Economia
La Russia rimane il più grande fornitore di carbone della Germania

La Russia ha mantenuto la sua posizione di principale fornitore di carbone della Germania lo scorso anno, nonostante le sanzioni che hanno vietato le importazioni di combustibili fossili dal paese a metà del 2022, ha riferito sabato il quotidiano Bild, citando i dati dell’Associazione tedesca degli importatori di carbone (VDKi).
Secondo il rapporto, la Germania ha acquistato un totale di 44,4 milioni di tonnellate di carbone nel 2022, un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Mentre le importazioni di combustibili fossili dalla Russia sono crollate del 37% rispetto alle cifre del 2021, il Paese ha comunque consegnato circa 13 milioni di tonnellate alla nazione europea, che rappresentano circa il 29% delle sue importazioni totali. Gli acquisti dagli altri fornitori della Germania sono cresciuti, ma ancora inferiori ai volumi russi.
Gli Stati Uniti hanno fornito 9,4 milioni di tonnellate, un aumento del 32% su base annua, mentre la Colombia è diventata il terzo fornitore con 7,2 milioni di tonnellate, un aumento del 210%. Anche le spedizioni dal Sud Africa sono aumentate drasticamente del 278% su base annua a 3,9 milioni di tonnellate.
L’Australia è stata il quarto fornitore di carbone con 6,3 milioni di tonnellate.
L’UE ha vietato le importazioni di carbone dalla Russia il 10 agosto 2022 come parte di un pacchetto di sanzioni relativo all’Ucraina annunciato lo scorso aprile.
Nel 2021, la Russia ha rappresentato circa il 70% delle importazioni di carbone del blocco, con Germania e Polonia particolarmente dipendenti dal combustibile fossile russo, poiché gran parte dell’elettricità di questi paesi è prodotta da centrali a carbone. Tenendo conto dell’embargo, sembra che la maggior parte del carbone russo sia stato consegnato alla Germania prima o poco dopo il 10 agosto.
Come scrive RT, la Germania è stata spinta ad aumentare il suo consumo di carbone negli ultimi mesi a causa della carenza di energia e dell’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, causati dalla riduzione delle forniture di gas provenienti dalla Russia a seguito delle sanzioni occidentali. Ciò è in conflitto con l’impegno di lunga data del Paese per combattere il cambiamento climatico e abbandonare fonti non-rinnovabili.
Nel tentativo di garantire la sicurezza energetica, lo scorso settembre Berlino ha persino ordinato la ripresa dell’attività nelle miniere di carbone inattive. Secondo l’Ufficio federale di statistica (Destatis), il paese attualmente produce più di un terzo della sua elettricità da centrali a carbone. L’eliminazione graduale delle centrali elettriche a carbone è stata rinviata a marzo 2024.
All’inizio di questo mese, il capo del VDKi Alexander Bethe ha criticato le politiche dell’UE e della Germania, che cercano di abbandonare il carbone a favore di un’energia più pulita, sostenendo che tali piani sono troppo ambiziosi. Ha detto che l’idea che l’Europa avrà bisogno di carbone solo per un altro o due inverni è lontana dalla realtà.
«È irresponsabile parlare della fine del carbon fossile senza avere alternative affidabili. Prima crea tecnologie verdi efficienti e poi rinuncia [al carbone]. Non viceversa», ha dichiarato il Bethe.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania un anno fa aveva deciso un taglio delle importazioni di gas e carbone dalla Russia, per poi ritrovarsi pochi mesi dopo a riaprire grottescamente le centrali a carbone.
L’aumento dell’uso del carbone si era già manifestato prima del conflitto ucraino, quando divenne evidente che le pale eoliche non stavano fornendo la quantità di energia necessaria a rimpiazzare il nucleare e gli idrocarburi.
La Germania ha annunciato di prepararsi a blackout istituendo piani stile green-pass ed inediti sistemi di consegna di danaro contante nelle case dei cittadini.
La vicina Polonia ha visto invece code chilometriche per l’acquisto di carbone per l’inverno, nonché il consiglio del governo di Varsavia andare a raccogliere la legna, come secoli fa.
Interesse per la legna da ardere, secondo uno studio di Deutsche Bank, era stato espresso anche in Germania.
Economia
Il conflitto tra Israele e Iran potrebbe interrompere le catene di approvvigionamento del commercio globale

L’associazione tedesca per il commercio estero (BGA) ha messo in guardia dalle conseguenze di vasta portata dell’ultima escalation tra Israele e Iran per l’economia globale.
«Possiamo già vedere gli effetti del conflitto sul prezzo del petrolio, che sta aumentando», ha dichiarato il responsabile del commercio estero Dirk Jandura ai quotidiani di Funke Mediengruppe il 14 giugno.
La BGA sottolineato che gran parte delle forniture di petrolio passa attraverso lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale viene trasportato circa un quinto della produzione mondiale di petrolio.
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Se l’Iran volesse aumentare la pressione sulla comunità internazionale, potrebbe bloccarla, ha avvertito lo Jandura. A suo avviso, ciò avrebbe un «impatto immediato sulle nazioni industrializzate occidentali» e gli effetti sulla regione potrebbero avere gravi conseguenze anche per l’intera economia globale, in particolare per la Germania in quanto nazione esportatrice.
Un blocco dello Stretto di Hormuz colpirebbe gravemente anche la Cina, cui gli iraniani vendono una cifra vicina ai 3/4 del petrolio estratto nella Repubblica Islamica. Una crisi energetica cinese porterebbe ad un aumento verticale dei prezzi della manifattura cinese, divenuta con la globalizzazione il cardine del Nuovo Ordine instauratosi nell’ultimo quarto di secolo.
La somma della crisi energetica ucraina sommata ad una nuova crisi energetica iraniana potrebbe portare ad una paralisi totale dell’economia mondiale. E quindi, ancora instabilità, violenza, guerra, morte.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
L’Austria chiede la revisione del divieto europeo sul gas russo

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Economia
Il Vietnam diventa partner BRICS

Il Vietnam è entrato a far parte dei BRICS come decimo paese partner, segnando un passo significativo nell’espansione del blocco, ha annunciato sabato il ministero degli Esteri brasiliano.
I BRICS sono stati fondati nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, a cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2010. Il blocco si è poi ampliato includendo Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia e Iran. I BRICS rappresentano circa il 40% del PIL globale in termini di parità di potere d’acquisto, superando il peso economico combinato del G7, secondo quanto annunciato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
«Con una popolazione di quasi 100 milioni di persone e un’economia dinamica profondamente integrata nelle catene del valore globali, il Vietnam si distingue come un attore rilevante in Asia», ha affermato il ministero degli Affari Esteri brasiliano.
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Il ministero ha aggiunto che Hanoi «condivide con i membri e i partner dei BRICS l’impegno per un ordine internazionale più inclusivo e rappresentativo».
Gli altri nove paesi partner del gruppo sono Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Malesia, Nigeria, Tailandia, Uganda e Uzbekistan.
L’inclusione di Hanoi come Paese partner gli garantisce l’accesso a iniziative economiche chiave senza diritto di voto formale.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi sono entrate nei brics Nigeria, Tailandia, Indonesia. Cuba ha segnalato il suo interesse. La Serbia si sta muovendo verso un referendum per l’adesione. L’Algeria si è unita alla Nuova Banca per lo Sviluppo BRICS, che già ha prestato centinaia di milioni di dollari al Bangladesh. Il Pakistan ha chiesto di entrare ancora due anni fa. La Bolivia ha partecipato a vari vertici, dai quali è stato escluso il presidente francese Emanuele Macron, che aveva chiesto se poteva esserci anche lui.
Più spinosa la richiesta di adesione turca elaborata negli scorsi mesi: la Turchia, come noto, è un Paese NATO. Forti pressioni sono state rivelate sull’Arabia Saudita per uscire dalla scena BRICS. Arrivato al potere, il presidente dell’Argentina Saverio Milei ha immediatamente fatto uscire Buenos Aires dall’alleanza. Il Messico pure ha annunciato la volontà di rimanere fuori.
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Immagine di Aerra Carnicom via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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