Economia
Blackout in Sudafrica

Il Sud Africa ha dichiarato lo stato di disastro a causa della crisi energetica.
La crisi è divenuta incontrovertibile quando la Eskom – che non è solo il più grande produttore di elettricità in Sudafrica ma in tutta l’Africa, ed è tra le prime utilities al mondo per capacità di generazione e fatturato – e che quest’anno è stata costretta a mettere in atto blackout ogni giorno poiché le centrali elettriche a carbone vecchie e difettose si guastano di frequente, causando in questi tempi un livello senza precedenti di interruzioni di corrente, ha comunicato lo scorso martedì dal portavoce dell’azienda.
La società ha tagliato 7.045 gigawatt dalla rete attraverso la riduzione del carico in modo da evitare che la rete collassi completamente, ha dichiarato Sikonathi Mantshantsha in un post su Twitter.
Evening Peak Feedback 21/02/2023, 19:15
Total demand: 30 480MW
Loadshedding: 7 045MW
Eskom OCGT's Utilised: 14
Eskom GT’s Utilised: 3
IPP OCGT's: 5
Renewable Gen: 1 262MW (Wind 791MW, CSP 390MW, PV 81MW)@Eskom_SA Available Generation: 23 289MW@EskomSpokesper1— SikonathiMantshantsh (@SikonathiM) February 21, 2023
Secondo i calcoli della testata economica americana Bloomberg, «in termini pratici, significa che le famiglie perdono elettricità 3 volte al giorno, ogni volta per circa 3 ore» – cioè un totale di 9 ore senza elettricità ogni giorno.
Come scrive Zerohedge, Il razionamento elettrico da record è un duro colpo per quella che è l’economia più industrializzata dell’Africa, già danneggiata dall’impatto del mondo-COVID.
In linea con quanto succede in nazioni limitrofe e teoricamente meno sviluppate come lo Zambia, la Eskom ha sottoposto il Paese a interruzioni di corrente ogni giorno quest’anno. La South African Reserve Bank stima che le interruzioni siano costate alla nazione fino a 899 milioni di rand, o 49 milioni di dollari, ogni giorno.
La Eskom, che fornisce la maggior parte dell’energia elettrica del Sud Africa da centrali a carbone, ha implementato blackout continui dal 2008 perché non è in grado di soddisfare la domanda. È disponibile meno della metà della capacità di generazione dell’utility, anche due centrali a carbone di nuova costruzione si sono dimostrate inaffidabili e altre unità di generazione difettose hanno dovuto essere messe fuori servizio per riparazioni.
Il governo di Pretoria ha quindi dichiarato lo stato di calamità a causa della crisi energetica. La Eskom afferma che il Paese ha bisogno di ulteriori 4.000-6.000 megawatt di capacità di generazione per garantire un approvvigionamento energetico sicuro.
Come riportato da Renovatio 21, l’amministratore delegato uscente della Eskom, André de Ruyter, ha dichiarato alla polizia del Paese di essere sopravvissuto a un presunto tentativo di assassinio tramite avvelenamento da cianuro alla fine del 2022.
Notiamo che nei mesi scorsi diversi strani casi di sabotaggio di infrastrutture elettriche si sono registrati negli USA.
Al contempo, dalla Svezia allo Sri Lanka, dall’Australia al Giappone, dal Texas alla Kazakistan, dal Pakistan alla Turchia, dalla Francia alla Cina, dalla Svizzera a Porto Rico – inclusa ovviamente l’Italia – non c’è Stato del pianeta che non abbia subito un allarme blackout nel 2022 vi si stia preparando anche con programmi drastici: in Germania stanno pensando a un green pass energetico così come a pazzesche consegne di contante nelle case della gente in caso di interruzione totale dell’elettricità.
È stato affermato che un miliardo di persone sono a rischio di assenza di elettricità.
Una situazione ammessa, e forse auspicata, anche nella Davos del Grande Reset dal gruppo estremista chiamato World Economic Forum.
Immagine di Gerhard Roux via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International, 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic
Economia
Il conflitto tra Israele e Iran potrebbe interrompere le catene di approvvigionamento del commercio globale

L’associazione tedesca per il commercio estero (BGA) ha messo in guardia dalle conseguenze di vasta portata dell’ultima escalation tra Israele e Iran per l’economia globale.
«Possiamo già vedere gli effetti del conflitto sul prezzo del petrolio, che sta aumentando», ha dichiarato il responsabile del commercio estero Dirk Jandura ai quotidiani di Funke Mediengruppe il 14 giugno.
La BGA sottolineato che gran parte delle forniture di petrolio passa attraverso lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale viene trasportato circa un quinto della produzione mondiale di petrolio.
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Se l’Iran volesse aumentare la pressione sulla comunità internazionale, potrebbe bloccarla, ha avvertito lo Jandura. A suo avviso, ciò avrebbe un «impatto immediato sulle nazioni industrializzate occidentali» e gli effetti sulla regione potrebbero avere gravi conseguenze anche per l’intera economia globale, in particolare per la Germania in quanto nazione esportatrice.
Un blocco dello Stretto di Hormuz colpirebbe gravemente anche la Cina, cui gli iraniani vendono una cifra vicina ai 3/4 del petrolio estratto nella Repubblica Islamica. Una crisi energetica cinese porterebbe ad un aumento verticale dei prezzi della manifattura cinese, divenuta con la globalizzazione il cardine del Nuovo Ordine instauratosi nell’ultimo quarto di secolo.
La somma della crisi energetica ucraina sommata ad una nuova crisi energetica iraniana potrebbe portare ad una paralisi totale dell’economia mondiale. E quindi, ancora instabilità, violenza, guerra, morte.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
L’Austria chiede la revisione del divieto europeo sul gas russo

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Economia
Il Vietnam diventa partner BRICS

Il Vietnam è entrato a far parte dei BRICS come decimo paese partner, segnando un passo significativo nell’espansione del blocco, ha annunciato sabato il ministero degli Esteri brasiliano.
I BRICS sono stati fondati nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, a cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2010. Il blocco si è poi ampliato includendo Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia e Iran. I BRICS rappresentano circa il 40% del PIL globale in termini di parità di potere d’acquisto, superando il peso economico combinato del G7, secondo quanto annunciato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
«Con una popolazione di quasi 100 milioni di persone e un’economia dinamica profondamente integrata nelle catene del valore globali, il Vietnam si distingue come un attore rilevante in Asia», ha affermato il ministero degli Affari Esteri brasiliano.
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Il ministero ha aggiunto che Hanoi «condivide con i membri e i partner dei BRICS l’impegno per un ordine internazionale più inclusivo e rappresentativo».
Gli altri nove paesi partner del gruppo sono Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Malesia, Nigeria, Tailandia, Uganda e Uzbekistan.
L’inclusione di Hanoi come Paese partner gli garantisce l’accesso a iniziative economiche chiave senza diritto di voto formale.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi sono entrate nei brics Nigeria, Tailandia, Indonesia. Cuba ha segnalato il suo interesse. La Serbia si sta muovendo verso un referendum per l’adesione. L’Algeria si è unita alla Nuova Banca per lo Sviluppo BRICS, che già ha prestato centinaia di milioni di dollari al Bangladesh. Il Pakistan ha chiesto di entrare ancora due anni fa. La Bolivia ha partecipato a vari vertici, dai quali è stato escluso il presidente francese Emanuele Macron, che aveva chiesto se poteva esserci anche lui.
Più spinosa la richiesta di adesione turca elaborata negli scorsi mesi: la Turchia, come noto, è un Paese NATO. Forti pressioni sono state rivelate sull’Arabia Saudita per uscire dalla scena BRICS. Arrivato al potere, il presidente dell’Argentina Saverio Milei ha immediatamente fatto uscire Buenos Aires dall’alleanza. Il Messico pure ha annunciato la volontà di rimanere fuori.
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Immagine di Aerra Carnicom via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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