Epidemie
Per favore, non lasciate sole le case protette
Renovatio 21 pubblica questa lettera indirizzata a quotidiani locali dell’Emilia-Romagna sul tema scoperto solo ora dall’opinione pubblica (e si spera, dalla magistratura) delle stragi che il COVID-19 sta operando nelle strutture per anziani. I firmatari sono operatori del settore; uno dei due, Cristiano Lugli, è co-fondatore di Renovatio 21. Si tratta di una battaglia per la vita, per la dignità degli ultimi, che ora più che mai sono in pericolo.
All’inizio di questa pandemia non si faceva altro che parlare di quanto rischioso sarebbe stato questo virus se contratto da persone anziane, magari con un quadro clinico già delicato a causa di altre patologie preesistenti.
I dati statistici mondiali rispetto al COVID-19 ci parlano ancora oggi di un tasso di letalità situato al 21,9% per i soggetti sopra gli ottant’anni.
I dati statistici mondiali rispetto al COVID-19 ci parlano ancora oggi di un tasso di letalità situato al 21,9% per i soggetti sopra gli ottant’anni
Ciò significa che ad esempio in una struttura ospitante 100 anziani — dove spesso la media di età è proprio sopra gli ottanta — ben 21 rischierebbero di morire, senza contare quelli che potrebbero cadere in gravi condizioni a causa di complicanze respiratorie. Il condizionale purtroppo, per molte strutture non vale più perché questi dati sono realtà, realtà persino sottostimate.
Tutti, quindi, sapevano che se il focolaio avesse mai interessato le case residenze per anziani avrebbe rischiato di creare enormi danni, incapaci di essere realmente calcolati per la mancanza di tamponi per tutti.
Tutti potevano presupporre che le case protette mai avrebbero potuto competere con l’organizzazione degli ospedali, capaci di creare reparti appositi e in grado di accedere più velocemente alla disponibilità di dispostivi di protezione individuale adeguati per tutelare gli operatori sanitari.
Tutti, quindi, sapevano che se il focolaio avesse mai interessato le case residenze per anziani avrebbe rischiato di creare enormi danni, incapaci di essere realmente calcolati per la mancanza di tamponi per tutti.
La realtà, però, è che alle residenze per anziani — e non solo in Emilia-Romagna, visti i danni evidenti verificatisi in Lombardia — si è pensato a nostro modesto parere troppo tardi.
Ci si inizia a pensare ora, anzi, apprendendo dai giornali che i NAS sono in circolazione per verificare le circostanze interne alle strutture che poi, detta così, suona pure male perché fa pensare ad eventuali colpe o responsabilità dirette o comunque circoscritte alle case protette.
La sola «colpa» delle case protette, a nostro avviso, è quella di non essere abituate, attrezzate e formate per sostenere un simile e grave stato di emergenza come quello presentatosi con la pandemia di SARS-CoV-2.
Come è ormai appurato, i focolai dilagano, gli anziani si ammalano in percentuali davvero preoccupanti, il numero statistico dei morti cresce senza che nessuno riesca a provare, ma nemmeno a negare, che siano morti da COVID.
La realtà, però, è che alle residenze per anziani — e non solo in Emilia-Romagna, visti i danni evidenti verificatisi in Lombardia — si è pensato a nostro modesto parere troppo tardi.
Ma il dato più allarmante riguarda quello degli operatori sanitari che si ammalano nelle case protette e che cadono come birilli uno dopo l’altro, giorno dopo giorno. E non stiamo qui parlando di un semplice raffreddore che passa in tre giorni: stiamo parlando di qualcosa di lungo, anche per i tempi diagnostici che devono definire un dato di negatività certo dopo il trascorso della malattia prima di poter rientrare al lavoro.
I reparti sono dimezzati del personale, e l’assistenza agli ospiti, per crudele logica conseguenza tende inevitabilmente a scarseggiare. Tutto deve essere ridimensionato: ruoli, mansioni, programmi, tempi e priorità.
Il dato più allarmante riguarda quello degli operatori sanitari che si ammalano nelle case protette e che cadono come birilli uno dopo l’altro. I reparti sono dimezzati, e l’assistenza agli ospiti tende inevitabilmente a scarseggiare. Tutto deve essere ridimensionato: ruoli, mansioni, programmi, tempi e priorità.
La domanda però è: per quanto si potrà andare avanti così nelle strutture per anziani senza che il rischio non sia quello di compromettere non solo la salute di tutti gli operatori, ma anche, sempre per crudele logica conseguenza, quella di tutti gli anziani alcuni dei quali già eventualmente compromessi dall’infezione o più in generale dai fattori di rischio che da essa ne conseguono?
Quanto potrà reggere tutto questo?
Nondimeno è necessario porre l’attenzione sull’aspetto più umano che caratterizza il lavoro degli operatori all’interno delle case di riposo in questo preciso e difficoltoso momento: il rapporto empatico forte nella relazione ospite-professionista sanitario si carica di intensità emotiva e di sofferenza, a cui tutti gli operatori sono inevitabilmente sottoposti.
È una situazione professionalmente ed umanamente insostenibile, e sappiamo bene che uno dei motivi per il quale le case protette non sarebbero mai state adeguatamente pronte per far fronte all’emergenza è che le stesse non possono disporre di un assetto riorganizzativo di cui invece gli ospedali possono più facilmente disporre per plurime ragioni (spazi, disposizione del personale, risorse, strumenti, e via discorrendo).
È una situazione professionalmente ed umanamente insostenibile. Quanto potrà reggere tutto questo?
Prima che altri catastrofi sempre meno silenziose silenziose continuino a succedersi, crediamo sia giunto, seppur in clamoroso ritardo, il momento che qualcuno dall’alto delle autorità politiche, sanitarie ed amministrative competenti prenda in mano seriamente la situazione cercando di trovare soluzioni, soluzioni che mirino anzitutto all’invio immediato di rinforzi per garantire una degna assistenza a tutti gli ospiti che risiedono nelle strutture.
Non lasciate sole le case protette.
Non lasciate sole le case protette. Perché, altrimenti, alla fine di tutto qualcuno dovrà dare conto
Perché, altrimenti, alla fine di tutto qualcuno dovrà dare conto di quanto sarà accaduto e di quanto si sarebbe potuto fare in modo che non accadesse intervenendo prima e non lasciando scoperto il fianco più fragile e più a rischio della nostra società.
Cristiano Lugli, Operatore Socio-Sanitario
Francesca Bertolani, Fisioterapista
Epidemie
Uomo muore di peste bubbonica: piaghe antiche stanno tornando?
Funzionari dello Stato americano del Nuovo Messico hanno confermato che un cittadino è morto di peste. Si tratterebbe del primo caso di decesso da peste da diversi anni. Lo riporta la testata americano Epoch Times.
Il Dipartimento della Salute del Nuovo Messico, in una dichiarazione, ha affermato che un uomo nella contea di Lincoln «ha ceduto alla peste» L’uomo, che non è stato identificato, era stato ricoverato in ospedale prima della sua morte, hanno detto i funzionari.
Hanno inoltre notato che si tratta del primo caso umano di peste nel Nuovo Messico dal 2021 e anche della prima morte dal 2020, secondo la dichiarazione. Non sono stati forniti altri dettagli, compreso il modo in cui la malattia si è diffusa all’uomo.
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L’agenzia sta ora svolgendo attività di sensibilizzazione nella contea di Lincoln, mentre «nella comunità verrà condotta anche una valutazione ambientale per individuare i rischi in corso», continua la dichiarazione. «Questo tragico incidente serve a ricordare chiaramente la minaccia rappresentata da questa antica malattia e sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza della comunità e di misure proattive per prevenirne la diffusione», ha affermato l’agenzia.
La peste, conosciuta come morte nera o peste bubbonica, è una malattia batterica che può diffondersi attraverso il contatto con animali infetti come roditori, animali domestici o animali selvatici.
La dichiarazione del Dipartimento della Salute del Nuovo Mexico afferma che gli animali domestici come cani e gatti che vagano e cacciano possono riportare pulci infette nelle case e mettere a rischio i residenti.
I funzionari hanno avvertito le persone della zona di «evitare roditori e conigli malati o morti, i loro nidi e tane» e di «impedire agli animali domestici di vagare e cacciare».
«Parlate con il vostro veterinario dell’utilizzo di un prodotto appropriato per il controllo delle pulci sui vostri animali domestici poiché non tutti i prodotti sono sicuri per gatti, cani o bambini» e «fate esaminare prontamente gli animali malati da un veterinario», ha aggiunto.
«Consulta il tuo medico per qualsiasi malattia inspiegabile che comporti una febbre improvvisa e grave, continua la dichiarazione, aggiungendo che la gente del posto dovrebbe pulire le aree intorno alla loro casa che potrebbero ospitare roditori come cataste di legna, mucchi di spazzatura, vecchi veicoli e mucchi di cespugli.
La peste, diffusa dal batterio Yersinia pestis, ha causato la morte di circa centinaia di milioni di europei nei secoli XIV e XV in seguito alle invasioni mongole. In quella pandemia, i batteri si diffusero tramite le pulci sui ratti neri, che secondo gli storici non erano conosciuti dalla gente dell’epoca.
Si ritiene che anche altre epidemie di peste, come la peste di Giustiniano nel VI secolo, abbiano ucciso circa un quinto della popolazione dell’Impero bizantino, secondo documenti e resoconti storici. Nel 2013, i ricercatori hanno affermato che anche la peste di Giustiniano era stata causata dal batterio Yersinia pestis.
Casi recenti si sono verificati principalmente in Africa, Asia e America Latina. I paesi con frequenti casi di peste includono il Madagascar, la Repubblica Democratica del Congo e il Perù, afferma la clinica. Negli ultimi anni sono stati segnalati numerosi casi di peste anche nella Mongolia interna, in Cina.
I sintomi di un’infezione da peste bubbonica comprendono mal di testa, brividi, febbre e debolezza. I funzionari sanitari affermano che di solito può causare un doloroso gonfiore dei linfonodi nella zona dell’inguine, dell’ascella o del collo. Il gonfiore di solito si verifica entro circa due-otto giorni.
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La malattia può generalmente essere trattata con antibiotici, ma di solito è mortale se non trattata, dice il sito web della Mayo Clinic. «La peste è considerata una potenziale arma biologica. Il governo degli Stati Uniti ha piani e trattamenti in atto nel caso in cui la malattia venga utilizzata come arma», afferma anche il sito web.
Secondo i dati dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, l’ultima volta che sono stati segnalati decessi per peste negli Stati Uniti è stato nel 2020, quando sono morte due persone.
Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di peste bubbonica si era avuto pochi giorni fa in Oregon.
Come riportato da Renovatio 21, altre malattie antiche si sono riaffacciate sulla scena mondiale. La lebbra, ad esempio, è riapparsa in USA, India, Gran Bretagna, con esperti che ipotizzano una possibile correlazione con la vaccinazione mRNA.
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Immagine: Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro (c. 1609-1610–c. 1675), Largo Mercatello durante la peste a Napoli (1656), Museo nazionale di San Martino, Napoli.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Epidemie
Cambiamento del comportamento sessuale post-pandemia: le malattia veneree aumentano nella UE
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Epidemie
«Alaskapox»: una nuova epidemia colpisce il Nord America
Funzionari sanitari dell’Alaska hanno documentato il primo caso mortale di virus Alaskapox (noto anche come «AKPV») in un signore anziano della penisola di Kenai, situata appena a sud della capitale dello Stato, Anchorage.
L’uomo è morto alla fine di gennaio, suscitando la preoccupazione tra i funzionari che la trasmissione del virus potesse essere più estesa di quanto si pensasse in precedenza.
Secondo il bollettino della Sezione di Epidemiologia dell’Alaska pubblicato la scorsa settimana, l’uomo immunocompromesso ha notato per la prima volta una tenera protuberanza rossa sotto l’ascella destra a metà settembre. Nelle settimane successive, si è consultato con i professionisti medici poiché la lesione è peggiorata, portando al ricovero in ospedale a novembre a causa di un’estesa infezione che ha inibito la mobilità del braccio.
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Il bollettino spiegava che la salute dell’uomo era migliorata alla fine dell’anno dopo il trattamento con farmaci per via endovenosa, ma che era morto improvvisamente alla fine di gennaio a causa di un’insufficienza renale.
«Finora sono state segnalate sette infezioni da AKPV alla Sezione di Epidemiologia dell’Alaska (SOE). Fino a dicembre 2023, tutte le infezioni segnalate si sono verificate in residenti dell’area di Fairbanks e riguardavano malattie autolimitanti costituite da eruzione cutanea localizzata e linfoadenopatia», si legge nel bollettino. notato.
«Le persone non dovrebbero essere necessariamente preoccupate ma più consapevoli», ha affermato Julia Rogers, epidemiologa statale e coautrice del bollettino. «Quindi speriamo di rendere i medici più consapevoli di cosa sia il virus dell’Alaskapox, in modo che possano identificare segni e sintomi».
Il bollettino include raccomandazioni: «i medici dovrebbero acquisire familiarità con le caratteristiche cliniche dell’Alaskapox e prendere in considerazione l’esecuzione di test per l’infezione da orthopoxvirus in pazienti con una malattia clinicamente compatibile».
Come riportato da Renovatio 21, funzionari sanitari dell’Oregon hanno confermato un caso di peste bubbonica, con un cittadino probabilmente infettato dal suo gatto domestico.
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Immagine di Beeblebrox via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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