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Geopolitica

Delegazione militare russa in Libia su invito del generale Haftar. L’Italia nel frattempo ricorda Gheddafi…

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Una delegazione russa guidata dal viceministro della Difesa, colonnello generale Yunus-Bek Yevkurov, è arrivata martedì in Libia su invito del comandante dell’Esercito nazionale libico (LNA), generale Khalifa Haftar, ha riferito il ministero della Difesa di Mosca.

 

«Il 22 agosto 2023, su invito del comandante dell’Esercito nazionale libico, maresciallo Khalifa Haftar, una delegazione del ministero della Difesa russo guidata dal viceministro della difesa russo, colonnello generale Yunus-Bek Yevkurov, è arrivata a Libia», ha precisato il ministero militare russo, precisando che si tratta della «prima visita ufficiale» di una delegazione militare russa nel Paese nordafricano, riporta Sputnik.

 

«Questa è la prima visita ufficiale della delegazione militare russa in Libia», ha osservato il ministero. Il viaggio è stato organizzato in seguito ai risultati dei negoziati Russia-Libia all’undicesima Conferenza sulla sicurezza internazionale di Mosca e al forum tecnico-militare Esercito-2023.

 

«Durante la visita si discuterà delle prospettive di cooperazione nella lotta contro il terrorismo internazionale, così come di altre questioni relative ad azioni congiunte», ha aggiunto il ministero della Difesa russo.

 

La presenza della Russia in Libia a sostegno di Haftar – precedentemente un asset americano che ha vissuto vicino a Langley, sede della CIA – è partita subito con la defenestrazione di Gheddafi, che peraltro all’epoca fu criticata in modo veemente da Putin.

 

L’uccisione di Gheddafi è stato un duro colpo non solo per la Libia, che una dozzina di anni dopo vive ancora nella divisione e del caos, ma anche per l’Italia, che come noto aveva enormi interessi in Libia, che era riuscita, dopo anni di incomprensioni, a gestire con Gheddafi.

 

La catastrofe dell’operazione che ha posto fine al governo di Gheddafi viene ammessa apertamente anche da figure politiche italiane pure moderate.

 

È stato un «errore gravissimo» da parte dell’Occidente lasciare che il colonnello libico Muammar Gheddafi venisse ucciso nel 2011, perché la sua morte aveva scatenato l’instabilità nella nazione nordafricana, ha detto il 16 agosto il vice premier italiano e ministro degli Esteri Antonio Tajani, uomo forte di Forza Italia ed ex Commissario Europeo e presidente dell’Europarlamento.

 

«È stato un errore gravissimo lasciare ammazzare Gheddafi, non sarà stato il campione della democrazia, ma finito lui, è arrivata in Libia e in Africa l’instabilità», ha detto Tajani, intervistato dal giornalista Alessandro Sallusti al Festival della cultura della Versiliana in Toscana, riferisce all’ANSA.

 

 

È noto che il governo italiano, allora guidato da Silvio Berlusconi, fece ogni sforzo per impedire un intervento della NATO in Libia.

 

Berlusconi aveva firmato un trattato di cooperazione e difesa reciproca con Gheddafi appena tre anni prima. Alla fine, anche lui si unì all’intervento della NATO. Il 20 ottobre, proprio mentre Gheddafi veniva ucciso, il segretario di Stato americano Hillary Clinton esultò disgustosamente con CBS News: «Siamo venuti, abbiamo visto, è morto!» disse citando Cesare e attaccando con una risata isterica e diabolica.

 

Aveva visto giusto, riguardo quel momento tragico, il politico e pensatore americano Lyndon LaRouche, che pubblicò una delle sue previsioni preveggenti l’11 ottobre 2011 in un testo chiamato «La morte di Gheddafi: la minaccia della terza guerra mondiale»: «Secondo l’opinione di alcuni ambienti importanti e di alto livello nella regione transatlantica, la straordinaria esecuzione di massa dell’ex preside libico Muammar al-Gheddafi e dei suoi compagni, nel loro tentativo di fuga dalla Libia, segnala la possibilità di uno scoppio precoce di una guerra più generale in Europa, nella regione del Mediterraneo e oltre: potenzialmente un nuovo stato di guerra generale in gran parte di questo pianeta».

 

Il caos nella regione, e quindi il tutto il mondo, effettivamente arrivò, e non ancora è stato spento. Decine di morti e centinaia di feriti negli scontri di Tripoli della settimana scorsa.

 

Come riportato da Renovatio 21, Gheddafi stesso nei suoi scritti sembrava prefigurare la sua morte per via di linciaggio. Egli scrive al principio di un suo libro di novelle pubblicato anche in Italia, Fuga all’Inferno:

 

«Nonostante io ami la comunità come io amo mio padre, la temo come temo lui (…) Così io amo le masse e le temo proprio come amo e temo il mio stesso padre. Nel momento della gioia, di quanta devozione esse sono capaci! E come abbracciano alcuni dei loro figli! (…) e quanta crudeltà hanno poi dimostrato nel momento dell’ira!»

 

Il figlio di Gheddafi, Saif, ora sembrerebbe sufficientemente popolare da prendere le redini del Paese, ma le sue corse per la presidenza libica sono ostacolate da sentenze di tribunale ed altro ancora.

 

 

 

 

Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia

 

 

 

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Geopolitica

Il consigliere di Zelens’kyj: Kiev pronta a colloqui di pace con la Russia a condizioni «giuste»

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Kiev è pronta per i negoziati di pace con Mosca a condizioni «giuste», ha detto venerdì il principale collaboratore di Volodymyr Zelens’kyj, Mykhailo Podolyak, in un’intervista a un canale televisivo ucraino. Ha tuttavia affermato che la Russia non è pronta per un accordo.

 

L’alto funzionario ha sottolineato che l’Ucraina sta cercando ciò che considera negoziati efficaci che porterebbero non a un congelamento delle ostilità ma alla fine del conflitto. Ha chiesto di aumentare la pressione internazionale sulla Russia e di potenziare le capacità militari dell’Ucraina per raggiungere l’obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, il Podolyak ha dichiarato all’Associated Press che vede un accordo di pace con la Russia come un «patto col diavolo», aggiungendo che il congelamento del conflitto consentirebbe a Mosca di apportare le correzioni necessarie e modernizzare le sue forze.

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All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che i colloqui di pace sono attualmente impossibili a causa di una serie di questioni che devono prima essere risolte, tra cui lo status di Zelensky e la legislazione ucraina, firmata da Zelens’kyj nel 2022, che vieta i negoziati tra Kiev e l’attuale leadership di Mosca.

 

Peskov ha ribadito che il Cremlino considera nulla la legittimità di Zelensky come capo di stato, poiché il suo mandato è terminato a maggio e le elezioni non si sono tenute a causa della legge marziale. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato in precedenza che lo status di Zelensky è importante per quanto riguarda un potenziale trattato di pace, poiché qualsiasi documento vincolante dovrebbe essere firmato da autorità legittime.

 

Il portavoce ha anche sottolineato che, nonostante le recenti dichiarazioni, la parte ucraina, così come i suoi sostenitori occidentali, restano restii ad avviare colloqui con la Russia.

 

Zelensky ha recentemente affermato che Kiev vuole porre fine al conflitto «il prima possibile», preferibilmente «entro la fine di quest’anno». Ha sollevato la possibilità di tenere un secondo vertice come un modo per raggiungere questo obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che i segnali inviati da Zelensky sulla volontà dell’Ucraina di riprendere i colloqui di pace con Mosca non sono credibili.

 

Il primo summit, ospitato dalla Svizzera, si è concentrato su elementi della «formula di pace» di Kiev, che richiede a Mosca di ritirare le sue truppe da tutti i territori rivendicati dall’Ucraina. Mosca ha liquidato il piano come distaccato dalla realtà.

 

In questi due anni di conflitto il personaggio si è fatto notare per commenti problematici.

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Come riportato da Renovatio 21, consigliere di Zelens’kyj mesi fa aveva dichiarato che la «massima uccisione dei russi» è il fine della guerra in corso. A settembre aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».

 

Il consigliere presidenziale aveva definito la proposta di pace tra Russi e Ucraina avanzata dall’ex presidente francese Nicholas Sarkozy come «criminale» accusando il marito di Carla Bruni di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra».

 

Lo scorso novembre il Podolyak in un’intervista alla stazione televisiva ucraina Canale 24 aveva dichiarato che Kiev deve impadronirsi di tutti i territori perduti dalla Russia, compresa la penisola di Crimea, altrimenti rischia di scomparire dalla mappa del mondo.

 

In passato il Podoyak si è scagliato contro il capo di SpaceX Elon Musk, che nel suo racconto ha «favorito il male» negando all’Ucraina l’uso dei satelliti Starlink – che Musk ha fornito a Kiev gratuitamente – per attaccare la Crimea con i droni.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak esternato attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court.

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Cina

La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina

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I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il ​​portavoce del ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.   A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all’inizio di questo mese in un summit della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come «un decisivo facilitatore della guerra della Russia contro l’Ucraina», liquidando il documento come «pieno di bugie e pregiudizi».   «Gli alleati della NATO guidati dagli USA continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di scaricare la colpa sulla Cina», ha detto il Zhang, che ha continuato accusando il blocco atlantico di istigare conflitti in tutto il mondo.   «Dall’Ucraina all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri in queste regioni e nei loro popoli», ha affermato il Zhango, ribadendo che Pechino «promuove attivamente i colloqui di pace» tra Mosca e Kiev.

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Pechino ha ripetutamente respinto le accuse secondo cui sta aiutando Mosca a eludere le sanzioni e sta aiutando l’industria della difesa russa. Nel febbraio 2023, la Cina ha proposto una tabella di marcia in 12 punti per la pace e da allora ha compiuto sforzi per mediare il conflitto durante i successivi incontri con funzionari russi e ucraini.   La Russia ha citato la continua espansione della NATO verso est e la sua cooperazione militare con Kiev come una delle cause profonde del conflitto. Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che l’Ucraina deve diventare un paese neutrale e abbandonare il suo piano di entrare nella NATO affinché qualsiasi potenziale negoziato di pace abbia successo.   Il Cremlino ha anche affermato che «inondare» l’Ucraina di armi occidentali porterà solo a un’ulteriore escalation, ma alla fine non fermerà l’esercito russo.   Già poche settimane fa il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva ribadito che NATO è una minaccia per la pace e la stabilità globali a causa della sua «radicata mentalità da Guerra Fredda e dei suoi pregiudizi ideologici», affermando che la NATO è un «prodotto della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo».   Nonostante sostenga  di essere un’organizzazione regionale e difensiva, il blocco ha continuato a «espandere il suo potere oltre i confini, sfondare le zone di difesa e provocare scontri», aveva quindi aggiunto il Lin in un incontro con la stampa.   Come riportato da Renovatio 21, la NATO per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg aveva dichiarato la Cina come il futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino.   La Cina ha ricambiato attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina di recente ha attaccato anche il G7, trasformato, secondo il portavoce degli Esteri cinesi Lin, in uno strumento dell’egemonia globale USA.

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Geopolitica

«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin

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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.

 

Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.

 

Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.

 

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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.

 

La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».

 

Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.

 

Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.

 

Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.

 

L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.

 

«La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».

 

Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.

 

Poi  nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.

 

Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.

 

La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.

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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.

 

Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».

 

Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.

 

Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».

 

La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.

 

Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.

 

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