dicono – le app di alcune catene della GDO. Se potete evitare di muovervi da casa, meglio. Accertatevi che possano consegnarvi grosse quantità di merce. Grosse può significare: diversi carrelli.
Pensateci: anche se i supermercati non dovessero chiudere totalmente (come da prospettiva dell’hardcore prepper), potrebbe comunque divenire sempre più difficile, o sgradevole, andare a fare la spesa.
Procediamo con la lista, è semplice. Il cuore della scorta:
Un mese di cibo a lunga conservazione:
- Un mese di cibo a lunga conservazione: cibo in scatola, soprattutto, minestroni, legumi, etc. Nei supermercati italiani abbiamo i pacchi da 5kg di pasta, non costano molto di più di €5. Lo stesso dicasi per il riso, ci sono i pacchi da 5kg, ma ne possono esistere anche da 10kg e ne ho visto sacchi di juta da 20kg. Le conserve di pomodoro già 2 settimane fa cominciavano a scarseggiare, esistono le latte maxi da diversi chili: attenzione, però, una volta che le aprite, dovete consumarle. L’olio in casa non deve mancare. Se siete di quelli che panificano, con la farina ricordatevi il lievito e gli altri ingredienti. Frutta secca. Nocciole, arachidi: non vanno a male e sono calorimetricamente potentissime, in un momento difficile possono essere molto utili. Molti stanno mettendo carne in freezer, non è sbagliato, tuttavia nello scenario in cui manchi la luce (anche temporaneamente) sarebbe un carico perso: a molti fa schifo, ma la Simmenthal è una soluzione, e non è ancora troppo considerata dal consumatore italiano. Personalmente, da produttore domestico di Biltong (specialità sudafricana), ho essicato vari chili di carne. Lo stesso discorso consideratelo per i surgelati in generale. Latte Zymil, a lunghissima conservazione. Biscotti secchi a volontà, per i panificati, privilegiate. Se avete bambini, gli omogeneizzati non dimenticateveli, il latte in polvere di determinate marche già ad inizio della crisi cominciava temporaneamente a non esserci. Se nella vostra zona l’acqua pubblica non è un granché, procedete a prendere casse e casse di acqua minerale, facendo attenzione perché è economica ma voluminosa e difficile da portare fuori dal supermercato insieme al resto della scorta.
Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine
- Medicine di cui avete la ricetta, antibiotici, aspirine: le farmacie al momento sono aperte, ma se mai dovessero chiudere per un mese se avete qualche cosa di fondamentale per la vostra salute prescritto dal medico (insulina, etc.) dovete trovare il modo di fare scorta. Gli antibiotici, medicinale che non posso amare, possono essere utili in situazioni avverse in mancanza di supporto diretto. Se avete a cuore l’uso di integratori parafarmaceutici, prendetene multipli di quello che prendereste normalmente.
Carta per pulire
- Carta per pulire: la carta igienica, negli USA, è sparita subito. Anche gli altri tipi di carta da pulire (fazzoletti, panni, etc.) vanno accumulati ed usati in casa con parsimonia. Considerate che in caso di raffreddore, carta per l’igiene umana potrebbe essere usata in modo massivo. Chi ha bambini ricordi i pannolini (tanti). Le donne facciano un pensiero su quegli scaffali indicati pudicamente nei supermercati come «igiene periodica».
Disinfettante
- Disinfettante: la prima cosa che nell’ilarità collettiva è scomparsa è l’amuchina. Oltre all’alcol disinfettante, o all’aceto, qualcuno ha fatto scorte di vodka in funzione non inebriante ma antisettica. Anche qui, Worst Case Scenario. Non me la sento di riderne. Al massimo ne sorrideremo alla fine di tutto, quando la si potrà usare con un cocktail spettacolare, magari con l’azoto liquido (scrivo così ma non so se giocherò mai più con l’azoto liquido).
Carburante
- Carburante: se avete delle taniche, riempitele. Per il resto, fate il pieno il prima possibile, e il più spesso possibile.
Ci sono aggiunte a piacere alla lista. C’è chi ha aggiunto quantità di vitamina C (io ho con me polvere di acido ascorbico, più diversi barattoli di integratori di minerali e di vitamine varie comprati all’ingrosso). C’è chi necessita di rasoi. C’è chi aggiunge le trappole per topi: servono a proteggere la scorta in certi ambienti.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa.
La spesa non è indifferente. Preparatevi a spendere centinaia di euro, forse un migliaio se la vostra famiglia è numerosa
Se volete comprare un elettrodomestico – i negozi di elettronica sono aperti – non posso che consigliare che una macchina per il sottovuoto, Oramai se ne trovano anche sui €50. Negli anni ne ho distribuite alle varie regioni della famiglia. Vi può aiutare a conservare il cibo, ed è utilissima per avanzi e frattaglie. Se la comprate, ricordatevi di comprare anche i sacchetti, della dimensione e della quantità giusta.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile. Già prima che si creassero le code – che capite bene che, almeno quelle, ho evitato – nei primi giorni di crisi era percepibile un certo nervosismo tra i clienti (una corsia è stretta e non assicura il metro di distanza richiesto), e la possibilità che esso degeneri è concreta. Parimenti, il metro di distanza non crea solo le code in entrata, crea code anche in uscita: la fila in cassa diviene più lunga, finisce tra gli scaffali, causando ancora più disordine.
I supermercati nella pratica sono divenuti un luogo difficile
Il consiglio che diamo quindi è trovare un supermercato che apre prestissimo (alle 8:00 o prima), come quelli che con una funzione tipo ingrosso servono anche le attività di ristorazione. A quell’ora c’è decisamente meno gente, soprattutto se ne scegliete uno raggiungibile solo con la macchina, fuori dall’area cittadina – certo, se esso non è quello pià prossimo andarci vi espone al rischio che ad un eventuale controllo vi chiedano «perché non è andato vicino a casa sua».
Portate con voi già i sacchetti da casa, ma non imbustate in cassa: dovete minimizzare il tempo di permanenza in un luogo dove l’infezione potrebbe avvenire, o dove comunque la tensione sale e qualcuno potrebbe uscire dal seminato.
Parcheggiate lontano dall’entrata
Parimenti, la quantità di cose che comprerete riempirà lo scivolo della cassa, quindi quello che dovete fare è mettere tutto subito nel carrello, sul cui gancio vanno appesi alcuni sacchetti (di quelli solidi, chiaro) che avrete portato da casa riempiti dei prodotti. Quello che non imbustate nei sacchetti appesi, lo imbusterete in macchina: parcheggiatela lontano dall’entrata, nelle file più remote dove in genere non c’è nessuno. Là, con il bagagliaio aperto, avrete tutto il tempo per insacchettare con calma e con raziocinio.
Pagate con la plastica
Cercate di pagare con la plastica.
Non è consentito fare la spesa in due, lo sapete. Questo è un problema perché un carrello non potrebbe bastarvi. Negli esercizi che lo hanno, prendete uno di quei carrelli bassi, tipo montacarichi. Soprattutto l’acqua minerale e la carta igienica portano via tantissimo spazio. In caso, prendete sia un carrello che quei carrellini tipo trolley, o le sporte. Sarete goffi a vedersi, ma non gliene frega niente a nessuno, e siete pure mascherati (e mi raccomando, guantati).
C’è un capitolo che manca: quello della difesa personale.
Il collasso sociale è possibile: prima gli ospedali, poi i supermercati, e solo dopo le prime irruzioni nelle abitazioni private
Chi mi segue sa come la penso: il collasso sociale è possibile, e con le rivolte simultanee nelle carceri e le bande che si picchiano in strada a Milano la parte più ferale ha fatto capire che sta odorando la debolezza dello Stato in questo momento. Dovrebbero collassare (predizione: prima a Napoli e al Sud, a Roma, forse a Milano) prima gli ospedali, quindi esserci disordini nei supermercati, e solo poi esserci le prime irruzioni nelle abitazioni private.
La casa è un tabù – se qualcuno ci sta dentro. Qualcuno che vi entra in casa lo fa a grande rischio: di beccarsi tanti anni di gabbio, ma anche di trovare qualcuno dentro che si difende. Questo non è detto che lo sappiano tutti, specialmente quando lo Stato che ti mette il gabbio arriva a perdere il controllo e i cittadini paiono degli animali in gabbia spaventati.
Nel caso, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari
Nella milionata di africani che abbiamo importato a nostre spese, sicuramente c’è qualcuno che una situazione di collasso dello Stato sa cos’è, perché magari proveniente da società in collasso permanente, dove le razzie dei villaggi non sono ricordi lontani.
Che ad ogni modo le prime bande ad agglutinarsi per il pillage siano africane, nordafricane o molisane (la regione meno positiva al C19 in Italia), pochissimo importa.
In Italia non abbiamo gli stupendi emendamenti della Costituzione americana, quindi nessuna arma in libera vendita. In Italia la giustizia poi ha dimostrato spesso di avere una sua idea della legittima difesa. Ciò detto, non posso fare che consigliare quello che sto dicendo a tutti coloro che me lo chiedono: nel caso succedesse, cercate la difesa senza nessuna esitazione. Difendete la vostra casa perché in questo momento dentro ci sono i vostri cari.
Non ho molto altro da aggiungere.
Fatelo subito prima che chiudano del tutto i supermercati
Posso dire che, anche per motivi fisici e spirituali, ma soprattutto per esperimento strategico funzionale al momento, in questi giorni sto digiunando. Sto riabituando il corpo, e lo spirito, alla privazione, perché quello che ci dipingono ora, anche nel post-C19, è un mondo in crash economico, nel quale chissà come sarà mangiare, uscire, viaggiare in aereo, far vacanza. Tutte cose che chissà se torneranno. Tutte cose di cui, da anni, ho imparato a fare a meno.
Il digiuno ha come effetto principale la lucidità. Ho scritto quindi queste righe al massimo della precisione fisiologica della mia mente. Sicuramente però qualcosa mi sarà sfuggito: capiterà anche a voi, e come me dovrete tornare al supermercato a comprare.
Fatelo subito prima che lo chiudano del tutto, però.
Roberto Dal Bosco
Civiltà
Professore universitario mette in guardia dall’«imperialismo cristiano europeo» nello spazio
La preside di scienze sociali della Wesleyan University Mary-Jane Rubenstein, una «filosofa della scienza e della religione» (che è anche affiliata al programma di studi femministi, di genere e sessualità della scuola), afferma di aver notato come «molti dei fattori che hanno guidato l’imperialismo cristiano europeo» siano stati utilizzati in «forme ad alta velocità e alta tecnologia».
La Rubenstein si chiede se «pratiche coloniali» come «lo sfruttamento delle risorse ambientali e la distruzione dei paesaggi», il tutto «in nome di ideali quali il destino, la civiltà e la salvezza dell’umanità», faranno parte dell’espansione dell’uomo nello spazio.
Lo sfruttamento degli altri corpi celesti, quantomeno nel nostro sistema solare, è stata considerata in quanto vi è una ragionevole certezza che su altri pianeti vicini non vi sia la vita, nemmeno a livello microbico. Quindi, che importanza ha se aiutiamo a salvare la Terra sfruttando Marte, Mercurio, la fascia degli asteroidi, per minerali e altre risorse?
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Rubenstein nota che il presidente della Mars Society Robert Zubrin ha sostenuto esattamente questo. In un editoriale del 2020, Zubrin ha attaccato un «manifesto» da un gruppo NASA DEI (diversità, equità e inclusione) che aveva sostenuto «dobbiamo lavorare attivamente per impedire l’estrazione capitalista su altri mondi».
Ciò «dimostra brillantemente come le ideologie responsabili della distruzione dell’istruzione universitaria in discipline umanistiche possano essere messe al lavoro per abortire anche l’esplorazione spaziale», ha scritto lo Zubrin.
Lo Zubrin ha osservato che poiché il gruppo DEI non ha alcun senso su base scientifica, deve ricorrere a «una combinazione di antico misticismo panteistico e pensiero socialista postmoderno» – come affermare che anche se non ci sono prove nemmeno dell’esistenza di microbi su pianeti come Marte, «danneggiarli sarebbe immorale quanto qualsiasi cosa sia stata fatta ai nativi americani o agli africani».
Tuttavia la Rubenstein afferma che varie credenze indigene «sono in netto contrasto con l’insistenza di molti nel settore sul fatto che lo spazio sia vuoto e inanimato».
Tra questi vi sono un gruppo di nativi australiani che affermano che i loro antenati «guidano la vita umana dalla loro casa nella galassia» (e che i satelliti artificiali sono un pericolo per questa «relazione»), gli Inuit che sostengono che i loro antenati vivono in realtà su “corpi celesti” e i Navajo che considerano sacra la luna terrestre.
«Gli appassionati laici dello spazio non hanno bisogno di accettare che lo spazio sia popolato, animato o sacro per trattarlo con la cura e il rispetto che le comunità indigene richiedono all’industria», afferma la Rubenstein.
In effetti, in una recensione del libro di Rubenstein Astrotopia: The Dangerous Religion of the Corporate Space Race, la testata progressista Vox ha osservato che «in effetti, alcuni credono che questi corpi celesti dovrebbero avere diritti fondamentali propri».
Quindi, l’ordine degli accademici è che gli esseri umani dessero priorità alle credenze dei nativi nell’esplorazione dello spazio rispetto a quelle dei cristiani europei?
Dovremmo rinunciare all’estrazione di minerali preziosi da asteroidi, comete e pianeti vicini, perché hanno tutti una sorta di Carta dei diritti «mistica panteistica»?
I limiti posti ai programmi di esplorazione spaziale sono da sempre legati a movimenti antiumanisti che odiano la civiltà – in una parola alla Cultura della Morte.
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Lo stesso Zubrin, ex dipendente NASA frustrato dalla mancanza di un programma per la conquista di Marte e il suo terraforming, ne ha scritto in libri fondamentali come Merchants of Dispair (2013), dove spiega come la pseudoscienza e l’ambientalismo siano di fatto culti antiumani.
Lo Zubrin era animatore della Mars Society, un’associazione dedicata alla promozione dell’espansione su Marte, quando nei primi anni Duemila si presentò ad una serata del gruppo uno sconosciuto, che alla fine lasciò in donazione un assegno con una cifra inusitata per la Society, ben 5.000 dollari: si trattava di Elon Musk.
Il quale, marzianista convinto al punto da realizzare razzi che dice ci porteranno sul pianeta rosso tra quattro anni, è anche uno dei più accesi nemici del politicamente corretto, della cultura woke e soprattutto dell’antinatalismo, oltre che una persona che attivamente, negli anni – lo testimonia la sua costante attenzione per la storia della Roma antica – ha dimostrato di aver compreso il valore, e la fragilità, della civiltà umana.
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Civiltà
L’anarco-tirannia uccide: ieri ad Udine, domani sotto casa vostra
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Civiltà
Tecnologia e scomparsa della specie umana: Agamben su progresso e distruzione
Renovatio 21 pubblica questo scritto di Giorgio Agamben apparso sul sito dell’editore Quodlibet su gentile concessione dell’autore.
Quali che siano le ragioni profonde del tramonto dell’Occidente, di cui stiamo vivendo la crisi in ogni senso decisiva, è possibile compendiarne l’esito estremo in quello che, riprendendo un’icastica immagine di Ivan Illich, potremmo chiamare il «teorema della lumaca».
«Se la lumaca», recita il teorema, «dopo aver aggiunto al suo guscio un certo numero di spire, invece di arrestarsi, ne continuasse la crescita, una sola spira ulteriore aumenterebbe di 16 volte il peso della sua casa e la lumaca ne rimarrebbe inesorabilmente schiacciata».
È quanto sta avvenendo nella specie che un tempo si definiva homo sapiens per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e, in generale, l’ipertrofia dei dispositivi giuridici, scientifici e industriali che caratterizzano la società umana.
Questi sono stati da sempre indispensabili alla vita di quello speciale mammifero che è l’uomo, la cui nascita prematura implica un prolungamento della condizione infantile, in cui il piccolo non è in grado di provvedere alla sua sopravvivenza. Ma, come spesso avviene, proprio in ciò che ne assicura la salvezza si nasconde un pericolo mortale.
Gli scienziati che, come il geniale anatomista olandese Lodewjik Bolk, hanno riflettuto sulla singolare condizione della specie umana, ne hanno tratto, infatti, delle conseguenze a dir poco pessimistiche sul futuro della civiltà. Nel corso del tempo lo sviluppo crescente delle tecnologie e delle strutture sociali produce una vera e propria inibizione della vitalità, che prelude a una possibile scomparsa della specie.
L’accesso allo stadio adulto viene infatti sempre più differito, la crescita dell’organismo sempre più rallentata, la durata della vita – e quindi la vecchiaia – prolungata.
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«Il progresso di questa inibizione del processo vitale», scrive Bolk, «non può superare un certo limite senza che la vitalità, senza che la forza di resistenza alle influenze nefaste dell’esterno, in breve, senza che l’esistenza dell’uomo non ne sia compromessa. Più l’umanità avanza sul cammino dell’umanizzazione, più essa s’avvicina a quel punto fatale in cui progresso significherà distruzione. E non è certo nella natura dell’uomo arrestarsi di fronte a ciò».
È questa situazione estrema che noi stiamo oggi vivendo. La moltiplicazione senza limiti dei dispositivi tecnologici, l’assoggettamento crescente a vincoli e autorizzazioni legali di ogni genere e specie e la sudditanza integrale rispetto alle leggi del mercato rendono gli individui sempre più dipendenti da fattori che sfuggono integralmente al loro controllo.
Gunther Anders ha definito la nuova relazione che la modernità ha prodotto fra l’uomo e i suoi strumenti con l’espressione: «dislivello prometeico» e ha parlato di una «vergogna» di fronte all’umiliante superiorità delle cose prodotte dalla tecnologia, di cui non possiamo più in alcun modo ritenerci padroni. È possibile che oggi questo dislivello abbia raggiunto il punto di tensione massima e l’uomo sia diventato del tutto incapace di assumere il governo della sfera dei prodotti da lui creati.
All’inibizione della vitalità descritta da Bolk si aggiunge l’abdicazione a quella stessa intelligenza che poteva in qualche modo frenarne le conseguenze negative.
L’abbandono di quell’ultimo nesso con la natura, che la tradizione filosofica chiamava lumen naturae, produce una stupidità artificiale che rende l’ipertrofia tecnologica ancora più incontrollabile.
Che cosa avverrà della lumaca schiacciata dal suo stesso guscio? Come riuscirà a sopravvivere alle macerie della sua casa? Sono queste le domande che non dobbiamo cessare di porci.
Giorgio Agamben
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