Il quotidiano Il Foglio, fondato da Giuliano Ferrara, già organo degli spaghetti neocons e arma di distrazione di massa per le «vedove ratzingeriane», sostiene, come del resto quasi tutta la stampa mainstream, le attuali misure della dittatura biotica, dal super green pass alla campagna vaccinale militarizzata del generale Figliuolo.
Questo paladino della lotta alle frodi scientifiche dichiara che «il cambiamento formidabile che qui si richiede è appunto questo: il sorgere di un’autorità mondiale in tema di patogeni, clima e altri problemi globali, la quale preservi le istituzioni democratiche».
«Il cambiamento formidabile che qui si richiede è appunto questo: il sorgere di un’autorità mondiale in tema di patogeni, clima e altri problemi globali, la quale preservi le istituzioni democratiche»
Il World Economic Forum sta ora sostenendo l’abolizione della proprietà privata dei veicoli.
Ciò è pienamente linea con l’obiettivo dichiarato dall’agenda del Grande Reset di garantire un futuro in cui la gente comune «non possiederà nulla e sarà felice».
«Abbiamo bisogno di una rivoluzione energetica pulita e ne abbiamo bisogno ora», scrive un articolo del WEF del 18 luglio intitolato «3 approcci di economia circolare per ridurre la domanda di metalli critici».
L’articolo del gruppo globalista sostiene che la «transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili richiederà grandi forniture di metalli critici come cobalto, litio, nichel, solo per citarne alcuni. La carenza di questi minerali critici potrebbe aumentare i costi delle tecnologie energetiche pulite».
Continuando, il WEF spiega che mentre l’estrazione di più «materiale vergine» è una «strada ovvia», ciò potrebbe produrre «conseguenze non intenzionali» e quindi «è tempo di guardare oltre» la soluzione attuale e considerare «questi tre cambiamenti di mentalità» che possono «aiutare a ridurre la domanda di metalli critici».
Il primo dei cambiamenti di mentalità è incoraggiare le persone a «passare dal possedere all’usare». Il WEF afferma che, poiché la maggior parte dei veicoli e altri oggetti vengono lasciati inattivi più di quanto non vengano utilizzati, «Una maggiore condivisione può ridurre la proprietà delle apparecchiature inattive e quindi l’utilizzo dei materiali».
«Per consentire una transizione più ampia dalla proprietà all’utenza, anche il modo in cui progettiamo cose e sistemi deve cambiare», spiega il gruppo, menzionando che una possibilità è che cose come le auto possano utilizzare «profili utente» che «creano una distinzione per lavoro e uso personale sullo stesso dispositivo» consentendo di ridurre il «numero di dispositivi per persona».
«Un processo di progettazione che si concentra sul soddisfare l’esigenza sottostante invece di progettare per l’acquisto del prodotto è fondamentale per questa transizione. Questa è la mentalità necessaria per riprogettare le città per ridurre i veicoli privati e altri usi», aggiunge l’organizzazione.
L’abolizione dell’auto di proprietà è un’idea che circola da decenni, discussa ai più alti livelli,
Nell’agosto 2014 si tenne a Sciacca, in Sicilia, un bizzarro incontro tra i vertici delle maggiori società del pianeta; si intitolava The Camp e l’organizzazione pare fosse di Google. I giornali dissero che si trattava di una sorta di Davos mediterranea.
C’era anche Jovanotti, che potrebbe forse averne parlato in un video registrato all’Università di Firenze, dove si raccontava che ad un summit di potenti della terra a cui era stato invitato non c’erano politici perché, gli era stato detto, «non servono».
Tra i 300, con contorno di vari VIP di arredo (la cantante Alicia Keyes, l’attore Jared Leto, Eva Longoria, il calciatore David Beckham, lo skater Tony Hawk) si sono incontrati anche il fondatore di Uber Travis Kalanick e Jaki Elkann, l’uomo a capo di una delle maggiori industrie automobilistiche del Paese. In teoria, i due sarebbero l’uomo l’antitesi dell’altro. Tuttavia, incontri come questo (e come il WEF di Davos) servono proprio a trovare la convergenza per il futuro immaginato per noi.
Il Corriere scrisse che «Un brivido lungo la schiena al presidente di Fiat-Chrysler, John Elkann, l’ha fatto correre Travis Kalanick, fondatore di Uber, quando ha sostenuto che l’auto diventerà come l’acqua corrente: non è tua, ma scorre dal rubinetto quando ce n’è bisogno. Lo stesso per le quattro ruote: ce ne sarà una pronta quando serve, comprarla non avrà più molto senso».
Ci permettiamo di dubitarne. Sappiamo perfettamente la passione degli Agnelli per le auto: di fatto, un comparto abbandonato con la finanziarizzazione del gruppo, e la dismissione di industrie sul suolo nazionale che riempiono le pagine dei giornali, che tuttavia mica accusano la famiglia, la quale peraltro adesso, con l’aggiunta del Gruppo-Espresso Repubblica, i giornali se li è comprati. Ma quale «brivido»: perfino i produttori di auto stanno lavorando per la sua abolizione.
Perché il fine di tutto questo – che è una convergenza di pubblico e privato nella re-ingegnerizzazione di tutta la società è, ripetiamo: «non avrai nulla e sarai felice».
Sappiamo bene come finirà. Lo abbiamo visto in un video satirico, ora sparito da internet, anzi chiediamo al lettore se ci aiutano a ritrovarlo. Si vede che era satirico fino ad un certo punto.
In un documento di sintesi che indica il «cambiamento climatico» e il «declino della Democrazia» come «crisi globali» congiunte, il World Economic Forum (WEF) ha affermato che l’adesione all’ideologia climatica radicale, comprese le misure per aumentare aumentare i prezzi della benzina già arrivati a livelli insostenibili — è necessaria per salvare la Democrazia.
«Il cambiamento climatico e il declino della Democrazia sono due crisi globali che sono arrivate al culmine negli ultimi anni», ha scritto Edward Barbier, professore di economia della Colorado State University e Agenda Contributor del WEF, in un articolo dell’11 luglio visibile sul sito dell’organizzazione di Klaus Schwab.
Secondo il professor Barbier, la «transizione all’energia verde è la chiave sia per affrontare il cambiamento climatico che per creare economie sostenibili».
Citando l’organizzazione Freedom House, che ha descritto la rivolta del Campidoglio del 6 gennaio2021 come «parte di un tentativo organizzato di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali» del 2020, il Barbier afferma che la Democrazia è diminuita a livello globale negli ultimi 15 anni.
Quindi, «il mondo deve agire ora» per tenere a bada il «riscaldamento globale» riducendo le emissioni di carbonio. «Le principali democrazie dovrebbero collaborare per raggiungere questi due obiettivi», ha affermato il seguace del WEF in un apparente non sequitur.
Invece «questi due obiettivi non si escludono a vicenda ma complementari», perché «ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e passare ad alternative a basse emissioni di carbonio rendono anche le economie democratiche più sostenibili».
Di qui l’idea più forte: i governi «mettano fine alla sottovalutazione dei prezzi dei combustibili fossili» e impongono sanzioni finanziarie all’industria dei combustibili fossili nel tentativo di sostituire le fonti tradizionali di combustibili con «energia pulita».
Il lettore di Renovatio 21 sa che abbiamo avuto un’anteprima di tutto questo alle latitudini della Democrazia dello Sri Lanka, dove il carburante è divenuto così scarso da provocare code interminabili che hanno causato morti, dove il cibo è diventato carente perché è stata implementata un’agricoltura «ecologica» come da desiderata mondialisti, dove l’assenza di energia ha provocato blackout e fame.
La morale che ne ricaviamo è: ascolti il WEF, ascolti la lagna verde, e quello che ottieni non è la Democrazia – è la rivolta.
L’economia verde porta alla fame, e quindi ad una situazione rivoluzionaria – la disintegrazione dello Stato.
In verità, Schwab e i suoi amici non lo capiranno mai, come da pattern comportamentale di ogni élite oramai ridotta solo al privilegio e al potere catatonico: la realtà non ci ascolta, tanto peggio per la realtà.
Il compito principale dell’élite finanziaria mondiale è ridurre sistematicamente il consumo umano, ha dichiarato il famoso filosofo russo Andrej Fursov nella sua trasmissione sul canale YouTube TV Day.
Secondo il Fursov , i paesi occidentali sono finiti in una trappola. Nel tentativo di passare a fonti energetiche «verdi», la leadership dell’UE e degli Stati Uniti ha rovinato le loro economie, creando una grave crisi e minacciando la sicurezza delle persone.
Proprio perché non hanno abbastanza capacità energetica per uno standard di vita dignitoso per tutti i cittadini, le élite stanno cercando di fare il lavaggio del cervello alle persone affinché consumino meno.
Allo stesso tempo, come ha osservato Fursov, i «padroni del denaro», si impegneranno a non sviluppare fonti di energia ad alta densità, in particolare l’energia nucleare.
Invece, dichiara il filosofo, immergeranno i loro Paesi e idealmente il mondo intero in un nuovo Medioevo attraverso il «Grande Reset».
«Per me, il Grande Reset scritto da Schwab (…) è equivalente al non popolarissimo Mein Kampf. Solo che Hitler non ha scritto un programma di riorganizzazione del mondo intero, ma dell’Europa, e qui un programma di cambiamento non è stato scritto solo per il mondo tutto, ma anche per l’uomo. Perché, come Schwab ha detto riguardo la Quarta Rivoluzione Industriale, non è il cambiamento del mondo attorno a noi, ma il cambiamento dell’uomo stesso attraverso i mezzi della genomodificazione».
«Schwab ha anche scritto riguardo ai pericoli sulla strada del Grande Reset. Ono dei pericoli è che il processo possa essere ritardato. E lo è stato. Il secondo, è se uno dei tre grandi Paesi, cioè USA, Cina e Russia, se ne tira fuori. E il terzo, le proteste di massa».
«Onestamente, non credevo che ci sarebbe stata tutta questa resistenza a questi processi in Occidente. Non mi aspettavo i “Freedom Convoy” in Canada, in America».
Io ritenevo che l’uomo occidentale si fosse già da tempo trasformato in un rammollito, un uomo incompetente che potrebbe essere manipolato… Invece, tutti questi eventi sono avvenuti assieme: il ritmo lento delle vaccinazioni; il fatto che Cina e Russia non siano corse per saltare nel processo; il fatto che ci fosse un’acuta resistenza all’intero processo – tutto questo ha forzato quella gente ad utilizzare altri mezzi (…) per esempio, la guerra, che può provocare la fame. E la fame è ridurre i bisogni, restringendo il controllo».