Spirito
«Fondiamo un’Alleanza Antiglobalista». L’appello di Mons. Viganò

Renovatio 21 pubblica questo appello dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.
DA DUE ANNI stiamo assistendo ad un colpo di Stato mondiale, nel quale un’élite finanziaria e ideologica è riuscita ad impadronirsi di parte dei governi nazionali, delle istituzioni pubbliche e private, dei media, della magistratura, dei politici, dei leader religiosi.
Tutti, indistintamente, sono asserviti a questi nuovi padroni che assicurano potere, denaro e affermazione sociale ai loro complici.
I diritti fondamentali, che fino a ieri ci erano presentati come inviolabili, sono calpestati in nome di un’emergenza: oggi sanitaria, domani ecologica, dopodomani informatica
I diritti fondamentali, che fino a ieri ci erano presentati come inviolabili, sono calpestati in nome di un’emergenza: oggi sanitaria, domani ecologica, dopodomani informatica.
Questo colpo di stato globale priva i cittadini di ogni possibilità di difesa, dal momento che i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sono complici della violazione del diritto, della giustizia e del fine per il quale esistono.
Ed è un colpo di stato globale perché questo attentato criminale contro i cittadini si estende a tutto il mondo, salvo rarissime eccezioni.
È una guerra mondiale, dove i nemici siamo tutti noi, anche coloro che inconsapevolmente non hanno ancora compreso la portata di quanto avviene. Una guerra combattuta non con le armi, ma con norme illegittime, sciagurate politiche economiche, intollerabili limitazioni dei diritti naturali.
Organismi sovranazionali, finanziati in massima parte dai congiurati di questo colpo di Stato, interferiscono nel governo delle singole Nazioni e nella vita, nelle relazioni, nella salute di miliardi di persone. Lo fanno per denaro, certamente, ma ancor più per accentrare il potere, in modo da instaurare una dittatura planetaria. È il Great Reset del World Economic Forum, l’Agenda 2030 dell’ONU. È il piano del Nuovo Ordine Mondiale, in cui una Repubblica Universale renda tutti schiavi e una Religione dell’Umanità cancelli la Fede in Cristo.
Questo colpo di Stato globale priva i cittadini di ogni possibilità di difesa, dal momento che i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sono complici della violazione del diritto, della giustizia e del fine per il quale esistono
Dinanzi a questo colpo di stato, occorre costituire un’Alleanza Antiglobalista internazionale, che raccolga tutti coloro che vogliono opporsi alla dittatura, che non hanno intenzione di diventare schiavi di un potere senza volto, che non sono disposti a cancellare la propria identità, la propria individualità, la propria fede religiosa.
Se l’attacco è globale, globale dev’essere anche la difesa.
Chiamo a raccolta i governanti, i leader politici e religiosi, gli intellettuali e tutti gli uomini di buona volontà, invitandoli a riunirsi in un’Alleanza che lanci un manifesto antiglobalista, confutando punto per punto gli errori e le deviazioni della distopia del Nuovo Ordine Mondiale e proponendo alternative concrete per un programma politico ispirato al bene comune, ai principi morali del Cristianesimo, ai valori della tradizione, alla protezione della vita e della famiglia naturale, alla tutela dell’impresa e del lavoro, alla promozione dell’istruzione e della ricerca, al rispetto del Creato.
È una guerra mondiale, dove i nemici siamo tutti noi, anche coloro che inconsapevolmente non hanno ancora compreso la portata di quanto avviene. Una guerra combattuta non con le armi, ma con norme illegittime, sciagurate politiche economiche, intollerabili limitazioni dei diritti naturali
Questa Alleanza Antiglobalista dovrà riunire le Nazioni che intendono sottrarsi al giogo infernale della tirannide e affermare la propria sovranità, stringendo accordi di reciproca collaborazione con gli Stati e i popoli che condividono i suoi principi e il comune anelito alla libertà, alla giustizia, al bene.
Essa dovrà denunciare i crimini dell’élite, indicarne i responsabili, denunciarli ai tribunali internazionali, limitarne lo strapotere e le nefaste influenze; dovrà impedire l’azione delle lobby, anzitutto combattendo la corruzione dei funzionari dello Stato e degli operatori dell’informazione, e congelando i capitali usati per destabilizzare l’ordine sociale.
Nelle Nazioni in cui i governi sono asserviti all’élite, potranno costituirsi movimenti popolari di resistenza e comitati di liberazione nazionale, con rappresentanti di tutti i settori della società che propongano una riforma radicale della politica, ispirata al bene comune e fermamente opposta al progetto neomalthusiano dell’agenda globalista.
Invito tutti coloro che vogliono difendere la società cristiana tradizionale a riunirsi in un forum internazionale, da tenersi quanto prima, in cui esponenti di varie Nazioni si riuniscano per presentare una proposta seria, concreta e chiara.
Chiamo a raccolta i governanti, i leader politici e religiosi, gli intellettuali e tutti gli uomini di buona volontà, invitandoli a riunirsi in un’Alleanza che lanci un manifesto antiglobalista, confutando punto per punto gli errori e le deviazioni della distopia del Nuovo Ordine Mondiale
Il mio appello va ai leader politici e ai governanti che hanno a cuore il bene dei propri cittadini, uscendo dai vecchi schemi partitici e dalle logiche imposte da un sistema asservito al potere e al denaro.
Chiamo a raccolta le Nazioni cristiane, da oriente a occidente, invitando i Capi di Stato e le forze sane delle istituzioni, dell’economia, del lavoro, dell’università, della sanità e dell’informazione ad aderire ad un progetto comune, scompaginando gli schemi e mettendo da parte ostilità volute dai nemici dell’umanità in nome del divide et impera.
Non accettiamo le regole dell’avversario, perché sono fatte proprio per impedirci di reagire e di organizzare un’opposizione efficace e incisiva.
Fondiamo questa Alleanza Antiglobalista, diamole un programma semplice e chiaro, e liberiamo l’umanità da un regime totalitario che assomma in sé gli orrori delle peggiori dittature di tutti i tempi
Chiamo le Nazioni e i cittadini ad allearsi sotto la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, unico Re e Salvatore, Principe della Pace. In hoc signo vinces.
Fondiamo questa Alleanza Antiglobalista, diamole un programma semplice e chiaro, e liberiamo l’umanità da un regime totalitario che assomma in sé gli orrori delle peggiori dittature di tutti i tempi.
Se indugeremo ancora, se non comprendiamo la minaccia che incombe su tutti noi, se non reagiremo organizzandoci in una resistenza ferma e coraggiosa, questo regime infernale che va instaurandosi ovunque non potrà essere fermato.
E che Dio Onnipotente ci assista e ci protegga.
Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
Spirito
I vescovi africani perorano la loro causa davanti al Fondo Monetario Internazionale

I vescovi dell’Africa hanno approfittato dello svolgimento dell’ultima Assemblea annuale del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale per lanciare l’allarme sullo stato del debito dei loro paesi e chiedere un cambio di prospettiva dei paesi più ricchi sul continente africano.
Le riunioni annuali dei consigli dei governatori del gruppo della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (FMI) sono un’opportunità per riunire stakeholder provenienti da contesti diversi: leader del settore pubblico (banche centrali, ministeri delle finanze e dello sviluppo, parlamentari) e privati settore (rappresentanti delle organizzazioni della società civile, esperti del mondo accademico), intorno alle principali questioni economiche globali.
L’ultima edizione di questi incontri si è svolta quest’anno a Marrakech (Marocco) dal 9 al 15 ottobre 2023. Un incontro altamente simbolico poiché è stato il primo ad essere organizzato nel continente africano dopo 50 anni. In pratica significava dire che era necessario per gli organizzatori ricordare che l’Africa è al centro delle preoccupazioni.
Una contrapposizione di punti di vista
La Chiesa africana ha colto l’occasione per riorientare i dibattiti e provare a sfatare i luoghi comuni di un Occidente che vede, nella difficile transizione demografica e nel mancato controllo delle nascite, una delle principali cause di povertà e destabilizzazione del continente.
Se circa 600 milioni di africani si trovano al di sotto della soglia di povertà e 280 milioni soffrono la fame, è soprattutto a causa “del muro del debito accumulato che impedisce a molte nazioni africane di mettere in atto i mezzi per proteggere i più vulnerabili e rispondere alle crisi”, scrive il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM).
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E i prelati si rifanno a Papa Giovanni Paolo II che, nel 1999, stabilì il legame tra debito e povertà, «un messaggio che è ancora attuale nel 2023», insistono.
Riflessioni condivise dalla ONG cattolica Jubilee USA Network, che sostiene la riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo: «I leader della Chiesa devono essere presi sul serio perché sono in prima linea nell’affrontare le crisi del debito, del clima e del cibo», ha indicato uno dei suoi dirigenti, Aldo Caliari.
Un modo per risolvere la crisi migratoria?
Dal lato del G24, finora hanno fatto orecchie da mercante a qualsiasi richiesta di cancellazione del debito dei paesi vulnerabili, mentre il FMI teme un rallentamento della crescita nei paesi della regione sub-sahariana nel 2023.
Ma le critiche restano soprattutto sulla questione del debito, che ha fatto pochi passi avanti: così, la richiesta rivolta dai Paesi in via di sviluppo al G24 di cancellare il debito degli Stati più vulnerabili è rimasta lettera morta.
Ma, secondo voci autorevoli, sarebbe forse un modo per risolvere in buona parte la questione migratoria: una maggiore stabilità economica aiuterebbe a stabilizzare le popolazioni. Ma come quasi sempre, le questioni politiche interferiscono con questo schema, rendendolo molto più difficile da risolvere.
Come premio di consolazione, il continente africano dovrebbe ottenere un terzo seggio nel comitato esecutivo del Fondo monetario internazionale. Un magro risultato per i vescovi che chiedono, finora invano, di «rafforzare i valori dello sviluppo umano» e di prevenire «future spirali di debito».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine screenshot da YouTube
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Papa Francesco sta per togliere «appartamento e stipendio» al cardinale Burke?

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Spirito
L’autorità, la vera posta in gioco del Sinodo parte – 2ª

Secondo il pensiero modernista del Vaticano II, l’autorità viene dal basso e non più dall’alto: questa gravissima inversione della dottrina tradizionale spiega le attuali oscillazioni pontificie tra autoritarismo nei confronti della tradizione e capitolazione di fronte alle istanze libertarie.
1. «Insegnava loro come avente autorità e non come gli scribi» (Mc 1,22). L’autorità viene da Dio: l’autorità in quanto tale, e quindi ogni autorità. San Paolo lo dice (Rm 13,1) ma la retta ragione lo constata già al suo livello.
Ogni autorità, quindi, «scende dall’alto», perché è l’espressione particolarizzata del governo di Dio, che si avvale di intermediari umani per condurre le sue creature alla felicità eterna del cielo, e per condurle nel modo consono alla loro natura di esseri umani, cioè con piena intelligenza e libertà.
È così che il mondo, venuto da Dio, che lo crea e lo preserva, ritorna a Dio, che lo attrae e lo chiama. È infatti Dio, Fine Ultimo e Supremo, che tutte le creature cercano, ciascuna secondo le modalità proprie della sua natura. Gli uomini vi aspirano attraverso l’intelligenza e la libertà.
E se più uomini si sforzano di camminare insieme verso questo stesso fine, hanno bisogno che la loro intelligenza e le loro libertà siano aiutate da un’autorità, il cui ruolo è quello di unificare e ordinare i loro sforzi, con piena cognizione di causa.
L’autorità è dunque l’assistenza e l’aiuto, dato da Dio agli uomini, di un’intelligenza sufficientemente elevata per discernere, al di là dei beni particolari di ciascuno, il vero bene comune a tutti. Ed è anche l’aiuto e l’assistenza di un’intelligenza dotata di tutto il potere per prendere le decisioni necessarie all’acquisizione e alla conservazione di questo bene comune.
2. L’autorità può quindi essere concepita solo in relazione ad un bene comune e ad un fine, perché l’autorità si definisce come l’aiuto e l’assistenza di cui la libertà umana ha bisogno per ottenere questo bene e raggiungere questo fine, secondo la sua modalità, che è quella di un agire comune.
Nella Chiesa l’autorità dei vescovi e quella del Papa non hanno altro significato che in rapporto alla salvezza eterna, la cui prima condizione è la conservazione e la trasmissione del deposito della fede, poiché la fede è principio della salvezza.
3. A questa idea cattolica di autorità, e a questa dottrina romana del potere «che viene dall’alto» (Gv 19,11), vediamo che il modernismo del Vaticano II oppone, sempre più chiaramente nelle sue conseguenze, la dottrina rousseauiana e immanentista, cioè in definitiva marxista, del potere «che viene dal basso».
Questa è la posta in gioco del pontificato di Francesco, soprattutto con l’ultimo Sinodo. E questo è molto grave. Consideriamo infatti che l’autorità del Papa, nella Santa Chiesa, non è minata dalla sola ragione per la quale, ormai da più di mezzo secolo, i detentori di tale autorità sono imbevuti di dottrine eterodosse. L’autorità non è indebolita solo nella sua materia.
È minata in sé, nella sua definizione profonda. L’ideale cattolico e romano, voluto da Dio per la sua Chiesa, viene virtualmente ma assolutamente distrutto dall’inversione dell’autorità, cioè da una nuova definizione che ne capovolge completamente la natura stessa. Finora, di grado in grado, l’autorità è scesa al Popolo di Dio, attraverso il Papa, Vicario di Cristo, poi attraverso i vescovi.
Ora essa risale (o meglio: emerge) di grado in grado, dal Popolo di Dio, consacrato Re, Sacerdote e Profeta, ai vescovi e al Papa. E se poi scende dal Papa e dai vescovi al Popolo, è proprio nella misura in cui è espressione della Coscienza comune del Popolo. E il Sinodo è una delle manifestazioni privilegiate di questa inversione.
4. È questa l’idea espressa chiaramente da Papa Francesco nel suo discorso del 17 ottobre 2015, in occasione del XIV Sinodo: «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto», ha affermato, «un ascolto reciproco in cui tutti hanno qualcosa da imparare. Il popolo fedele, il Collegio episcopale, il Vescovo di Roma, ciascuno in ascolto dell’altro; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito di verità” (Gv 14,17), per sapere cosa dice alle Chiese (Ap 2,7)».
E di recente, poco prima dell’apertura del XVI Sinodo, in un discorso pronunciato durante l’udienza del 23 agosto 2023, il Papa è tornato ancora su questo concetto: «Cerchiamo di imparare un nuovo modo di vivere le relazioni, ascoltando gli uni gli altri, per ascoltare e seguire la voce dello Spirito».
5. In una tale concezione, l’autorità non è più definita in base ad un bene comune e ad un fine. E nella Chiesa l’autorità del Papa non è più concepita in termini di deposito della fede e di salvezza eterna delle anime. Ecco perché mons. Strickland ha potuto accusare papa Francesco di «minare il deposito della fede».
Certo, perché nella nuova «Chiesa dell’ascolto» l’autorità non deve più conformarsi innanzitutto alle esigenze di un fine oggettivo; deve piuttosto adattarsi innanzitutto alla mentalità dei suoi soggetti. È Charles Journet a ripeterlo, quando spiega come il protestantesimo, già prima del modernismo, abbia compiuto il sovvertimento radicale dell’autorità. (1)
La prima preoccupazione dell’autorità non è più imporre uno scopo, ma consultare la moltitudine; non si tratta più di rivendicare il diritto, ma di constatare il fatto; non si tratta più di sottomettere il Numero alla Fine, ma di sottomettere la Fine al Numero. Le devastazioni di questo principio, aggiunge, saranno praticamente attenuate perché c’è della ragione naturale o luce soprannaturale nei protestanti.
Ma il protestantesimo deve essere giudicato in base al suo principio e alla sua radice. E questo principio è contraddittorio. Lo stesso vale nel modernismo del Vaticano II e di Francesco. La formula «L’autorità viene dal basso», che traduce molto accuratamente questa idea di Chiesa dell’ascolto, è infatti una contraddizione e dovremo quindi scegliere tra i questi termini:
O mantenere l’autorità, continuando ad agire come se venisse dall’alto, e questa è oppressione. Oppure ricevere ciò che viene dal basso, comportandosi come se l’autorità fosse effettivamente distrutta e ciò significherebbe l’abdicazione. Proprio come il protestantesimo, il modernismo, nella sua concezione distorta dell’autorità, oscilla tra questi due poli.
6. È così che vediamo Papa Francesco da un lato destituire, con una severità inaudita, mons. Strickland, vescovo che tuttavia intendeva rimanere fedele agli impegni assunti durante la sua consacrazione, e dall’altro capitolare sempre più davanti alle istanze libertarie della porzione d’avanguardia del Popolo di Dio.
Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede sotto Benedetto XVI, è intervenuto dicendo di considerare la destituzione di mons. Strickland come «una revoca arbitraria» che finirebbe per «minare l’autorità del Papa».
In realtà, questa destituzione è solo la conseguenza di un’autorità papale già fuorviata, un’autorità che ora si considera proveniente dal basso e non più dall’alto.
Don Jean-Michel Gleize
Don Jean-Michel Gleize è professore di Apologetica, Ecclesiologia e Dogma al Seminario San Pio X di Econe. È il principale collaboratore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali tra Roma e la FSSPX tra il 2009 e il 2011.
NOTE
1) Charles Journet, Lo spirito del protestantesimo in Svizzera, Parigi, 1925.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Renovatio 21 ha pubblicato la prima parte dell’articolo una settimana fa.
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