Geopolitica
«La gestione della barbarie». Il vero motivo per cui stanno armando gli ucraini

Seguendo le notizie si ha l’impressione che gli ucraini abbiano perso il controllo anche della narrazione mediatica. In realtà non lo hanno mai avuto. Sono stati coperti, fino all’impossibile, dai media occidentali.
I quali hanno fatto ingollare allo spettatore NATO ogni sorta di balla colossale. I martiri dell’isola dei serpenti (che si sono arresi e stanno bene). Il fantasma di Kiev (che è reale quanto Tex Willer). I russi che con i tank passano sopra un’automobile in corsa (era un tank ucraino).
Ora la questione dei russi che attaccano la centrale nucleare più grande d’Europa. Ecco subito il premier attore Zelens’kyj che fa un video per tutte le nazioni del mondo: venite qui, combattete al posto nostro.
I media hanno mentito, alterato fino alla spudoratezza più schifosa, in un modo perfino più meschino di quanto fatto con questi due anni di pandemia. Del resto, il loro compito non era facile: bisognava in tutti i modi far dimenticare che l’Ucraina di oggi nasce da una rivoluzione colorata, cioè un golpe, nel 2014 – e che nonostante gli aiuti di USA e soci, il suo stato rimane socioeconomicamente disastrato, con l’eccezione dei pasciuti oligarchi, che sono quelli che gli aiuti se li pappano e che hanno messo li Zelens’kyj.
Nonostante anni di aiuti di USA e soci, L’Ucraina rimane socioeconomicamente disastrato, con l’eccezione dei pasciuti oligarchi, che sono quelli che gli aiuti se li pappano e che hanno messo li Zelens’kyj
Bisognava inoltre far dimenticare l’altro dato interessante: che le varie milizie volontarie ucraine sono in realtà fatte da veri nazisti, nell’accezione più caricaturale del termine: sadici in maniera parossistica. Potete andare a cercarvi qualche informazione sulla strage di Odessa: decine di corpi bruciati in un sindacato della città, una donna incinta strangolata con il filo del telefono. Potete andarvi a vedere un po’ di foto del Donbass, dove hanno operato in questi otto anni, e dove sono morte 14 mila persone. In rete se ne trovano. Non fatelo, però, se siete di stomaco debole.
Tutto è sparito. Le svastiche, le stragi, le crudeltà ripetute.
Tuttavia, non è di questo livello di menzogna che vogliamo parlare. C’è qualcosa di ancora più immondo in atto, qualcosa che prelude ad una catastrofe di violenza che può durare decenni.
Oggi in un TG RAI ho visto un servizio strappalacrime che avverava un’immagine che avevo scritto due giorni fa: si mostrava una donna ucraina fuggita oltreconfine, portando con sé solo la figlia piccola – perché il figlio diciottenne, diceva la giornalista nel servizio, è dovuto restare in Ucraina. Nessuna spiegazione di questa lacerante separazione veniva offerta. Si scivolava via, tra immagine di pianti e misticismo del profugo a go-go. Difficile sapere quanti spettatori – contribuenti RAI – si siano posti la domanda: come mai questo ragazzino ha dovuta lasciare sua madre? Doveva andare a scuola per il compito di matematica? Doveva lavorare? Aveva voglia di stare con gli amici?
La risposta a questa domanda ve la possono dare siti come Renovatio 21, pluribannati e blacklistati a livello internazionale da prima del COVID (tutto vero: e ne stiamo ancora subendo di ogni).
Lo abbiamo scritto qualche giorno fa: l’Ucraina sta proibendo agli uomini dai 18 ai 60 anni di lasciare il Paese. Da quel che si dice, il cittadino maschio se viene trovato al confine viene immediatamente arruolato. Alcuni dicono che basta una tangente di 150 dollari per passare oltre. Non sappiamo: tuttavia, il divieto di espatrio per ogni uomo ucraino è realtà, riportata dalla CNN.
La Russia sta mandando a combattere un esercito di professionisti, qualche migliaia di ceceni in tenuta tecnica, più – se i giornali dicono il vero – i mercenari della Wagner. L’Ucraina vuole mandare chiunque
La Russia sta mandando a combattere un esercito di professionisti, qualche migliaia di ceceni in tenuta tecnica, più – se i giornali dicono il vero – i mercenari della Wagner. L’Ucraina vuole mandare chiunque.
Perché? Semplice: un 18enne morto mentre viene spedito al macello, magari in abiti borghesi, è utile alla causa: lui non sa utilizzare il fucile, il russo che lo fredderà quando questi si avvicinerà, sì. La foto del piccolo civile morto sarà il combustibile perfetto per il conflitto che l’Ucraina non può vincere. Sarà un’arma di ricatto morale per gli Stati NATO, che in ogni modo Kiev sta cercando di tirare dentro: a Zelens’kyj e ai suoi burattinai sembra non interessare che ciò significherebbe, molto letteralmente, la Terza Guerra Mondiale.
Non è detto che gli importi, anzi: se mai avessero la fortuna di resistere, e in qualche modo Putin fosse rimandato indietro (improbabile), loro sarebbero lì a spartirsi le nuove miliardate di aiuti da USA, UE, FMI, chiunque. Piatto ricco oligarchico per la ricostruzione. Al popolo ucraino, che è stato mandato a morire per legge, non andrà nulla – come del resto è stato in questi anni, dove partita con debito pubblico pari a zero all’indipendenza del 1992 (100 miliardi di dollari che si accollò Mosca), Kiev è arrivata a indebitarsi mostruosamente, con una popolazione sempre più povera e una superclasse oligarchica ricca da fare schifo.
Ecco a cosa serve trattenere i civili: a innescare la Terza Guerra Mondiale.
Lo si è capito, c’è bisogno di qualcosa di più per convincere le opinioni pubbliche euroamericane della necessità della guerra finale contro la Russia. Guardate la cautela con cui si muovono: minacciano, sanzionano, ma poi, come Biden, dicono che non manderanno neanche mezzo soldato in Ucraina – al momento.
Serve loro qualcosa di forte. Un casus belli morale. La centrale atomica «bombardata» già era una bella trovata, tuttavia è già spenta, con la l’ente ONU per l’energia atomica a smentire l’innalzo della radioattività nella zona e perfino i giornali americani ad ammettere che non ci sono prove che la Russia abbia tirato sull’impianto.
Il progetto, quindi, potrebbe essere quello di bombardarci di immagini di eroici ucraini morti
Il progetto, quindi, potrebbe essere quello di bombardarci di immagini di eroici ucraini morti.
Secondo lo strambo, lucidissimo, youtuber Gonzalo Lira andrà proprio così: ci sarà un accumulo di prove videofotografiche della «brutalità russa», che altro non sarebbe che il massacro di inesperti fatti schiantare contro l’impressionante forza militare di Putin.
Lira, che inizia tutte le sue dirette invocando il nome «Tiffany Dover», è un personaggio interessante: scrittore, regista, si è dedicato poi a temi macroeconomici con blog e canali YouTube di successo, dove poi, a quanto mi sembra di aver capito, ha cominciato a dare consigli riguardo alle donne e alla fuga dal mondo sviluppato, dove dice verrà presto implementato un sistema di controllo sociale di cui i vaccini genici sono solo l’inizio.
I suoi video di questi giorni sono fondamentali: si trova in Ucraina. È stato per giorni bloccato in un albergo di Kiev, dove ha aspettato di trovare un modo di spostarsi dai figli piccoli a… Kharkov. Ieri non ha postato nessun video, e infatti siamo un po’ preoccupati.
Il cileno-americano definisce il governo di Kiev «il regime Zelens’kyj», e i giornalisti occidentali, suoi compagni di albergo, nei suoi video vengono apostrofati de visu come «system pigs», «maiali del sistema», servi di una narrazione che sta portando alla catastrofe.
Ci sarà un accumulo di prove videofotografiche della «brutalità russa», che altro non sarebbe che il massacro di inesperti fatti schiantare contro l’impressionante forza militare di Putin
Di fatto, Lira ha mostrato qualcosa che i professionisti dell’informazione, ammassati nell’albergo di lusso e in piazza Maidan, non hanno fatto passare: lo sprofondare di Kiev nell’illegalità diffusa. Lo scrittore ha mostrato alcuni video dove si vedono scene di violenza tra ucraini, e ha parlato apertamente del fenomeno. Sostiene che sia uno degli effetti collaterali della distribuzione di Kalashnikov alla popolazione.
Lo avrete sentito: Zelens’kyj sta dando fucili d’assalto a chiunque lo richieda. Avrete visto la foto social della deputata Kira Rudik, la preferita dei network americani, dove si è lasciata scappare che in Ucraina si combatte per il «nuovo ordine mondiale».
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Ci mostrano poi le immagine con le file di comuni cittadini in attesa di ricevere un AK-47. C’è lo studente, il programmatore, l’imprenditrice…
I civili, insomma, devono combattere. Alcuni saranno certamente così scemi da lanciarsi contro l’esercito russo: altre photo opportunity sanguinarie
I civili, insomma, devono combattere. Alcuni saranno certamente così scemi da lanciarsi contro l’esercito russo: altre photo opportunity sanguinarie.
Li armano perché vogliono un sacrificio umano. È necessario. Il loro sangue, filtrato da social e media della menzogna, è la benzina con cui muovere il mondo verso il suo nuovo assetto.
Tuttavia, una parte di questi fucili non finiranno a combattere i russi: no, percoleranno verso la criminalità organizzata, che a quanto detto nella capitale sta già sparando. È un classico panorama del collasso. Mafiosi, signori della guerra, gangster armati e organizzati in bande cominceranno a dettar legge in alcune zone e magari ad interloquire con quel che resta dello Stato e con i servizi dei Paesi stranieri interessati, non diversamente dall’Afghanistan o da qualche Paese Africano.
L’Ucraina potrebbe scendere, quindi, in quello che gli strateghi dell’ISIS chiamavano Idarat at-Tawahhus, la «gestione della barbarie». I jihadisti dello Stato islamico prevedevano che il crollo di uno Stato offriva possibilità immani: dopo la prima fase di «vessazione e potenziamento», in cui si strema e si impaurisce la popolazione di un territorio, subentra una seconda fase, dove, sulla scia del crollo dell’ordine precedente , prevale la legge della giungla con i sopravvissuti pronti ad «accettare qualsiasi organizzazione, indipendentemente dal fatto che sia composta da persone buone o cattive».
Chi sta armando gli ucraini sta preparando non solo il collasso del Paese, ma il suo sprofondare in uno stato selvaggio, di crudeltà inarrivabile. I Balcani degli anni Novanta. Il Ruanda del 1994. La Siria degli anni 2010… probabilmente moltiplicati per un enorme Paese da 40 milioni di persone con immense ricchezze in fatto di materie prime.
Li armano perché vogliono un sacrificio umano. È necessario. Il loro sangue, filtrato da social e media della menzogna, è la benzina con cui muovere il mondo verso il suo nuovo assetto
È pensando a questo che assume un carattere criminale, apocalittico la fornitura di armi agli ucraini da parte dei governi occidentali, in particolare l’Italia.
Come è stato notato da molti, portare lì le armi (tranquilli, armi di difesa, dice Salvini), per chiunque, di per sé sarà un’impresa: il Mar Nero è controllato dalle navi russe, visibili mentre galleggiano nere e placide fuori da Odessa. Lo spazio aereo è chiuso. Insomma, la logistica di questa consegna delle armi non è esattamente semplice.
Quello che si può pensare, quindi, e che se mai queste armi arriveranno, arriveranno tardissimo, probabilmente a Kiev già caduta. Quindi, a chi andranno in mano alle bande, ai battaglioni nazisti, ai criminali. A chiunque si prepara, magari ulteriormente turlupinato, finanziato e armato da qualche servizio segreto occidentale, a sfiancare la Russia per anni con atti di guerriglia et similia.
In pratica, Draghi e compagni stanno armando il caos. Il disordine sanguinario che sta per arrivare, e durare fino a che i gestori della barbarie vorranno sparare con le loro armi.
Una parte di questi fucili non finiranno a combattere i russi: no, percoleranno verso la criminalità organizzata, che a quanto detto nella capitale sta già sparando
È semplicemente mostruoso: è la garanzia che la violenza durerà anni, decenni. Che l’instabilità non sarà mai risolta, che l’Ucraina diverrà una Cecenia non guarita (cioè, una Cecenia che non ha incontrato Putin). Palazzi distrutti. Povertà diffusa. Sangue. Sangue. Sangue.
Tuttavia, ci preme dire che a usare queste armi nella regressione selvaggia del Paese non saranno solo i neonazi, i gangster e i signori della guerra: lo faranno, di certo, anche alcuni civili. Perché oramai la radicalizzazione della popolazione ucraina (in realtà, abbiamo visto con il COVID, di ogni popolazione umana) è oramai arrivata al punto, la società è polarizzata in modo abissale, l’odio e la volontà di punire sono moneta corrente nello stato attuale – non sappiamo se dobbiamo ringraziare di questo gli algoritmi dei social media o il generale crollo dell’unità sociale inevitabile per lo Stato moderno, che non ha nessun vero collante a tenerlo insieme.
Sulle armi che stiamo fornendo ci sarà, quindi, altro sangue, e per anni. La rovina dell’Ucraina, granaio d’Europa, si potrebbe prolungare fino a creare shock sistemici globali, per esempio per il grano (cioè la pasta, il pane, i carboidrati che costituiscono la dieta principale della maggioranza dell’ umanità) così come per il neon e il palladio, che sono assolutamente necessari per produrre i microchip, senza i quali oggi non si costruisce né si vende nulla, nemmeno un bollitore per il té.
Draghi e compagni stanno armando il caos. Il disordine sanguinario che sta per arrivare, e durare fino a che i gestori della barbarie vorranno sparare con le loro armi
Pensate all’odio, allo squilibrio, alla distruzione tra gruppi umani su tutta quella terra, che non molto tempo fa era una cosa sola, era Rus’.
E poi, su tutto: pensate a questa danza del caos a poca distanza da migliaia di bombe atomiche ex sovietiche. Pensate, come Oppenheimer, alla Bhagavad-Gita: «Ora sono diventato la Morte, il distruttore di mondi».
La domanda da porsi, a questo punto, è se tutto questo non sia programmato.
Una zona di barbarie eterna, da tenere accesa fino a che non si decapiterà la Russia e la si spoglierà delle sue ricchezze naturali – o forse, la distruzione non si fermerà fino a ché si eliminerà la Russia per quel che rappresenta: la sovranità dello Stato, la sovranità dei popoli, il rifiuto dell’omologazione globalizzante, il radicamento in qualcosa che gli esseri umani si tramandano nel tempo, la religione, la famiglia.
Sì, l’Ucraina va data alle fiamme per bruciare la Russia. Alle porte d’Europa si creerà una terra che sarà reclamata, strage dopo strage, dalla Cultura della Morte.
E l’Italia, credete che sia così lontana?
Roberto Dal Bosco
Immagine di DS10Portfolio via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata
Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.
Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».
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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.
La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.
Come riportato da Renovatio 21, proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.
Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.
Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.
Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.
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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.
Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).
Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.
Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.
🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages.
Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.
Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.
Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.
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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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