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Geopolitica

Il segretario di Stato USA Blinken minaccia la Russia alla TV tedesca

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In un’apparizione sul programma televisivo tedesco Heute Journal del canale tedesco ZDF, il segretario di Stato americano Antony Blinken non ha fatto un passo indietro rispetto alla sua posizione di «falco» sulla questione russa.

 

La prima domanda che gli è stata posta riguardava il rischio che la Russia invadesse l’Ucraina.  «Il rischio è reale; il rischio è alto. La Russia ha ammassato considerevoli forze al confine con l’Ucraina: 100.000 soldati. Continua a inviare forze vicino all’Ucraina, anche di recente in Bielorussia. Quindi il rischio è molto serio, e non è solo il fatto che ci sono forze ammassate lì» ha risposto Blinken.

 

Il segretario di Stato USA ha proseguito affermando che la crisi «è stata creata dalla Russia» e che gli Stati Uniti avevano mostrato molti anni di buona volontà nei confronti di Mosca, ma questi sarebbero  stati respinti.

 

La conduttrice Bettina Schausten ha osservato che la differenziazione di Biden tra un’invasione russa dell’Ucraina e una «piccola incursione» era stata «corretta». Blinken ha concordato, dicendo che tali metodi di «guerra morbida» come la spinta verso un colpo di stato sono ciò che intendeva Biden.

 

«Se un soldato russo attraversa l’Ucraina, allora abbiamo un problema profondo, un chiaro attacco all’Ucraina, che si tratti di un soldato o di mille soldati»

«Se un soldato russo attraversa l’Ucraina, allora abbiamo un problema profondo, un chiaro attacco all’Ucraina, che si tratti di un soldato o di mille soldati».

 

Blinken ha dichiarato che non sono solo gli Stati Uniti a minacciare la Russia con contromisure punitive, ma, dice, tutti gli alleati.

 

«Non riesco a ricordare un momento nella mia esperienza in cui ci sia stata una consultazione più stretta su una questione di grande importanza e una sfida per la nostra sicurezza comune».

 

Sul punto molti mostrano scetticismo: in caso di guerra alla Russia, non è improbabile che vari Paesi Europei si tirino indietro.

 

Riguardo al suo incontro a Ginevra con il ministro degli Esteri russo Lavrov, Blinken ha detto poco ottimisticamente: «non prevedo alcuna svolta».

 

Blinken potrebbe, come tanti personaggi neocon che spingono da decenni per la guerra contro la Russia, avere un «conflitto di interessi» (diciamo così) forse di carattere famigliare nell’ipotesi di una guerra in Ucraina.

 

Blinken proviene, come Victoria Nuland  (funzionario della Segreteria di Stato che sostenne la rivoluzione antirussa di Maidan dicendo che gli USA avevano investito 5 miliardi e che «Fuck the EU»), da una famiglia di ebrei di Nuova York (zona Yonkers) anche questi iniettati nell’alta diplomazia USA. Il padre Donald Blinken era ambasciatore in Ungheria, lo zio Alan ambasciatore in Belgio. Il nonno Maurice Henry Blinken fu uno dei primi finanziatori dello Stato di Israele.

 

L’analista geopolitico francese Thierry Meyssan ha sostenuto che la madre di Blinken sarebbe di origine ucraine; altre fonti dicono  invece che i nonni erano ebrei ungheresi.

 

Il giornalista investigativo (con ampie fonti nei servizi) Wayne Madsen al momento della nomina di segretario di Stato scritto che «il segretario di Stato Antony Blinken ha fatto più strizzatine d’occhio al vile duo Victoria Nuland, destinata a sottosegretaria di Stato per gli affari politici di Blinken, numero tre del dipartimento di Stato, e Samantha Powers, nominata amministratrice dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID)».

 

L’assetto ideologico, geopolitico, relazionale, famigliare di Blinken è ben definito. Non è una sorpresa che la sua posizione non cambi: anche di fronte allo spettro di un conflitto con una potenza termonucleare come la Russia

La questione tra Blinken e la Russia va comunque indietro negli anni: l’attuale Secretary of State è riconosciuto per l’influenza che avrebbe avuto nella risposta dell’amministrazione Obama all’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa all’indomani del golpe ucraino del 2014.

 

Il piano di annessione delle repubbliche ex sovietiche è stato ribadito apertamente da Blinken durante le udienze al Congresso USA per la conferma della sua nomina a segretario di Stato. Nella sua risposta al senatore del Kentucky Rand Paul (il figlio di Ron Paul, ora notissimo per i suoi scontri con Anthony Fauci), Blinken asserisce che i Paesi che hanno aderito alla NATO sono stati protetti in modo più efficace dalla «aggressione russa».

 

L’assetto ideologico, geopolitico, relazionale, famigliare di Blinken è ben definito. Non è una sorpresa che la sua posizione non cambi: anche di fronte allo spettro di un conflitto con una potenza termonucleare come la Russia.

 

 

 

 

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Putin: il riarmo della NATO è completamente inutile

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La Russia non ritiene che il riarmo della NATO sia una minaccia, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin ai giornalisti a margine del 28° Forum economico internazionale annuale di San Pietroburgo.

 

Le azioni del blocco militare guidato dagli Stati Uniti potrebbero comportare alcune minacce, ma la Russia è pronta ad affrontare qualsiasi sfida alla sicurezza nazionale, ha affermato Putin durante una sessione di domande e risposte giovedì mattina, aggiungendo che qualsiasi aumento della spesa per la difesa da parte della NATO non farebbe alcuna differenza.

 

«Non riteniamo che il riarmo della NATO rappresenti una minaccia per la Federazione Russa, perché siamo autosufficienti nel garantire la nostra sicurezza e miglioriamo costantemente le nostre forze armate e le nostre capacità di difesa», ha affermato.

 

Il presidente ha aggiunto che la Russia «mitigherà tutte le minacce che potrebbero presentarsi».

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Putin ha liquidato la retorica sulla minaccia rappresentata dalla Russia per la NATO definendola una «menzogna inconcepibile» utilizzata dai governi occidentali per giustificare l’aumento delle tasse e lo stanziamento di fondi pubblici verso il complesso militare-industriale.

 

«Un propagandista nazista una volta disse che più una bugia è incredibile, più velocemente la gente ci crederà. Questa leggenda secondo cui la Russia sta pianificando di attaccare l’Europa, i paesi della NATO, è la stessa inconcepibile menzogna», ha detto Putin.

 

«Tutti capiscono che è una sciocchezza. E ingannano la popolazione per assicurarsi l’espianto di fondi dal bilancio… e per spiegare i fallimenti dell’economia».

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

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L’AIEA dice che non c’è nessuna prova che l’Iran stia lavorando a una bomba nucleare

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Secondo il direttore dell’agenzia, Rafael Grossi, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) non ha trovato prove che l’Iran stia compiendo uno «sforzo sistematico» per produrre un’arma nucleare.   Israele ha iniziato a bombardare l’Iran venerdì, sostenendo che il Paese era sul punto di sviluppare una bomba nucleare. Da allora, le due parti si sono scambiate attacchi di rappresaglia.   Martedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di credere che Teheran sia «molto vicina» a ottenere l’arma nucleare, contraddicendo le prime dichiarazioni del suo direttore dell’Intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, secondo cui l’Iran «non ne sta costruendo» una.   Le autorità iraniane insistono sul fatto che il loro programma nucleare è puramente pacifico e che hanno tutto il diritto di perseguirlo.

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In un’intervista rilasciata martedì a Christiane Amanpour della CNN, Grossi ha affermato che, attualmente, «c’è questa competizione su chi ha torto o ragione riguardo al tempo necessario» all’Iran per produrre una bomba nucleare.   «Certamente, non era una cosa che succederà domani, forse non sarà questione di anni», ha osservato.   Gli iraniani potrebbero avere abbastanza uranio arricchito, ma per trasformarlo in un’arma nucleare sono necessarie anche tecnologie avanzate e test approfonditi, ha spiegato il direttore generale dell’AIEA.   Nonostante abbia ispezionato i siti nucleari dell’Iran per più di due decenni, l’organismo di controllo delle Nazioni Unite «non ha avuto… alcuna prova di uno sforzo sistematico per arrivare a dotarsi di un’arma nucleare» da parte dell’Iran, ha affermato.   «Quello che vi stiamo dicendo è ciò che siamo stati in grado di dimostrare. Il materiale è lì. In passato ci sono state alcune attività legate allo sviluppo di armi nucleari, ma al momento non avevamo questi elementi», ha sottolineato Grossi.   Un giorno prima dell’attacco iniziale di Israele all’Iran, l’AIEA ha approvato una risoluzione in cui dichiarava che Teheran non stava rispettando i suoi obblighi in materia di non proliferazione nucleare. Tra le altre cose, l’agenzia ha osservato che l’Iran non era stato «ripetutamente» in grado di dimostrare che il suo materiale nucleare non fosse stato dirottato verso un ulteriore arricchimento per uso militare.   Il viceministro degli Esteri iraniano Kazem Gharibabadi ha dichiarato lo scorso fine settimana che Teheran limiterà la sua cooperazione con l’AIEA a causa della riluttanza dell’agenzia a condannare gli attacchi israeliani ai siti nucleari del Paese. La condotta dell’organismo di controllo delle Nazioni Unite «non ha senso», ha affermato.

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Immagine di IAEA Imagebank via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic  
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«Danni irreparabili»: Khamenei risponde alle minacce di Trump. «La Repubblica Islamica non si arrende e non accetterà una pace imposta»

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Gli Stati Uniti subirebbero «danni irreparabili» se intervenissero militarmente contro l’Iran, ha affermato la Guida Suprema Ali Khamenei. Le sue dichiarazioni seguono una serie di minacce sempre più dirette da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

 

Negli ultimi giorni, Trump ha avvertito che le forze statunitensi sono pronte a colpire se l’Iran attaccasse un obiettivo americano, e ha dichiarato che l’ayatolllah Khamenei costituisca ora un «bersaglio facile».

 

«Non lo elimineremo, almeno non per ora», aveva scritto Trump sul suo account Truth Social. In altri post, ha insistito sul fatto che l’Iran «deve arrendersi» e ha affermato che gli Stati Uniti avevano «il controllo completo e totale dei cieli sopra l’Iran».

 

Rispondendo alle minacce di Trump in un discorso televisivo mercoledì, Khamenei ha affermato che «coloro che hanno saggezza e conoscono l’Iran e la sua storia non si rivolgono mai a questa nazione con un linguaggio minaccioso».

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«L’Iran non è una nazione che si arrende», ha affermato la guida suprema, citata dai media iraniani, aggiungendo che «qualsiasi tipo di intervento militare degli Stati Uniti sarà indubbiamente accompagnato da danni che non potranno essere compensati».

 

Khamenei ha inoltre definito inaccettabile l’ultimatum di Trump per la «resa incondizionata» dell’Iran e ha sottolineato che la Repubblica Islamica «non accetterà una pace imposta».

 

«Il Presidente degli Stati Uniti ci minaccia. Con la sua assurda retorica, esige che il popolo iraniano si arrenda a lui. Dovrebbero minacciare chi ha paura di essere minacciato. La nazione iraniana non è spaventata da tali minacce”, ha detto Khamenei, aggiungendo che le dichiarazioni di Trump suggeriscono che Washington sia direttamente coinvolta nell’attacco israeliano all’Iran.

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Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

 

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