Cina
I talebani insediano in Cina il loro primo ambasciatore
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’ex portavoce Bilal Kalimi è arrivato a Pechino, anche se il ministero degli Esteri cinese parla di ulteriori passi necessari per «relazioni diplomatiche piene». La mossa arriva a poche settimane dalla partecipazione del governo di Kabul al Forum della Belt and Road Initiative.
Dall’inizio di dicembre l’amministrazione talebana dell’Afghanistan ha un proprio ambasciatore nella Repubblica Popolare Cinese, il primo inviato ufficialmente in qualsiasi Paese da quando ha assunto il potere a Kabul nell’agosto 2021. Si tratta dell’ex portavoce dell’amministrazione Bilal Karimi, che è arrivato a Pechino la settimana scorsa per assumere il ruolo: «è l’ambasciatore ufficiale accreditato dell’Emirato islamico dell’Afghanistan presso la Repubblica Popolare Cinese», ha specificato all’agenzia Reuters il portavoce del ministero degli Esteri dei talebani Abdul Qahar Balkhi.
Il nuovo passo in avanti nei rapporti con Pechino segue quello compiuto in settembre dalla Repubblica popolare cinese, che era già diventata il primo Paese a nominare un nuovo ambasciatore – il diplomatico Zhao Sheng – dopo l’arrivo dei talebani a Kabul. Già in quell’occasione il passo era stato presentato dai portavoce cinesi come un «normale avvicendamento dell’ambasciatore in Afghanistan».
Interpellato oggi durante la consueta conferenza stampa quotidiana a Pechino, il portavoce del ministro degli Esteri Wang Wenbin, sul significato della presenza di un ambasciatore dei talebani nella Repubblica popolare cinese ha frenato, sostenendo che un pieno riconoscimento diplomatico avverrà solo dopo ulteriori passi.
«La Cina ritiene che l’Afghanistan non debba essere escluso dalla comunità internazionale» ha dichiarato. «Ci auguriamo che Kabul risponda ulteriormente alle aspettative della comunità internazionale, costruisca una struttura politica aperta e inclusiva, adotti politiche interne ed estere moderate e prudenti, combatta con fermezza tutte le forme di forze terroristiche, sviluppi relazioni amichevoli con altri Paesi, soprattutto con i suoi vicini, e si integri nella comunità mondiale. Riteniamo che il riconoscimento diplomatico del governo afghano avverrà in modo naturale, quando le preoccupazioni delle varie parti saranno affrontate in modo efficace».
Al di là delle parole, resta però il fatto politico della presenza di un ambasciatore dei talebani a Pechino. Che segue la partecipazione – poche settimane fa – di una delegazione ufficiale dell’Emirato islamico guidata dal ministro del commercio e dell’industria Haji Nooruddin Azizi al Belt and Road Forum, la celebrazione dei dieci anni della «nuova via della seta» di Xi Jinping.
«Abbiamo chiesto alla Cina di entrare a far parte del Corridoio economico Cina-Pakistan e della Belt and Road Initiative, stiamo discutendo le questioni tecniche – dichiarò in quell’occasione Azizi -. La Cina, che investe in tutto il mondo, dovrebbe investire anche in Afghanistan… abbiamo tutto ciò di cui hanno bisogno: litio, rame, ferro. L’Afghanistan è più che mai pronto per gli investimenti».
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Cina
Pechino, la Germania e lo scontro sulle spie
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Quattro arresti in poche ore tra i quali anche uno stretto collaboratore del leader di Alternative für Deutschland nella corsa al Parlamento europeo. Le criticità nei programmi di ricerca congiunti tra università tedesche e istituti cinesi con background militare. La replica del portavoce del ministero degli Esteri cinese: «diffamazioni».
L’arresto per spionaggio di quattro persone in Germania a pochi giorni dal viaggio a Pechino del cancelliere tedesco Olaf Scholz ha portato in primo piano in queste ore in Europa la questione già caldissima della sicurezza dei rapporti con la Repubblica popolare cinese.
Il caso più clamoroso è quello del cittadino tedesco di origine cinese Guo Jian (郭建), 42 anni, assistente di un politico del partito populista di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), arrestato martedì mattina nella sua residenza di Dresda.
Guo Jian lavorava per Maximilian Krah, il candidato di spicco dell’AfD alle prossime elezioni europee di giugno. Secondo il procuratore, Guo è accusato di aver fornito all’agenzia di Intelligence cinese informazioni su discussioni e negoziati nel Parlamento Europeo e di aver spiato i dissidenti cinesi che vivono in Germania
Il cancelliere Scholz ha commentato: «Non possiamo accettare lo spionaggio contro di noi, da qualsiasi Paese provenga». Ha inoltre affermato che le accuse contro l’AfD sono «molto preoccupanti».
Maximilian Krah – che continua la sua campagna elettorale – ha dichiarato di aver saputo dell’arresto di Guo solo dai notiziari e ha affermato di non essere a conoscenza delle sue attività. Nella sua azione politica al Parlamento europeo, però, Krah ha votato contro una risoluzione che denunciava gli abusi dei diritti umani nello Xinjiang e ha affermato che Taiwan appartiene al governo di Pechino.
Guo Jian era attivo nella cerchia dei dissidenti cinesi in Germania. Raramente, però, si trovano online dettagli e informazioni pubbliche su di lui. Pur avendo lavorato come assistente di un politico, non è un personaggio pubblico e usa raramente i social network. Una sua foto con il Dalai Lama sta circolando sui social network dopo l’arresto. Guo si è occupato di commercio con la Cina dopo essersi laureato in un’università tedesca e aveva un’azienda che importava prodotti LED dalla Cina. Nel 2019 è diventato assistente di Krah. I media tedeschi hanno rivelato che Krah ha visitato Pechino nel 2019 e le spese di viaggio sono state coperte da aziende cinesi.
L’arresto di Guo è avvenuto un giorno dopo quello di tre cittadini tedeschi per presunto spionaggio. I tre sono accusati di aver passato tecnologia militare ai servizi segreti cinesi in cambio di un pagamento. I procuratori hanno confermato che una coppia residente a Düsseldorf e un uomo di Bad Homburg sono stati reclutati dal ministero della Sicurezza di Stato cinese e hanno esportato tecnologia sensibile in Cina senza autorizzazione. Le operazioni sono durate circa due decenni, almeno fino al giugno 2022.
I tre sono stati accusati di aver acquistato un laser per la Cina. Inoltre, la coppia, che lavorava per una società affiliata a un’università, ha trasferito le informazioni di una parte di un macchinario che può essere utilizzato nelle navi militari. I servizi segreti tedeschi hanno dichiarato che il caso potrebbe essere «solo una punta dell’iceberg». Le università sono considerate un punto debole sotto l’influenza straniera e lo spionaggio industriale. I rapporti dicono che molte università tedesche hanno programmi di ricerca congiunti con istituti cinesi con background militare.
Interpellato su queste vicende il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha risposto che stanno «diffamando e intimidendo» la Cina. Wang ha anche accusato i Paesi europei di diffondere «false informazioni sulle cosiddette spie cinesi».
Questa settimana anche due uomini britannici sono stati accusati di aver consegnato documenti e informazioni alla Cina nel Regno Unito. Uno di loro lavorava come ricercatore per il Parlamento.
Negli ultimi mesi, i massicci attacchi informatici della Cina hanno attirato l’attenzione dei Paesi occidentali. Gli obiettivi degli attacchi vanno dalle aziende con tecnologie all’avanguardia nell’industria, ai politici e ai dissidenti cinesi all’estero.
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