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Feticidi femminili in uno Stato indiano: 910 bambine ogni mille maschi nati, cresce di nuovo l’aborto selettivo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Nel 2024 lo Stato dell’India settentrionale ha fatto registrare il peggiore rapporto alla nascita dal 2016. Pascoal Carvalho: «Feticidi femminili praticati clandestinamente». Una campagna promossa da Modi nel 2015 ha frenato solo temporaneamente la tendenza.

 

«Il radicato pregiudizio di genere dell’India nei confronti delle bambine permane». Lo afferma ad AsiaNews il dott. Pascoal Carvalho, già membro della Pontificia Accademia per la Vita, istituita da san Giovanni Paolo II nel 1994, a commento di nuovi allarmanti dati che giungono dallo Stato settentrionale dell’Haryana, uno tra quelli economicamente più avanzati in India, sul numero di femmine per mille maschi alla nascita. Nel 2024 lo stato dell’Haryana ha registrato il più basso rapporto in otto anni, con 910 bambine ogni 1000 bambini nati (nel 2023 erano state 916).

 

Il rapporto tra i sessi biologici alla nascita rappresenta un indicatore fondamentale dell’uguaglianza di genere ed è ricavato dai dati raccolti dai Servizi di registrazione civile (CRS), che monitorano l’andamento statistico delle morti e delle nascite. Secondo i dati provvisori preparati dalle autorità sanitarie statali per il 2024, lo scorso anno sono nati 516.402 bambini, di cui 270.354 (52,35% del totale) erano maschi e 246.048 (47,64%) femmine. Ciò indica che il numero di bambine è stato inferiore di 24.306 rispetto a quello dei bambini nei dodici mesi in questione.

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«La diminuzione del rapporto tra i sessi potrebbe indicare che le bambine vengono uccise nel grembo materno. La pratica del feticidio femminile, in contrasto con la legislazione che vieta i test di determinazione del sesso e gli aborti selettivi, viene praticata clandestinamente», ha sottolineato Carvalho, commentando i dati. «La Chiesa cattolica in India sottolinea instancabilmente il valore e la dignità della vita umana», ha aggiunto. La stessa Pontificia accademia per la vita ha come fine del suo servizio la difesa e la promozione del valore della vita umana e della dignità della persona, ma «i pregiudizi della società nei confronti delle bambine continuano, nonostante i progressi».

 

Secondo i dati, il numero massimo di nascite (57.961) in Haryana nel 2024 è avvenuto nel distretto di Nuh, uno dei più arretrati del Paese. Tuttavia, il rapporto alla nascita a Nuh, pari a 928, è tra i migliori nei 22 distretti dello Stato, dietro solo a Yamunanagar (936) e Sirsa (936). Gurgaon ha registrato 45.344 nascite nel 2024, ma con un rapporto di soli 899. Gurgaon è uno dei distretti con un rapporto tra i sessi biologici inferiore a 900. Con un rapporto simile (899) è anche Faridabad, con 48.777 nascite nel 2024.

 

Per arginare il calo del rapporto tra i sessi biologici in Haryana, il primo ministro Narendra Modi ha avviato nel 2015 la campagna Beti Bachao, Beti Padhao («Salva le figlie, educa le figlie»), per affrontare tutte le questioni correlate all’emancipazione delle donne nell’arco dell’intero ciclo di vita. L’indice dello Stato era migliorato dopo la campagna e aveva toccato quota 923 nel 2019. Ma dal 2020 ha ricominciato a diminuire, tendenza che è continuata fino ad oggi.

 

«La Chiesa è stata molto attiva nel dare potere alle donne attraverso l’istruzione, l’assistenza legale, l’assistenza sanitaria, lo sviluppo sostenibile per educare la madre a proteggere la vita della bambina», conclude Carvalho.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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I partiti goscisti austriaci hanno tentato di legalizzare l’aborto senza restrizioni: documenti trapelati

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Documenti trapelati mostrano che i partiti politici austriaci di sinistra volevano legalizzare l’aborto e stabilire cosiddette «zone cuscinetto» attorno agli abortifici nel Paese. Lo riporta LifeSiteNews, che cita verbali trapelati che avrebbe visionato.   II documenti mostrerebbero falliti negoziati di coalizione tra il Partito Popolare Austriaco (ÖVP), i Socialdemocratici (SPÖ) e il Partito Liberale (NEOS). L’SPÖ e il NEOS avrebbero avuto come obiettivo di «garantire una vita autodeterminata e l’integrità fisica per tutte le donne in Austria», espressione che pare il classico eufemismo orwelliano per politiche di espansione del figlicidio.   L’SPÖ avrebbe chiesto aborto e contraccezione liberi e legali e la completa legalizzazione dell’uccisione dei bambini non ancora nati. Non sarebbero state date restrizioni in termini di settimane di gestazione, lasciando aperta la possibilità di legalizzare l’aborto fino alla nascita, un’asticella oramai raggiunta da tempo nel discorso pubblico di tanti Stati americani e in Gran Bretagna.

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Attualmente in Austria, già centro del Sacro Romano Impero, l’aborto è ancora un reato, ma donne e medici godono dell’impunità se l’aborto avviene entro le prime 12 settimane di gravidanza.   L’SPÖ ha inoltre chiesto l’istituzione di «zone cuscinetto» («buffer zone») attorno alle strutture per l’aborto, simili a quelle presenti in Albione.   Il partito liberale NEOS avrebbe voluto consentire ai medici generici di prescrivere pillole abortive e di utilizzare la telemedicina con le donne durante e dopo l’assunzione delle pillole. NEOS e SPÖ avrebbero cercato anche di istituire un gruppo di lavoro sull’inseminazione artificiale, il «congelamento sociale degli ovociti» e i registri di donazione di ovociti e sperma.   Le richieste sull’aborto erano contrassegnate in rosso, a significare che le parti non erano d’accordo, il che significa che l’ÖVP probabilmente ha respinto queste proposte. Tuttavia, non è chiaro se l’ÖVP sarebbe stata disposta a scendere a compromessi se le trattative per formare un governo non fossero fallite all’inizio di gennaio.   Come riportato da Renovatio 21, il cancelliere Nehammer si è dimesso dopo il collasso di una alleanza contro il partito sovranista FPÖ, che ha vinto le elezioni e per la prima volta potrebbe trovarsi al governo come partito principale della coalizione. In settimana il presidente austriaco Alexander Van Der Bellen ha incaricato Herbert Kickl, leader FPÖ di tenere colloqui di coalizione per formare un governo.   Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa il Kickl aveva accusato il presidente Nehammer di ignorare la volontà popolare. Il cancelliere Nehammer, va ricordato, venne trovato positivo al COVID dopo essere stato trivaccinato: secondo quanto riportato dai giornali all’epoca, si sarebbe infettato ad un meeting per promuovere la vaccinazione obbligatoria, dove si presuppone fossero tutti sierati come lui. Negli stessi giorni aveva dichiarato che l’Austria avrebbe multato fino a 50 mila euro i media che violano le regole di censura UE.
Kickl è noto per le sue posizioni durante la pandemia COVID-19, quando l’Austria subì uno dei lockdown più draconiani del continente, con arresti in stradamascherine sulle piste di scilotterie vaccinali e persino proposte di carcere per i non vaccinati. Il Kickl ha sostenuto l’uso dell’ivermectina e anche definito l’Organizzazione Mondiale della Sanità «uno strumento per far rispettare gli interessi di potere».

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L’FPÖ aveva già formato governi di coalizione con i centristi in passato, ma è sempre stato un partner junior in tali situazioni. L’ultima coalizione tra il Partito Liberale e l’OVP è emersa nel 2018, ma il primo è finito per essere costretto a uscire dal governo l’anno successivo.   Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa è emerso che il politico è oggetto di indagine della magistratura, fenomeno che sta interessando i leader di destra di tanti Paesi.   Sotto la guida di Kickl, il partito si è impegnato a implementare misure contro l’immigrazione come la «remigrazione di stranieri non invitati», idea oramai molto diffusa in ambito nordeuropeo ma ancora poco dibattuta, chissà perché, in Italia.   L’FPÖ è stato anche molto critico nei confronti della posizione di Vienna sul conflitto ucraino, opponendosi alle sanzioni dell’UE contro la Russia e promettendo di smettere di versare denaro nel forziere di guerra che il blocco ha utilizzato per procurarsi armamenti per Kiev.   Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa è emerso che nella regione del Tirolo non vi era nessun medico disposto a praticare aborti.

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Immagine di SPÖ Presse und Kommunikation via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Canale televisivo francese multato di 100.000 euro per aver dichiarato che l’aborto è la prima causa di morte nel mondo

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L’Autorità francese di regolamentazione dell’audiovisivo e della comunicazione digitale (Arcom) ha multato un canale televisivo per aver riportato in modo accurato che l’aborto è la principale causa di morte nel mondo. Lo riporta LifeSite.

 

Il 13 novembre, l’autorità di regolamentazione dei media francese Arcom ha inflitto alla CNews una multa di 100.000 euro dopo che il giornalista Aymeric Pourbaix ha correttamente elencato l’aborto come la principale causa di morte al mondo durante il programma cattolico dell’emittente intitolato En quête d’esprit, ovvero «Alla ricerca dello spirito».

 

«L’aborto non può essere presentato come causa di morte», ha dichiarato Arcom nella sua decisione. «Sembra dal resoconto di ascolto di questo programma che il presentatore, basandosi su un’infografica trasmessa in onda, abbia presentato l’aborto come causa di mortalità».

 

«Parte della sequenza in questione equipara l’aborto a una causa di morte e, implicitamente, l’embrione o il feto che non è potuto nascere vivo a causa di un aborto con una persona deceduta, anche se per legge non sono considerati persone», ha affermato il regolatore.

 

Arcom ha sostenuto che il canale non ha rispettato il suo «obbligo di onestà e rigore nella presentazione e nella gestione delle informazioni».

 

Durante il programma di febbraio, Pourbaix aveva presentato un grafico del Worldometers, basato su cifre dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo il grafico, l’aborto ha costituito il 52% dei decessi in tutto il mondo, con 73 milioni di bambini uccisi ogni anno. Questo dato è paragonato a solo 10 milioni di morti per cancro e 6,2 milioni di morti per fumo.

 

Oltre alla multa, Arcom ha ordinato alla CNEWS, di proprietà del finanziere cattolico Vincent Bolloré, noto anche per le sue partecipazioni in importanti aziende italiane, di scusarsi pubblicamente per aver mostrato il grafico, cosa che la CNEWS ha fatto a febbraio.

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«Il canale CNews si scusa con i suoi spettatori per questo errore che non avrebbe dovuto verificarsi», ha dichiarato il presentatore di CNEWS Laurence Ferrari pochi giorni dopo la trasmissione del grafico.

 

Jean-Marie Le Méné, direttore della Fondazione pro-life Jérôme Lejeune, ha dichiarato a Valeurs Actuelles che la decisione di Arcom era un tentativo di nascondere la realtà degli aborti.

 

«Affinché l’aborto possa essere praticato con la coscienza pulita, è proibito dire che l’aborto toglie la vita», ha detto Le Méné. «Altrimenti la chiave di volta del sistema crolla. Ma chi crede a questa finzione?… L’aborto, la principale causa di morte nel mondo, è purtroppo un fatto, non un’opinione».

 

Secondo l’European Conservative, la decisione di Arcom arriva solo pochi mesi dopo che il Consiglio di Stato, una delle più alte corti amministrative francesi, ha raccomandato di sottoporre CNews a severi controlli a seguito dello scandalo per il grafico.

 

A quanto pare Arcom ha preso sul serio la raccomandazione, dato che l’ente regolatore ha imposto 52 sanzioni a C8 e CNEWS, entrambe di proprietà di Bolloré, in dodici anni, di cui 16 solo nel 2024.

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La morte cerebrale è vera morte?

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La morte viene identificata come la cessazione di tutte le funzioni vitali di un organismo, che sono essenzialmente riconducibili a tre: sistema nervoso, respiratorio e cardiocircolatorio, ossia la cosiddetta tripode vitale.    Tuttavia, la morte non è un evento che può essere osservato nel momento in cui si verifica ma solamente a posteriori, ossia dopo che essa è già avvenuta. Infatti, per avere la certezza dell’avvenuto decesso di un essere vivente è necessario che vengano riscontrati sul cadavere i segni inequivocabili della morte, ossia l’inizio del processo di decomposizione dell’organismo: l’algor mortis, il raffreddamento del corpo, il rigor mortis, la rigidità cadaverica, il livor mortis, il ristagno e la coagulazione del sangue.    La morte è un evento complesso perché l’uomo, in virtù dell’unione sostanziale con un’anima spirituale, non è un semplice agglomerato di organi, tessuti e funzioni né il suo principio vitale può essere ridotto alla funzionalità dei suoi organi.

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Esiste unanime consenso nel ritenere certamente viva una persona cosciente e certamente morto un corpo putrefatto o allo stato iniziale della putrefazione. La morte, intesa come il distacco dell’anima dal corpo, è collocabile nello spazio temporale compreso tra questi due stati. Un terzo stato dell’essere tra la vita e la morte non esiste.   Secondo il regolamento di polizia mortuaria nessuna persona morta può essere chiusa dentro una bara o sottoposta ad autopsia prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo i casi di decapitazione o maciullamento. Inoltre, durante il periodo di osservazione il corpo deve essere posto in condizioni tali che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita.   È possibile dunque affermare che l’unico parametro che consente di ritenere certo l’avvenuto decesso di un individuo è l’inizio del processo di decomposizione del corpo, il cui riscontro oggettivo costituisce il vero punto di non ritorno alla vita.   Proprio allo scopo di consentire il trapianto degli organi vitali, che ricordiamo può avvenire solamente se gli organi stessi non hanno subito danni irreversibili causati dalla necrosi dei tessuti (il cuore e il fegato subiscono danni in meno di 5 minuti), era necessario modificare i criteri stessi di definizione della morte.   L’escamotage trovato dalla comunità scientifica internazionale non fu quello di soppiantare il criterio tradizionale della cessazione di tutte le funzioni dell’organismo (che sarebbe stato impossibile anche solo ipotizzare), ma di affiancare ad esso un nuovo criterio di accertamento della morte basato sulla presunta cessazione irreversibile della funzionalità di un singolo organo: il cervello.    Nel 1968 venne istituita una commissione ad hoc, un comitato di «esperti» della harvard Medical School, che definì e sottoscrisse quei criteri neurologici di morte che vennero poi ufficialmente riconosciuti come nuova definizione di morte, malgrado diversi filosofi, medici e giuristi espressero al riguardo tutte le loro riserve.   In base a tale documento, un soggetto in coma irreversibile, o presunto tale, deve essere considerato a tutti gli effetti deceduto. Nonostante la commissione di Harvard affermasse il contrario è ovvio come la nuova definizione di morte e la pratica dei trapianti di organi vitali fossero strettamente collegate, dal momento che è proprio la morte a consentire il prelievo degli organi.   D’altra parte fu la stessa commissione che ammise lo stretto legame ideologico tra il nuovo criterio e la suddetta pratica: «l’uso di criteri obsoleti per la definizione di morte cerebrale può ingenerare controversie nel reperimento degli organi per i trapianti».

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C’è da osservare che la commissione non produsse alcun dato scientifico certo e oggettivo a supporto della nuova definizione di morte (del resto, come avrebbe potuto?) e i criteri di Harvard vennero pubblicati senza nessun dato statistico-clinico relativo ai pazienti.    Malgrado ciò, a partire dal 5 agosto del 1968 una persona può essere dichiarata cadavere, quindi privata delle cure o addirittura trattata come mero contenitore di organi espiantabili, nel momento in cui la funzionalità del suo cervello viene ritenuta irrimediabilmente compromessa, secondo parametri studiati a tavolino, dunque artificiosi.    La morte, da evento naturale, oggettivo e osservabile, viene di fatto ridotta ad evento artificiale, non oggettivo né tantomeno osservabile, ma riscontrabile unicamente attraverso la tecnica.   In altre parole, la morte viene tolta allo sguardo dell’uomo e confinata nell’ambito prettamente medico.   È facilmente intuibile la portata rivoluzionaria della nuova definizione di morte che costituisce la base ideologica con la quale sono stati legittimati tutti gli attacchi alla vita innocente ed indifesa, dall’aborto all’eutanasia, passando per la fecondazione in vitro e, ovviamente, l’espianto degli organi vitali.    Alfredo De Matteo

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Immagine di Ericneuro via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine modificata 
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